Ego Bianchi
(Castelboglione 1914 –
Cuneo 1957)
E. Bianchi,
Autoritratto al cavalletto. Collezione privata
Ego Bianchi nacque a Castelboglione,
un piccolo paese dell’astigiano compreso tra i comuni di Nizza
Monferrato ed Acqui, da una famiglia di contadini. Rimasto orfano del
padre in giovane età, venne avviato agli studi in un collegio di Acqui
dove nel 1932, ottenne brillantemente il diploma di ragioniere, cosa
che gli consentì di essere assunto presso gli uffici della Banca
d’Italia di Torino. Nell’autunno di quello stesso anno, s’iscrisse ai
corsi serali dell’Accademia Albertina dove ebbe a maestri, dapprima
Giacomo Grosso e successivamente Cesare Maggi. Il primo riconoscimento
artistico “Premio Acquisto” l’ottenne nel 1936 nell’attuale rassegna
della Società Promotrice delle Belle Arti. Per Ego, quelli furono anni
di duro lavoro e di grandi sacrifici, divisi tra la Banca e gli studi
all’Accademia; ma Egli, volenterosissimo seppe mettere a profitto anche
i brevi ritagli di tempo, per frequentare biblioteche e musei col fermo
proposito di arricchire il suo bagaglio artistico e culturale. Quel
fervore operativo, debilitò la sua forte fibra, tanto che nel 1939 venne
colpito dal bacillo di Koch, col quale dovette poi duramente convivere
per tutta la vita. Nel 1940 all’Accademia incontrò una giovane e bella
studentessa: Magda Rolandone che divenne in futuro la sua “Dada”.
Purtroppo nell’autunno di quell’anno, il suo stato di salute peggiorò di
molto, tanto da essere ricoverato presso l’Istituto Climatico di
Robilante, direttore del quale era il dott. Giovanni Capitolo: questi
seppe comprendere l’intimo travaglio di Ego, e si adoprò per rendergli
meno dura la permanenza in quel luogo. La tecnica figurativa appresa col
Maggi, gli permise nel 1945 col dipinto “Tetto Barberis a Robilante” di
aggiudicarsi il “Premio Arbarello” (Luigi Arbarello, avvocato e pittore
- Borgaro 1860 – Torino 1923) per il paesaggio presso la Promotrice di
Torino. La sua forzata permanenza a Robilante durò circa sei anni,
durante i quali alle quotidiane ore di cura, affermò il suo lavoro
d’artista.
E. Bianchi,
Collina di Bra con la Zizzola. Bra, collezione privata
Nel 1945 iniziò a tenere un piccolo
diario, in cui condensò i suoi sentimenti, le sue emozioni ed i suoi
pensieri; diario che venne tenuto segreto e mostrato ai suoi amici,
dalla moglie Dada, solo dopo la sua morte. A tale proposito, il
professore monregalese Ernesto Billò, ebbe a scrivere: “…un diario
rivelatore dei suoi orientamenti, dei suoi aneliti, delle sue letture e
dei suoi idoli che, si identificavano in Van Gogh, Seurat, Cezanne,
Sisley, Modigliani, Matisse, Picasso e Braque…”.
Il dolore per il suo stato di malato, fu mitigato dal suo grande
amore per la pittura, salvo rare eccezioni, come quando annotò: “2
gennaio 1946 - Per la prima volta di quest’inverno ho veduto il cielo
verso la valle di un colore di seta fine attraversata da una luce
dorata. Ho sofferto nell’impossibilità di poter lavorare davanti a tanta
bellezza (…) se volessi, potrei dipingere in maniera: nevi, nevai e
piacevoli paesaggi alpini, ma odio questa pittura falsa dell’Ottocento
decadente…”. Nel dopoguerra, allestì la sua prima Personale a Cuneo:
era il 1946. A maggio di quell’anno, nel tentativo di migliorare il suo
stato di salute, fu trasferito all’Istituto Climatico “Villa Novaro” di
S. Lorenzo al Mare. Nonostante il protrarsi della sua “odissea” Ego,
davanti al fascino per lui imperioso del colore, sapeva dimenticare
tutte le sue tribolazioni e nel suo diario alla date del 23 maggio, si
legge: “…viaggiando in treno (…) benedico il fornaciaio che
cuoce le tegole ed i mattoni che poi mi entusiasmano col loro rosso così
puro e bello. Benedico il contadino che crea armonie di colori col suo
lavoro nei campi…”. A Villa Novaro, Ego si attivò e dette vita ad un
ambiente culturale con esposizioni, congressi, conferenze. Lì nel 1947,
mise in mostra le sue opere che ripropose poi ad Imperia e sempre in
quel ‘47, mostrando un vigore inusuale per un uomo nel suo stato di
salute, espose i suoi lavori presso la Sala d’Arte del Casinò Municipale
di San Remo.
