SOS VENEZIA
Un patrimonio
splendido che minaccia di sparire
La bellezza degli edifici di culto di Venezia, a partire dalla basilica
di San Marco, è un argomento di cui sembra addirittura ovvio parlare.
Venezia custodisce un consistente numero di edifici di culto, chiese,
campanili, Scuole grandi, arciconfraternite che per la loro bellezza
architettonica, per la memoria storica e per le opere d'arte ivi
custodite, rappresentano un "unicum" nel pur vasto e splendido
patrimonio della città.
Si tratta di un patrimonio consistente e prezioso che tuttavia è quanto
mai fragile e sottoposto a un degrado particolarmente invasivo della
città lagunare così provata dall'ecosistema nel quale è immersa.
Recentemente in una intervista raccolta dalla giornalista Serena
Spinazzi Lucchesi sul settimanale diocesano "Gente Veneta", il Delegato
Patriarcale per i Beni Culturali Ecclesiastici, mons. Antonio Meneguolo,
ebbe modo di chiarire le sue preoccupazioni. Non si tratta delle solite
lamentale: è una precisa denuncia di una situazione che in fretta sta
giungendo a un punto di non ritorno.
Più subdolo di un terremoto perché lento e silenzioso, ma dagli stessi
devastanti effetti. Non ci sono le scosse a destare allarme, ma ci sono
gli squarci delle crepe, gli intonaci che si staccano, i campanili che
si inclinano, i pavimenti che saltano. Tanto subdolo quanto inesorabile:
è l'effetto del tempo, secoli e secoli stratificati sopra le pietre
degli edifici di culto veneziani: come un terremoto latente e costante!
Questo terremoto strisciante — fatto di umidità, salsedine, assestamenti
delle fondazioni — sta letteralmente mandando in rovina chiese e
campanili della città insulare. Così si arriva alle soluzioni drastiche.
Ha destato scalpore, la notizia apparsa alla fine di giugno, della
chiusura del campanile di Torcello perché a rischio crollo. Colpito da
un fulmine, era già stato chiuso per un anno, poi era stato imbragato e
si era eliminato il suono delle campane per evitare vibrazioni
pericolose, ora si è arrivati alla chiusura: niente più visite alla
torre campanaria della millenaria basilica, causa «situazione statica di
rischio latente e imprevedibile della quale non è possibile valutare
l'evoluzione per l'immediato futuro», come recita una relazione fornita
dai professori Colleselli e Giuriani. Da un momento all'altro, insomma,
il campanile rischia di crollare.
E non più tardi del mese di maggio era stata la chiesa di San Silvestro
a dover chiudere i battenti ai fedeli per evitare che sulle loro teste
potesse improvvisamente precipitare il controsoffitto.
Urge un piano di
interventi. Sono questi solo i casi più recenti, ma non sono certo gli
unici. L'elenco delle opere che necessitano di un restauro è lunghissimo
e la cifra necessaria è di almeno 80 milioni di euro per salvare gli
edifici di culto veneziani. Ben sapendo che si tratta sempre di
salvataggi provvisori e che la manutenzione deve essere costante. Ecco
perché a questo punto occorre stilare un piano di interventi che da una
parte affronti le emergenze, ma dall'altra metta in cantiere – è il caso
di dirlo – un'opera di manutenzione sistematica. Basterebbero uno, due
milioni di euro all'anno per dare inizio a un piano di manutenzione
continua, che prosegua nel tempo anche oltre l'emergenza. Quel che si
comincia a capire solo ora, infatti, è che non basta salvare un bene per
restituirlo, bello e restaurato, all'eternità, perché il restauro non
dura per sempre. Lo sanno bene anche i Comitati privati, che da oltre
quarant'anni raccolgono fondi in tutto il mondo per restaurare
monumenti. A distanza di tempo ci si è resi conto di come non sia
sufficiente restaurare un bene e poi abbandonarlo a se stesso, perché
prima o dopo il tempo torna ad aggredirlo. Occorre una manutenzione
costante.
