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Scrittori austriaci
sul fronte dell'Isonzo
Reportage del
Kriegspressequartier
Marina Bressan
Nei primi mesi di
guerra dilettanti e scrittori affermati riversarono sul pubblico europeo
una valanga di poesie, prosa e saggi, cronache e resoconti. Con
entusiasmo scrittori e saggisti assunsero il compito di cronisti di
guerra. Nel "dare testimonianza" trovavano legittimazione dello
scrivere, nelle descrizioni "realistiche", compatibili con gli obiettivi
della propaganda, intendevano trasmettere ideali e dare un senso alla
guerra, la cui crudeltà non poteva essere paradossalmente senza senso.
Sarebbe stato infatti troppo difficile e insopportabile morire o
soffrire per nulla. La guerra, la "grande guerra", distruggendo ogni
cosa, avrebbe preparato l'avvento del nuovo.
In Austria-Ungheria la mobilitazione degli scrittori fu diretta dal più
importante degli uffici preposti alla propaganda: il k.k.
Kriegspressequartier (l''imperialregio Quartiere della Stampa di
Guerra)1
responsabile per tutto ciò che veniva pubblicato in parole ed in
immagini, luogo da cui partivano le coordinate della propaganda bellica
austriaca a livello colto. Previsto già nelle
Mobilisierungsinstruktionen del 1909, il 28 luglio 1914, il giorno
stesso della dichiarazione di guerra alla Serbia, il KPQ si costituì a
Vienna sotto il comando del colonnello Maximilian von Hoen2,
allora direttore del Kriegsministeriums Pressestelle (Ufficio
stampa del Ministero della guerra). La struttura era alle dirette
dipendenze dell'Armeeoberkommando (Comando superiore
dell'esercito). Dalla prima destinazione, Dukla (nei Carpazi orientali)
a Rodaun (in prossimità di Vienna), ebbe una sede permanente all'inizio
del 1917. A due mesi dalla sua nascita, il KPQ si articolava in tre
unità: il Kommandantur und Adjutantur (Comando e Aiuto),
acquartierati presso l'AOK e incaricati di censurare i servizi dei
corrispondenti di guerra destinati ai giornali; il Platzkommando
(Comando di Piazza), dove stazionavano gli ufficiali addetti alla
"custodia" dei corrispondenti e il Berichterstattergruppe, cioè
il gruppo dei corrispondenti di guerra, organizzati presso il Comando di
Piazza3.
Uno dei compiti del KPQ era quello di "accettare i rappresentanti della
stampa nazionale ed internazionale in caso di guerra."4
La loro scelta veniva esplicitata nel criterio fondamentale "di non
idoneità al servizio militare"5.
Dovevano conoscere la lingua tedesca o quella ungherese (sic!) o
perlomeno il francese, disporre di un servitore e di un cavallo e
indossare abiti civili. L'unico segno di riconoscimento era una striscia
al braccio giallo-nera con la scritta "Presse". Rappresentavano da
privati i loro giornali che si incaricavano di pagarli. Dovevano
attenersi alle prescrizioni militari e se rimossi in caso di
inadempienza non potevano essere sostituiti; il loro compito doveva
essere portato a termine fino alla fine della guerra.6
L'AOK (Comando superiore dell'esercito), arrogandosi il diritto di
influenzare direttamente l'opinione pubblica faceva pervenire ai dieci
iniziali collaboratori del KPQ (Quartier generale della Stampa di
Guerra) informazioni già filtrate. Il responsabile del KPQ doveva però
essere costantemente aggiornato dei fatti più significativi di politica
militare ed organizzativa, dal momento che in base agli stessi si
indirizzava la propaganda. Una propaganda tuttavia che risultava alla
fine fortemente indebolita ed eccessivamente ostacolata. Il
Kriegsueberwachungsamt (Ufficio di controllo e di censura)7
limitato all'Austria, affiancato dalla Kriegsueberwachungskommission
per l'Ungheria controllava il loro operato che rappresentava l'unico
strumento di mediazione tra il fronte e l'hinterland, mentre il gruppo
di letterati del Kriegsarchiv (Archivio di guerra), fondato nel
novembre 1914,8
avevano il compito di "rappresentare la guerra come uno spettacolo
grandioso ed eroico".
