Santa Maria di Aquileia - Le origini

 

 

 

Giuseppe Franceschin

 

 

 

 

 

La fondazione dei primi monasteri benedettini femminili, come dei maschili, è generalmente attribuita a S. Benedetto (480-547). In realtà nella regola dettata dal santo abate non si trova alcuna allusione alle monache. Soltanto nei Dialoghi è nominata la sorella Scolastica come consacrata al Signore fin dalla giovinezza. Ciò tuttavia non autorizza a credere che essa vivesse in una comunità monastica. In ogni modo, non è detto che le comunità esistenti nel VI secolo fossero necessariamente ispirate alla regola di S. Benedetto.

Dopo i disastri provocati dalle invasioni barbariche che non risparmiarono i monasteri, a partire dalla fine del VII secolo fino a tutto l' VIII, si moltiplicano le fondazioni, anche grazie alla generosità dei principi longobardi, convertiti al cristianesimo. Tra i friulani, si citano, l'abbazia di S. Michele di Cervignano e i monasteri femminili benedettini di S. Maria in Valle di Cividale e di Salt di Povoletto. Di quest'ultimo sono noti i fondatori, l'anno di fondazione (762) e le regole fondamentali: elezione dell'abbadessa con il consenso della comunità stabilità dell'abbadessa stessa, assoluta libertà sua e del convento nei confronti dei donatori; riconoscimento del diritto-dovere del patriarca nel confermare la superiora, nel proteggere il sacro cenobio e nell'intervenire nella vita conventuale, ma solo in caso di grave trascuratezza della regola (1).

L'organizzazione interna dei monasteri benedettini femminili è molto simile a quella dei maschili. Le monache recitano di giorno e di notte l'ufficio divino, dedicano qualche tempo alla Lectio Divina; tessono, ricamano e trascrivono codici. In alcuni casi, assistono gli ammalati e viandanti nell'ospedale annesso e istruiscono le fanciulle. La guida spirituale e materiale del monastero è nelle mani dell'abbadessa che tiene ampi poteri discrezionali circa la pratica della regola. La vita monastica contempla una certa qual clausura, ma riguarda più gli estranei che le monache. Queste escono abbastanza di frequente dal chiostro per partecipare alle pubbliche processioni, per visitare chiese o per altre opere di carità e religione. Normalmente i monasteri sono soggetti alla visita e alla correzione del vescovo diocesano (2).

Nell'anno 817 l'imperatore Ludovico il Pio ordina a tutti i monasteri del regno l'introduzione della regola benedettina, secondo gli statuti stabiliti ad Aquisgrana dal sinodo degli abati.

Gli statuti che intendono uniformare la disciplina interna dei monasteri senza togliere la loro autonomia, di fatto interessano anche gli istituti femminili. Allo scopo, sono attuati rigidi controlli da parte dei visitatori incaricati. Tuttavia, nonostante l'impegno, la riforma non ha gli effetti desiderati. Anzi, varie cause determinano un deterioramento del tenore di vita dei monasteri e quindi una crisi profonda, che si protrae per due secoli. Tra le cause si annoverano le monacazioni forzate, l'inettitudine di certe abbadesse talora imposte dal volere di principi o vescovi non sempre distinti per pietà e zelo apostolico (3).

Funeste anche per i nostri monasteri sono le ripetute incursioni degli Ungheri. In quella del 927 è distrutta l'abbazia di S. Michele Arcangelo di Cervignano (4). In quest'epoca molto travagliata, emerge il potere temporale dei patriarchi d'Aquileia, favorito da donazioni imperiali. In tale contesto prende avvio la storia documentata del monastero di S. Maria d'Aquileia.

Un primo atto relativo, riguarda la dote che il patriarca Giovanni IV (948-1019) assegna alla chiesa di S. Maria. Una dote piuttosto cospicua che presumibilmente ha anche lo scopo di mantenere una comunità
monastica annessa alla chiesa (5).

