Antonio Zappalà


L'INSEGNAMENTO DI "RESTAURO DEL LIBRO"
IN AMBITO UNIVERSITARIO

 


Quando nell'anno accademico 1982-83 fu attivato all'Università di Udine, per la prima volta in ambito universitario, l'insegnamento di "Restauro del libro", per quel primo anno denominato "Restauro del libro e del documento d'archivio", ci si chiese, in mancanza di una tradizione di insegnamento, quale programma si dovesse seguire, con quali modalità l'insegnamento stesso dovesse essere impartito.
Fu chiaro immediatamente che certo non si doveva insegnare a restaurare i libri come la stessa denominazione della disciplina avrebbe potuto far pensare a qualche sprovveduto. L'insegnamento professionale non è certo compito dell'Istituzione universitaria.
La filosofia del corso di laurea richiedeva piuttosto la formazione degli studenti in modo tale da farne dei bibliotecari la cui caratteristica peculiare avrebbe dovuto essere, tra l'altro, una preparazione idonea a individuare ogni pericolo di degradazione a cui i libri conservati in biblioteca sarebbero potuti andare incontro.
La conoscenza dei fenomeni che avvengono durante la degradazione fisica del libro certo è necessaria per prevenire i fenomeni stessi. Ma tale conoscenza implica la necessità di conoscere da quali materiali i libri siano costituiti e in che modo essi possano alterarsi spontaneamente o quando vengano in contatto con le sostanze chimiche presenti nell'ambiente di una biblioteca.
Un libro è un oggetto materiale instabile e complesso. Esso può essere costituito da carta, cartone, spago, tela, legno, cuoio, pergamena, inchiostro da stampa e da manoscritto, ecc. Come ogni sostanza instabile tutti i costituenti del libro sono soggetti a fenomeni spontanei di trasformazione; tutti i costituenti tendono anche a interagire con l'ambiente circostante per trasformarsi in materia da un punto di vista chimico-fisico più stabile ma al tempo stesso con caratteristiche del tutto diverse da quelle della materia originale. Così ad esempio, la carta tende a perdere progressivamente le sue caratteristiche di resistenza alla gualcitura e alla lacerazione. E' infatti noto che la cellulosa della carta, alla fine di un processo di degradazione più o meno lungo, a seconda delle condizioni di conservazione e a seconda della sua qualità originale, tende a trasformarsi in glucosio, una sostanza con caratteristiche chimico-fisiche del tutto diverse dalla cellulosa originale e di cui certo non si può parlare di resistenza alla gualcitura ed alla lacerazione.
Sembrerebbe sussistere quindi il presupposto che per ben tutelare i libri custoditi in biblioteca occorra possedere anche conoscenze che sono proprie della chimica e della fisica. Analoga necessità di conoscenze sembrerebbe che debba aversi anche nel campo della degradazione biologica.
Ma allora ci si deve chiedere: il bibliotecario, per poter assolvere pienamente al proprio compito di tutela deve essere necessariamente anche un chimico, un fisico e un biologo oltre che naturalmente un professionista con una solida cultura umanistica? Certamente no. La necessità di conoscenze di cui si è detto dimostra soltanto che, per poter tutelare il patrimonio librario, è necessario l'apporto di discipline proprie delle scienze naturali. La piena tutela dei beni può realizzarsi piuttosto con la collaborazione, quando necessaria, di professionisti preparati nel campo delle scienze naturali e che abbiano esperienza nelle applicazioni di tali discipline alla conservazione dei beni librari.
Non è necessario dunque che il bibliotecario conservatore sia anche un chimico, un fisico e un biologo. Egli tuttavia deve avere una preparazione tale da permettergli di comprendere in quali condizioni ambientali possano verificarsi degradazioni dei materiali; egli deve sapere quando sia necessario prendere provvedimenti per migliorare le condizioni di conservazione, quando sia necessario richiedere la collaborazione del chimico o del biologo, quando sia necessario infine richiedere la collaborazione del restauratore. Non va dimenticato infatti che il bibliotecario rimane in ogni occasione l'unico responsabile del materiale librario a lui affidato; egli non potrà mai delegare ad altri tale responsabilità. Inoltre solo il bibliotecario è sempre presente in biblioteca; solo lui può rilevare la necessità di provvedimenti al primo apparire di sintomi di invecchiamento dei materiali. Quei provvedimenti a volte potrà deciderli autonomamente; a volte dovrà richiedere una collaborazione.
Ciò di cui il bibliotecario ha bisogno oltre che, come si è già detto, di una cultura di base nel campo delle scienze naturali, è certamente anche di una serie di indicazioni di massima, di principi cui attenersi quando egli debba autonomamente decidere interventi di restauro conservativo.
Tali principi dovrebbero essere unitari in ambito nazionale o meglio ancora in ambito internazionale.
