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Dolores Del Giudice
Giacomo Balla (Torino 1871 - Roma 1958)
Giacomo Balla nasce a Torino nel 1871. Una volta terminati gli studi superiori si iscrive all’Accademia Albertina dove incontra Pelizza da Volpedo; inizia inoltre a lavorare con il pittore e fotografo Oreste Bertieri, con il quale condivide l’interesse per la fotografia trasmessogli dal padre. Nel 1985 si stabilisce a Roma per rimanerci tutta la vita. Fondamentale risulta il soggiorno a Parigi nel 1900-1901, dove conosce le ricerche postimpressioniste sulla luce di Seurat e Signac, ma il Pointillisme francese che egli adotterà una volta rientrato a Roma, sarà caratterizzato da un minore rigore scientifico e da un crescente impegno sociale che condivide con altri esponenti del Divisionismo italiano. Nel 1903 incontra Boccioni, Severini e Sironi, appena giunti nella capitale, che divenuti suoi allievi indirizzerà a questa nuova tecnica pittorica. Nei quadri dei primi anni del secolo, dove adotta spesso inquadrature fotografiche, il colore è steso tramite piccoli tocchi di colore che si mescolano a pennellate più fluide: La fidanzata al Pincio (1902), Ritratto di signora all’aperto (1903); mentre l’interesse per le classi più deboli, gli alienati e discriminati dalla società, si ritrova nel Polittico dei viventi (1903-1905, costituito da quattro pannelli separati raffiguranti quattro soggetti distinti, Il contadino, La pazza, I malati e Il mendicante) e La giornata dell’operaio (1904). Seguono poi dei quadri dove abbandona l’aspetto umanitario a favore di un Divisionismo più delicato e sfumato dai toni poetici visibile in Villa Medici (1908) e Villa Borghese (1910), in quest’ultimo è «facile osservare come la frammentazione della pennellata divisionista si avvii a comporsi in un modulo decorativo astratto, di sapore liberty» (Calvesi); ma la svolta tematica e stilistica che il futurismo imprimerà nel suo linguaggio pittorico non è ancora percepibile. È infatti nel 1910 che Balla, Boccioni, Severini, Carrà e Russolo, firmano il Manifesto dei pittori futuristi, scritto attenendosi ai contenuti del Manifesto pubblicato da Marinetti l’anno precedente, al quale segue poco dopo il Manifesto tecnico della pittura futurista, dove enunciano quali dovranno essere i caratteri della nuova pittura. Marinetti promulgava come modello della nuova bellezza l’automobile, la velocità, le grandi folle, il progresso rappresentato dalla città moderna, contro ogni forma di passatismo; questo tradotto in pittura voleva dire rompere con l’arte della tradizione, soprattutto per quanto riguarda i temi: i futuristi si prefiggono di raffigurare l’attivismo incessante della vita moderna, tramite soggetti moderni e forme dinamiche che si compenetrano con lo spazio circostante. L’adesione a questi nuovi precetti è visibile in Lampada ad arco (1909 o 1911), dove Balla con un linguaggio ancora divisionista dipinge un simbolo della tecnica e del progresso: una lampada ad arco che oscura ironicamente una falce di luna (Uccidiamo il chiaro di luna era uno dei manifesti di Marinetti di rottura con il passato). Sono ancora in una fase iniziale le ricerche sul dinamismo e la luce-colore in questo quadro di Balla, mentre saranno ulteriormente sviluppate nei lavori successivi: studia il movimento avvalendosi del mezzo fotografico in Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912) e La mano del violinista (1912), dove l’immagine appare come una sequenza di fotogrammi sovrapposti; mentre in La ragazza che corre sul balcone (1912) le varie fasi del correre vengono frazionate ed isolate. Velocità d’automobile (1912) e Linee mandamentali + Successioni dinamiche (studio per “Volo di rondini”, 1913) rappresentano invece un grado più avanzato di ricerche sul dinamismo, dove l’artista si svincola del retaggio figurativo e suggerisce la velocità dell’oggetto tramite linee dinamiche e andamentali. Nelle Compenetrazioni iridescenti realizzate tra il 1912-1914 prosegue le ricerche sulla luce giungendo ad esiti del tutto astratti. Nel 1913 mette all’asta tutte le sue opere figurative annunciando: "Balla è morto. Qui si vedono le opere del fu Balla". Nel 1914 partecipa all’attività interventista del gruppo con la serie Dimostrazioni interventiste, in cui forme geometriche e spiraliformi riecheggiano lo sventolio delle bandiere e il turbinio della folla. Ne 1915 firma insieme a Fortunato Depero il manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, che mira a diffondere l’estetica futurista ad ogni aspetto della vita. Appartengono a questo periodo i Complessi plastici realizzati con materiali diversi: lana, cotone, vetro, fili metallici, stagnole e altre sostanze disparate, con le quali non si doveva riprodurre la realtà bensì ricrearla. Dopo la morte di Boccioni, avvenuta nel 1916, assume un ruolo di primo piano all’interno del Movimento, la sua attività lavorativa risulta incessante: partecipa alla realizzazione del film Vita futurista, sottoscrive con Martinetti e altri il Manifesto della cinematografia futurista, e nel 1917 progetta le scene per il balletto russo Feu d’artifice di Igor Stravinsky rappresentato al teatro Costanzi di Roma. Nel 1919 partecipa alla Grande Esposizione Nazionale Futurista alla Galleria Centrale di Palazzo Cova a Milano. Per tutti gli anni venti partecipa a quasi tutte le mostre del gruppo futurista. Nel 1921 realizza la decorazione e l’arredamento del Bal Tik Tak, una sala da ballo in stile futurista. Nel 1925 è presente alla Biennale romana, mentre nel 1928 tiene una personale agli “Amatori e cultori”: appare qui visibile come Balla cominci negli anni Venti ad alternare alla produzione futurista dipinti figurativi. Nel 1929 aderisce per un breve periodo al secondo futurismo firmando il Manifesto dell’aeropittura, ma sul finire degli anni Trenta rompe bruscamente con il Futurismo dichiarando che “l’arte pura è nell’assoluto realismo senza il quale si cade in forme decorative e ornamentali”. La produzione proto-futurista dell’artista non va facilmente inserita in quel clima diffuso di Ritorno all’ordine cui partecipano molti astrattisti, bensì appare più che mai attuale traendo ispirazione dalla cartellonistica, dalla cinematografia, e dalla fotografia di moda, a cui rimanda infatti nella posa e nello stile artefatto il ritratto del pugile Primo Carnera 1933. «Tutta la produzione di Balla è improntata alla modernità, sempre alla ricerca di modelli linguistici in grado di rappresentare il momento storico in cui opera». Balla muore il primo marzo del 1958 a Roma.
Bibliografia Gavioli Vanessa, Balla, I Classici dell’Arte, Milano, Skira, 2004. Coen Ester, Futurismo, Art Dossier, Giunti. Pirovano Carlo, La pittura in Italia. Il Novecento/1: 1990-1945, Milano, Electa, 1991.
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