Ecco allora la necessità di stilare un piano di interventi. Da anni
ormai viene presentato sempre lo stesso elenco di priorità alla
Soprintendenza per la predisposizione del piano annuale di interventi
con i finanziamenti del Ministero per i Beni Culturali: ma i fondi
scarseggiano e l'elenco si allunga sempre più.
Servono risorse. Il nodo sta qui, cioè nel reperimento delle risorse
necessarie a restaurare edifici e opere d'arte così fragili e preziose.
La Chiesa veneziana fa quel che può con le risorse proprie e poi si
affida ai contributi che provengono ora dalla CEI con l'8 per mille, ora
dallo Stato, ora dagli enti locali. Rubinetti che si aprono poco e
raramente, ma che più spesso si chiudono. È il caso dei fondi
provenienti dalla Legge speciale, arrivati con una certa regolarità nel
quinquennio tra il 2000 e il 2005, quando non a caso si poterono aprire
ben 30 cantieri. Un filone però di colpo prosciugato.
Certamente l'onere della manutenzione è in prima battuta di competenza
del proprietario e dunque della Chiesa veneziana, tuttavia è anche vero
che questi beni sono un patrimonio per tutto il Paese e che
rappresentano una risorsa culturale e turistica: se a Venezia arrivano
milioni di visitatori l'anno è anche grazie ai beni artistici delle sue
chiese. Da qui la chiamata in causa del sistema Italia perché faccia la
propria parte.
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Il problema di
Venezia
Sembrerà strano ma il problema di Venezia generalmente non viene
compreso fino in fondo. La città viene considerata come un qualunque
altro centro. Se è vero che non solo a Venezia sorgono chiese
antichissime, è altrettanto vero che da nessuna altra parte le chiese e
i campanili sono poggiati su palafitte, aggrediti da salsedine e
umidità. Quando si parla di manutenzione per Venezia non si considera
mai la sua specificità, è una città unica anche sotto questo profilo.
E così si rimane nell'incertezza, con contributi promessi che arrivano
con il contagocce e quando sono deliberati rimane sempre incerto il
momento dell'erogazione. E così la manutenzione della città storica,
chiese, palazzi, rii e monumenti, rimane in stand by.
Strade alternative al reperimento di fondi sono difficilmente
percorribili. La via delle sponsorizzazioni somiglia più che altro a una
"questua" dall'esito incerto, sempre condizionata dall'andamento
dell'economia. Non solo. Per le sponsorizzazioni c'è sempre una
contropartita da rendere, perché lo sponsor chiede come minimo un
ritorno d'immagine.
In qualche caso si è ricorso anche per le chiese alla sponsorizzazione
mediante i cartelloni pubblicitari, affissi a "schermata intera" sulle
impalcature dei lavori in corso, ma con grande cautela e non poche
perplessità non solo nei riguardi del tipo di pubblicità, ma per il
reale deturpamento del tessuto urbano.
Questa dei finanziamenti è una materia estremamente delicata,
servirebbero delle sponsorizzazioni vere, dei veri mecenati, come al
tempo della Serenissima, quando le famiglie ricche facevano costruire
delle cappelle, decorate dai più importanti artisti dell'epoca. Tutto
questo oggi non c'è.
Venezia, un tempo, era una capitale europea, oggi è considerata una
città come una delle belle d'Italia.
Ma l'Italia è in grado di sostenere una città speciale come è Venezia?
Le dighe che – si spera – tra breve argineranno le maree più insidiose
potranno salvaguardare la splendida Venezia, regina dell'Adriatico, o
proteggeranno un ammasso di ruderi, di muri caduti in rovina?
Mons. Antonio
Meneguolo
Delegato patriarcale
per i Beni culturali ecclesiastici
SOS Venezia
Edizioni della Laguna