LA  PERSONALITÀ  STORICA  DI  MASSIMILIANO I

 

 

 

Hermann Wiesflecker

 

 

 

Per gli uomini della nostra epoca è difficile comprendere la personalità e l'opera dell'imperatore Massimiliano I. È una figura in grado di rappresentare il passaggio dal Medioevo all'Età moderna e in cui il vecchio e il nuovo si fondono in modo straordinario: ma anche uno di quegli uomini multiformi che vanno al di là di ogni definizione. Con espressione italiana si può chiamare, rispetto al suo tempo, uomo universale: maestro dell'alta politica, moderno innovatore dell'amministrazione pubblica, stratega, comandante di eserciti, artista. Riuscì in tutto: come poeta del Freydal, del Theuerdank e del Weißkunig rappresentò per i tedeschi l'ultimo esponente dell'epica cortese; come amico di Konrad Celtis aprì l'università di Vienna all'umanesimo italiano che si stava appena affermando.
Massimiliano era appassionato di tutte le arti, ma amò particolarmente la musica e i musicisti, come Paul Hofmeier e Heinrich Isaac; fu amico di Dürer, al quale si deve il suo più bel ritratto. Fu inoltre ispiratore e patrocinatore di innumerevoli opere d'arte, tra cui molti lavori di grafica e il ciclo di miniature a colori del Triumphzug. A lui si deve anche la committenza del mausoleo funebre nell'Hofkirche di Innsbruck, la più splendida tomba imperiale nel mondo occidentale. Siamo di fronte a un artista, da cima a fondo, anche nel campo dell'alta politica: è sorprendente come le sue grandi intuizioni politico-artistiche, sottolineò già Leopold von Ranke, sono state in buona parte realizzate. Con lui iniziò un periodo di splendore per la cultura europea, che reca il suggello delle sue opere, delle sue iniziative e delle sue committenze. L'imperatore fu per Dürer quello che papa Giulio II rappresentò per Michelangelo e Raffaello.
D'altra parte Massimiliano fu anche "l'ultimo cavaliere", che rinnovò il torneo cavalleresco e che organizzò per la prima volta in Austria sul modello borgognone la cavalleria d'ordinanza, senza il cui fondamentale apporto la guerra contro i Turchi dei decenni successivi non sarebbe stata condotta con successo.


 

 


Studio per monumento equestre di Massimiliano I, 1510 circa. Albertina, Vienna, cat. 1/17



