Vittorio Bolaffio (1883 – 1931)
Partito dalla lezione di Fattori, del quale dimostrò d’aver colto il fare antirettorico e solido nella struttura dei dipinti, Bolaffio è forse l’unica figura di pittore giuliano d’un interesse davvero europeo e tra i più sottovalutati del periodo. Conobbe, durante il periodo fiorentino, pure Modigliani e ne rinsaldò l’amicizia a Parigi che gli fece notare il grande insegnamento di Cezanne, che nemmeno i parigini in quel momento capivano molto. Assetato di silenzio, le sue opere rappresentano un’infilata di capolavori che sbattono fra una scaltrissima lettura macchiaiola, con quinte violente ma al contempo ferme, ad una pittura francesizzante d’un Rousseau il Doganiere molto raffinato: su tutti La primavera e le rondini e il Ritorno del gregge con atmosfere d’una spettacolosa e schietta contemporaneità. Fu anche grande ritrattista, ma certo le migliori opere del genere sono più di tipi ideali che reali (la meravigliosa Cinesina). Suggestionato dall’atteggiamento di Gauguin, compie un viaggio in Oriente e più precisamente in India nel 1912. Fu amico anche del grande poeta Umberto Saba, del quale realizzò l’unico dove lo scrittore si riconobbe.
Bibliografia: Vittorio Bolaffio 1883-1931, catalogo della mostra, 1975
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