Non sempre le domande hanno
una risposta immediata, precisa, esauriente. Alle volte le parole rimangono
mute, sospese ed il vuoto che le circonda è colmato dall'emozione, dai
sentimenti. In questi casi l'unica cosa che si riesce a dire è: "non so perchè è
successo, so solo che è accaduto". Tutto questo capita spesso nella vita, in un
incontro casuale, nell'innamoramento, nel gesto garbato e gentile ed ecco che
quello che sembrava insignificante diventa importante, quello che sembrava
superfluo diventa essenziale.
Tutto ciò accade alle volte anche nell'arte, nella pittura. Io non so dire con
lucidità e distacco perchè da subito mi sono innamorato della pittura di Carlo
Cherubini; quello che posso raccontare è che la prima volta che vidi un suo
quadro ne rimasi affascinato, coinvolto, sedotto. È stato un amore a prima vista
e qualsiasi parola sarebbe stata inutile. Si trattava di un vaso di rose, dai
colori sgargianti e vivaci che di lì a breve sarebbe diventato il mio primo
acquisto. Quei fiori raccontavano una poesia che veniva da lontano; i colori
così intensi, così veri, sembravano uscire dalla tela. Quel fascio di rose
poteva stare ovunque, tra le braccia dell'innamorata, sopra un davanzale di
fronte al mare, dentro un quadro. Confesso che dopo qualche giorno, osservando
quella tela, scrissi una poesia che intitolai Il vaso di rose. Seguirono
anni di ricerche, di approfondimenti; imparai a conoscere sempre più il Maestro,
documentandomi ed ammirando altre sue opere. Scoprii così i rii veneziani, le
ballerine di ispirazione francese, gli scorci di Parigi dove Cherubini trascorse
parte della sua vita, le carovane degli zingari che tanto lo affascinavano
perchè — come amava dire —"cercavano qualcosa che, come lui, non trovavano", i
suoi vasi di rose e di anemoni, i paesaggi.
Del resto, un pittore che a soli diciassette anni partecipò alla sua prima
Biennale veneziana, che decorò il Lidò des Champs Elysées, che fu insignito nel
1930 della Mention Honorable e che ha allestito personali a Parigi, Milano,
Venezia, non poteva non avere una sua collocazione ben precisa nella pittura
Veneta dei primi del Novecento.
Ma quando dall'innamoramento si passa all'amore, il cuore diventa più generoso e
la mente cerca orizzonti nuovi, diversi.
Dovevo fare qualcosa che coinvolgesse anche altre persone, gli amici, gli
sconosciuti, gli uomini di sentimento, gli amanti dell'arte. Dovevo dividere con
altri questo amore per Cherubini. Nasce così questa monografia, che racchiude in
sè una passione vera, profonda.
Il merito però non è soltanto mio, ma va equamente diviso con quelli che sin
dall'inizio di questa bella avventura ho chiamato "i miei due compagni di
cordata"; la professoressa Lorena Gava, docente di storia dell'arte e critico
d'arte e l'amico, mercante d'arte, Michele Rovoletto.
Lei, intelligente e colta, coinvolgente nell'esposizione, racconta la vita prima
con gli occhi, poi con le parole; lui, profondo e competente nello studio e
nella scelta delle opere, fa della onestà e non solo di quella intellettuale, la
sua qualità migliore. È stata una bella squadra compatta ed affiatata. Oggi che
il cerchio azzurro dell'opera del Maestro Carlo Cherubini si chiude in queste
pagine, sono felice ed orgoglioso. Prima di concludere voglio però raccontare un
episodio che non ho mai dimenticato e che fa capire come, alle volte, la
passione, l'entusiasmo, accompagnati da una buona dose di fortuna, premiano il
buon sentire, il buon volere.
Mi trovavo qualche anno fa a Parigi con mia moglie ed una coppia di amici;
avevamo a disposizione tre giorni. Decisi di abbandonare la ricerca di qualche
calamaio, mio hobby preferito a cui dedico, da oltre vent'anni, parte del mio
tempo, per andare in cerca di un quadro di Carlo Cherubini. Avventurarsi a
Parigi, senza una meta precisa, senza punti di riferimento ed andare alla
ricerca di un quadro di Cherubini, è come cercare un ago nel pagliaio. Ricordo
che a quell'affannosa e stancante ricerca dedicai quasi un'intera giornata.
Quando ormai la speranza era svanita e la pazienza dei miei amici era giunta al
limite, entrando in una elegante galleria trovai un dipinto del Maestro, una
gitana che ballava. Il quadro mi apparve abbandonato a sè stesso; la tela era
sporca, non incorniciata e sicuramente si trattava di un'opera di lontana
datazione; la firma però mi sembrava autentica, lo stile ed i colori quelli di
Cherubini ed alla fine, convincendomi dell'autenticità dell'opera, la acquistai.
Ero felice ed il caso volle che quell'acquisto, così a lungo cercato e
desiderato, coincidesse con il giorno del mio compleanno. Rientrato in Italia,
feci pulire la tela e non accontentandomi dell'expertise francese, feci comunque
espertizzare, con successo, l'opera.
Quel quadro oggi mi accompagna ogni giorno e dopo il vaso di rose, il mio primo
acquisto, è, per la storia che sa raccontare, il mio quadro preferito.
Quella gitana, dal mantello damascato e con il seno parzialmente scoperto, non
c'è giorno che non danzi per me, assorta nei suoi pensieri, austera, seducente e
misteriosa, cercando forse nel suo cuore, solo un po' d'amore.