SOS VENEZIA
La vulnerabilità del
campanile di Torcello e delle altre torri campanarie di Venezia
Renata Codello, Alberto Lionello
La risonanza avuta sulla stampa dalle problematiche relative al
campanile di Torcello ha riportato d'attualità il dibattito sulla
conservazione e la sicurezza dei beni architettonici.
A Venezia sotto l'effetto dei propri pesi palazzi e chiese hanno subito,
nel corso di alcuni secoli, cedimenti assoluti dell'ordine di alcune
decine di centimetri (40-50 cm). Questo problema si riscontra in modo
più importante nei campanili; infatti i forti carichi concentrati
trasmessi dalle masse murarie delle torri campanarie hanno causato
frequentemente nel terreno sotto di loro e nel loro immediato intorno,
nonostante la presenza di speciali accorgimenti costruttivi adottati per
la realizzazione delle loro fondazioni, sia fenomeni localizzati di
rottura sia ampie zone di accentuati cedimenti differenziali, spesso
attivati durante la loro costruzione.
Le torri campanarie di Venezia presentano, in relazione soprattutto ai
problemi di fondazione precedentemente accennati, dissesti importanti
che si manifestano con evidenti quadri fessurativi o con fenomeni di
perdita di verticalità. In questi casi la distribuzione delle tensioni
non è più di tipo lineare ma assume configurazioni conseguenti alla
discontinuità muraria con concentrazioni di carico. Le sollecitazioni
nelle murature delle torri sono elevate e una distribuzione non lineare
o una parzializzazione della sezione può determinare cedimenti
localizzati dei materiali con rotture che, in una reazione a catena,
possono portare alla perdita di stabilità dell'intera struttura.
Ai campanili, benché presentino strutture più impegnative rispetto a
quelle delle relative chiese, è riservata un'attenzione minore e minori
sono i dati storici che si riescono a rintracciare su di essi. Fino a
una cinquantina d'anni fa i campanili erano usati, veniva fatta una
manutenzione diretta al sistema delle campane e i sistemi di risalita
venivano tenuti in efficienza. La progressiva meccanizzazione del suono
delle campane e la riduzione del corpo clericale ha determinato una
sempre minore frequentazione di queste strutture. Conseguentemente sono
scesi il livello generale di manutenzione e la conoscenza del manufatto
che veniva per lo più tramandata oralmente.
Nel caso di Torcello in risposta al progetto di restauro presentato
dalla Curia Patriarcale, la Soprintendenza di Venezia faceva presente la
necessità di effettuare verifiche di carattere strutturale. Detta
necessità scaturiva dai risultati di uno studio realizzato per
evidenziare le vulnerabilità dei campanili veneziani.
In particolare sulla torre di Torcello si era verificato che negli
ultimi anni del secolo XIX e nei primi del XX – immediatamente dopo la
caduta del campanile di San Marco – erano state effettuate diverse
sostituzioni murarie e l'inserimento di alcune catene e tiranti
metallici. Si trattava pertanto di verificare la conservazione e
l'efficacia strutturale di dette opere.
Studi analoghi a quello effettuato su Torcello sono stati effettuati
sugli altri ottantacinque campanili presenti nel centro storico e
nell'estuario di Venezia in una sorta di laboratorio sulle torri
realizzato negli ultimi dieci anni. Dal 2000 la Soprintendenza per i
beni architettonici e paesaggistici di Venezia e laguna ha dovuto
affrontare le due situazioni di dissesto più difficili e urgenti
riguardanti i campanili di Santo Stefano e di Santa Maria Gloriosa dei
Frari. Il campanile di Santo Stefano presenta un importante strapiombo e
dal 1940 non era stato più oggetto di verifiche. Lo studio del
progredire del fuoripiombo nel tempo ha evidenziato che il fenomeno si
era sviluppato già al momento della costruzione (i due tronconi hanno
una diversa pendenza) e aveva avuto una progressiva accelerazione fino
al momento dell'intervento novecentesco quando, successivamente alla
caduta del campanile di San Marco avvenuta il 14 luglio 1902, sono stati
effettuati nella città di Venezia alcuni consolidamenti alle strutture
ritenute maggiormente a rischio. Il campanile, che ai primi del 1900
aveva uno strapiombo di cm 170, è stato oggetto di un discusso
intervento che dapprima prevedeva il raddrizzamento della torre e che
nella sua realizzazione definitiva ha visto l'esecuzione di cinque
contrafforti in sottopendenza costruiti con la tecnica della muratura
rinforzata con elementi metallici. L'incremento di pendenza medio di mm
1 per anno, verificatosi nell'ultimo secolo, evidenziava che, pur
migliorandone la stabilità, l'intervento del 1904 non poteva però
considerarsi risolutivo. Il mancato controllo degli spostamenti e
l'avanzato degrado degli elementi metallici (molte catene risultavano
rotte) ha consigliato di avviare un programma che prevedeva il
monitoraggio delle deformazioni, dello strapiombo e delle
sollecitazioni, la riparazione degli elementi deteriorati e l'ispezione
della struttura. Le ripetute prove in situ dello stato
tensionale della muratura del fusto e dei contrafforti, realizzate tra
il 1994 e il 2004, e i risultati dei primi anni di monitoraggio, dal
2000 al 2003, confermavano che il fenomeno dello strapiombo era ancora
in fase evolutiva.
