MASSIMILIANO I:


IMMAGINI E SIMBOLI DELLA SUA IDEA IMPERIALE

 

 

Carl Schütz

 

 

 

Albrecht Dürer. Ritratto di Massimiliano I, KHM, Vienna

 


Ogni epoca a cavallo tra un secolo e l'altro è percorsa dalla consapevolezza di trovarsi ad una svolta culturale che vede tramontare l'antico, mentre il nuovo che si nasconde ai più si può più intuire che riconoscere. Guardando al passato, alcune epoche si rivelano effettivamente come periodi di mutazione - e sono in quantità straordinaria contraddistinte dal volgere del secolo - in cui lo sviluppo accelera e produce una rapida successione di radicali trasformazioni in campo culturale e nuove creazioni.
I decenni intorno al 1500 - quelli in cui visse l'imperatore Massimiliano I - furono caratterizzati da mutamenti politici che interessarono l'assetto europeo. L'epoca delle scoperte, che consentirono all'Europa di uscire dai confini per confrontarsi in una dimensione globale, era anche l'epoca della Riforma e della guerra dei contadini. Ai mutamenti politici corrisposero le trasformazioni in campo culturale che portarono ad uno sviluppo artistico più denso di avvenimenti rispetto ai decenni precedenti ed a quelli immediatamente successivi. Nel 1477, quando Massimiliano diciottenne arrivò nei Paesi Bassi, per unirsi in matrimonio con Maria di Borgogna, l'antica pittura fiamminga era in piena fioritura. Poco tempo prima Hugo van der Goes aveva dipinto, su commissione di una famiglia di mercanti italiani attiva nei Paesi Bassi, il suo capolavoro, l'Altare Portinari (conservato a Firenze nella Galleria degli Uffizi), che aveva suscitato una profonda impressione tra gli artisti del primo Rinascimento italiano. Era il tempo in cui in Germania e in Austria comparivano i grandi polittici, fra cui l'esempio più famoso è l'Altare Wolfgang, opera di Michael Pacher creata intorno al 1477 per la chiesa di St. Wolfgang nell'Alta Austria; circa nello stesso periodo a Vienna, città che Massimiliano si accingeva a lasciare, veniva dipinto il grande polittico per la chiesa del convento dei Benedettini a Schotten, che si qualificò come il capolavoro della pittura viennese tardogotica.
Quarant'anni dopo, nel 1519, anno della morte di Massimiliano I, a Roma, centro di nuovi sviluppi artistici e metropoli dell'arte di quegli anni, la breve stagione dell'alto Rinascimento era già tramontata. In quella città Massimiliano aveva cercato inutilmente durante la sua vita di farsi incoronare; nell'estate del 1511, quando il papa Giulio II si ammalò, pensò addirittura - non si sa se l'avesse dichiarato per ischerzo o se realmente fosse stato intenzionato - di farsi eleggere papa. Nel 1512 Michelangelo aveva terminato gli affreschi della volta della cappella Sistina; nel 1519 Raffaello, un anno prima della sua morte, si era spirito molto avanti sulla via del nuovo stile del XVI secolo. A Venezia, la grande avversaria della politica di Massimiliano, Tiziano aveva appena ultimato la grande pala d'altare di Maria assunta in cielo per la chiesa dei Frari, che a ragione si può definire il primo capolavoro del grande artista. Nel resto d'Europa l'arte si trovava in balia di quegli sviluppi epocali che in così breve tempo l 'avevano trasformata più di qualsiasi periodo precedente. Non dappertutto però le nuove tendenze artistiche avevano abbandonato l'antico linguaggio della forma; tendenze locali continuavano a sussistere, come dimostrarono per tutto il Quattrocento i due grandi centri artistici dell'Italia e dei Paesi Bassi, Firenze e Bruges, caratterizzati da un proprio specifico sviluppo. I decenni intorno al 1500 non trasmisero solo l'impressione di una frenesia che pare quasi moderna, ma anche l'immagine di una interna lacerazione che interessava luoghi e artisti in pena per cambiare il nuovo con il vecchio.
Il mondo interiore, quel mondo di pensieri e convinzioni in cui si mosse l'imperatore Massimiliano I, riflette gli sviluppi artistici del suo tempo. Come sovrano Massimiliano non riuscì a completare molti suoi progetti e molto spesso la fortuna gli voltò le spalle. E' tuttavia uno dei sovrani più affascinanti del suo tempo, soprattutto per la sua apertura mentale, per il suo fervido pensiero e la sua viva intelligenza che gli consentirono sul piano politico di intraprendere progetti di vasta portata oscillanti tra fantastica stravaganza e puro calcolo strategico, che lo fecero apparire sul piano della storia del pensiero come un maestro sovrano che impiegava l'arte figurativa e la letteratura, l'immagine e il testo per ricordare ed eternare le sue idee ed i suoi disegni. L'uso consapevole di mezzi artistici per propagandare e giustificare non solo i suoi progetti ma anche le sue azioni faceva di Massimiliano un uomo moderno. Nel contempo però, legato ad una concezione medioevale, era profondamente convinto della sua particolare missione che poggiava sull'antico diritto del sangue e della posizione preminente della Casa d'Asburgo. Radicato al mondo dei suoi antenati, in particolare a quello di suo padre Federico III, si era aperto ed aveva abbracciato la cultura raffinata dei duchi di Borgogna, influenzata da quell'"autunno del Medioevo" che aveva conosciuto attraverso il suo matrimonio con Maria di Borgogna.