Attualmente si sta lavorando in questa direzione come dimostra l'iniziativa opportunamente presa negli anni scorsi dall'"International Federation of Library Associations and institutions" (IFLA), con la pubblicazione dei Principles for the conservation and restoration of collections in libraries and archives.
Oggi è necessario andare oltre questa iniziativa; occorre diffondere anche informazioni, più precise che sia possibile, sulle tecniche di conservazione e di restauro conservativo; occorre dare soprattutto indicazioni precise sulla qualità minima accettabile per materiali moderni da utilizzare nel restauro di libri soggetti a tutela. Occorre infatti porre fine ad un fenomeno spiacevole che si è verificato in tutto il mondo durante tutto l'arco del ventesimo secolo ma soprattutto negli ultimi venti o trenta anni: un continuo sviluppo degli studi tecnico-scientifici sulla stabilità durabilità dei materiali librari e sulle tecniche da adottare per la loro conservazione a cui non è sempre seguito un trasferimento delle conoscenze acquisite nella pratica quotidiana del restauro: oggi sappiamo ad esempio che perchè una carta sia stabile, sia cioè resistente all'invecchiamento, non è sufficiente, anche se necessario, che sia alcalina per presenza di carbonato di calcio o magnesio. Pure i produttori di carta ancor oggi pubblicizzano i loro materiali destinati al restauro librario quasi esclusivamente per l'assenza di acidità e poi spesso colorano le loro carte con terre a base di ferro pur essendo noto da tempo che tali prodotti possono essere anch'essi responsabili, in presenza di altre concause, di una troppo rapida degradazione della carta.
Spesso la cellulosa chimica ottenuta dal legno è utilizzata per la preparazione anche di carte destinate alla conservazione quando è ormai noto, da circa quaranta anni, che questo tipo di cellulosa assorbe dall'atmosfera una quantità dieci volte maggiore di inquinanti acidi, con conseguente più rapido invecchiamento, di quanto non ne possa assorbire una carta di straccio o una carta preparata con cellulosa di cotone 1 2 3 4 5.
Si potrebbero dare ulteriori esempi a dimostrazione che la carta oggi prodotta e utilizzata per la conservazione non è la migliore che le conoscenze scientifiche permetterebbero di produrre.
Tutte le caratteristiche necessarie perchè un materiale cartaceo sia durevole, desunte dalla letteratura internazionale, sono comunque descritte in una Normativa in materia di cartoni destinati al restauro ed alla conservazione del materiale soggetto a tutela approvata con decreto del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali e pubblicata sul n. 257 del 19-8-1983 della "Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana". Nella Normativa, il cui contenuto è stato ripreso da un articolo pubblicato sul "Bollettino dell'Istituto Centrale per la Patologia del Libro"6, sono indicate anche le tecniche di analisi utilizzate per la misura delle caratteristiche stesse.
Le raccomandazioni che si possono trarre da una normativa di questo tipo o da iniziative analoghe dovrebbero essere fatte proprie da un organismo internazionale che contestualmente ne dovrebbe dare ampia divulgazione. Nel 1989 l'ISO (International Standard Organisation) prende l'iniziativa di preparare alcune norme sulla qualità della carta che furono poi pubblicate nel 1994 e nel 1996, ma purtroppo tali norme sono ancora oggi poco utilizzate in Italia. Le norme sulla qualitàdella carta durevole saranno descritte in altra parte di questo volume. Raccomandazioni analoghe dovrebbero comunque essere studiate anche per gli altri materiali da restauro quotidianamente utilizzati nella conservazione dei beni librari.
Non più possibile assistere, ancora una volta inerti, alla mancata utilizzazione di molte delle conoscenze scientifiche sulla durabilità dei materiali pena la perdita di molti dei beni culturali a noi pervenuti e che rappresentano testimonianza di civiltà costruite dall'uomo attraverso i secoli.
Il mancato pieno utilizzo del patrimonio di conoscenze sia nella conservazione dei beni librari sia ancor più nella produzione di edizioni contemporanee destinate alla conservazione deriva certamente da motivi economici, da difficoltà organizzative, ma soprattutto dalla difficoltà nella divulgazione delle conoscenze stesse.
Tutti gli organismi interessati, istituzioni internazionali, istituzioni nazionali, associazioni professionali, oggi anche istituzioni universitarie, dovrebbero prioritariamente collaborare alla divulgazione delle conoscenze tecnico-scientifiche utili alla tutela dei beni che, non dimentichiamolo, come si è già detto, sono in gran parte oggetti materiali che invecchiano.
Oggi, con il Corso di laurea in "Conservazione dei beni culturali" dell'Università di Udine, si ha a disposizione un ulteriore importante strumento per la divulgazione delle conoscenze scientifiche.