Rainer Maria Rilke che per un periodo ne fece parte, ce lo fa capire
pienamente: "La mia condizione (lavoro in ufficio dalle nove alle tre
del pomeriggio) è oltremodo comoda, tuttavia insostenibile, se non mi
riuscirà di adattarmi ad una trascrizione meccanica oppure ad un lavoro
di registrazione; la prestazione letteraria è impossibile. Non desidero
descriverla, è ambigua... I signori stessi la chiamano 'Heldenfrisieren'
(truccare da eroi)"9.
Il compito redazionale incentrato sulla parola "che racconta", sul
bozzetto, sulle scene di vita quotidiana, indulgendo a squarci lirici
caratterizzò gli anni della direzione di Hoen, ufficiale della "Cacania"10.
Nel 1915 venne fondato il Kunstgruppe (Gruppo artistico)
comprendente fotografi, disegnatori e cineoperatori, nel 1916 venne
pubblicata la rivista "Oesterrichisch-Ungarische Kriegsberichte" che
cessò con l'ottavo numero nel 1918, tuttavia l'epoca di Hoen fu
caratterizzata da improvvisazione e da una certa indifferenza per il
lavoro svolto, nonché da una cronica carenza di fondi.
La crescente domanda di notizie e di informazioni - che poi costituisce
la base per ogni sorta di propaganda - non venne presa in considerazione
dal comando dell'esercito. L'unico grande obiettivo della guerra era la
conservazione della Monarchia e ciò non era assolutamente facile in uno
Stato plurinazionale in cui forze centrifughe avevano ormai preso il
sopravvento su quelle centripete. Non c'erano quindi valori
sovranazionali come "pace" e "libertà" che potevano dare un senso alla
guerra, in Austria non esisteva un valore etico per cui combattere.
L'esercito era la principale garanzia contro la dissoluzione della
Monarchia, quel Corpo ufficiali dotato di codice morale, di lealtà alla
Corona e di profondo patriottismo che incarnava e sosteneva l'ideale
dinastico-militaresco su cui si fondava la legittimità dello stato
asburgico."L'Armeedeutsch (il tedesco dell'esercito), la lingua
di ordinanza unica, si contrapponeva come elemento di ordine al
disordine della vita civile. Tuttavia se agli ufficiali di ogni ordine e
grado era vietato mescolarsi con la politica, condannata come il
peggiore dei mali, non era inconsueto che nella piccola e media
borghesia, da cui provenivano i quadri intermedi dell'esercito,
serpeggiasse da tempo l'irredentismo tedesco sostenuto dal partito dei
Deutschnationale, ritenuto di gran lunga più pericoloso di altri
irredentismi.
Si comprende alla luce di queste considerazioni come la propaganda fosse
rivolta
piuttosto all'esterno che all'interno.
Il conseguimento della Glorreicher Sieg (vittoria gloriosa) era
l'obiettivo contenuto in tutti i comunicati ufficiali del Comando
supremo e delle azioni propagandistiche: i pericoli per il suo
conseguimento potevano provenire solo dalla società civile.
L'idealizzazione del vecchio imperatore era da ritenersi un tentativo in
quella direzione, che venne meno con la morte del sovrano nel 1916. Gli
stessi mezzi usati dalle potenze dell'Intesa: fogli volanti lanciati da
palloni, zeppelin, aeroplani, film fatti vedere in patria e all'estero,
autoparlanti la cui voce arrivava nelle trincee a motivare i soldati,
non furono usati dall'Austria-Ungheria e dalla Germania perché ritenuti
"non militareschi" e "indegni".
Le potenze centrali si attennero alla regola fondamentale di denigrare
il nemico, in particolare in quei territori, come Trieste, in cui la
questione nazionale era oltremodo delicata.12
Ne approfittarono le potenze dell'Intesa i cui attacchi solo molto tardi
vennero in parte pareggiati.
La propaganda per le potenze centrali si atteneva ancora a principi
romantici: un eroe era colui che combatteva apertamente e non alle
spalle. Il semplice detto "Chi risparmia in propaganda, versa più
sangue" lo si capì troppo tardi.
Iniziali insuccessi sul fronte orientale vennero opportunamente
mascherati, mentre i successi decisamente gonfiati. I corrispondenti non
avevano il permesso di avvicinarsi alle battaglie che dovevano
documentare. Il loro compito consisteva nell"'infiorire" il comunicato
dell'AOK; anche molte particolarità erano inventate.13
Gli interventi causarono più sfiducia che tranquillità e attirarono
l'ostilità delle potenze dell'Intesa che, tacciando l'Austria Ungheria
di diffondere solo menzogne, si arrogarono il diritto di essere i soli
depositari della verità.