 

 

 

AEIOU: L'ACRONIMO CABALISTICO DELL'IMPERATORE FEDERICO III

 


Federico III è il primo imperatore della Casa d'Asburgo di cui è stata tramandata una serie di ritratti che consentono di conoscere sia il suo aspetto fisico sia i simboli del suo potere regale. Più famoso dello stesso imperatore fu il suo acronimo cabalistico AEIOU che segnò per la prima volta nel 1437 nel suo taccuino e che in seguito fu riportato su tutte le sue proprietà e fondazioni, quasi a sintetizzare in un'espressione il suo intento, il cui significato Alles Erdreich Ist Österreich Untertan ("Il mondo intero è soggetto all'Austria") potrebbe essere attribuito allo stesso Federico III, ma molto probabilmente è di più recente interpretazione. Alcune costruzioni e diversi oggetti, opere artistiche, manoscritti, lavori di oreficeria conservano ancora oggi quell'iscrizione di cinque vocali, per la quale esisteva una serie di soluzioni coeve in latino e tedesco e altrettanti significati posteriori intrisi di entusiasmo patriottico come Austria Erit In Orbe Ultima.
Come dimostra la scelta di quell'acronimo, Federico III era particolarmente sensibile e ricettivo all'uso di
simboli che lo aiutassero in situazioni difficili a richiamare l'attenzione sul suo rango di sovrano, di capo supremo della Casa d'Asburgo, e anche di imperatore del Sacro Romano Impero, titolo onorifico che non conferiva alcun potere. Sebbene vivesse nella più rigorosa economia, che caratterizzava il suo stile di vita non risparmiando neanche la corte (i poeti umanisti che si raccoglievano intorno a Celtis lo accusavano a causa del suo disinteresse per la poesia di essere particolarmente taccagno), spendeva somme folli - confermate anche dai rapporti coevi - per manifestare all'interno e all'esterno il prestigio della figura dell'imperatore. Delle insegne del suo rango tempestate di gemme e del suo manto regale non si è conservato nulla; solo successivamente furono riutilizzate le pietre preziose che, stando alle stime di allora, avevano un valore che si aggirava sulla cifra pazzesca di un milione di fiorini. Nella scelta delle pietre Federico III era particolarmente esperto; la sua competenza, che si poggiava sulla conoscenza approfondita delle loro qualità sovrannaturali e sugli effetti che ne derivavano, corrispondeva a quella forma di superstizione che perdurò fino ai giorni nostri.

 

 

 

LA RITRATTISTICA UFFICIALE DI MASSIMILIANO I

COMMISSIONATA A BERNARD STRIGEL

 


Una serie di ritratti rappresentano Federico III con la moglie Eleonora di Portogallo con le insegne regali. Nessuno di quei ritratti è stato tramandato nella sua versione originale, esistono infatti solo copie posteriori soprattutto dell'inizio del XVI secolo. Eseguite su suggerimento o su richiesta dello stesso Massimiliano I, consapevole dell'importanza storica attribuibile alla sua famiglia, furono realizzate secondo il modello stesso del suo ritratto a mezzo busto. Dunque anche il ritratto di Federico III è copia di un originale del 1468. L'imperatore è ritratto con tutte le insegne del suo rango, con il mantello tempestato di perle e gemme preziose, la corona imperiale a forma di mitra realizzata in occasione della sua incoronazione a Roma nel 1452. Federico aveva portato con sé a Roma le insegne del suo rango con cui era stato incoronato re ad Aquisgrana, ma aveva voluto essere incoronato a Roma con la sua corona "personale".