Egli è il creatore del Tiroler Landlibells, il codice territoriale tirolese, e delle associazioni di difesa austriache; si può anche definire il "primo lanzichenecco", perché istituì questa nuova fanteria, conferendo a essa un forte spirito di corpo e un'alta considerazione di sé. Non si deve dimenticare che egli stesso marciava con la lancia sulla spalla tra le file dei suoi fanti, a dispregio dei principi che si vantavano per la loro superiorità rispetto ai soldati. Questi amavano l'imperatore perché anche in battaglia andava avanti a tutti, e al Wenzenberg, combattendo in prima fila, venne ferito davanti ai loro occhi. Massimiliano creò inoltre l'artiglieria austriaca.
Egli era un esperto uomo di guerra, che poteva vantarsi di aver condotto durante la sua vita ben 27 campagne militari. Era anche un grande cacciatore: anzi, come amava definirsi, un "potentissimo cacciatore (großmächtiger Waidmann)"; considerava la grande politica come una caccia, in cui il cervo, affermava, veniva inseguito con accanimento anche per cento miglia, finché non fosse ucciso. Come imperatore egli fu il fondatore di un impero universale che dopo di lui garantì alla Casa d'Asburgo la successione ereditaria al trono imperiale, sia pure soltanto di fatto, e non giuridicamente; da lui prese inizio sia il predominio asburgico nei secoli XVI e XVII, sia la monarchia austro-ungarica. Massimiliano avrebbe voluto rinnovare l'impero medioevale: invece creò la grande potenza asburgica dell'era moderna. Gettò le fondamenta di una monarchia mondiale, sviluppando in modo creativo la concezione dell'impero cristiano universale e della missione terrena che spettava alla Casa d'Asburgo. Questa fu l'eredità spirituale e la missione che impose al giovane Carlo V, cresciuto nell'isolamento e nell'egoismo della Borgogna, come una marionetta nelle mani di quel Consiglio.
Massimiliano non conosceva le mezze misure, né fu un monarca come tanti altri: fu un uomo di rottura, che agì nella prospettiva della storia mondiale, lasciando dietro di sé un'impronta destinata a rimanere nei secoli. Se adottiamo i criteri di misura razionali della nostra epoca non possiamo comprenderlo completamente. Egli fu un eroe di antico stampo e come tale desiderava passare alla storia, in compagnia del leggendario re Artù, di Teodorico il Grande, di Carlo Magno e di altri grandi personaggi di analoga levatura. Concepiva il sistema politico europeo come una grande società cavalleresca: avrebbe voluto risolvere rivalità e conflitti con un duello, sfidando a singolar tenzone il re di Francia o il sultano. Un atteggiamento del genere appare assolutamente incomprensibile per noi uomini nati del XX secolo.
Allo stesso tempo l'insieme degli stati era per lui una grande famiglia cristiana, in cui anche i problemi più gravi dovevano essere risolti con i mezzi pacifici della politica famigliare: attraverso i matrimoni, in primo luogo, in ossequio al motto famoso "gli altri facciano pure la guerra, tu Austria felice celebra matrimoni (bella gerant alii, tu felix Austria nube)". L'obiettivo finale per Massimiliano, come in seguito per Carlo V, fu la pace universale della cristianità sotto la guida dell'Impero e di un imperatore della Casa d'Austria - Borgogna - Spagna. Egli stesso volle essere il grande imperatore del futuro, "il più grande imperatore dopo Carlo Magno (der größte Kaiser nach Karl dem Großen)", come era solito affermare. Questa convinzione d'altra parte si univa a un profondo pessimismo: nel suo intimo Massimiliano temeva addirittura di essere l'ultimo imperatore della sua dinastia.

 

 

Dal Corteo trionfale, 91. Hans Springinklee: Guerre di Massimiliano: Venezia. cat. 1/1

 


