Dolores Del Giudice
Remo Brindisi (Roma 1918 - Lido di Spina 1996)
Remo Brindisi nasce a Roma il 25 aprile del 1918. Nel 1919 la sua famiglia si trasferisce a Castellamare Adriatica, oggi Pescara. Frequenta dapprima la Scuola d’Arte a Penne, dove suo padre insegna scultura in legno, successivamente, trasferitosi con la famiglia a l’Aquila, partecipa a un concorso indetto dal Centro Sperimentale di Scenografia di Roma, vince una borsa di studio e va a vivere nella capitale; segue i corsi di scenografia e frequenta inoltre le lezioni alla Scuola Libera di nudo dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Dopo poco tempo ottiene una borsa di studio per l’Istituto Superiore d’Arte per l’Illustrazione del Libro di Urbino, soggiorna nella città umbra per cinque anni, poi si trasferisce a Firenze. Quivi frequenta gli amici artisti Carena, Soffici e Rosai, e nel 1940 tiene la sua prima personale alla Galleria Santa Trinità: le opere giovanili presentano un impianto descrittivo e lirico di matrice realistica. Il catalogo di questa mostra ha la presentazione di Eugenio Montale. Allo scoppio della seconda guerra mondiale è chiamato alle armi. Nel 1943 si reca a Cortina e poi a Venezia dove incontra il mercante d’arte Cardazzo, che gli assicura un’intensa attività espositiva presso la sua Galleria “Il Cavallino”. Nel 1947 si trasferisce a Milano, dove rinnova il proprio stile entrando in contatto con la lezione cubista. Negli anni Quaranta e Cinquanta partecipa a tutte le Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma. Fra i temi prediletti da Brindisi in questi anni abbiamo la figura umana, i pastorelli, e i paesaggi veneziani ed abruzzesi avvolti in un’atmosfera sognante e distesa. Ma alla metà degli anni Cinquanta, dopo la mostra antologica a Villa Reale di Milano e un’importante personale a Zurigo, si allontana dal movimento del Realismo ed elabora un personale linguaggio neofigurativo: una pittura di grande interesse politico e sociale, fortemente espressiva, con evidenti concessioni al gusto dell’informale. Nasce così quella nuova figura umana deformata e straziata che grida fisicamente il vuoto umano e libera i ricordi traumatici nei gradi cicli pittorici: le quattordici tele di “Via Crucis”, momento di religiosa interiorità nel clima di tensione degli anni del dopoguerra, e nei grandi avvenimenti storici con il ciclo della “Storia del fascismo”, 1957-1962, dei “Contestatori” e degli “Oppositori”. La lettura critica effettuata da Enrico Crispolti sul ciclo “Storia del fascismo”, in occasione della mostra tenutasi a Castel Sant’Angelo, ci permette di comprendere il mutamento stilistico compiuto da Brindisi sul finire degli anni Cinquanta e i caratteri salienti della sua nuova ricerca figurativa: «[…] Quel ciclo di Brindisi fu un momento autentico di ricerca di emergenze di figurazione nuova in Italia (ma non soltanto) all’esordio degli anni Sessanta. Piuttosto a sé nella vicenda della “figurazione” di Brindisi, infatti tendente piuttosto ad un risalto iconico circostanziato e distinto, che non ad una situazione di contestualità metamorfica. […] un’eventualità figurativa articolata entro una determinante con testualità metamorfico-materica: quasi insomma indicando un percorso dal gestualismo materico informale all’enunciazione nuova di elementi figurativi. Mentre sarebbe difficile poter indicare nei passaggi precedenti della pittura di Brindisi un momento informale (al massimo una certa percezione di gestualità nel segno di sintesi descrittiva, e una certa sensibilizzazione materia, che caratterizzano il teso espressionismo del ciclo immediatamente precedente, 1958 e ’59, sul tema di fucilazioni e massacri). […] Il ciclo “Storia del fascismo” di Brindisi è formato soprattutto dalla ventina di grandi olii su tela, cm. 