 

     

Massimiliano I, figura a mezzo busto da Bernhard Strigel. 1510 circa. KHM, Vienna

Ritratto di Massimiliano I,  Scuola di Bernhard Strigel, XVI secolo. Augustiner Chorherrenstift, Herzogenburg, cat. 1/10

 


Il ritratto più conosciuto di Massimiliano I è opera del ritrattista ufficiale dell'imperatore, Bernhardin Strigel. Da un ritratto originario del 1500 circa, l'artista creò una serie di copie con varianti; un'altra versione che ritrae Massimiliano in atteggiamento ufficiale con tutti i simboli del potere porta la data del 1507. In questo ritratto l'imperatore indossa un'armatura liscia di foggia altorinascimentale su cui poggia un manto intessuto di perle; corona, scettro e spada completano le insegne reali. I singoli elementi, come la corazza o la foggia del manto o la corona differiscono da variante a variante; l'armatura comunque, a seconda se di foggia tardogotica o rinascimentale, indica il periodo in cui l'opera è stata realizzata.
Bernhardin Strigel fu per lungo tempo il ritrattista di corte di Massimiliano, tanto che si comparava con Apelle, l'unico che poteva ritrarre Alessandro il Grande. Come in tutti i campi principali su cui verteva la committenza di Massimiliano, anche nel caso della ritrattistica, l'imperatore guidava le intenzioni dell'artista interessandosi e partecipando in prima persona. Ciò significò qualcosa di decisivo per la nascita del ritratto ufficiale che nel giro di pochi decenni divenne la principale forma di prestigio e segno di regalità. L'interesse genealogico di Massimiliano, che trovava espressione negli alberi genealogici o nella serie di ritratti di regnanti per lo più fantasticamente realizzati, ma sempre raffigurati con le insegne del loro potere, stava anche alla base del ritratto di corte. L'aspetto individuale assunse un ruolo secondario rispetto a quello sovraindividuale, cioè a quello di appartenere ad una determinata casata. Un altro fattore determinante che si sviluppò soprattutto nei Paesi Bassi sin dall'inizio del XV secolo, era costituito dal ritratto caratterizzato da un grande realismo dei dettagli. (Questa forma era già presente nei ritratti dei duchi di Borgogna di Roger van der Weyden, dove si ritrovava già una prima immagine ideale del sovrano, la cui posizione rispetto al mondo circostante era caratterizzata da un orgoglioso, aristocratico distacco. La terza linea nella tradizione del ritratto derivava infine dalle effigi antiche tramandate dai testi letterari e fatte rivivere dai dotti dell' Umanesimo: l'immagine di profilo ad esempio aveva la sua origine nel ritratto coniato su monete.

 

 

Pittore tedesco da Albrecht Dürer, 1530 circa. KHM, Vienna, cat. 1/2

 

Una delle peculiarità di tutti i ritratti di corte, la riproducibilità in copie che comportava il sorvolare sul dettaglio a favore di una più generica caratterizzazione, era facilmente ottenibile nel caso di Massimiliano, che era immediatamente riconoscibile anche nei ritratti meno rassomiglianti.

 

 

 

 

 

LA CORONA IMPERIALE A FORMA DI MITRA

COME CORONA PRIVATA DEGLI IMPERATORI D'ASBURGO

 

 

 

