Santa Maria di Aquileia - Il monastero nel 1700

 

 

 

Giuseppe Franceschin

 

 

 

 

 

L'odierna piazzetta del borgo di Monastero

 

 

Monastero è oggi noto come uno dei borghi d'Aquileia situato a nord-est dell'antica città romana, nei pressi della zona archeologica del porto fluviale. Il luogo è attraversato da due rogge: la orientale, che un tempo alimentava il molino del luogo e la occidentale che alimentava il molino della città Il centro di Monastero è costituito da una piazza rettangolare, delimitata, a sinistra da un lungo caseggiato; a destra da una moderna chiesetta; di fronte dall'edificio del museo paleocristiano e da una cinta muraria con portone, entro il quale si erge la neoclassica villa Ritter de Zahony.

Attualmente riesce difficile immaginare come era strutturato l'antico cenobio benedettino di S. Maria fuori le mura di Aquileia: difficoltà determinata dalle demolizioni e trasformazioni degli edifici ad uso di civile abitazione e di azienda agricola, attuate in seguito alla soppressione di quella istituzione monastica avvenuta nel 1782 e alla vendita dell'intero complesso a privati. Ciò nonostante proverò a guidare il lettore in una immaginaria visita all'intero complesso monastico così come si presentava nel 1700, integrando i pochi elementi rimasti in sito con quelli derivati dalle fonti scritte.

Un primo significativo elemento originario è costituito dal portone d'ingresso che si trova in posizione arretrata rispetto alla strada. E' un manufatto in pietra, monumentale, con chiave di volta nella quale è scolpito lo stemma del monastero con giglio e data SB 1674.

L'edificio a sinistra dell'ingresso, con scala esterna di accesso al primo piano, era la foresteria: una struttura annessa ad ogni sede monastica, con camere e cucina, atta ad ospitare i parenti delle religiose, i poveri e i viandanti; con stanze riservate al vicario, al confessore e all'amministratore.

Proseguendo nella visita all'esterno della cinta monastica, girato l'angolo della foresteria, notiamo un muro di cinta lungo, rettilineo e parallelo alla strada. Questo risale al 1800. L'originario correva più all'interno, con un portone di servizio (esistente) datato 1710 e contrassegnato da stemma con giglio. Piè avanti, sulla sinistra, oltre il ponticello sulla roggia detta Pantanosa, c'è una abitazione privata. Un tempo era il molino del monastero.

Ad oriente, diversamente da oggi, il recinto monastico correva lungo la riva destra della roggia. Dietro la moderna edicola mariana c'era la piazzetta dove le serve si recavano a lavare i panni delle monache: un lavatoio esterno che rimase in funzione fino alla fine del '600, quando, su ordine del visitatore apostolico, fu scavato un canale in modo da convogliare parte dell'acqua della roggia all'interno del recinto e permettere così alle serve di compiere il loro servizio con la necessaria riservatezza.

Sul lato sud, il recinto chiudeva l'area monastica in prossimità della parete destra della chiesa, oggi Museo paleocristiano. In questo luogo c'era il cimitero della villa di Monastero, con, al suo interno, un imponente campanile a base circolare (1).

Ritornati sui nostri passi e varcata la soglia del portone d'ingresso logorata dall'uso, ci troviamo in uno spazio erboso. All'epoca del monastero l'area, con pozzo al centro, era delimitata: a settentrione dalla canipa; a levante da un muretto con cancello che dava nella corte della servitù e negli orti; a ponente dalla foresteria. Era il cortile che serviva ai traffici connessi con la vita economica della comunità monastica.

L'edificio a mezzogiorno era l'ala principale del convento: ala che oggi si presenta rimaneggiata in forma di villa, con la facciata sul lato opposto. Al centro della costruzione, si nota il portone con ancora lo stemma del giglio datato 1698: portone che dava accesso al seminterrato ad uso di cantina e deposito delle derrate alimentari. Nel piano terra era sistemata la cucina, il refettorio, la portineria e il parlatorio. Al piano superiore c'era la sala del Capitolo, il coro invernale di S. Margherita, un'aula riscaldata per le attività comuni e l'archivio.