180 x 200, di un cromatismo quasi livido, fra tonalità azzurre dominanti, di luminosità artificiale e spaesante, intrise di grigi, violacei, neri, ma infine riassunte in quella “dominante” allucinante, angosciosa e provocatoria, e che si riproduce attraverso tutte le grandi tele. Nelle quali la scala delle emergenze figurali è in termini di gigantismo ossessivo, nell’affollarsi e sovrapporsi di accenni soprattutto di volti, grotteschi, minacciosi e disperati insieme. Non v’è orizzonte possibile, non v’è accenno di spazio, non sembra possibile alcuna distanza. […] Non racconto ma incubo. […] Per Brindisi quella storia del ventennio nero non è occasione d’evocazione ideologica, né di costume, né di vagheggiamento storicistico, è un incubo di furibonda esistenzialità. […] Gesto materico e accenno figurativo s’intrecciano appunto in un contesto in metamorfosi, in trasformazione furibonda e violenta, ma di reciproca distruzione, di morte. Quel tanto di narrativo che era nel ciclo delle fucilazioni e massacri dipinto da Brindisi nel 1958 e ’59, o nei temi del processo al Cardinale Mindszenty, o dell’abbattimento del mito di Stalin, del 1958, viene meno in un coinvolgimento a breve, ove neppure sono possibili distinzioni, nella divorante metamorfosi degli elementi, in un adensità partecipativa quasi dekooninghiana, nel rapporto gesto-immagine umana, sia pure intesa questa come estremo frammento soprattutto nel grottesco dei volti». Remo Brindisi realizza inoltre importanti scenografie per l’Arena di Verona. Nel 1970 fonda a Lido Di Spina, suo soggiorno estivo fino alla morte, il “Museo Alternativo” che porta il suo nome. L’edificio è una casa-museo realizzata dall’architetto milanese Nanda Vigo, progettato per essere abitazione privata e Museo di Arte Contemporanea, che raccoglie l’ingente collezione dell’artista: sculture, dipinti, fotografie e installazioni di Brindisi e dei suoi amici, i grandi rappresentanti dell'arte del Novecento, Modigliani, Picasso, Guttuso, Chagall, De Chirico, Fontana, Dalì, ed altri ancora. Brindisi è stato per molti anni docente e direttore dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, ricevendo la medaglia d’oro della Pubblica Istruzione per meriti culturali. Viene nominato nel 1972 Presidente della Triennale di Milano. Muore a Lido di Spina nel 1996. La Galleria Pace dopo aver realizzato il primo e il secondo volume del catalogo dell'Opera del Maestro Remo Brindisi prosegue l'archiviazione delle opere da inserire nel terzo volume.
Bibliografia:
Fabiani Enzo, Remo Brindisi: dal realismo alla nuova figurazione, Bologna, Borla, 1976! Remo Brindisi a Castel Sant’Angelo, maggio – giugno 1983, Roma, Romana Società Editrice, 1983. Dizionario dell’Arte, coordinatore Dossi Eugenia, L’UNIVERSALE: La Grande Enciclopedia Temetica, Milano, Garzanti, 2005.
Sitografia:
Dopo un periodo d'attesa è ormai ultimata la ristrutturazione del Museo Alternativo "Remo Brindisi" al Lido di Spina. Fortemente voluto dal grande Maestro e realizzato dall'architetto milanese Nanda Vigo nel 1973, l'edificio è già di per sé un capolavoro dell'architettura contemporanea con i suoi volumi geometrici, le coinvolgenti spirali interne a sottolineare il percorso e i raffinati dettagli stilistici tipici di un epoca: progettato per essere abitazione privata e Museo di Arte Contemporanea, ospita la collezione personale del grande artista. accolte in una struttura affascinante per linee ed atmosfera, circondata dal rigoglioso verde del Lido di Spina, luogo che l'artista elesse a ritiro estivo per quarant’anni e dove si spense nel 1996. Aperto prevalentemente nei mesi estivi, con il corpo-edificio e il giardino, è destinato a diventare un Centro culturale alternativo importante per l’arte.
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