In un ritratto ufficiale, l'imperatore Federico III porta la corona imperiale personale a forma di mitra che si fece realizzare per l'incoronazione a Roma. Le corone di Massimiliano, così come si può osservare nelle diverse versioni del ritratto di Strigel, variavano nella forma. Anche Massimiliano ordinò una corona "personale" .. per la sua incoronazione a Roma che non potè mai utilizzare perchè non gli riuscì di farsi incoronare imperatore nella città dei Cesari.
Nel 1424, l'imperatore Sigismondo aveva affidalo le insegne e i gioielli del Sacro Romano Impero alla città di Norimberga perchè li custodisse. Da allora la corona era a disposizione solo per l'incoronazione ad Aquisgrana a Re dei Romani e per quella ad imperatore dalle mani del papa nella città di Roma. Per tutte le altre circostanze che richiedevano la sua presenza con le insegne del suo rango, l'imperatore doveva portare una corona personale. Sin dal XIV secolo si pensò ad una forma particolare che doveva unire elementi della corona regale con quelli di una mitra vescovile. Carlo IV fu ritratto per primo con una corona di tale fattura. Nessuna però di quelle più antiche corone, proprietà privata dei sovrani, si è conservata, dal momento che gli eredi, obbedendo al gusto del tempo, le riadattavamo o addirittura le ricreavano. Le corone di Massimiliano I e di Carlo V furono smontate e vendute su ordine di Filippo II di Spagna. Solo quella di Rodolfo II, un'opera di raffinata fattura che corrispondeva al senso e alla sensibilità artistica dell'eminente committente, amante delle arti e collezionista, creata dall'orafo olandese Jan Vermeyen a Praga nel 1602, si è conservata fino ai giorni nostri. Dichiarandola corona della famiglia, Ferdinando II la mise per sempre a disposizione del singolo sovrano e la inglobò nelle proprietà degli Asburgo. Quando nel 1804 Francesco II, come reazione all'incoronazione di Napoleone a imperatore dei Francesi, assunse il titolo di imperatore d'Austria, scelse la corona di Rodolfo II come corona dell'impero austriaco. Da allora in poi fino alla dissoluzione della Monarchia austro-ungarica rimase un puro simbolo della sovranità ma non venne mai usata per l'incoronazione. La corona consiste di tre parti di profondo significato anche simbolico. La base con alzate stilizzate a forma di foglia è già di per sé una corona. La tradizione di queste alzate perdura per tutto il Medioevo e determina la forma imperante delle corone dell'Europa occidentale, a partire da quella di Carlo il Calvo; al posto delle foglie possono esserci dei fiori di giglio. Nella corona di Massimiliano I le foglie di forma tardogotica sono ornate con elementi di gotico fiorito tipici della Germania meridionale del periodo intorno al 1500. Il secondo elemento della corona è costituito da un archetto, molto simile a quello della corona imperiale che si innesta sulla parte frontale per terminare all'altezza della nuca sulla cui sommità si trova una croce. Il terzo elemento caratterizzante è rappresentato dalla mitra che sottolinea la speciale posizione spirituale cui è chiamato l'imperatore per grazia divina. La denominazione di "mitra" che viene attribuita alla corona, deriva proprio dall'applicazione di una sorta di mitra vescovile. In contrapposizione alla mitra usata dai vescovi, questa qui è spostata di 90 gradi. Ma non è un caso. La sua particolare posizione richiama alla mente piuttosto che il vescovo, l'alto sacerdote dell'Antico Testamento, perché la mitra di quest'ultimo così fu riprodotta in pittura. La mitra era di stoffa, come nel caso della corona di Federico III, tempestata di perle e ricca di smalti; nella corona di Massimiliano era fissata in una cornice d'oro.

 

 

 

 

IL RITRATTO DI MASSIMILIANO

DI ALBRECHT DÜRER

 

 