L'entusiasmo iniziale al momento dello scoppio della guerra, era ormai
svanito. Le parole di Stefan Zweig "Centinaia di migliaia di persone
sentivano allora come non mai quel che avrebbe dovuto sentire in pace,
di appartenere cioè ad una grande unità", o quelle di Musil "Si sente la
nazione in carne ed ossa", la mobilitazione poetica che aveva prodotto
450 antologie per un totale di 3.000.000 di liriche, l'esaltazione del
"Dio di battaglia" di Rilke che per mezzo della violenza distrugge la
cultura d'anteguerra sterile e sorpassata, erano ormai un ricordo
lontano. La guerra faceva parte della quotidianità. Giornali come l"'Arbeiterzeitung"
ritornarono alla loro posizione iniziale antimilitarista: dalle colonne
del giornale si iniziò a parlare di pace e non più di vittoria.
L'entrata in guerra dell'Italia nel maggio del 1915 portò una ventata
nuova di patriottismo.
Il Fronte dell'Isonzo iniziò a comparire nei titoli di cronaca di
diversi quotidiani, scritti anche da ufficiali incaricati dal "Pester
Lloyd" o in interviste a personaggi altolocati. Sul "Fremden-Blatt", sul
"Pester Lloyd" sulla "Neue Freie Presse" giornalisti firmarono
feuilleton ambientati nelle zone di guerra. La loro condizione di
reporter era decisamente cambiata: dopo le iniziali "spedizioni" di
"disegnatori e fotografi" fu concesso anche ai giornalisti di arrivare
al fronte, in cui trovavano in singoli ufficiali i loro punti di
riferimento: finalmente avevano la possibilità di vedere de visu
ciò che stava accadendo e di formarsi un'opinione.
C'era un'unica clausola: dovevano visitare quella parte di fronte o
località in cui si erano concluse almeno da qualche giorno battaglie
vittoriose per la Monarchia oppure lunghi tratti di fronte non
operativi. La censura continuava tuttavia ad esercitare il suo ruolo
anche perché gli uffici politici e militari della Monarchia avevano più
fiducia nella censura che nella maturità della popolazione. Una censura
che a causa di una prassi complicata metteva in discussione l'attualità
dei reportage e delle cronache, che scritte per il giorno non erano al
momento della pubblicazione più attuali. Tra gli scritti si salvavano i
feuilleton, sicuramente più ricchi di impressioni che venivano
opportunamente vagliate da un ufficiale dello Stato maggiore, portavoce
del comando operativo, il quale, "unica fonte di informazioni"
"consegnava" al giornalista solo quelle informazioni che sarebbero state
trattate anche soggettivamente. Il cronista doveva comunque attenersi
scrupolosamente alle direttive della censura, tralasciando tutti i dati
tecnici e astenendosi nel formulare ipotesi personali.14
Nei riguardi del nemico bisognava avere rispetto, non esponendolo al
ridicolo né denigrandolo. Dal 1916 gli articoli dovevano portare
l'autorizzazione del KPQ - così come compare in diversi feuilleton di
quell'anno tradotti in questo lavoro e solo in uno del 1918.
Giornalisti e scrittori non dovevano "combattere" solo contro le
limitazioni della censura. Da persone civili sentivano gravare nei loro
confronti pesanti pregiudizi da parte dei militari, consci di essere
"eroi", tuttavia anche consapevoli che il loro eroismo sarebbe stato
amplificato nell'opinione pubblica solo dalla pubblicazione degli
articoli.
Il controllo asfissiante dei militari che impedivano loro di soddisfare
le richieste dei rispettivi giornali sfociarono in petizioni inoltrate
al direttore del KPQ, il colonnello Hoen, che solo di rado furono
risolte positivamente. Come reazione decisero allora di boicottare chi
li aveva offesi, radiando dai giornali il nome di certi generali.15
L'affollata presenza di scrittori, che all'inizio della guerra chiesero
di svolgere l'attività di cronisti, si spiega con la perdita della loro
funzione sociale. Lo scoppio del conflitto offriva loro la chance di
"esporsi come portavoce dell'intera nazione", riguadagnando lo status e
il ruolo di guide intellettuali.16
D'altro canto la loro notorietà accresceva l'efficacia propagandistica
dei reportage sui lettori desiderosi e motivati di conoscere la guerra
attraverso la qualità e la pertinenza dei loro scritti. Una efficace
attività di propaganda fu ottimale anche per certi autori, in
particolare per coloro che firmavano feuilleton e cronache sul più
importante quotidiano, la "Neue Freie Presse",17
come Alexander Roda Roda, Ernst Goth, Alice Schalek, Emil Klaeger,
Leonhardt Adelt, che si conquistarono le simpatie dei lettori del ceto
sociale più colto e più benestante.