Le altre tre ali del convento (totalmente scomparse) erano disposte a rettangolo, con chiostro ad archi (?) e giardino al centro. Al primo piano c'erano i dormitori delle monache suddivisi in piccole celle dalle pareti di stoffa, l'infermeria, la camera delle educande ed altre stanze di servizio.

Parallela all'ala meridionale c'era la grande chiesa monastica: chiesa che, dopo la soppressione, fu prolungata in avanti, trasformata in cantina e in epoca recente adibita a museo paleocristiano. Della facciata della chiesa monastica d'epoca popponiana, sono visibili le soglie della porta centrale e delle due laterali. Più in là lo sguardo spazia su una lunga aula rettangolare, delimitata da un'abside semicircolare. Oltre ai mosaici pavimentali d'epoca paleocristiana, si notano molte basi di colonna di due epoche diverse e qualche tomba. Nel '700 era ancora in piedi la struttura a tre navate del tempo del Patriarca Popone. Uniche varianti: il coro superiore e il muro divisorio tra la chiesa interna e quella esterna, in ossequio alle rigide disposizioni post tridentine riguardo alla clausura.

Il presbiterio era dominato da un grande altare maggiore barocco con al centro la statua della Beata Vergine Annunziata, titolare della chiesa; alla sinistra l'altare di S. Benedetto e alla destra l'altare della Santa Croce. Sulla parete laterale sinistra dello stesso presbiterio era sistemato l'armadietto degli Oli santi e il grande armadio con porte di legno decorate, contenente numerose e venerate sante reliquie.

In basso, ai piedi di una rampa di sei scalini, c'era il coro inferiore dotato di una quarantina di stalli lignei artisticamente lavorati, di leggii e di un organo a canne. Alla sinistra del coro, in corrispondenza della sacrestia, si aprivano le finestrelle della confessione e della comunione convenientemente incorniciate; a destra, gli altari di S. Caterina e S. Scolastica. Nel coro inferiore si cantava l'ufficio nelle solennità e in particolari circostanze. Inoltre si svolgevano le cerimonie della vestizione delle novizie e della professione religiosa.

In mezzo alla navata, sopraelevato, stava il coro superiore. Arredato con stalli di legno, altarino, quadri e statue, comunicava con l'altare della chiesa e il presbiterio attraverso due finestre con grata. Vi si accedeva dal primo piano dell'ala sud del convento, tramite un ballatoio.

La chiesa esterna ad uso del popolo, separata da quella interna, battesimale, era officiata dal curato della villa di Monastero. Al centro, sotto il coro superiore, sulla cui parete dominava un grande crocifisso, c'era l'altare maggiore. Addossata alla parete sinistra, una scala portava alla sacrestia superiore e ad un parlatorio al quale avevano accesso il curato e altri officiali laici per atti riguardanti il governo del monastero. Sulla stessa parete, in basso, una finestrella poi murata, munita di ruota, che serviva per il ritiro o la consegna di oggetti necessari al culto o altro. Dall'esterno si nota pure il segno di una porta comunicante con il chiostro: porta che fu murata per ordine superiore. Al centro del grosso muro che divideva le due chiese, si nota la soglia di una porta che le metteva in comunicazione tra di loro e che solitamente doveva restare rigorosamente chiusa.

Diamo ora un rapido sguardo agli altri luoghi esterni racchiusi dal recinto monastico. A ponente, c'era un secondo cortile, chiuso tra il muro e il convento; a oriente, prospiciente la così detta officina, un terzo cortile, riservato alla servitù sulla destra un giardino riservato alle monache, cinto da muro; in fondo, l'orto conventuale. Gli atti della visita del Porcia segnalano, entro il cimitero delle monache situato probabilmente nella zona retrostante la chiesa, le cappelle di S. Pietro e S. Giovanni (2).