È comprensibile che questa personalità poliedrica e di grande successo (nonostante i rovesci che dovette subire) sia stata oggetto di molte critiche già da parte dei suoi contemporanei che gli erano schierati contro, anche se le generazioni a lui successive ne hanno ancora avuto grande ammirazione e ne hanno parlato come di "Massimiliano il Grande". Forse un'immagine così piena di luci per qualche aspetto è esagerata; tuttavia la leggenda antiaustriaca del XIX secolo ha sicuramente sottoposto Massimiliano, come fondatore dell'impero universale asburgico, a una critica così feroce che alla fine la sua figura è uscita talmente screditata da diventare irriconoscibile.
Non tanto la ricerca condotta sulla base delle fonti quanto una letteratura di seconda e terza mano, ha fatto risaltare tutto ciò che di negativo si poteva effettivamente cogliere nella biografia del sovrano; un simile processo di revisione storiografica proseguito sempre più lontano dalle fonti, ha ingigantito oltre ogni misura gli errori e le debolezze effettivamente appartenenti all'imperatore.
Nel XIX secolo, un'epoca di nazionalismo incalzante, l'antipatia contro l'universalismo asburgico era così diffusa e forte che le voci in contrario degli storici austriaci, renani e della Germania meridionale non venivano ascoltate quando si opponevano a queste deformazioni esagerate. I risentimenti del conflitto tedesco per la supremazia tra Austria e Prussia hanno fatto sì che, nel campo della scienza storica, anche Massimiliano avesse trovato la sua Königgrätz, uscendone sconfitto come la monarchia asburgica nella guerra del 1866. Il maggior rappresentante di questa corrente storiografica (che in politica si può far corrispondere ai piccoli-tedeschi, i Kleindeutschen filo-prussiani) è certamente Heinrich Ulmann, nel suo libro Kaiser Maximilian I, pubblicato a Stoccarda tra il 1884 e il 1891 in due volumi: l'opera è senza dubbio scritta sulla base di una ricca documentazione d'archivio, e in questo senso può essere ancora utile. Il giudizio sull'imperatore è però sostanzialmente negativo: Massimiliano fu lo sfruttatore del Reich; grazie all'apporto finanziario dell'impero pose le basi affinché l'Austria potesse divenire una grande potenza, senza pensare al bene comune della Germania. Ancor più severi sono stati alcuni allievi dell'Ulmann, che però avevano ormai perso di vista i documenti originali.
Superate queste polemiche, come dobbiamo considerare oggi, senza pregiudizi, una personalità così ricca e complessa? Non è facile distinguere ciò che realmente avesse caratterizzato la sua straordinaria natura, nella cangiante mescolanza di contraddizioni e tensioni, di manchevolezze e virtù, nonché di strabilianti stravaganze che l'animavano. Parlare di lui vuol dire "disputare sulla Trinità", come ebbe a dire un fiorentino suo contemporaneo.
Quello che contava per l'imperatore - come per ogni uomo del Medioevo ispirato dagli ideali cavallereschi - erano la benevolenza e la grazia di Dio che dovevano guidarlo, superando ogni pericolo, al conseguimento degli obiettivi. Per tot discrimina rerum: di questa espressione Massimiliano fece il suo motto. Fu un uomo pio, nel profondo del cuore; ma allo stesso tempo fu anche un acerrimo nemico di papi impegnati nella lotta politica come Alessandro VI e Giulio II. Ai suoi confessori egli poneva domande curiose: per esempio, perché Dio voleva che gli uomini credessero in lui soltanto per fede, senza farsi vedere, mentre gli angeli potevano conoscerlo direttamente.
Era sorretto da una devozione fervida e consapevole; ma sentiva anche di essere in contatto diretto con Dio, di essergli somigliante, come già avevano creduto i suoi antenati, gli antichi principi borgognoni. Si reputava essere discendente carnale di Giuseppe, padre adottivo di Gesù, e quindi parente di Cristo: cosa che effettivamente lasciava a intendere parlando con i suoi interlocutori. Il soprannaturale, con tutte le sue domande e i suoi misteri, esercitava su di lui un fascino particolare. Amava la magia, "il libro nero" del padre; era appassionato dell'astrologia; frequentava veggenti e voleva guardare oltre i limiti imposti all'uomo. Non è un caso che le leggende popolari lo abbiano accostato al dottor Faust.
Il dono più grande della grazia divina per Massimiliano era sicuramente l'onore: "Tutto scompare su questa terra, quello che ci rimane è solo l'onore (Alles auf der Welt vergeht, nur die Ehr'bleibt stet) ".

 

Dall 'Arco di Trionfo. Gli ascendenti della Casa d'Asburgo

 