Nei loro feuilleton non c'era l'euforia tipica dei testi di propaganda
(l'entusiasmo iniziale scemò subito) - ma una continuità tra lo sviluppo
artistico antecedente la guerra e le opinioni sostenute durante il
conflitto.
Emblematico il caso di Roda Roda, conosciuto ed apprezzato autore di
storie umoristiche e di bozzetti prima della guerra. La sua adesione
volontaria nei primi giorni di mobilitazione al Quartiere della Stampa
di Guerra era stata accolta favorevolmente, tanto più che il "Mark Twain
der Donaulaender" rappresentava uno dei giornali più importanti della
Monarchia, la "Neue Freie Presse".18
Nei feuilleton lo scrittore portò al lettore istantanee della grande
guerra. Lo stile aneddotico e il tono pacato da conversatore lasciava
intuire al lettore la sua intenzionale non adesione alla propaganda di
guerra. Nel contempo, limitandosi ad impressioni soggettive, guadagnava
in credibilità: la fiducia del lettore nella sua neutralità gli
consentiva di attuare il suo compito quale scrittore di propaganda,
compito che consisteva nel tranquillizzare il Paese sul corso della
guerra e di infondere ottimismo nella vittoria finale che sarebbe stata
conseguita da tutti i popoli uniti della Monarchia.
Alice Schalek ligia al suo dovere patriottico, indugiò sulla sua
sensibilità femminile ponendo al centro dei feuilleton sempre l'uomo che
analizzò talvolta con semplice introspezione psicologica scevra tuttavia
da odio e astio. Le stereotipate domande poste ai soldati sui loro
sentimenti ("Herr Leutnant, also sagen Sie, was denken Sie sich jetzt,
was fuer Empfindungen haben Sie?" - "Sie sind Bombenwerfer, also was
fuer Empfindungen haben Sie dabei?" ("Signor sottotenente, mi dica,
cosa sta pensando e quali sentimenti prova?" - "Cosa può provare un
lanciatore di bombe mentre scaglia l'ordigno?") che tanto suscitarono
l'indignazione di Karl Kraus, erano parte integrante del suo stile
retorico, di una narrazione precisa ma evasiva, che "voleva proteggere"
il lettore, perché potesse percepire la guerra non come una minaccia, ma
come un momento "di disturbo".19
Diversamente da tanti suoi colleghi20,
Alice Schalek cercò nei feuilleton del 1917 di riferire ciò che
succedeva in prima linea (per quanto le fosse possibile nell'ambito
della politica di stampa dell'AOK e del KPQ). Le descrizioni meno
liriche e meno evasive lasciano spazio alla descrizione del soldato con
il volto di contadino che incarna passività e rassegnazione,
contrapposto all'ufficiale che sostiene e guida, depositario di un
ideale che va alimentato, difeso da ogni realistica considerazione ma
che lo espone al
disinganno, alla cocente delusione.
Il cambiamento di
stile dei feuilleton si spiega con la durata della guerra, che superò
ogni pessimistica previsione, e con la conseguente e necessaria
rivoluzione interna all'AOK, ordinata dal nuovo imperatore Carlo I. Il
15 marzo 1917 von Hoen venne sostituito dal colonnello Wilhelm
Eisner-Bubna, reduce pluridecorato dal fronte isontino e membro del KPQ
già dall'estate del '16: per trasformare il Quartiere in efficace
strumento di propaganda attiva, il nuovo comandante ne riorganizzò la
struttura e diede per la prima volta ai suoi sottoposti direttive chiare
e dettagliate21.
In pochissimo tempo Eisner-Bubna, sostenuto peraltro finanziariamente
dal rinnovato AOK, riuscì a "trasformare" il KPQ in quel Ministero
dell'informazione che aveva in mente. Gli 880 membri effettivi
nell'ottobre del 1918, (lo scioglimento venne completato a dicembre)
erano strutturati in:
1. Kommandantur und Adjutantur (Comando e Aiuto); 2.
Zensurgruppe (Gruppo di censura); 3. Inlandstelle (Ufficio
interni); 4. Auslandstelle (Ufficio esteri); 5.