Il secondo atto è del successore, patriarca Popone. Si deve a questo vescovo e principe di grande prestigio e potenza, un'energica opera di restaurazione e riorganizzazione della vita civile ed ecclesiastica di Aquileia. Tra l'altro, curò la ricostruzione della basilica (1031), dotando lautamente il Capitolo. Quasi certamente ristrutturè anche la chiesa abbaziale di S. Maria fuori le mura e l'annesso monastero, confermando e ampliando l'entità dei beni già in suo possesso (6).

L'importante atto detto di Donazione (qui liberamente tradotto) è datato 16 luglio 1036, sotto l'impero di Corrado, dal palazzo patriarcale d'Aquileia:

 

Nel nome del Signore Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo.

Corrado per Grazia di Dio imperatore Augusto, nell'anno diciassettesimo del suo impero. Indizione quarta.

Io Poppone patriarca, che professo di vivere sotto la legge romana, e per l'onore ecclesiastico, considerando la misericordia di Dio onnipotente e la ricompensa eterna, volendo ordinare e disporre nei riguardi di codesto monastero in modo che rimanga stabile in ogni tempo, voglio, stabilisco e ordino, io Poppone patriarca, per l'anima mia e dei miei antecessori, che, come già ordinato dal patriarca Giovanni, in primo luogo che la chiesa di S. Maria che si trova edificata nella città d'Aquileia abbia la terra come sua dote con la decima di tutti i famigli che nel tempo del patriarca Giovanni e mio, abitano ad Aquileia, e con tutta quella terra chiamata Piuli e Fayda, nonchè tutto ciè che si trova compreso tra il fiume Malignolo, il gran fiume e il castrum di Cervignano, con bosco, cacciagione e tutte le pertinenze; inoltre la villa chiamata Casellis e le cappelle con i famuli ivi abitanti. Saranno ancora pertinenti alla predetta chiesa di S. Maria, 60 forme di formaggio dal villaggio di Medigas, in Carnia, e i placiti, censi e prestazioni, dal luogo chiamato Isola, nella contea istriana.

Voglio e per questo mio testamento confermo, che nella stessa chiesa l'abbadessa ordinata, con monache e fanciulle vivano sotto la santa regola e ogni giorno ivi cantino il matutino e il vespero e gli altri uffici divini: un tanto a beneficio della mia anima, di quella dei miei predecessori e successori ed ancora per la salvezza d'esse monache e il loro gaudio eterno.

Io Poppone patriarca, con questo mio ordinamento, stabilisco che, detti beni e famuli, servano pure al sostentamento dell'abbadessa e le monache destinate al servizio quotidiano di Dio.

Mai mi sarà lecito non volere ciò che ho voluto, promettendo sotto giuramento di mantenere ciò che ho fatto e scritto. Ho chiesto al notaio Bertaldo e giudice del sacro palazzo di scrivere questa mia ordinazione.

Atto nel Palazzo d'Aquileia sottoscritta da me, da Penzone, Segualdo, Romano, Walperto avvocato del patriarca, Azone, Giovanni vicedomino e Paganello.

Segue, per mano dello stesso notaio Bertaldo, la specifica delle rendite destinate alla chiesa e alle monache.

Alla chiesa di S. Maria:

- Cinquantadue libre d'olio da avere nella Purificazione di Maria, tre libre di cera e due d'incenso.

 

Alle venticinque monache prebendarie:

- Centoventi moggi di frumento.

- Nei quattro mesi tra la natività del Signore e la festa di S. Giovanni, 24 porci, 4 vacche e 4 spalle di porco (bacones).

- Dalla festa di S. Giovanni alla festa di S. Martino, 80 uova, 4 spalle di porco, 150 polli e 120 forme di formaggio.

- Ogni sabato, 75 uova.

- Dieci servizi da mulino, tre di pesce nei giorni di quaresima, 63 servizi da massari e 15 da servi (sororum?).

- Undici libre da Isola e cinque dalle stazioni, tre servizi da molino, 13 da Aquileia, 10 da (...) Quattordici (?) in totale (7).