Nel 1518, un 'anno prima della morte dell'imperatore Dürer lavorò ad un ritratto che portò a termine l'anno seguente. Si trattava di un ritratto che doveva rappresentare l'immagine ufficiale di Massimiliano I, caratterizzato da una combinazione di fedeltà al soggetto ritratto e riproduzione dei principi superiori delle ideali virtù del sovrano; un ritratto ufficiale rappresentativo, sconosciuto fino a quel momento all'arte tedesca. Dürer ritrae Massimiliano a mezza figura in atteggiamento solenne, il cui effetto monumentale è evidenziato dal mantello che nella sua costruzione è paragonabile ad un triangolo la cui base d'appoggio è costituita dal braccio sinistro piegato. L'artista si rifà al tipo di ritrattistica tardogotica della fine del XV secolo, cui si era ispirato nelle prime fasi della sua attività. L'impressione di solenne maestosità viene messa in risalto anche dagli stessi toni di colore, dall'effetto complessivo delle tinte sfumate del mantello e del collo di pelliccia che contrastano con il verde che fa da sfondo. La nascita di quest'opera è nota sin nel dettaglio. Nel 1518 Dürer si unì alla delegazione guidata dal borgomastro Kaspar Nützel e dal regestatore Lazarus Spengler della città di Norimberga alla Dieta di Ratisbona. Non è tuttavia noto se Dürer facesse realmente parte della delegazione o se si fosse recato ad Augusta per soddisfare il suo desiderio di incontrare personalmente l'imperatore Massimiliano I. Al 28 giugno 1518 risale comunque un prezioso disegno a gessetto in cui è ritratto l'imperatore, come testimoniato dall'iscrizione fatta di suo pugno: Das ist keiser Maximilian den hab ich Albrecht Dürer zu Awgspurg hoch oben auff der pfaltz in seinem kleinen stüble künterfett, do man czahlt 1518 am mandag noch Johannis tawffer (Questo è l'imperatore Massimiliano che io Albrecht Dürer ho ritratto ad Augusta là sopra nella sala del suo palazzo il lunedì dopo la festa di San Giovanni Battista nell'anno 1518). Il disegno servì come base sia per una xilografia sia per due dipinti: per una versione su tela con colori solubili successivamente ripassata ad olio e verniciata, che si trova al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga, e per quella che sarà poi la versione definitiva attualmente alla Gemäldegalerie del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Dürer lavorò in grande economia di tempo, poiché riportò dal disegno sulla tela solo alcuni tratti della testa. I dipinti, differentemente dal disegno e dalla xilografia, estendono la raffigurazione sino ai fianchi e inseriscono nella composizione anche le mani che reggono una melagrana. Forse fu lo stesso Massimiliano a consentire che sul ritratto fosse riportata la scritta. Il quadro di Norimberga dipinto per primo, una versione intermedia della definitiva rifatta su legno, porta su una striscia di pergamena incollata dopo la morte di Massimiliano una prolissa iscrizione in tedesco di cinque righe scritta dall'umanista Konrad Peutinger di Augusta, che corrisponde a quella latina del quadro viennese, molto probabilmente copiata proprio da quest'ultima.
Per l'uso dei materiali poco costosi e per la tecnica affrettata il quadro di Norimberga si colloca come modello della versione viennese o come opera commissionata.
La versione definitiva si distingue in alcuni punti fondamentali dal quadro di Norimberga: il mantello rosso viene sostituito con uno scuro imbottito di pelliccia e dal grande collo pure di pelliccia, completato da un nastro di seta di color rosso scuro. Il Toson nella versione del 1519 cinge lo stemma dell'aquila bicipite. Massimiliano non porta le insegne del suo rango, ma la maestosità viene ben messa in risalto dalla monumentalità e dal solenne atteggiamento della sua persona. Anche la posizione delle mani appare modificata: nel quadro di Vienna Massimiliano regge la melagrana solo con la sinistra, mentre la destra posa sulla cornice del quadro, come sul davanzale di una finestra. Il suo sguardo rivolto verso il basso lascia prevedere la sua imminente scomparsa. L'iscrizione latina in chiare lettere maiuscole, forse opera di Johann Neudörfer di Norimberga, riporta titoli e date della vita di Massimiliano: POTENTISSIMUS. MAXIMVS. ET. INVICTISSIMVS. CAESAR MAXIMILIANVS /QVI. CVNCTOS. SVI. TEMPORIS. REGES. ET. PRINCIPES. IVSTICIA. PRVDENCIA / MAGNANIMITATE. LIBERALITATE. PRAECIPVE. VERO: BELLICA: LAVDE. ET /ANIMI. FORTIDVDINE. SVPERAVIT. NATVS. EST. ANNO. SALVTIS. HVMANAE / M.CCCC. LIX. DIE. MARCII. IX. VIXIT. ANNOS. LIX. MENSES. IX. DIES. XXV / DECESSIT. VERO. ANNO. M:D:XIX. MENSIS. IANVARII. DIE. XII. QVEM DEVS / OPT. MAX. IN. NVMERUM. VIVENCIVM. REFERRE. VELIT.
Negli anni 1520-21 Dürer nel suo viaggio nei Paesi Bassi portò con sé un ritratto di Massimiliano, che in occasione della sua visita a Mechel volle regalare alla governatrice, l'arciduchessa Margherita, figlia dell'imperatore. Ma poiché quest 'ultima non lo trovò di suo gradimento, il quadro fu riportato indietro, come lo stesso Dürer annotò nel diario: Jch bin auch bey frau Margareth gewest und hab sie mein kayser sehen lassen und ir den schencken wollen. Aber do sie ein solchen missfall darinnen hett, do führet ich ihn wieder weg. Non sappiamo quale versione l'artista voleva donare all'arciduchessa, e per quanto riguarda il rifiuto non si possono fare che supposizioni. Si propende comunque nel credere che Dürer avesse portato con sé la versione di Norimberga dipinta su tela, perché difficilmente avrebbe pensato ad un dipinto su legno, essendo quest'ultimo un'opera commissionata su misura. Inoltre il rifiuto di Margherita può essere ricondotto allo specifico carattere della pittura di Dürer, che contrastava decisamente con le forme imperanti nella pittura olandese del tempo, caratterizzata da un modellatura appena accennata e da colori luminosi, di cui l'arciduchessa era fervida sostenitrice.