Nella seconda metà del '500 la Villa, o Borgo attiguo al monastero contava una cinquantina di abitanti, tutte o quasi dipendenti dal monastero, compreso il cappellano e il sacrestano. Nella prima metà del '700 erano presumibilmente un centinaio. Tra le famiglie residenti troviamo quelle del nobile Faustino Monari, delli spettabili Antonio Monari e Domenico Montanari ed altre di contadini, artigiani, servi o serve del monastero, provenienti anche da paesi lontani come Ontagnano, Farra, Capriva, Villesse, S. Giovanni di Duino, Monfalcone, Canale e Lucinico. Nei registri della parrocchia molti capifamiglia risultano godere del titolo di Ser che equivale al nostro Signor: un titolo ritenuto dovuto a chi prestava i suoi servigi alle Signore monache e alla abbadessa, Signora feudataria (3).

Alcune case della villa sorgevano sulla riva destra della roggia del molino di Aquileia, in contrada detta di S. Alessandro: titolo di una cappella consacrata nel 1228 che si trovava sulla strada per Aquileia, ad uno stadio dal convento. Nelle vicinanze, sulla stessa roggia, intorno alla metà del '700, le monache avevano fatto costruire un ponte, allo scopo di collegare la villa con le terre del monastero che si estendevano sulla riva sinistra del Natissa fino alla basilica patriarcale.

La villa di monastero era collegato al territorio circostante con le strade: per Aquileia, di Levada (per Villa Vicentina), del Bosco, dei Ronchi di Terzo, di S. Stefano (non più esistente) e del Ponte Rosso (attuale via Vigne vecchie) (4).

 

 

 

NOTE

1. L'indicazione "extra muros" si riferisce alle mura medievali della città Mura in parte visibili dietro la basilica patriarcale e un tempo esistenti immediatamente a sud del foro romano.

Contrariamente all'indicazione del visitatore Porcia, le antiche vedute collocano il campanile a sinistra della facciata della chiesa. Uno scavo eseguito sul posto non ha messo in luce alcuna traccia di fondamenta.

2. La sommaria descrizione del monastero contenuta in questo capitolo si avvale, in parte, dello studio di E. Vidoz: La chiesa di S. Maria extra muros d'Aquileia, Italia Nostra, Sezione di Gorizia, 1999. Studio che utilizza: una pianta settecentesca della chiesa del monastero (BCU, ms. 1368); una pianta topografica di Aquileia con il complesso monastico ancora integro (BNM, ms. Marciano Lat. IX, miscellanea 128) ed ancora una carta ottocentesca dove il chiostro appare solo in parte demolito (BMAAq.). Allegato alla tesi della Vidoz, l'interessante inventario dei beni mobili, con l'ambiente di provenienza, redatto in seguito alla soppressione del monastero (AST, Atti amministrativi di Gorizia, in E. Vidoz, La basilica e il monastero di Santa Maria di Aquileia dalle origini al Settecento: la documentazione storica, archeologica e cartografica, tesi discussa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia degli Studi di Udine, a.a. 1998-99, relatore prof. Paolo Piva. Sulla chiesa del monastero, un utile approfondimento in appendice 11.

3. Dai registri della curazia di Monastero (1700-1784), in Archivio parrocchiale di Aquileia.Vedi Appendice 12.

4. Per Monastero in epoca Romana vedi, D. Cencig, G. Franceschin, M. Buora, Idrografia e viabilità nel territorio centro orientale di Aquileia romana, in Quaderni friulani di archeologia. Anno XIV n. 1 - Dicembre 2004. Inoltre vedi in appendice 11.

 

 

 

Santa Maria di Aquileia - Monastero, Chiesa e Cura d'Anime                            Edizioni della Laguna