E. Bianchi,
La Langa. Collezione privata
Artista scrupoloso, avendo in quel
periodo scarse possibilità di confrontarsi con altri artisti e quindi di
sottoporre le sue opere al loro giudizio, divenne per necessità il
critico di se stesso. Ancora una volta è il suo diario ad
illuminarci: “17 luglio 1947 – Osservo e scruto da diversi
giorni, le ultime tele dipinte, appese al muro di fronte al letto: è
veramente il miglior modo di giudicarle. L’arte e il suo mondo visti dal
letto come da una trincea…”. Durante il suo “esilio” a Villa Novaro,
Ego ritrovò Magda Rolandone ach’ella ricoverata per il suo stesso male.
Il comune interesse per la pittura, li unì dapprima in una tenera
amicizia che, successivamente sfociò in amore. Ristabilitosi, nel 1948
venne dimesso e fece ritorno a Torino dove riprese a lavorare
alacremente ad opere dedicate ai malati che, nello stesso anno presentò
in “personale” a Parigi presso la Galleria Charpentier. Al riguardo nel
suo diario scrisse: “…C’è una poesia che aleggia
intorno al malato, al suo fisico, ed al suo spirito…”. Quella poesia
verso i sofferenti, egli la trasfuse nelle sue opere con grande
umanità. Nel 1949 allestì una mostra presso il Salone della Stampa di
Torino, recensita sul giornale omonimo da Marziano Bernardi. L’autore di
“Ottocento Piemontese” dopo averne tessuto le lodi, lo incoraggiò a
proseguire sulla strada intrapresa. Luigi Carluccio sulla
Gazzetta del Popolo scrisse: “…Dagli abbozzi dei grigi azzurri
delle prime opere, si libera un timbro coloristico che crescerà con gli
anni con un piglio di conscia virile conquista.”.
E. Bianchi,
Tetto Barberis a Robilante. Collezione privata
In quel tempo il vivace Ego, iniziò a
frequentare l’ambiente pittorico milanese legandosi d’amicizia col
pittore Armando Cuniolo, ma il tentativo di allargare le sue conoscenze
venne brutalmente interrotto da una recrudescenza del male che lo
riportò all’Istituto Climatico di Robilante: era il 1950. A Robilante
conobbe Giulio Benzi (Quargnento 1907 – Robilante 1955) già assistente
di Felice Casorati all’Albertina e reduce dal secondo conflitto
mondiale, durante il quale aveva contratto la malattia. La libertà della
quale godettero Ego e Giulio, permise loro di fissare sulla tela i
paesaggi della valle Vermenagna e delle vicine Langhe monregalesi. Il 7
ottobre di quell’anno (era il 1950) Ego, condusse all’altare la sua
amata Dada, nella chiesa di Fiammenga sita sulla collina che guarda il
santuario di Vicoforte e stabilì la sua dimora a Mondovì in via Vico.
Ego Bianchi, Amore e Psiche,
1950 ca., terracotta policroma con scena mitologica
A
Mondovì fece le sue prime esperienze su ceramica presso la ditta Besio e
con l’amico Valerio Ingaramo, fondò la terza saletta del Caffè Aragno
che, inaugurò con una mostra delle sue opere e di quelle della moglie.
L’anno successivo, l’affiatatissima coppia Dada-Ego, espose a Cuneo,
presso il ristorante “I Tre Citroni”. In quel periodo, ebbero inizio i
suoi viaggi in Costa Azzurra. Si stabilì temporaneamente a Monaco.