 

 

 

 

LA MELAGRANA COME SIMBOLO DI POTERE DI MASSIMILIANO I

 


Nel quadro di Massimiliano di Albrecht Dürer la melagrana è l'unico oggetto che l'imperatore tiene in mano. Questo frutto sostituisce il globo imperiale come simbolo del potere. Diverse furono le interpretazioni: segno di abbondanza o, secondo l'interpretazione cristiana, simbolo della Resurrezione. Ma dal momento che la melagrana è un leitmotiv del mondo massimilianeo, ritornando di frequente nei ritratti e nell'Ehrenpforte, pare che l'interpretazione storica sia la più attendibile. Secondo la tesi espressa da Johann Jacob Fugger nella sua opera Libereien, welche der loblich Kaiser in der zeit seines lebens gefiert und gebrauchtet hat, Massimiliano scelse la melagrana dopo la conquista di Granada nel 1492 da parte di Ferdinando d 'Aragona. Solo successivamente nel testo esplicativo dell'Arco di Trionfo redatto dal poeta di corte di Massimiliano, Johannes Stabius, relativo agli studi geroglifici con cui cercava di ricavare dall'oggetto un ideogramma, la melagrana diventò un simbolo di sostanza più che di apparenza, poiché esternamente era insignificante e inodore, nel suo interno però mit vil edler mildigkeit und wohlgemachten koernen begabet, dotata di semi di generosa dolcezza e di perfette dimensioni.

 

 

 

 

GENEALOGIA

 

 

Dall'Arco di Trionfo, L'imperatore Massimiliano I e il figlio Filippo il Bello, part.

 

Criterio principale di tutte le ricerche storiche promosse da Massimiliano e della maggior parte dei suoi progetti politici è la discendenza della dinastia degli Asburgo. Massimiliano I era profondamente convinto che la Casa d'Asburgo fosse destinata ad avere una posizione preminente non solo su tutte le stirpi principesche tedesche, ma su tutte le dinastie europee, in particolare perché gli Asburgo sin dal XIII secolo erano stati i più numerosi ad essere eletti imperatori tedeschi e perché l'Impero, come successore di quello romano, era anteposto agli altri imperi.
L'attenzione e la predilizione di Massimiliano per le questioni genealogiche era una caratteristica del suo
tempo, tuttavia nessun altro principe la esercitò con una tale ostinazione sottoponendo le sue opinioni ad un costante rigore scientifico, spinto dall'aspirazione di fare della Casa d'Asburgo la più antica fra tutte le dinastie europee. La teoria corrente al tempo di Massimiliano, secondo la quale gli Asburgo discendendo da una stirpe originaria della città di Roma erano posti accanto ai Colonna e, in base a una tesi sorta nel XIV secolo nell'Alto Reno anche accanto ai Pierleoni, venne risolutamente rifiutata da Massimiliano, non da ultimo per motivi di opportunità politica. L'imperatore ne preferì invece una seconda che, stando alla teoria rinvenibile fin dai tempi di Alberto I, faceva risalire gli Asburgo attraverso i Franchi fino ai Troiani. Diversi studiosi furono incaricati dall'imperatore di svolgere le ricerche genealogiche; il più anziano, Ladislaus Sunthaim, aveva già elaborato l'albero genealogico per i Babenberger. Procedendo in modo pedante e lento, venne ben presto anticipato da Jakob Mennel che, basandosi su una cronaca probabilmente falsificata, favorì la teoria della discendenza dai Franchi, consegnando all'imperatore una precisa sequenza di antenati da Ettore fino a Massimiliano. I risultati di quelle ricerche, che appaiono assai discutibili e oggi addirittura ridicoli, furono criticati duramente da Stabius, che ebbe l'ardire di far discendere gli antenati degli Asburgo da Noè. Massimiliano decise di presentare i risultati delle ricerche in una pubblicazione composta da xilografie con personaggi fantastici, che dovevano ritrarre i suoi reali antenati e quelli inventati. Ma poiché non si arrivò ad alcun accordo riguardo alle origini genealogiche, la pubblicazione non venne mai ultimata, sebbene 92 xilografie fossero già state portate a termine. Un'operazione questa che può ritenersi esemplificativa dell'atteggiamento di Massimiliano: appena sorgevano complicazioni, l'intero progetto si arenava e veniva abbandonato per sempre, perché l'imperatore aveva già iniziato a dedicarsi ad altre iniziative.
Gli studi genealogici furono tuttavia, molto importanti per altre pubblicazioni che dovevano eternare il ricordo e la gloria dell'imperatore, in particolare per l'Ehrenpforte, l'Arco di trionfo e il suo monumento sepolcrale. Fondamentale nel pensiero di Massimiliano era la sua preoccupazione per il ricordo che avrebbe lasciato, per l'idea dell'autorappresentazione e perché si fosse parlato positivamente della sua persona, in altre parole per la realizzazione di opere che rientravano nel disegno ideale della "memoria" - quella "memoria" sempre rievocata.