L'idea imperiale e l'onore dell'Impero a essa collegato, l'onore del suo casato e della sua persona erano i cardini di una propaganda politica, che uno specifico servizio di corte, sotto il controllo diretto del sovrano, doveva diffondere con la pubblicistica e le opere letterarie. Lo stesso obiettivo fu perseguito attraverso le ricerche genealogiche, gli studi intorno a quella che venne chiamata la "stirpe". Essi collegarono gli Asburgo non solo con tutte le maggiori case regnanti del mondo, sulla base dei diritti ereditari acquisiti, ma anche con il cielo, attraverso i beati provenienti dal ceppo della dinastia. Gli Asburgo, il sangue più nobile sia in cielo che in terra; gli Asburgo, i soli difensori della religione cristiana contro gli infedeli e i Turchi: questi erano i temi dominanti della propaganda rivolta a celebrare l'Impero, l'imperatore e il suo casato. Essa ebbe un effetto tale che l'opinione pubblica tedesca nel 1519 avrebbe mal tollerato l'elezione a imperatore di un nemico degli Asburgo come il re di Francia.
L'intero pensiero politico e il programma di Massimiliano erano dominati dall'idea dell'impero universale, che era quello dell'antica Roma dei Cesari, di Carlo Magno (il suo modello) e di Federico Barbarossa, il maggior rappresentante del Medioevo cavalleresco. Egli voleva in primo luogo rinnovare l'impero romano-germanico, ma anche estenderlo rispetto alle condizioni in cui l'aveva trovato, restituendo a esso i confini originari. Per questo obiettivo combatté impegnandosi totalmente con la sua persona, con la sua vita, con i suoi possessi territoriali e con i suoi beni; per esso impiegò la passione dei discorsi tenuti alle diete dell'Impero, come a Costanza il 6 maggio 1507: le sue parole entusiasmarono anche quegli Stati del Reich che inizialmente si erano mostrati i più dubbiosi, i più riservati, i più riluttanti. Massimiliano possedeva quelle qualità indefinibili che incantano gli ascoltatori.
La nazione tedesca era chiamata da Dio a essere l'antesignana dell'impero universale, invece l'Italia per Massimiliano era la sede originaria dell'Impero, trono dell'Impero, Thron des Imperiums, secondo una definizione che usava di frequente. Tutti i paesi e i regni cristiani erano coinvolti in questa visione dell'impero universale cristiano. Anche il potente regno di Francia doveva venir compreso in esso, con la forza delle armi oppure con un matrimonio; l'Inghilterra, la Norvegia e la Svezia erano da guadagnare attraverso i membri del casato come asburgico legati alle rispettive corone. Sulla Masovia, cuore della Polonia, Massimiliano accampò pretese discendente di Zimburga, madre di Federico III, sua nonna: sul Portogallo perché la madre Eleonora era portoghese.
Con la Spagna infine erano già stati stipulati patti di matrimonio e di alleanza, dai quali egli si attendeva risultati veramente grandi.
In questo sogno di ripristino dell'antico impero romano era compresa anche Bisanzio, la Roma d'Oriente.
La grande crociata che aveva come obiettivo la liberazione dell'Europa dagli infedeli e la conquista di Gerusalemme, avrebbe portato al completamento del nuovo impero che abbracciava l'intera cristianità. La politica dell'impero universale rappresenta dunque la caratteristica fondamentale della vita di Massimiliano. Alcuni storici parlano di discontinuità nella sua azione, ma questo ha fondamento solo in relazione alle scelte tattiche contingenti: l'imperatore invece mantenne sempre con estrema coerenza l'orientamento della sua politica complessiva, sia all'esterno che all'interno della Germania. La sua ricchissima fantasia artistica trasformava tutto in un'opera d'arte, anche l'alta politica. Sarebbe stato meraviglioso se tanta parte dei sogni politici di Massimiliano si fossero realizzati: essi però avevano effettivamente un reale contenuto: lo dimostrarono i grandi banchieri, come i Fugger di Augusta, che si fidarono della sua politica avventurosa e misero sempre a sua disposizione ingenti somme di denaro.
Il grande ostacolo per Massimiliano fu la sproporzione tra le limitate risorse economiche dei domini ereditari austriaci e l'ampiezza dei suoi progetti politici.

 

Hartmann Schedel. Liber Chronicarum. Norimberga, Anton Koberger, 1493.
Vienna Pannonie, xilografia cat. 1/38. Sergio Mari. Monfalcone

 