Visitò gli “Ateliers” di pittori e ceramisti, stanziati a Vallauris,
Vence e S. Paul de Vence. A Nizza Marittima, ebbe modo di conoscere il
“magico” Marc Chagall, che stava curando una sua mostra. Nel 1952,
partecipò alla Prima Mostra Nazionale della Ceramica di Messina,
denominata “Premio Mastro Giorgio” dove con il pannello “Trinacria”
vinse il I° Premio ex aequo. Nello stesso anno fu invitato da Tullio
Mazzotti, detto “Tullio d’Albisola” a lavorare nel suo atelier. Nel
volume “Cinquanta ceramisti italiani 1952-1957”, Tullio Mazzotti
presentando Ego Bianchi, scrisse: “Ego Bianchi è sceso al mare. E non
poteva che venire ad Albisola. Di sangue piemontese Ego Bianchi è
un’artista completo al quale i colleghi e i critici più diffidenti
riconoscono alte qualità di estro e di gusto. (…) Vedendo lavorare Ego
Bianchi mi sono domandato se questo giovane non appartenesse ad epoche
remote e non fosse consanguineo di Melis, Fantoni, Gambone o Zauli in
quanto il vaso nasce dalle sue dita e vive del fiato creativo
dell’artista. (…) che confida soltanto nel fuoco prestigioso ed eterno
delle sue mani. (…) con queste osservazioni che sono garanzia di
mestiere e della validità artistica di Ego Bianchi, dò il benvenuto in
Albisola al geniale ceramista”. Qui ebbe modo di conoscere un
gruppo d’artisti che concorsero a fare la storia del Novecento: Aligi
Sassu, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, Agenore Fabbri, Renato
Birolli, Enrico Baj ed Emilio Scanavino.
Ego Bianchi, Nudo femminile,
1950 ca., placca da muro in terracotta
smaltata in policromia
Quei lavori di ceramica assieme
ad altri di pittura, furono esposti a La Spezia presso la Galleria Adel.
Nel 1953, dopo aver partecipato ad una “collettiva” in Milano presso la
Galleria S. Fedele, denominata “Testimonianze a Cristo”, vinse il premio
“Richard Ginori” con una Via Crucis: formelle ovali a sfondo nero con
scene altamente drammatiche. In quell’occasione, l’amico professore
Ernesto Caballo scrisse: “…Un’opera che sfiora il classico grazie
alla linea pura del disegno dl’altro lato vibratissimo…”. In
quell’anno, spostò la sua residenza da Mondovì a Cuneo e scrisse il
“Manifesto dell’Introspezionismo”. Quella stagione pittorica, la dedicò
in gran parte ai “Clowns” che avevano stimolato la sua fantasia, dopo
aver assistito ad uno spettacolo del Circo Medrano. Nel 1954, partecipò
alla Triennale d’Arte di Milano con alcune ceramiche ed al Premio
Suzzara col dipinto introspezionistico “Operazione Chirurgica”. Ad Alba,
vinse il “Premio Le Langhe” ed a Morozzo (località nota per i soggiorni
di Lorenzo Delleani) fu ancora primo Ex Aequo. Poiché la ceramica
esercitava su di lui una grande attrattiva, iniziò a lavorare con forno
proprio alle fornaci di Sale Langhe e per non venire meno al desiderio
di confrontarsi, riprese i suoi viaggi in Costa Azzurra. Un viaggio in
Spagna ed alle Baleari nel 1955, gli permise di fissare sulla carta e
sulla ruvida tela (tela di sacco) quei paesaggi assolati che mise poi in
mostra l’anno successivo presso il Circolo Sociale di Cuneo. La sua
abilità di ceramista, non passò inosservata e la Camera di Commercio di
Cuneo, gli commissionò trentadue pannelli decorativi per la Sala delle
Contrattazioni e per ordine e conto della Cassa di Risparmio di
Savigliano, realizzò un grande bassorilievo. Decorò poi il palazzo
Minerva di Cuneo ed il Cinema Italia di Mondovì e con il pannello “La
Pace” vinse il “Premio Città di Vicenza”, Biennale Internazionale della
Ceramica d’Arte. In quello stesso anno (1956) fu invitato alla Biennale
di Venezia. Agli inizi del 1957, si presentò con una grande “personale”