 

Nella prima metà del XII secolo compare un testo della donazione di Popone, diversamente datato (23.7.1041), con varie aggiunte e qualche variante che non modifica sostanzialmente l'originale.

 

(...) Voglio che la chiesa di santa Maria abbia la terra chiamata Piuli e Faida e ciò che sta tra il fiume Malignolo e il fiume grande sicut currit flumen Rubedule; inoltre le ville non lontane dalla città vale a dire la Villa di Terzo, la villa di S. Martino, la villa di Sirviana, la villa di Musclo, la villa di Murtizino, la villa di Altura, la villa di Pertegulis con le pertinenze che si trovano tra il lago che si trova al sommo del bosco e la terra di Castellone, tra il prato Frascario e Calvenzano, e tra la casa Sualdana sicut tenet Robedula e l'amfora rectum in Cornio sicut tenet Zumellus, con campi, prati, pascoli, boschi ecc. Inoltre la villa di Casellis con sue pertinenze, la villa de Suzen, la mezza villa di Cosano, con le cappelle e famuli ivi abitanti... l'abbadessa avrà la facoltà di servirsi delle cose, dei raccolti e dei censi presenti e futuri per gli scopi che vorrà e riterrà utili... Chi oserà violare il presente testamento e ordinamento, nel giorno del giudizio abbia come accusatori Maria e tutti i santi di Dio e sia dannato in perpetuo insieme con Anania e Giuda, traditore del Signore (8).

Lo studioso considera questo documento un falso diplomatico, non storico. Si tratta in sostanza, di una precisazione di quello che è l'entità del feudo monastico. Osservo, a questo proposito, che le ville di S. Martino, Terzo e Muscoli citate nel diploma modificato, esistevano anche al tempo di Popone. Certamente erano parte del monastero nel 1081, come risulta da un contratto d'affitto che si riporta più sotto.

Popone, dei conti Treffen (Carinzia), muore improvvisamente il 28.9.1042. In tale giorno e mese sarà ricordato dalle nostre monache in tutta la storia del monastero, come il loro fondatore.

Con Popone ha inizio la lunga serie dei patriarchi germanici che si distinguono per la fedeltà alla politica imperiale, specie nel periodo della lotta tra papato e impero per le investiture. Il successore, Sigeardo di Tengling (1068-1077), ottiene dall'imperatore Enrico IV l'investitura feudale, con prerogative ducali su tutta la contea del Friuli. In occasione dell'ordinazione dell'abbadessa Friderunda, dona al nostro monastero le Ville di Zompicchia, Beano e Pantianicco con tutte le pertinenze (9).

Per meglio comprendere la storia del monastero e i relativi documenti d'epoca medievale, conviene soffermarsi a considerare i tratti fondamentali di quella lontana società

La popolazione era divisa in tre grandi classi sociali: la classe dei servi, la più infima e numerosa, molti dei quali tuttavia divennero liberi coloni (censuari od enfiteutici), entrando a far parte delle comunità
rustiche; la classe media, costituita da coloni riscattati (liberi), da feudali minori, artigiani, commercianti, notai, maestri, banchieri, appaltatori ecc.; la terza classe, dei nobili, ministeriali e consorti di abitanza.

Come vescovo metropolita, il patriarca dipendeva direttamente dal papa e aveva giurisdizione ecclesiastica su tutti i vescovi suffraganei della Venezia e dell'Istria. Come vescovo d'Aquileia, aveva giurisdizione ordinaria sulla vasta diocesi. Come principe, era soggetto all'imperatore, con piena sovranità sui suoi territori, anche in rapporto alle cause civili e criminali. Era eletto dal capitolo d'Aquileia; riceveva l'investitura canonica dal papa; quella feudale, dall'imperatore.