Propagandagruppe (Gruppo di propaganda); 6. Pressegruppe
(Gruppo stampa); 7. Kunstgruppe (Gruppo artistico); 8.
Lichtbildestelle (Gruppo fotografico); 9. Filmstelle (Ufficio
cinematografico); 10. I- (Italien) Stelle (Ufficio
Italia); 11. Kriegsberichterstattgruppe (Gruppo corrispondenti di
guerra); 12. Administrativer Apparat (Apparato amministrativo).
Gli ultimi paragrafi della disposizione richiamavano i censori alla
moderazione nei loro interventi, dal momento che "ogni meschinità era
nociva e portava solo ad una diminuitio dell'Esercito".
22
Per la prima volta il "servizio stampa" veniva definito "servizio di
propaganda". "Ambedue sono i mezzi migliori per accrescere la
reputazione dell'esercito in Patria e al
l'estero. È dovere sostenere la corrispondenza dal fronte."23
La nuova conduzione di Eisner-Bubna consentì ai corrispondenti di essere
costantemente informati e di mostrare loro quanto necessitavano per
poter poi scrivere gli articoli. L'ordine del 29 maggio 1917 imponeva ai
comandi di sostenerli nel loro compito. Molti, in servizio da molto
tempo, furono gratificati con l'Ordine di Francesco Giuseppe. Ad Alice
Schalek quest'ordine non fu mai conferito, poiché i suoi meriti non
erano quelli di una patriota?24
In quella fase della guerra la conservazione della Monarchia, ragione
altissima e vincolante per il sacrificio dei soldati e della
popolazione, veniva compromessa dagli aneliti di autodeterminazione dei
gruppi nazionali. Allorché la propaganda dell'Intesa sotto il comando di
Henry Wickham Steeds trasformò il problema dell'insoddisfazione
nazionale dei popoli della Monarchia in oggetto di attacchi continui, l'Austria-Ungheria
non fu in grado di contrastarli. Era venuto meno il credo nella causa
comune. Fino alla fine del conflitto si cercò di modificare l'attività
di propaganda del KPQ, senza tuttavia conseguire risultati che avrebbero
inciso sul corso della guerra.
Bisognava mantenere alto l'entusiasmo. Per conseguire l'obiettivo il
cronista poteva far risaltare le vittorie, sfumare le sconfitte,
sottacere le perdite. La descrizione dei soldati mai demoralizzati, il
richiamo al passato glorioso, la conduzione ineccepibile dei signori
della guerra dovevano rimuovere ogni dubbio circa l'esito favorevole
finale.
Per contrastare la propaganda dell'Intesa, il Ministero degli esteri
prima e il KPQ dal 1917 concentrarono gli sforzi nei paesi neutrali
quali la Svizzera e i Paesi Scandinavi: con la collaborazione di
corrispondenti di importanti quotidiani nazionali e personale
diplomatico si organizzarono manifestazioni propagandistiche come mostre
fotografiche, conferenze e balli di beneficenza.25
Dall'11 maggio 1917 era stata istituita presso il KPQ la I-Stelle
con il compito di potenziare le iniziative rivolte ai territori occupati
sul fronte orientale: dal novembre dello stesso anno anche al Veneto e
al Friuli. Volantini lanciati sulle trincee italiane inneggiavano alla
diserzione, mentre volantini e manifesti nei territori occupati
differenziavano il popolo "soldato" obbediente ed innocente dai
governanti "guerrafondai", contro i quali l'esercito austro-ungarico
combatteva. I feuilleton di quell'anno, in cui veniva esaltata la forza
delle truppe austro-ungariche, equivalente alla debolezza del nemico -
gli italiani sono trattati con una certa ironia come "Erloeser"26
e manifesta la certezza della vittoria finale, si conformavano al
"campione" consolidato: i lettori dovevano aver fiducia nei loro
valorosi soldati che difendevano la Patria minacciata dal nemico.
Sfumata l'ebbrezza della vittoria di Caporetto nella primavera del 1918
fu avviata una propaganda massiccia fra le truppe pronte a disertare e
ad ammutinare.27
Nel contempo venne fondata la Feindespropagandaabwehrstelle per
contrastare e smontare la propaganda dell'Intesa, in particolare quella
inglese diretta da Lord Northcliffe.28
Accanto a conferenze tenute da scrittori del KPQ e del Kriegsarchiv
ci furono delle proposte di intensificare il "concetto" di Patria in
lezioni da tenersi ai soldati.29
Non se ne fece nulla.
