Aldo Brunello nasce il 30 dicembre
1910 a San Giuseppe di Treviso, borgo appena fuori delle mura della città. Il
padre lavora in campagna alla raccolta del latte, a stretto contatto con la vita
contadina. Aldo, secondo di cinque fratelli, dopo i primi studi, raggiunti gli
undici anni di età, viene affidato a Giuseppe Moro, pittore e decoratore noto ai
suoi tempi, entrando così nella bottega del maestro sotto la cui guida riceve i
primi insegnamenti di pittura murale. Giovanissimo, mostra di essere dotato di
un certo talento e, per incoraggiare questa vocazione - per di più sostenuta da
una vera passione che lo portava ad impegnarsi nello studio del disegno - si
consiglia alla famiglia di mandarlo a lezione di pittura presso un rinomato
artista, Giovanni Apollonio, che lo accoglie con interesse, avvertendo le
possibilità dell'allievo che, nelle sue prime prove, rivelava una particolare
disposizione a figurare con gusto attento e garbato il mondo della natura. In
quegli anni Aldo resta affascinato dal mondo pittorico di Luigi Serena, tanto
che egli tenterà di rifare i medesimi soggetti, emulandone i modelli.
Successivamente Beppe Cardi, vedendo alcuni suoi lavori, lo inviterà a
collaborare nel suo atelier.
Tra le due guerre sarà impegnato a lavorare in proprio, realizzando varie
decorazioni presso chiese del contado ed importanti ville venete.
Inizia intanto a partecipare alle prime esposizioni dei pittori della Marca, e
su, commissione della stessa famiglia Ciardi, interviene con decori murali ad
affrescare la villa di Quinto dove trascorreva le vacanze lo stesso Beppe
Ciardi. Divenuto fedele amico dei fratelli Ciardi, più tardi ne decorerà la
tomba di famiglia.
Nel 1930 apre uno studio di artigiano e pratica vari mestieri nelle discipline
decorative, sia come affrescatore che come stuccatore e laccatore.
Nel 1931 presta servizio militare e, in questo periodo, esegue vari lavori di
pittura e di ornato, meritando l'elogio dei suoi superiori per le qualità e le
finezze delle sue pitture. Gli viene affidato il compito di dipingere la
bandiera del 12° Reggimento di Fanteria "Casale". Finita la ferma, riprende la
sua attività e riallaccia i suoi rapporti con la famiglia Ciardi, collaborando
con loro in varie committente. In questo decennio realizzerà alcune pale
d'altare, tra cui quella bellissima per la chiesa di Santa Susanna in
Basilicata.
Nel '37 sposa Antonia Favero di Paese da cui avrà tre figli.
Nel '39 viene richiamato alle armi e trasferito a Cattaro dove avrà modo di
lasciare notevoli testimonianze dei suoi interventi pittorici e decorativi, sia
nelle chiese della zona, che in palazzi pubblici.
Dopo il '45, tornato a Treviso, riprenderà la sua attività di decoratore che gli
garantisce di assicurare un futuro non agiato, ma sereno alla famiglia,
chiamando più tardi a collaborare con lui quattro giovani apprendisti. Di questo
periodo sono le decorazioni di Villa Matter e del Convento delle Suore
Canossiane a Mestre e della chiesa presso l'Istituto Pio X° di Treviso dove
Giovanni Barbisan realizzerà gli affreschi dell'abside, mentre Aldo eseguirà i
rilievi ornamentali. Si fa notare per le decorazioni compiute a Santa Cristina
di Quinto.
Una pur modesta stabilità economica gli permetterà d'impegnarsi maggiormente a
dare continuità alle sua vera indole verso la pittura. Si volge così a dipingere
sul cavalletto opere di piccole dimensioni, le cui immagini fondono elementi
decorativi di soggetto agreste e di stile aulico, quasi di sapore
tardo-settecentesco, con forme espressive più libere e autonome. Frequenta
l'ambiente culturale trevigiano di quell'epoca, saldando amicizia con altri
artisti di quegli anni ed in particolare con il decoratore Beppi Garbo, Della
Libera, Dotto, Cancun e Arturo Malossi con il quale si accompagnava per andare a
dipingere le colline della campagna trevigiana e i paesi che si affacciano sulle
rive del Sile. Del resto anche il suo paese natio è attraversato da questo
fiume, per cui egli sentirà il bisogno di rimmemorare episodi dell'infanzia,
figurando scene di pescatori e di barche, o gruppi di contadini intenti ai
lavori dei campi. Rivivono in queste immagini i ricordi della vita dei suoi
genitori, il mondo sereno dei suoi anni giovanili, espressi con una certa
piacevolezza di temi e di colori.