La continua mancanza di denaro, i debiti pesantissimi, il permanente dissesto finanziario offrirono già ai contemporanei sufficienti motivi per parlare male di lui. Difficoltà economiche davvero imbarazzanti, come il dover impegnare ripetutamente i beni della moglie e della corteper pagare le spese dell'ospitalità nelle città tedesche, diventarono motivo di critiche e di scherno in tutta Europa.
D'altra parte, nonostante la sua personale modestia e sobrietà, l'imperatore buttava continuamente il denaro dalla finestra. Era solito a dire: "Gli arciduchi d'Austria con la loro generosità avrebbero ottenuto più che con il risparmio gli altri (Die Erzherzoge von Oesterreich haetten durch Freigibigkeit mehr gewonnen , als andere durch Sparen).
L'imperatore era in genere un uomo gentile e affabile. Egli addirittura porgeva la mano ai borgomastri delle città tedesche, gesto che nessun altro imperatore si era mai sognato di fare. Era invece terribile nei suoi scatti d'ira e nella vendetta. Suscitarono scalpore già le condanne a morte dei ribelli dei Paesi Bassi; fama sinistra ebbe il sanguinoso processo di Kufstein, con le sue esecuzioni. Ma erano anche ben note le raffiche di insulti volgari e di imprecazioni che egli scagliava contro i principi tedeschi, contro i re stranieri, contro il papa.
Giulio II del resto ripagava Massimiliano con egual misura: sosteneva infatti che i principi elettori dovevano mettere sotto tutela Massimiliano, perché un pazzo del genere non poteva essere lasciato andare in giro liberamente.
Il sovrano asburgico non mancava però di fare autocritica: per esempio si rammaricava di "aver fatto troppe guerre e di essere stato in tal modo soltanto al servizio del diavolo (zuviel Kriege gefuert und damit nur dem Teufel gedient)". Non era sprovvisto di umorismo, che gli era necessario per affrontare i momenti difficili della sua vita. Una volta scherzando disse: "Il buon Dio ha pensato bene di trasformare un cacciatore di camosci in imperatore e un ubriacone in papa (Was sich der liebe Gott wohl gedacht habe, als er einen Gemsensteiger zum Kaiser und eine Trunkenbold zum Papst gemacht habe)". Naturalmente si riferiva a Giulio II. Un'altra volta in un torneo applicò come ornamento dell'elmo lunghe orecchie d'asino, dicendo che lo aveva voluto sua moglie Maria. Questi atteggiamenti dimostrano che nella sua vita egli amò le posizioni estreme: fu senza mezze misure nei suoi progetti, negli scherzi, nelle esplosioni d'ira, nel dolore. Il suo motto era: "Sii moderato in tutte le cose (Halt Maß in allen Dingen)": ma certamente lo rispettò molto raramente. Quando morì Filippo, il suo unico figlio maschio, annotò disperato su un foglio di minuta: "Mio Dio, perché mi hai abbandonato? (Mein Gott, warum hast Du mich verlassen?)". Più volte disse di sé di aver sofferto più di Gesù Cristo ("Er habe mehr gelitten als Jesus Christus"). Effettivamente egli spesso amava paragonarsi con Cristo.
Oggi si potrebbe dire che l'imperatore soffriva di crisi maniaco-depressive. Aveva una serie quasi inesauribile di qualità buone e meno buone, che si mescolavano l'una all'altra, ora rafforzandosi, ora annullandosi a vicenda: quel tanto di equilibrio che ne derivava aveva qualcosa di sovrumano. Quello che è rimasto di duraturo in Massimiliano va però di gran lunga al di là delle caratteristiche personali: sono le sue idee politiche, dalle quali scaturirono iniziative destinante a durare nel tempo. Egli infatti visse e operò in uno spirito di dedizione quasi ossessiva alla realizzazione dell'idea imperiale, alla quale subordinò tutte le sue operazioni: essa fu perseguita con coerenza e determinazione per tutti i 25 anni del suo regno. Con quest'idea iniziò a governare, questa fu la direttiva alla quale si attenne fino alla morte; essa ebbe il suo coronamento politico quando venne accettata come presupposto dell'elezione imperiale di Carlo V.
Massimiliano considerava il re di Spagna un autentico fratello, con l'aiuto del quale sperò di realizzare l'impero universale. Egli giudicò un segno divino, e di conseguenza una missione che Dio gli imponeva, la morte, nel 1497 di Giovanni, il figlio primogenito di Ferdinando d'Aragona e d'Isabella di Castiglia, seguita nel 1500 da quella degli altri due eredi più prossimi, Isabella del Portogallo e il principe Miguel, rispettivamente figlia e nipote dei due sovrani spagnoli. Nel 1504 l'eredità spagnola passò così alla loro terzogenita Giovanna e all'arciduca Filippo.
Nel suo corteo trionfale Massimiliano volle festeggiare le scoperte spagnole, "l'impero dalle 1500 isole", come amava definirlo, soprattutto come acquisizione da parte degli Asburgo. In effetti il mantenimento dell'eredità spagnola, superando le rivendicazioni sempre più accese di Ferdinando il Cattolico, creò un asse duraturo tra l'Austria e la Spagna. I collegamenti politici e militari tra i due paesi, divenuti via via sempre più stretti, erano destinati a durare duecento anni e rappresentarono senza dubbio uno dei maggiori successi dell'imperatore in una prospettiva storica mondiale. Massimiliano visse tanto da poter vedere effettivamente realizzata l'unione tra Spagna e Austria, con la successione del nipote Carlo alle corone di Castiglia e di Aragona nel 1516.
Quasi contemporaneamente il doppio matrimonio concordato a Vienna nel 1515 tra i nipoti Ferdinando e Maria con Luigi e Anna d'Ungheria assicurò quello stretto collegamento fra l'Austria, l'Ungheria e la Boemia, che nel 1526 avrebbe portato alla formazione della monarchia danubiana. In questo modo erano state gettate le fondamenta della cosiddetta egemonia asburgica in Europa, che avrebbe resistito per duecento anni: sicuramente qualcosa di diverso rispetto a quanto lo stesso imperatore aveva originariamente progettato.
Rispetto a queste grandi iniziative in politica estera, gli storici del passato, per esempio Ulmann, hanno quasi completamente tralasciato e sottovalutato la riforma amministrativa interna, alla quale Massimiliano si dedicò attivamente per tutto il corso della sua vita, introducendo grandi miglioramenti e lasciando dietro di sé solide realizzazioni. Questo aspetto della sua attività è stato invece studiato a fondo in Austria, già tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, nelle ricerche di Sigmund Adler (1886) e di Thomas Fellner e Heirich Kretschmayr (1907). Da esse emerge come Massimiliano avesse fin dalla prima fase del suo governo respinto pressoché in blocco le influenze borgognone, sebbene noi in ogni momento siamo obbligati dalle fonti, per molteplici aspetti, a tenerne conto. Siamo infatti di fronte a un'attività istituzionale altamente moderna, senza la quale il nuovo grande impero non avrebbe potuto essere governato: un'opera che per la sua particolare accuratezza poté mantenersi nelle sue linee fondamentali fino all'epoca di Maria Teresa. L'imperatore attuò la riforma del Reich in una situazione interna dell'Impero particolarmente difficile: anche per questo la sua attività merita un maggior apprezzamento di quanto abbiano dimostrato storici tedeschi legati alla Prussia, come l'Ulmann e prima di lui Leopold von Ranke. Queste considerazioni sono confermate dalle nuove ricerche sugli atti delle Diete imperiali e dall'edizione in corso dei regesti dei documenti di Massimiliano.
Al di là dei fatti esterni bisogna cercare l'interpretazione storica. È tuttavia assai difficile dare giudizi obiettivi nei confronti di una figura così complessa, sulla quale da secoli è acceso un dibattito molto animato.
Il mio auspicio è che, attraverso precise ricerche sulle fonti, si possa costituire una sicura base di dati di fatto, attraverso la quale colmare, in modo quasi naturale, la distanza tra le diverse interpretazioni. È difficile pensare tuttavia a un appianamento delle posizioni su un tema tanto grande e controverso.

