Giovanni Maria Borri  - (Sommariva Bosco 1811 – Torino 1876

 

 

 

Giovanni Maria Borri - Natura Morta - Bra, collezione privata.

 

 

 

Il fiume Tanaro che nasce dal monte Saccarello posto nelle Alpi Marittime, poco prima di raggiungere nel suo corso l’antica città di Pollenzo divide in due parti la provincia di Cuneo, segnando alla sua sinistra il territorio del Roero, collinoso e ricco di rocche mentre sulla destra si estendono le colline delle Langhe che raggiungono il loro punto più alto nel territorio del comune di Mombarcaro (896 mt. s.l.m.). Sommariva del Bosco, posta ai margini di quella che comunemente è un’area chiamata “L’America dei Boschi” e che comprende oltre la stessa i comuni di Sanfré, Bra e Pocapaglia, è considerata la “Porta del Roero”. Nel 1811 Sommariva del Bosco, “Summaripa” cioè posta al sommo della ripa, era un piccolo borgo, gli abitanti del quale erano dediti all’agricoltura: la parte alta coltivata a vigne e frutteti e la sottostante pianura a campi e prati irrigui, lì Giovanni Maria, vi nacque il 29 giugno di quell’anno. Fin dall’età scolastica fece manifesto il suo desiderio di diventare pittore ma come sempre accade, i genitori anziché assecondarne l’indole, si opposero duramente ma la ferma determinazione del giovane, ebbe alfine partita vinta. La Reale Accademia di Pittura e Scultura di Torino, che in seguito prenderà il nome di Accademia Albertina di Belle Arti, rigida nei suoi insegnamenti, lo accolse nelle sue aule, sotto l’egida di Giovanni Battista Biscarra (Nizza 1790 – Torino 1851) che nel 1821 era stato chiamato a dirigere la stessa e che contemporaneamente deteneva la cattedra di pittura. Il giovane Borri, dotato, perspicace e volenteroso, si mise in evidenza fin da subito e dopo anni di duro lavoro fu licenziato con la qualifica di Professore.

 

 

Giovanni Maria Borri - Cucina rustica - Bra, collezione privata.

 

 

Si narra che negli anni di studio quando la domenica tornava al paese, disponesse su di un piccolo tavolino le opere prodotte in settimana e le offrisse ai suoi concittadini all’uscita della Messa Grande. Dopo l’Accademia, il Borri si strinse in amicizia con il vecchio Pelagio Palagi (Bologna 1775 – Torino 1860) e con Amedeo Augero (Verolengo 1799 – Torino 1888). Ebbe pure un occhio di riguardo verso Antonio Ciseri (Ronco sopra Ascona 1821 – Firenze 1891) che trasferitosi a Firenze con la famiglia all’età di dodici anni frequentò con grande profitto la locale Accademia e che all’inizio del secondo Ottocento fu a maestro tra gli altri di Silvestro Lega, Niccolò Cannicci e Raffaello Sorbi. La pittura del Borri, nata e consolidatasi nella prima metà dell’Ottocento, non poté avere che atteggiamenti neo-classicheggianti. Da solo o con altri affrescò chiese e ville; dipinse grandi tele di soggetto sacro: Parrocchiale di Casalgrasso, Chiesetta di San Rocco in Bra e chiese in Cavallermaggiore, Moretta, Torino e nella sua Sommariva del Bosco.