Nel governo spirituale era coadiuvato dal vicedomino in spiritualibus e assistito dal capitolo e dalla curia, delegando gli arcidiaconi alla cura della varie circoscrizioni ecclesiastiche. Nel governo temporale, era assistito dall'avvocato della chiesa aquileiese (protettore e difensore); era rappresentato dal vicario in temporalibus. Un maresciallo sovraintendeva all'ordine pubblico ed un siniscalco teneva i rapporti con i gastaldi ed i feudatari.

Il patriarca non aveva residenza stabile. Più frequentemente abitava nel palazzo di Cividale, dove c'era l'ufficio di cancelleria e l'archivio. Costituivano la sua corte, il marescalco o vessillifero, il pincerna o coppiere, il dapifero, il cellerario, il canipario, ed altri dignitari.

Il sistema difensivo contava su castelli, città murate, borghi, abbazie fortificate, cortine e torri e inoltre su un esercito di cavalieri, balestrieri e pedoni, forniti dai feudatari vassalli, e comandati da un capitano generale.

Il territorio era diviso in circoscrizioni amministrative, governate in nome del patriarca, da feudatari ecclesiastici, da laici o da ufficiali detti gastaldi o capitani.

A partire dal XII secolo s'istituirono il comune e il parlamento. Sorto dalla necessità di garantire l'ordine pubblico, il comune era autonomo rispetto alla nobiltà I suoi organismi erano l'arengo, il consiglio maggiore, il consiglio minore, i provveditori o rettori, il cameraro e l'avvocato. Le comunità rustiche erano rette dai decani e dall'assemblea dei capifamiglia, detta vicinia. Al parlamento avevano seggi i rappresentanti del clero (e dei monasteri), dei nobili e dei comuni, tra i quali Aquileia.

Nel tardo Medioevo, anche lo stato patriarcale fu caratterizzato da una progressiva trasformazione della vita economica, da esclusivamente agricola a commerciale. Nei grandi centri cittadini del Friuli, si insediarono banchieri toscani e senesi.

La struttura portante del sistema economico e della vita pubblica era costituito dalla rete stradale. Le principali strade: Udine - Pontebba, Udine Cividale, Udine Sacile e le diramazioni verso i porti dell'Adriatico. Sulle strade fiancheggiate da cappelle e ospedali, guardate da castelli e monasteri, non circolavano soltanto commercianti, ma anche cavalieri, pellegrini in viaggio per Roma o Gerusalemme, convogli di crociate, corti imperiali, banditi, flagellanti, menestrelli, profughi, soldati in fuga (...) e tutta la vita insomma, or grama or splendente, del Medio Evo friulano (10).

Un contratto di livello stipulato il 6 ottobre del 1081 a Cervignano, fra la Signora abbadessa Friderunda e gli abitanti di Cervignano, Muscoli, Terzo e S. Martino, ci permette un primo, significativo approccio alla storia del monastero in quanto entità feudale. Si tratta sostanzialmente di una investitura collettiva di coloni liberi: soggetti feudali che si contrappongono ai sudditi servi.

Nel nome di Cristo, Amen.

Fu convenuto tra la Signora Friderunda Abbadessa del Monastero di S. Maria della chiesa di Aquileia, nonchè tra (seguono i nomi di una ottantina di capifamiglia, compresi i due presbiteri di Cervignano e S. Martino), uomini liberi abitanti nel luogo e fondo di Cervignano, Muscoli e Terzo e nel luogo detto di S. Martino, di dover dare agli stessi, in nome di Dio, come effettivamente si d' in affitto o censo, case, masserizie con vigne, terre aratorie, campi, prati, selve, pascoli e luoghi incolti (arvis) del monastero siti nei luoghi sopradetti e loro territori. Un tanto, per uso e sostentamento vostro ed eredi, per ventinove anni, facendo quanto necessario, senza contraddizione dell'abbadessa e successore, o parte dello stesso monastero; in maniera che le cose migliorino e non vadano disperse.