alla galleria La Maggiolina di Alessandria, riscuotendo un meritato
successo. Fu ancora la Francia a richiamarlo col fascino della Costa
Azzurra ed a Cannes, conobbe il pittore parigino Francois Raty che,
teneva studio a Golfe Juan dove fu ospite per un mese. Lì cominciò ad
affrontare il tema delle “Navi” che svolse per tutta l’estate. In
ottobre, fu nuovamente a Vallauris intento a lavorare la ceramica presso
l’atelier Madoura, dei coniugi Ramié (lo stesso di Picasso). Ma Ego mai
sazio e mai domo, si stava apprestando ad allestire una grandiosa
“personale” presso la Galleria Montenapoleone di Milano, che si sarebbe
intitolata: “Les Bateaux”; navi partorite dalla sua fervida fantasia
destinate a navigare nelle sfere celesti. In quel tardo autunno, sul
nostro paese si abbatté una forma influenzale denominata: “Asiatica” che
mise a letto la stragrande maggioranza degli italiani. Ego ne fu colpito
e gli fu fatale. La Mostra di Milano venne inaugurata e condotta a
termine dalla moglie Dada. Enrico Piceni (critico d’arte e
collezionista) su “Candido” del 19 gennaio 1958 in “Addio di un Pittore”
scrisse: ”…Alla galleria Montenapoleone una mostra interessante dal
punto di vista pittorico, commovente dal punto di vista affettivo,
umano. Ego Bianchi, scomparso da poco nella prima maturità, era un
artista tormentato, sensibile e sincero. Queste sue opere recenti lo
dimostrano in modo patetico anche per il tema costante che le ispira:
barche e velieri. (…) Pareva davvero che lo spirito di un antico
vichingo si fosse impossessato dell’anima dell’artista, gli avesse
iniettato la nostalgia di queste imbarcazioni da sogno fatte per violare
le onde di un oceano ancora nuovo, vergine, ignaro dell’acuta
ferita di una prora”. Ricordandone la figura, Ernesto Billò scrisse:
“…Ego Bianchi, un pittore dell’astigiano che attraversò come una
meteora il quieto cielo monregalese, bruciando del suo generoso ed
appassionato fuoco interno”. Mentre Antonio Buccolo nel 1995 alla
presentazione di questa scheda su “Le Nòstre Tor” organo della Famija
Albeisa, scrisse: “…Un pittore carico di ideali bruciati in un arco
di vita brevissimo; un vero artista,carico di entusiasmo, che ha
influenzato la pittura di alcuni nostri pittori locali”. Ego, pur
non tenendo una scuola vera e propria, ebbe molti allievi, tra i quali
si possono citare: il monregalese Francesco Franco; i cuneesi
Michelangelo Robaldo, Pino Roasio, Franco Marro, Giovanni Gagino, Cesare
Botto; il cheraschese Romano Reviglio; il cebano Tanchi Michelotti ed il
racconigese Carlo Sismonda. Le sue opere pittoriche nelle quali il
paesaggio fu prevalente, si suddividono in periodi o temi: paesaggi,
ritratti, nudi, malati, clowns e navi. In chiusura di questa scheda,
(breve per l’artista in oggetto) voglio ancora attingere dal suo diario,
veramente rivelatore della sua statura di uomo ed artista: “…Lodo Dio
di avermi dato la malattia che mi ha sublimato la materia e mi ha
aperto gli occhi alla vera luce dell’arte e della fede nella fine”.
Alla sua memoria, il comune di Cuneo gli ha intitolato il Liceo
Artistico.
Flavio Bonardo
BIBLIOGRAFIA:
E. BILLO’ – “Artigiani ed Artisti a
Mondovì” – Amici di Piazza – Mondovì 1978.
E. BIANCHI – “Diario” 1945 – 1948.
E. CABALLO – “Ego Bianchi” Borgo S.
Dalmazzo ott. 1971.
A. BUCCOLO – Pittori locali “Ego
Bianchi” – LE NOSTRE TOR (portavos dlla Famija Albeisa) – Alba settembre
1995.
M. BERNARDI – “La Stampa di Torino”
1949.
L. CARLUCCIO – “La Gazzetta del
Popolo” Torino 1949.
E. PICENI – “Addio di un Pittore” da
Candido n° 3 - 19 gennaio 1958
T. MAZZOTTI – “Cinquanta Ceramisti
Italiani 1952-1957 – Edizione Industria Poligrafica Lombarda..