 

 

Giovanni Maria Borri - La figlia Margherita in vesti di contadina - Sommariva del Bosco, collezione Palazzo. Comunale

 

 

Abile ritrattista, nel 1843 fece il ritratto al Conte Luigi Reviglio della Veneria, un nobile che si esercitava in pittura con particolare riguardo verso il paesaggio, di classico sapore settecentesco. Dal 1845 in poi, espose nelle annuali rassegne della Promotrice di Torino, che sorta nel 1842 aveva sede nella nobile casa del Conte Cesare Dalla Chiesa di Benevello, e in altre collettive nella stessa Torino a Milano e a Firenze. Lo spirito patriottico che si respirava in quel tempo nella Torino Sabauda, fu stimolo per partecipare alla prima Guerra d’Indipendenza che purtroppo si concluse nel marzo del 1849 con la sconfitta di Novara. Il 7 settembre del 1854 condusse all’altare la compaesana Teresa Tesio che nel tempo gli figlierà tre maschi e sette femmine che furono soggetti, oggetto della sua attività ritrattistica, nella quale ebbe numerose committenze e non disdegnando l’autoritratto dove anche col trascorrere degli anni mostrò sempre lo stesso sguardo vivace, estroverso e anche un po’ ironico. Nel “Sacro” dipinse con ardore la Vergine Maria, nelle fasi più importanti della sua vita terrestre, dall’Annunciazione o Visitazione all’Assunzione al Cielo e mostrandola in altre tele: Regina dei Santi, Regina Incoronata, Regina degli Angeli. Una “Mater Dolorosa” è dipinta con le mani sul petto, gli occhi lacrimanti, lo sguardo volto al cielo, sul quale si legge un dolore infinito che commuove sino al pianto chi la osserva; il tutto dipinto a velature con tinte pastello, dove il volto della Vergine “seppure dolorosa” non si altera nella sua tenera dolcezza. Il Cristo, lo dipinse scavando nei misteri del Rosario, dalla nascita sino alla Sua Ascensione al Cielo, rendendo le sue tele partecipi di cotanti avvenimenti, e poi santi e sante tra i più invocati dai fedeli. Quando il Borri placava il suo animo, distendeva il braccio docile al pennello in nature morte di chiara matrice verista, (con un occhio ai fiamminghi) nelle quali i frutti degli alberi, gli ortaggi della terra, la cacciagione e altre leccornie, la fanno da padroni, contornati da vasellami in rame e terracotta.  Queste nature morte che, oggi sono le più ricercate dai collezionisti, il Borri le dipingeva sui più diversi supporti che potevano essere: latte, cartoni spessi, tavolette e tele, con un sano verismo e una luce che schizza dai soggetti ad illuminare tutto il dipinto. In proposito Anita Piovano ha scritto: “La frutta sempre bella, matura al punto giusto e invitante, viene presentata in un canestro o, semplicemente, poggiata sul tavolo, anzi quasi lasciata cadere in una finta casualità (ma in realtà disposta ad arte in modo da coglierne appieno le caratteristiche) vicino a pignatte e brocche di semplice terraglia o più elaborate”. (…) Il Borri si è dedicato a questi quadri con la stessa cura riservata agli altri dipinti. Attuava così, come altri pittori di questo genere, quanto aveva detto Caravaggio a tal proposito, il quale sosteneva che “Tanta manifattura gli era fare un quadro buono di fiori, come di figura”. Una brutta polmonite lo condusse a morte all’età di soli sessantaquattro anni: era il 2 marzo 1876. Tra i suoi estimatori oltre al Conte Luigi Reviglio della Veneria, figurarono personaggi illustri tra i quali S.A. il Principe Viddoné e il Senatore Lavini. Nel 2007, il suo paese d’origine volle ricordarne la figura, allestendo una grande “postuma” curata dall’Associazione Culturale Santi Bernardino e Orsola, con testi a catalogo a cura di Anita Piovano.   

 

 

Flavio Bonardo  (sabrotu@yahoo.it)   

 

 

 

Bibliografia:

G. Falossi – Pittori Italiani dell’Ottocento –  Il Quadrato – Milano 1986;

F. Bonardo – Artisti locali tra ‘800 e ‘900 Le Nostre Tòr – Famija Albeisa – Alba 1991;

A. Piovano – Borri Giovanni Maria “Pittore Sommarivese dell’Ottocento” – Sommariva del Bosco 2007.