Il 3 novembre Trieste
diventava italiana. L'espressione di Ernst Goth del 24 giugno 1915 "gli
italiani non avranno Trieste. Né ora né mai" era stata smentita dalla
storia.
Dagli ultimi feuilleton risalta il commiato nostalgico ed elegiaco
dell'austriaco da quella città, che solo dopo averla persa l'avrebbe
pienamente apprezzata.
NOTE:
1
Per una bibliografia più
dettagliata sul KPQ si vedano: P. Brouceck, Das Kriegspressequartier
und die literarische Gruppen in Kriegsarchiv 1914-1918, in K. Amann,
H. Lengauer, Oesterreich und der Grosse Krieg, 1914-1918, Wien,
1989, le dissertazioni di K. Mayer, Die Organisation des
Kriegspressequartier beim k.u.k. AOK im ersten Weltkrieg 1914-1918,
Wien, 1963; di H. Schmoelzer, Die Propaganda des
Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, Wien, 1965; di C.
Mayerhofer, Die oesterreichische Militaerverwaltung in den besetzen
Gebieten Italiens. Oktober 1917-November 1918, Wien 1970; di I.
Stiassny-Baumgartner, Roda Roda im Kriegspressequartier. Zur
propagandistischen Arbeit oesterreichischer Schriftsteller im Ersten
Weltkrieg, Wien 1982, di V. Trubel, Die Kuenstler und der Krieg:
Der erste Weltkrieg und die Maler der Kunstgruppe des k.u.k.
Kriegspressequartier, Wien 1996; J. Dzambo (hrsg.), Musen an die
Front. Schriftsteller und Kuenstler im Dienst derk.u.k Kriespropaganda
1914-1918, Muenchen, 2003. In italiano si veda il contributo di N.
Dacrema, Kriegspressequartier: la fucina della persuasione, in M.
Libardi, F. Orlandi, Kriegsmaler. Pittori al fronte nella Grande
Guerra, Trento, 2004; la tesi del dottorato di ricerca di M. R.
Murgia, Soschlagen wir mit ganzer Wucht/Die Feinde krumm und klein.
La costruzione della propaganda nei Supplementi letterari della "Tiroler
Soldaten-Zeitung", Cagliari 2010.
2
Maximilian von Hoen (Fulda 1867- Vienna 1940).
3
H. Schmoelzer, Die
Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18,
op. cit., p. 5.
4
KA, AOK, KPQ, Fasc. 8, Mobilisierunginstruktion fuer das k.u.k. Herr.
Anhang fuer das Kriegsattachequartier und das Kriespressequartier.
Entwurf, Wien 1909, p. 53. I cronisti di guerra vennero suddivisi
nel KPQ a seconda della loro nazionalità: c'era un gruppo di austriaci,
uno di ungheresi e uno di stranieri (provenienti dalla Svizzera,
Brasile, Romania, Paesi Bassi, Spagna, Stati Uniti).
5
H. Schmoelzer, Die
Propaganda des Kriegspressequartiers..., op. cit. , p. 56.
6
Op. cit., p. 67-70.
7
Si trovava alle dirette dipendenze del Ministero degli Interni. I suoi
compiti consistevano nel diffondere le direttive generali sulla censura,
nel coordinare fra loro censura postale, telegrafica e periodica, nonché
nell'organizzazione, a partire dall'autunno del 1915, di una conferenza
stampa ufficiale giornaliera sulla situazione della guerra e sullo stato
generale della Monarchia.
8
Allo scoppio della guerra il generale Woinovich si era premurato di
chiamare per la sezione letteraria del Kriegsarchiv importanti
scrittori. Sotto la guida di cinque ufficiali, tra cui Rudolf Hans
Bartsch e Franz Karl Ginzky, nel novembre 1914 si fondò il
Literarische Gruppe del Kriegsarchiv, cui fecero subito parte
Franz Theodor Csokor, Paul Stefan Gruenfeld, Geya Silberer, Alfred
Polgar, Felix Salten, Stefan Zweig.
9
H. E. Holthusen, Rainer
Maria Rilke in Selbstzeugnissen und Dokumenten, 1958, p. 123.
10
Espressione di Robert Musil collaboratore del KPQ dal 18 marzo del 1918
quando iniziò a operare nella Presseabteilung del Comando
Borojvic.
