L'esponente più giovane della famiglia cremonese ?un artista di
fondamentale importanza per comprendere le trasformazioni in atto nella
pittura lombarda della seconda metà del Cinquecento. Allievo dei
fratelli Giulio e Antonio e collaboratore di quest'ultimo, si distinse
sin dalle prime opere quali la Pietàcon San Francesco del Capitolo del
Duomo di Cremona e la Pietàdell'Ospedale Nuovo (1569) per l'interesse
verso l'illusionismo in continuità con l'opera cremonese del Pordenone e
del Sojaro.
Vincenzo fu attento anche alla cultura bresciana e a questo si aggiunse
ben presto un uso della luce che, in opere quali il Cristo inchiodato
alla croce, ne fanno un antecedente dello stesso Caravaggio. Si
riscontra inoltre un'intelligente assimilazione della cultura veneta
espressa dal Veronese ma ancor di più dai Bassano, evidente
nell'Annunciazione di Busseto (Oratorio di Santa Maria Annunciata, 1581)
che fonde i colori madreperlacei cari alla tradizione locale alla
luminositè calda ma tenebrosa dei veneti. Le stesse caratteristiche
connotano il San Matteo e l'angelo (Pavia, chiesa di San Francesco
Maggiore, 1588), opera anche questa che rivela una cultura nuova e ormai
pronta all'avvento del Caravaggio. A Milano, negli anni Ottanta,
Vincenzo insieme al fratello Antonio affrescò le volte di San Paolo in
Converso e si distinse soprattutto per i dipinti che rappresentano scene
della vita reale, fruttivendole, pescivendole, pollivendole, mangiatori
di ricotta, dalle espressioni caricate ma di sapore fortemente
realistico, accostabili alle opere del Passerotti e di Annibale Carracci.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: S. Zamboni, voce Campi, Vincenzo, in Dizionario
Biografico degli Italiani, 17, Roma 1974; M. Gregori, F. Paliaga, G.
Godi, G. Cirillo, G. Bora, in AA.W., I Campi e la cultura artistica
cremonese del Cinquecento, catalogo della mostra, Cremona 1985; F.
Frangi, ad vocem, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Il, Milano
1988.