Tutti dovranno versare ogni singolo anno, ad ogni vendemmia, la terza parte del vino (usque ad spinam veniente). Deve dare il vendemiatico chiunque ha un campo pieno di vigna. Inoltre, due misure di frumento (panes), due denari di vino, due denari di carne; un'opera in vigna (prestazione gratuita), una in prato, una in area; ogni singolo massaro è obbligato a sei caratici l'anno (trasporti con carro) da Cervignano ad Aquileia.

I comuni devono avere di che falciare, pascolare e arare, dal lago che sta in summa silva fino alla terra de Castellione; da prato Frascario fino a Calvenzan; da casa Sualdana sicut tenet Rovedula et Anfora, rectum in Cornion, sicut tenet Zumellus.

Null'altro sarà sovraimposto, ad eccezione della pena stabilita di comune accordo. Nel caso che i successori degli stessi o eredi non facessero tutto quanto sopra detto o volessero lasciare prima del compimento del 29° anno, sarà inflitta la pena di ventotto buoni denari solidi (11).

A Sigeardo di Tengling, seguono come patriarchi, Enrico di Scheyern (1077-1084), Federico Swatobor (1084-1086) e Vodolrico d'Eppenstein (1086-1121). Il nome di quest'ultimo è legato a vari provvedimenti che promuovono lo sviluppo materiale e morale delle popolazioni. In quest'opera si affida particolarmente alle fondazioni monastiche, tra le quali S. Maria d'Aquileia. A quest'ultima, egli conferma il battistero, le decime ed ogni diritto parrocchiale, come già concesso dal patriarca Giovanni:

 

Noi che prendiamo il latte della consolazione dalla Santa Madre Chiesa di Aquileia, desideriamo che lo stesso latte sia somministrato alle figlie che ivi risiedono sotto la regola di S. Benedetto. Concediamo, pertanto, alla loro chiesa legittimo battistero e il diritto alla sepoltura, con decime, oblazioni ed ogni diritto parrocchiale, come concesso dal predecessore nostro patriarca Giovanni. Confermiamo pure le stesse prerogative alle cappelle che si trovano nelle pertinenze della stessa chiesa. Ciè ad onore di Dio, della beata Vergine ed ancora per il sostentamento dell'abbadessa e sorelle (12).

La morte del patriarca Vodolrico I (Ulrico) è ricordata nel necrologio del monastero in data 10.12.1121.

 

 

NOTE

1. R. della Torre, L'abbazia di Sesto in Sylvis, La Nuova base, 1979.

2. Dizionario degli Istituti di perfezione, Ed. Paoline 1973, alla voce Benedettine.

3. Dizionario degli Istituti, op. cit.

4. A. Molaro, Cervignano e dintorni, Cenni storici, Udine 1920; G. Fornasir, Storia di Cervignano, 2a ed. 1981 e A. Rossetti, Cervignano ed il suo antico territorio nel Medioevo, Istituto per L'Enciclopedia del F.V.G, 1984.

5. La donazione del patriarca Giovanni risulta dalle successive conferme.

6. La costruzione o ricostruzione del monastero da parte di Popone è suggerita da C. Costantini, che riprende la notizia dal Candido (prima metà del '500). Vedi Aquileia cristiana, Scutum Italiae, Udine 1921; G. Cuscito, Le epigrafi dei patriarchi, in Storia e arte del patriarcato di Aquileia, Antichitè alto Adriatiche, XXXVIII, Udine 1992; E. Vidoz, La chiesa di S. Maria extra muros di Aquileia, Gorizia 1999.

7. R. Hotel, Die älteren urkunden des klosters S. Maria zu Aquileia, (1036-1250) Wien 2005, doc. 1.

La più antica copia pergamenacea dell'atto di Popone si trova in AFJ; altre due copie (XII-XIII s.) in BMAC; copia cinquecentesca in BCV. ms. 707, edita da M.T. Barbina, Diplomi del monastero benedettino di S. Maria d'Aquileia, marzo 2000; altra copia in BMC, OF IX.