11
P. Broucek, Konservatorismus in den Armeen des Hauses Oesterreich und
der Republik Oesterreich, in R. Rill, U. Zellenberg (Hsg.),
Konservatorismus in Oesterreich, Graz-Stuttgart, 1999, p. 173-175.
12
Dal 1915 uscì "La marche sur Trieste" una raccolta di documenti della
sezione fotografica dell'Esercito. La lettera del KPQ del 14.11.1917
conservata nel Bildarchiv di Vienna accenna ad una broschure in italiano
e francese da distribuirsi in quantità rilevanti nei paesi neurali e in
parte anche in quelli nemici.
13
L'iniziale attività dei corrispondenti è ben descritta nel contributo di
Lustig Pean, allora aiutante: "Relazionavano dal Quartier generale della
Stampa di guerra su ciò che succedeva ai fronti. Questa attività per sua
natura di grande valore si limitava alla mera descrizione immaginativa,
i loro scritti erano tessere di un mosaico della grande rappresentazione
scenica della guerra", in "Neues Wiener Journal" del 24 aprile 1920. Non
avevano comunque la possibilità di portarsi al fronte. "Venivano
internati in un'aula, guardati a vista da sentinelle che minacciavano
con le armi i giornalisti se questi volevano lasciare l'edificio."
14
Ai corrispondenti, chiusi nei loro alloggi o negli uffici del KPQ, non
restava altro che abbellire e romanzare i comunicati ufficiali
mescolando le impressioni raccolte durante i viaggi al fronte con
informazioni prese da mappe e addirittura da guide turistiche.
15
Come nel caso del generale von Bardolf che non venne mai citato. Karl
Hans Strobl spiega nell'opera Geschichten und Bilder aus dem
oesterreichischen Kriegspressequartier, 1928 la reazione vendicativa
del cronista.
16
E. Koester, Literatur und Weltkriegsideologie. Positionen und
Begruendungszusammenhaenge des publizistischen Engagement deutscher
Schriftsteller im Ersten Weltkrieg, Kronberg, 1977, p. 11.
17
La sua tendenza germanofila si rafforzò durante la guerra. Sia negli
articoli di fondo sia di cronaca l'elemento tedesco nazionale venne
rivendicato in maniera esclusiva. Si confronti la dissertazione di G.
Dressler, Zwischen Euphorie und Realismus - Die Neue Freie Presse im
ersten Weltkrieg, Vienna 1981.
18
Roda Roda lavorò anche per altre testate come "Union Stuttgart", il "Berliner
Illustrierte Zeitung", il "Pester Lloyd" e la "Vossische Zeitung". La
sua presenza come componente del KPQ venne fissata a partire dal giorno
4 agosto 1914.
19
Con il solito disprezzo verso la donna, ma acuito perché Alice Schalek
era l'unica cronista di guerra che si industriava a far pervenire alla
sua testata continui feuilleton, Karl Kraus la dipinse diverse volte
nella sua opera Die letzten Tage der Menscheit. L'accusava di
avere l'abitudine di interrogare i soldati secondo una feuilletonistica
psicologia di consumo, l'uso ossessivo dell'aggettivo "interessante" "Interessant
sind die Verwundetenzuege", le sue conclusioni semplicistiche "Gott so
ein Krieg ist was Interessantes!" lo zelo dilettantesco del neofita (Una
domanda importante: "come, dove, quando si può arrestare un'avanzata"),
infine l'orgoglio di una stretta simbiosi con l'apparato militare
("Hanno aspettato che fossimo arrivati per aprire il fuoco")
20
Il contenuto di altri feuilleton scritti da noti scrittori riguardano
considerazioni sull'attività teatrale a Trieste, oppure il viaggio al
fronte con la ferrovia Transalpina, la permanenza a Trieste, a Gorizia,
ma anche assalti e considerazioni sulla guerra.
21
I compiti del KPQ erano i seguenti:
I. Avere un'influenza positiva sulla stampa nazionale e possibilmente
internazionale presentando l'esercito nel modo migliore.
II. Censurare tutto ciò che può essere di danno alla conduzione della
guerra.
III. Instaurare un intrinseco legame con il supremo comando
dell'esercito, le forze armate e la stampa.
IV. Coltivare i rapporti con gli uffici stampa degli Stati alleati.
V. Attivare la propaganda dell'esercito e della Marina in Patria e
all'estero.
VI. Promuovere le azioni particolarmente meritorie che accrescono la
gloria e la considerazione della Monarchia.