 

 

Hermann Wiesflecker

 

 

 

Bibliografia:

H. Wiesflecker, Kaiser Maximilian I. Das Reich, Österreich und Europa an der Wende zur Neuzeit, voll. 5, Wien-München 1971-1986; Id. Maximilian I. Die Fundamente des Weltreiches, Wien-München 1991; Hispania-Austria. I Re Cattolici, Massimiliano I e gli inizi della Casa d'Austria in Spagna, Catalogo della mostra (Innsbruck, luglio-settembre 1992), Milano 1992; Hispania-Austria. Die Katholischen Könige, Maximilian I. und die Anfänge der Casa de Austria in Spanien, hrgg. von A. Kohler und F. Edelmayer, Wien-München 1993; I. Wiesflecker- Friedhuber, Quellen zur Geschichte Maximilian I. und seiner Zeit, Darmstadt 1996; H. Wiesflecker, Osterreich im Zeitalter Maximilians I, Wien-München, 1999; Ausgewählte Regesten des Kaiserreichs unter Maximilian I., 1493-1519 (= J.F. Böhmer, Regesta Imperii, XIV), bearb. von H. Wiesflecker, M. Hollegger, K. Riedl, I. Wiesflecker-Friedhuber, Wien-Köln, 1990-1996 (in corso di realizzazione, 6 volumi finora pubblicati).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Divus Maximilianus - Una Contea per i Goriziani                             Edizioni della Laguna