 

 

 

LA "MEMORIA" DI MASSIMILIANO I:
LA SUA FIGURA NELLE PAROLE E NELLE IMMAGINI

 

 

 

   

Dal Weiß Kunig - Hans Burgkmair. Il Re Bianco riceve l'omaggio dai rappresentanti delle diverse nazioni. Marina Bressan, Gradisca 1/21cat. 1/37

 

Dal Theuerdank - Leonhard Beck. Durante una caccia al camoscio un colpo di vento solleva Theuerdank. Tenendosi alla stanga grazie alla sua prontezza, riesce ad evitare di precipitare in un burrone. Marino De Grassi, Grado, cat. 1/45

 

 

La più grande preoccupazione di Massimiliano era quella di mantenere vivo il suo ricordo. Come mezzo l'imperatore scelse il libro stampato e illustrato da xilografie e la stessa serie di xilografie, rivelandosi in tal modo un precursore dei tempi. Alla cura per la realizzazione di tali pubblicazioni, per la scelta degli artisti impegnati nel progetto e nell'esecuzione, per la consultazione continua con letterati, per la raccolta dei materiali, per la dettatura o la redazione dei testi, Massimiliano dedicò tempo, energia e denaro.
Nelle tre opere correlate tra loro contenutisticamente, il Freydal, il Theuerdank e il Weisskunig, Massimiliano descrisse in forma allegorica, celandosi sotto altri nomi, episodi della propria vita, secondo il costume degli araldi di corte e della società protagonista dei tornei cavallereschi. Si tratta di opere, espressione di quell'epopea epica di un tempo che stava ormai tramontando, scritte in uno stile che non verrà più ripetuto. Da qui si può capire l'aforisma così spesso usato di "ultimo cavaliere" per indicare se stesso. Tra tutte le opere destinate alla pubblicazione è in queste ultime che troviamo il maggior contributo personale di Massimiliano. Egli dettò i testi ai suoi segretari, fissò in capitoli la loro divisione e successione, corresse le stesure e scelse i motivi per le illustrazioni xilografiche. Stadio preliminare a tutte tre le opere era l 'autobiografia di Massimiliano progettata sin dal 1497, che Conrad Celtis aveva scritto in latino e fatto pubblicare. Dopo la prematura morte dell'umanista Massimiliano assunse personalmente il compito di redigerla. La scrisse in tedesco, parte in prosa, parte in versi, secondo il modello della poesia cortese del tardo Medioevo.

 

Dal Weiß Kunig - Hans Burgkmair. Il Re Bianco riceve la figlia Margherita e i figli di lei. Marino De Grassi, cat. 1/37


Il Freydal era stato concepito come descrizione delle feste e dei tornei. Il primo progetto risaliva al 1502, ma nel 1516 erano state eseguite da Albrecht Dürer solo cinque xilografie con illustrazioni di tornei. Si è conservato inoltre un esemplare scritto da Massimiliano, una sorta di manoscritto miniato con 255 raffigurazioni di tutti i 64 tornei con annesse feste mascherate che l'imperatore aveva organizzato o alle quali aveva preso parte. Quest'opera, che non venne mai realizzata, doveva servire da introduzione alla seconda, sempre biografica, il Theuerdank, una descrizione in versi del viaggio nuziale di Massimiliano verso la Borgogna. La scelta delle illustrazioni e l'idea del testo si devono allo stesso imperatore che dettò le sue indicazioni al segretario Marx Treitzsauerwein. Delle 118 xilografie ben 77 sono attribuibili all'artista di Augusta Leonhard Beck, 20 all'allievo di Dürer, Hans Schaufelein, 13 ad Hans Burgkmair, caposcuola della pittura rinascimentale di Augusta. Sebbene il Theuerdank fosse stata una delle poche pubblicazioni completate quando Massimiliano era ancora in vita, l'imperatore dispose di renderla pubblica solo dopo la sua morte; prima del fatale evento furono distribuiti solo alcuni esemplari. Il Weißkunig è l'opera autobiografica per eccellenza. L'autobiografia romanzata dell'imperatore terminò nei 1516. La prima e la seconda parte contengono la biografia di Federico III e trattano dell'infanzia e della giovinezza di Massimiliano. La terza parte racconta le campagne militari di Massimiliano dal 1478 al 1513 e, proprio perché si basa su diretti dettati dell'imperatore, costituisce una fonte di primaria importanza. Il nome Weißkunig ("re bianco") si rifà alla bianca armatura che Massimiliano indossava nei tornei; anche gli altri personaggi storici hanno pseudonimi ricavati dal colore delle loro insegne: il re di Francia ad esempio è "il re blu", quello di Ungheria "il re verde ", il duca di Milano "il re del Biscione".
L'opera non venne mai conclusa poiché Massimiliano progettava di ampliarla inserendovi anche gli episodi più recenti. Per illustrare le tre parti furono approntate 251 xilografie, di cui circa la metà si devono ad Hans Burgkmair, l'altra metà a Leonhard Beck. Nel 1526 Ferdinando I incaricò il vecchio segretario di Massimiliano, Marx Treitzsauerwein, di terminare il libro e prepararne la stampa, ma non se ne fece nulla perché questi morì l'anno seguente. Nel 1775 l'opera venne stampata per la prima volta con le tavole originali ancora conservate. Mentre il Freydal, il Theuerdank e il Weißkunig, inserendosi nella tradizione dell'epica cavalleresca tardomedioevale, sono stati concepiti quali sintesi di testo con illustrazione, negli altri due grandi progetti destinati alla pubblicazione, il Triumphzug (Corteo trionfale) e l'Ehrenpforte (Arco di trionfo) predomina solo l'immagine. In stretta connessione con la tematica del Mausoleo sono opere allegoriche molto ampie che guardano al mondo ideale dell'antichità classica. Nel saggio che segue. Christian Benedik rivela con dovizia di documentazione le ragioni che indussero l'imperatore Massimiliano I a dar vita a quelle due grandi imprese.