Un bibliotecario esperto, oggi impegnato in biblioteca, può certo aver acquisito durante la sua carriera tutte le conoscenze indispensabili per una reale tutela dei patrimonio a lui affidato. Perchè ciò che egli ha imparato lo deve spesso ad iniziative personali che gli hanno permesso il superamento, il più delle volte con molta fatica, di difficoltà di ogni tipo ma riconducibili, in molti casi, alla difficile reperibilità di referenti specialisti.
Le nuove leve, i professionisti che sono licenziati da un corso di laurea quale quello in "Conservazione dei beni culturali", pur dovendo completare la loro formazione con una routine quotidiana in biblioteca, potranno essere avvantaggiati in quanto avranno acquisito, si spera, molte delle cognizioni necessarie già durante gli anni universitari, cioè in una età che è realmente ancora disponibile per ogni tipo di formazione. I futuri bibliotecari potranno raggiungere una maturazione professionale, si spera, in un arco di tempo più breve, con minori difficoltà di quanto non sia accaduto ai loro predecessori.
Con questi presupposti apparve chiaro, quando si doveva decidere del programma del corso di "Restauro del libro", che gli studenti avrebbero dovuto acquisire la conoscenza di ogni tecnica utilizzata o utilizzabile nella conservazione e nel restauro anche se non avessero mai dovuto eseguire materialmente il restauro stesso. Essi avrebbero dovuto imparare in quali casi fosse necessario utilizzare una determinata tecnica di restauro, quali fossero i rischi cui si sarebbe potuto andare incontro con l'uso di una tecnica non necessaria o non adatta ad un particolare reperto preso in considerazione. Gli studenti avrebbero dovuto imparare a stabilire una priorità di interventi, a riconoscere il caso di libri che, apparentemente in buono stato di conservazione, pure corrono rischi di gravi danni: un esempio, riconoscere un inchiostro che per le sue caratteristiche sta per perforare la carta prima ancora che ciò accada.
Per poter colloquiare con gli specialisti gli studenti dovevano inoltre imparare, o meglio ricordare dagli studi precedenti quelli universitari, alcune semplici nozioni utili a comprendere le più comuni trasformazioni chimiche che possono verificarsi durante l'invecchiamento dei materiali librari.
Al primo avvio del corso di "Restauro del libro" ci si rese conto di un'esigenza fondamentale: occorreva allestire, a supporto dell'insegnamento, un laboratorio didattico di restauro. Tale laboratorio, predisposto negli anni scorsi, è oggi pienamente funzionante. Esso ha molteplici funzioni.
Innanzitutto nel laboratorio sono presenti reperti librari, con danni caratterizzanti i vari tipi di degradazione, utili alla discussione di ogni possibile diagnosi e delle relative tecniche di intervento restaurativo.
Il laboratorio è inoltre corredato di tutte le attrezzature necessarie a permettere l'esecuzione, dimostrativa per gli studenti, di alcuni fondamentali interventi di restauro: l'esecuzione pratica di un intervento è certo più didatticamente valida che non una lunga spiegazione teorica.
Il laboratorio è anche attrezzato per poter condurre quegli studi teorico-sperimentali di ricerca, finalizzati alla conservazione del materiale librario e fondamentali in una istituzione universitaria, i cui risultati devono costantemente rappresentare aggiornamento dell'attività didattica. Nel laboratorio, con il concorso delle altre istituzioni universitarie e di quelle preposte alla conservazione dei beni culturali, devono potersi formare anche i futuri docenti di "Restauro del libro".
Un'ultima importante funzione del laboratorio didattico di "Restauro del libro" può essere quella di una struttura disponibile per la collaborazione con biblioteche della Regione o con altri enti locali al fine di pervenire alla formulazione delle necessarie diagnosi e alla prescrizione degli opportuni interventi conservativi da eseguirsi su materiale librario in precarie condizioni di conservazione. Alcune delle sue attrezzature didattiche, quali ad esempio la pressa per la "velatura a secco" o l'attrezzatura per il "restauro meccanico" che per essere costose non sono presenti nella Regione, potranno essere utilizzate dal personale delle amministrazioni pubbliche locali per l'esecuzione di interventi restaurativi eccezionali non altrimenti fattibili.

 


Note
1 W.H. LANGWELL, Proc. tech. Sect. Br. Pap. Mkr's Ass., 37, 3 (1956): 495.
2 F. Lyth HUDSON, W.D. MILNER, Paper Technol., 2. 2 (1961): 155.
3 F. Lyth HUDSON, R.L. GRANT, J.A. HOCKEY, J. Appl. Chem., Lond., 14 (1964): 444.
4 C.J. EDWARDS, F. LYTH HUDSON, J.A. HOCKEY, Sorption of sulphur dioxide by paper, J. Appl. Chem., 18 (1968): 146-148.
5 M. PLOSSI ZAPPALA' Inquinamento e materiali librari. Aspetti chimici del problema, Bollettino Ist. Cent. Patol. Libro, 38 (1982-83): 93-102.
6A. ZAPPALA' Il controllo di qualitàdei cartoni da restauro nel Laboratorio di Tecnologia dell'Istituto,  Bollettino Ist. Cent. Patol. Libro, 37 (1981): 73-102.

 

 

 

Libri e Documenti 2007                                                                                       Edizioni della Laguna