Nato nel 1854, Andrea Rioda
iniziò l'attività presso la C.V.M. Compagnia Venezia Murano, in qualità di
ricercatore chimico, distinguendosi per la sua maestria nell'elaborare nuovi
materiali che traevano ispirazione dalla vetreria fenicia e romana. Nel 1911
aprì la Andrea Rioda & C., caratterizzando le produzioni di modelli classici,
per l'estrema leggerezza e ricercatezza con cui venivano eseguiti. Durante la
Prima Guerra Mondiale la vetreria fu costretta a trasferirsi a Livorno, per
continuare l'attività produttiva e lo fece senza scadere di qualità, al punto
che nel 1916 espose alla Fiera Campionaria di Lione. Rioda tenne sempre in
grande considerazione la qualità e si avvalse dell'opera dei migliori maestri
disponibili. Il migliore fu quel Giovanni Seguso, detto "Nane Patare", cugino
del famoso maestro vetraio Isidoro Seguso, celebrato da Gabriele D'Annunzio nel
romanzo "Il fuoco". In seguito Giovanni diventerà direttore tecnico presso la
Cappellin-Venini & C. Così lo descrisse il giornalista francese Robert Linzeler:
"Duns l'île on le connait sous le nom de Patare. À l'atelier tout le mond l'appelle
Nane... gras et musclé, il porte sur ses fortes épaules line brune, ronde, avec
le masque rasé d'un empereur romain!"
Nell'immediato dopoguerra Andrea Rioda fu incaricato di riorganizzare il Museo
Vetrario, rimasto chiuso durante gli eventi bellici,
Verso il 1920 l'antiquario veneziano Giacomo Cappellin gli commissionò una serie
di soffiati classici per il nuovo negozio di Milano, in via Montenapoleone. Da
questo incontro nacque il progetto di una nuova società a tre, con l'avvocato
milanese Paolo Venini. Purtroppo nell'agosto del 1921 la morte colse Rioda
impedendogli di partecipare all'ultima impresa che avrebbe completamente
rivoluzionato la storia del vetro muranese. A questo punto alcuni maestri, tra
cui "Nane Patare" Seguso, Diego Barovier, Raffael Ferro, Attilio Moratto e
Malvino PavaneIlo, confluirono nella nuova ditta Vetri Soffiati Muranesi
Cappellin-Venini & C., mentre i rimanenti, sotto la direzione di Umberto Santi e
Giulio Radi, continuarono l'attività nella fornace che prese il nome di Succ.
Andrea Rioda. Nel 1924 a Giulio Radi fu conferito il titolo di Cavaliere per
meriti di lavoro. La produzione continuò a distinguersi per l'alto livello
qualitativo, recuperando tecniche antiche quali la filigrana.
Dopo la grande crisi economica del 1929, come molte altre fornaci, anche la
Succ. Andrea Rioda entrò in crisi. Messa in liquidazione una prima volta nel
1931, si cercò di farla risorgere, senza grandi esiti. La produzione continuò
nel 1932 come commissionaria della Salviati & C. sotto la direzione di Aureliano
Toso. Alla Biennale di quell'anno espose numerosi pezzi eseguiti per lo più con
la tecnica della filigrana, su disegno del pittore Dino Martens, che anticiperà,
con una curiosa figura di uccello, quelle che saranno le sue realizzazioni negli
anni '50. Questo tentativo di ripresa durò per circa 6 anni, finché la fornace
fu liquidata definitivamente nel 1938. Pur non avendo lasciato particolari
tracce da un punto di vista artistico, la Succ. Andrea Rioda ha rappresentato
uno degli episodi più salienti di quelle correnti che hanno contribuito al nuovo
Rinascimento del vetro italiano ed è stata banco di prova di molti personaggi
divenuti protagonisti nelle vicende artistiche muranesi negli anni a venire.
Franco Deboni
Bibliografia:
Lorenzetti C., Vetri di
Murano, Bergamo 1940
Mariacher G., L'Arte del Vetro, Verona 1958
Gasparetto A., Il Vetro di Murano dalle origini ad oggi, Venezia 1962
Polak A., Modern Glass, Londra 1979
Tagliapietra S., La Magnifica Comunità di Murano, 1900-1925, Verona 1980
Barovier Mentasti R., Il Vetro Veneziano, Milano 1987
Neuwirth W., Italian Glass, Vienna 1989
Deboni F., I Vetri Venini, Torino 1992
Barovier Mentasti R., Vetro Veneziano 1890-1990, Venezia 1993
Heiremans M., Art Glass from Murano, Stoccarda