Contemporaneamente venivano eseguiti gli interventi di ripristino o di
affiancamento degli elementi non più in efficienza, in particolare
veniva integrato il sistema di incatenamento, realizzato nel 1904, con
nuovi elementi. A conclusione delle opere di restauro i dati del
monitoraggio indicavano una stabilizzazione della pendenza che dal 2003
a tutt'oggi non risulta più essere in aumento. La stabilizzazione del
campanile ha quindi suggerito di rinviare momentaneamente l'intervento
di messa in sicurezza progettato. Le problematiche relative al campanile
della basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari sono diverse da quelle
del campanile di Santo Stefano; lo strapiombo è relativamente contenuto
(cm 80 su m 45 di altezza) ma complesse sono le interrelazioni fra la
torre e la struttura della basilica costruita inglobando il campanile.
Un articolato e prolungato cantiere dal 2000 al 2009 ha permesso di
addivenire a una stabilizzazione del fenomeno del cedimento della torre
e a una riduzione dei pericolosi effetti di quest'ultimo sull'equilibrio
della basilica. Il complesso intervento è stato progettato e realizzato
approfondendo la conoscenza storica e materiale degli edifici, il loro
comportamento nel tempo, rilevando i dissesti, le deformazioni e i
quadri fessurativi storici, e la risposta strutturale agli interventi
con un completo sistema di monitoraggio in tempo reale. Gli interventi
di consolidamento della fondazione del campanile, attuati nella logica
del minimo intervento e dell'interdisciplinarità, hanno permesso di
ridare l'indipendenza ai comportamenti strutturali della torre e della
basilica. Il campanile, già inglobato nella struttura della basilica al
momento della sua costruzione, con l'intervento novecentesco era stato
fortemente ancorato alle membrature limitrofe. L'intervento effettuato
ha significativamente ridotto i collegamenti tra i due organismi
architettonici riducendo le sollecitazioni sulla basilica e permettendo
di minimizzare ed eliminare le opere di presidio realizzate nel corso
degli interventi di restauro.
Forse meno grave ma maggiormente sconosciuta era la situazione di tutta
l'altra ottantina di torri presente nel centro storico della città di
Venezia. Fonti storiche riportano che i campanili nelle epoche passate
erano in maggior numero e che demolizioni ma anche crolli hanno causato
la scomparsa di molti di essi. L'ultimo, ma più importante, crollo
avvenuto è quello del campanile di San Marco ii 12 luglio 1902;
fortunosamente la torre è caduta senza causare vittime e arrecando danni
materiali alla sola Libreria Marciana. Una più approfondita analisi
delle cause della rovina, che al momento si diceva fosse avvenuta senza
avvisaglie, ha chiarito le motivazioni del crollo. Una maggiore
conoscenza dello stato di degrado e degli interventi di restauro
precedentemente eseguiti avrebbe sconsigliato l'esecuzione delle incaute
operazioni realizzate precedentemente al crollo permettendo, forse, la
conservazione della torre.
Per aumentare la conoscenza sull'efficienza strutturale e sullo stato di
conservazione dei campanili, la Soprintendenza di Venezia ha avviato un
programma che ha visto la schedatura delle ottantacinque torri,
l'identificazione degli elementi e delle tecniche costruttive, il
rilievo del degrado e del dissesto e il riconoscimento dei meccanismi di
danno per determinare, correlandoli, un indice di vulnerabilità per
ciascuna torre.
La Direzione Generale MiBAC per i beni architettonici e paesaggistici,
nello stesso periodo, stava realizzando il programma sulla riduzione del
rischio sismico del patrimonio culturale suddiviso nelle tre tipologie
principali: chiese, palazzi e torri. Nell'ambito della verifica degli
algoritmi che dovevano essere messi a punto relativamente al modulo
delle strutture a torre ha deciso di avvalersi dell'esperienza
veneziana. Un significativo test su un campione reale, per altro ben
conosciuto, è stata l'occasione per verificare l'applicabilità delle
procedure di calcolo e l'attendibilità dei risultati.
Questi studi hanno consentito di identificare le torri campanarie di
Venezia che, analogamente a quello di Torcello, richiedono una maggiore
attenzione o per l'importanza in termini assoluti di un determinato
fenomeno di danno o per il concorrere di più fenomeni tra loro
correlati. L'indice così ricavato fornisce indicazioni, di carattere sia
qualitativo che quantitativo, sulle torri che abbisognano di un
approfondimento di studi e indagini. I campanili di San Geremia, di San
Giacomo dall'Orio e di San Donato presentano una elevata vulnerabilità
per la scarsa qualità muraria, i quadri fessurativi presenti e la
presenza di fenomeni in atto. Attenzione deve essere posta alle torri di
San Martino a Burano e dei Greci per lo strapiombo che interessa anche i
campanili di San Francesco della Vigna e di San Pietro di Castello;
questi ultimi, unitamente alla torre di Madonna dell'Orto, sono
ulteriormente sollecitati dalle rampe spingenti. Risultano da
controllare i campanili di Sant'Aponal, di San Pantalon e di San Stae
per le lesioni presenti. Infine una particolare attenzione dovrà essere
riservata al campanile dei Gesuiti, per le successive sopraelevazioni e
l'interrelazione con la struttura della chiesa, e a quello di Santa
Caterina a Mazzorbo.
Un ulteriore problema è costituito dall'instabilità di singoli elementi:
il pericolo della caduta dall'alto anche di piccoli frammenti e
l'innesco di reazioni a catena che dal problema locale può portare alla
destabilizzazione dell'intera struttura. La questione va affrontata
struttura per struttura con campagne di rilevamento e interventi di
messa in sicurezza programmati e realizzati dai singoli proprietari. Si
sottolinea l'importanza dell'attività di manutenzione e del controllo di
queste strutture, in tutti i loro aspetti, che presentano proprio per la
loro peculiare conformazione verticale un livello superiore di
vulnerabilità.
Renata Codello
Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e
Laguna
Alberto Lionello
Ingegnere nella Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici
di Venezia e Laguna
SOS Venezia
Edizioni della Laguna