Vedi inoltre: R. Hotel, Una mappa inedita del territorio di Aquileia, Metodi e Ricerche, NS III/1, 1984; R. Hotel, Due pergamene cividalesi e i primordi del monastero benedettino di S. Maria di Aquileia, Forum Iulii, 1984; R. Hotel, I documenti del patriarca Poppone di Aquileia a favore del monastero femminile di S. Maria e del capitolo di Aquileia, in è atti del Convegno sulla storia del Friuli dagli Ottoni agli Hohenstaufen?, Udine 1984-1985; P. Paschini, Vicende del Friuli durante il dominio della casa imperiale di Franconia, Civ. 1913; M. Tore Barbina, Apografi pergamenacei della donazione al monastero di S. Maria di Aquileia, in, Poppone, l'età d'oro del patriarcato di Aquileia, Roma 1997, catalogo della mostra.

8. R. Hotel, Die älteren, cit. Apografo pergamenaceo in BCU, ms. 1225, copia in Maria Galeazzi, Le carte del monastero di S. Maria di Aquileia, relatore Carlo guido Mor, Universitàdegli studi di Padova, Facoltà di lettere e filosofia, a.a, 1967-68. L'atto è pure edito da A. Rossetti, Cervignano, cit. Il Paschini identifica la villa di Siesen con Susans; la villa di Cosano con Coseano.

9. La donazione di Sigeardo risulta dalla conferma di papa Alessandro III (1174). Sigeardo, morto il 12.8.1077, non è ricordato nel necrologio del monastero.

10. G.C. Menis, Storia del Friuli, SFF, ed. 2002.

11. Sono testimoni dell'atto di locazione: Martino, Vitald, Vuodalrico, Giovanni, Alben e Domenico.

R. Hotel, Die älteren, cit. doc. 4. L'atto datato 1062, è ridatato dall'Hotel, Cervignano 6 ottobre 1081. Rimane da spiegare l'incongruenza con la morte dell'abbadessa Friderunda che sarebbe avvenuta nello stesso anno e che il necrologio del monastero colloca al 13 aprile.

Sul documento, P.S. Leicht, Studi sulle proprietà fondiarie nel Medioevo, Verona-Padova 1908; C.G. Mor, L'ambiente agrario friulano dall'XI alla metà del XV secolo, AA.VV., Contributo per la storia del paesaggio rurale del Friuli, GEAP, Pordenone 1980; A. Rossetti, Cervignano, cit.

Si propone una approssimata suddivisione per ville dei n. 83 abitanti citati nel documento del 1081, sulla base di un elenco del 1170 nel quale sono nominati 85 coloni del monastero, così distribuiti: Cervignano 45, Muscoli 7, Terzo 20, S. Martino 13.

Cervignano: Martino, Uduverio, Domenico, Giovanni, Giovanni, Giovanni, Giovanni, Michele, Giovanni, Venerio, Urso, Pezulone, Lorenzo, Adamo, Giovanni, Adamo, Adamo presbitero, Vitale, Giovanni, Pietro, Giovanni, Giovanni, Giovanni, Martino, Adamo, Domenico, Giovanni, Pietro, Vitale, Vitale, Giovanni, Pietro, Giovanni, Uduverto, Adamo, Adalperto, Giovanni, Giovanni, Bonaldo, Baronzo, Aldino, Baronzo, Martino, Bonaldo, Fosculo.

Muscoli: Pietro, Martino, Domenico, Giovanni, Albino.

Terzo: Martino da Terzo, Giordano, Bonzul; Rossone, Sengora, Giovanni, Giovanni, Domenico, Domenico, Adamaro presbitero, Grimaldo, Adalberto, Adam, Brandel, Albino, Salmone, Privisizt, Domenico, Carlo, Adalberto.

S. Martino: Urso, Bono, Giovanni, Domenico, Vodalrico, Puppone, Albino, Nanul, Pietro, Urso, Bonaldo, Domenico, Morondo.

12. R. Hotel, Die älteren, cit. doc. n. 5.

 

 

Santa Maria di Aquileia - Monastero, Chiesa e Cura d'Anime                              Edizioni della Laguna