VII. Difendere la Monarchia e le forze armate da attacchi
propagandistici nemici. I corrispondenti dovevano attenersi agli
obiettivi sopra citati conseguibili attraverso:
1. Pubblicazione di notizie e rapporti di servizio rilasciati
dall'autorità competente e non ufficiali, ad eccezione dei rapporti
quotidiani del Capo di Stato Maggiore.
2. Informazione giornalistica scritta e orale.
3. Conferenze e manifestazioni su temi militari.
4. Pubblicazione della Osterreichisch-Ungarische Kriegskorrespondenz
(Corrispondenza di guerra austro-ungarica), di libri e album
fotografici.
5 Controllo della stampa e redazione di stralci di notizie quotidiane
provenienti dalla stampa interna ed estera.
6. Rapporto con tutti gli uffici stampa militari e civili e con quelli
degli Stati alleati.
7. Corrispondenza dal fronte.
8. Visita dei territori degli Stati alleati con i loro corrispondenti di
guerra.
9. Corrispondenza fotografica, propaganda su riviste illustrate,
manifestazioni e rassegne fotografiche, cinema.
10. Difesa dalla propaganda nemica attraverso azioni parallele.
11. Assistenza e attivazione di teatro al fronte.
Haus-Hof-und Staatsarchiv, Ka. AOK, KPQ, Dienstordnung 1917
22
KA, KPQ, Fasc. 96, Nr. 2244, 1917.
23
La Pressegruppe, articolata in un settore addetto alla stampa
interna e un altro a quella estera, continuò a pubblicare l'"Oesterreichisch-Ungarische
Kriegsberichte", "La marche sur Trieste" in lingua francese e dal marzo
1917 "Donauland", mensile letterario per il mercato interno, fondato da
Alois Veltzé e Stefan Zweig e distribuito anche nei paesi neutrali, le "Berichte
ueber die Propagandataetigkeit des Kriegspressequartiers", il mensile "Volk
und Heer".
24
Le richieste formulate personalmente dovevano essere ratificate dal
Comando. Nella lettera al Colonnello Hoen del giugno 1918 la scrittrice
aveva chiarito essere la sua attività di propaganda una pura esecuzione
di ordini militari e di aver individuato l'ostacolo al conferimento
nella persona di Karl Kraus. Nella stessa Alice Schalek richiamava
l'attenzione alla sua attività di conferenziera ("la conferenza
sull'Isonzo tenutasi ben 55 volte di cui 22 in Germania attirò circa
40.000 persone e 12.000 scolari) e di autrice di oltre 70 articoli. Non
da ultimo il riferimento al libro sul fronte dell'Isonzo che venne
tirato in oltre 4.000 esemplari." Alla fine Alice Schalek si rivolse
anche all'imperatore senza ottenere risposta. Nel 1934 la scrittrice
perseguiva ancora lo stesso obiettivo.
25
H. Schmoelzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers..., op.
cit., Il capitolo.
26
Ironia presente nei feuilleton della "Neue Freie Presse" a partire dal
1915.
27
Dal primo gennaio 1918, venne pubblicato in lingua italiana
(settimanale, a partire da maggio quotidiano) la "Gazzetta del Veneto",
con una tiratura di circa 5000 copie: della redazione si occupava
un'apposita Expositur (Delegazione) del KPQ acquartierata presso
il Comando delle zone occupate. Dal giugno dello stesso anno venne poi
allegata alla "Gazzetta" la "Domenica della Gazzetta", un supplemento
illustrato fatto ad imitazione della popolare "Domenica del Corriere".
Si veda C. Mayerhofer, Die oesterreichische Militaerverwaltung in den
besetzen Gebieten Italiens. Oktober 1917-November 1918, Phil. Diss.,
Vienna, 1970, p. 228-233.
28
Il Feldmareschall Boroévic in persona progettò un opuscolo (mai
realizzato) che avrebbe dovuto contrastare la propaganda nemica circa la
durezza dell'occupazione austroungarica in Italia.
29
OEStA, Kriegsarchiv, Akten des Armeeoberkommandos, Op. Nr.
148698. Oktober 1918 - Entwurf. Nel progetto si evidenziavano il
ruolo dell'esercito unico supporto al trono, l'energica difesa contro
ogni tendenza rivoluzionaria, l'appartenenza alla Patria,
l'evidenziazione di interessi economici comuni, la smobilitazione.
Scrittori austriaci
sul fronte dell'Isonzo
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Edizioni della Laguna