 

 

 

 

IL MONUMENTO SEPOLCRALE DI MASSIMILIANO I

 

 

Peter Löffler - Zimburgis von Masowien. Innsbruck, Hofkirche, Sepolcro di Massimiliano I

 

Già dal 1500 circa i propositi dell'imperatore erano indirizzati alla realizzazione del suo monumento sepolcrale, che nelle sue intenzioni doveva diventare l'espressione artistica più grande e più costosa. Le idee che stavano alla base di tutti gli altri progetti artistici, in particolare la genealogia della Casa d'Asburgo e le opere grafiche miranti a perpetuare la "memoria " dell'imperatore, dovevano trovare compendio nel Mausoleo, che in forma monumentale avrebbe dovuto assicurare perenne memoria non solo di lui, ma anche dei suoi avi veri o immaginari. A tal proposito Massimiliano aveva pensato alla realizzazione di 28 grandi statue in bronzo. raffiguranti non solo i personaggi della sua famiglia, ma anche figure significative del passato. I figli Filippo e Margherita si trovano accanto alle sue mogli Maria di Borgogna e Bianca Maria Sforza, altre statue raffigurano Rodolfo I, i duchi di Borgogna, i re di Aragona e di Portogallo, ma anche Teodorico, Clodeveo e Goffredo di Buglione, re Artù. Non sappiamo quale collocazione e quale effettiva utilizzazione Massimiliano avesse riservato alle statue monumentali e se inizialmente avesse previsto un monumento sepolcrale, una tomba. Si suppone tuttavia che le figure dovessero costituire un corteo in movimento secondo gli antichi usi funerari., in cui le immagini degli avi venivano portate insieme a quella del morto. A questa interpretazione si contrappone l'altra, sulla base della quale le statue monumentali avrebbero formato un gruppo funerario statico, secondo la tradizione borgognona dei monumenti sepolcrali dedicati ai loro principi, su cui spiccano le figure piangenti.
Alla morte di Massimiliano erano state ultimate solo 14 figure. Suo nipote Ferdinando I fece completare l'opera disobbedendo alle ultime volontà testamentarie dell'imperatore che aveva ordinato che le statue non fossero disgiunte dalla sua tomba. Massimiliano fu sepolto invece nella cappella di San Giorgio a Wiener Neustadt.

 

 

Gild Sesselschreiber - Re Theoperto.  Innsbruck, Hofkirche, Sepolcro di Massimiliano I

Peter Vischer il Vecchio - Re Artù. Innsbruck, Hofkirche, Sepolcro di Massimiliano I

 

 

Ferdinando I si premurò di far completare la colata delle statue che, in forma diversa e decisamente ridimensionata, furono collocate nella Hofkirche di Innsbruck eretta per suo volere allo scopo di accogliere il monumento funebre. Portato a termine dopo sessant'anni, il monumento sepolcrale di Massimiliano I ebbe un'importanza fondamentale che fu in parte eclissata solo dai progetti per il monumento sepolcrale voluti da suo nipote Carlo V, che trovarono la loro realizzazione in quel monumentale complesso che è l'Escorial.
Il monumento sepolcrale di Massimiliano fu dunque l'espressione più appariscente di molti altri progetti, che non poterono essere mai realizzati o lo furono solo in forma ridotta o modificata rispetto alle intenzioni primigenie o ancora gli furono postumi. Ma con il suo monumento funebre Massimiliano aveva conseguito il suo obiettivo: consegnare ai posteri la perenne memoria di sé.

 

 

 

Carl Schütz

 

 

 

 

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Divus Maximilianus - Una Contea per i Goriziani                             Edizioni della Laguna