Dal '37 risiederà in una casetta vicino Porta Santi Quaranta da dove raffigurerà
caratteristici scorci della città. Soprannominato da Ciardi Beppetti per la sua
piccola statura, egli conserverà questo nomignolo che verrà poi adottato anche
dagli amici e dall'ambiente in cui operava. Si sposta a dipingere spesso sia a
Venezia, per incontrare il suo maestro, che a Caorle, luoghi da cui trarrà i
soggetti di carattere lagunare.
La sua pittura, che pure sarà ammirata da Bepi Mazzotti che gli fornirà,
inoltre, molti consigli, non troverà il successo che egli si aspettava, in
quanto veniva giudicata come un'espressione fuori del tempo, benché tutti
fossero concordi a ravvisarne le indubbie qualità tecniche. Egli peraltro si
sentiva più artista che artigiano e fedele ad una tradizione che avvertiva
congeniale al suo animo candido e sereno. Anche la sua partecipazione ai
concorsi extempore gli procurerà soltanto amarezze. Egli subirà dei
giudizi che riteneva ingenerosi, convinto di dover trasmettere quello che vedeva
e quanto gli avevano insegnato i suoi autorevoli maestri, Giovanni Apollonio e
Beppe Ciardi.
Negli anni fra il '60 e il '70 lavorerà da isolato, convinto che il suo credo
artistico fosse del tutto distaccato ed estraneo al clima culturale di quel
tempo, dominato allora da profondi rivolgimenti sia sociali che estetici.
Ciononostante di lui s'interesserà qualche studioso meno condizionato dalle mode
ed infatti gli sarà più tardi dedicata una pagina dell'enciclopedia "Arte
italiana nel XX° secolo", pubblicata nel '77 dalla casa editrice "Due torri" di
Bologna. Egli alternerà la pittura da cavalletto con i soliti impegni
professionali, lavorando, inoltre, per conto della Monteponi e della
Montevecchio, industrie di Marghera, alle decorazioni del Villaggio Sartori e
alla Scuola di Ricamo istituita vicino alla villa Matter, curando altresì la
conservazione di palazzi di proprietà di queste ditte. Realizzerà grandi
decorazioni per la villa Tomasella a Porto Buffolé di Oderzo, con scene di vita
pastorale e raffigurazioni di nature morte. A Treviso decorerà la villa Levada,
eseguendo interventi di ornamentazioni per molte ville del trevigiano.
Nel '70 viene colpito da un'infezione alle mani e al viso, causata da una forma
di avvelenamento prodotta dall'uso dei colori, dei materiali da lui adoperati
nelle diverse pratiche esercitate. Si chiude a fare vita sempre più riservata,
anche per non far vedere agli altri questa sua infermità e gli sarà proibito di
continuare a lavorare con la pittura.
Si trasferisce, verso la fine degli anni '80, a Fontane di Villorba, vicino alla
casa della figlia.
Nel '94 si ammala gravemente di sclerosi ottica che non gli permetterà oramai
più di coltivare la passione artistica.
Il figlio Enrico, che esercitava l'attività di antiquario, si occuperà in
seguito di far conoscere la produzione dei suoi ultimi anni in gran parte fino
ad allora sconosciuta.
Il 3 aprile 1998 Aldo muore a 88 anni compiuti.
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La quarta esposizione presso il Museo
Civico di Casa da Noal - Casa Robegan si conclude con la Mostra pittorica di
Aldo Brunello e saranno esposte 150 opere.
Questa esposizione abbraccia le opere dell'ultimo decennio con la pubblicazione
di un consistente catalogo che ne illustra fedelmente l'attività dei dipinti di
mio padre, ritengo opere di altissimo livello poetico e pittorico, esse
esprimono il sentimento dell'artista che tendono, e credo con successo, a far
rivivere, davanti ai nostri occhi, la sua terra nativa, con i suoi tramonti, i
paesaggi e la sua amata laguna di Venezia, dove l'arte e la poesia, tutto
finisce in un luogo che costituisce una vera e propria crocevia di cultura,
purtroppo anche di confini, valorizzando ed esaltando espressioni artistiche
locali spesso dimenticate.
L'esposizione che presentiamo ai cittadini e ai visitatori come un grandissimo
dovere, e che intende periodicamente proporre la riscoperta di pittori
trevigiani scomparsi, un omaggio alla nostra città ma anche come un'ideale
continuazione della ormai consolidata tradizione di mostre proseguendo nel suo
cammino, in definitiva alla riscoperta e alla valorizzazione di una trevigianità
troppo spesso sottovalutata, e che attraverso l'arte in particolare grazie al
sentimento di intrinseca profonda bellezza, le opere esposte in questo prezioso
percorso infondono un completo segno di riconoscenza a tutti coloro che hanno
contribuito al successo e ai meriti dell'artista.
Enrico Brunello
Testi ed immagini per
gentile concessione del figlio dell'artista (Enrico Brunello).