La vicenda artistica e umana di Carlo Cherubini non è di facile comprensione e
si può riassumere in pochi punti: partecipa, a soli diciassette anni, alla sua
prima Biennale, giunge all'apice del successo con la gloriosa esperienza
parigina d'inizio Novecento e termina con il "soliloquio pittorico" del secondo
dopoguerra.
Sebbene sino ad oggi le iniziative per stimolare la riscoperta della sua arte
siano state del tutto assenti, le sue opere sono reperibili costantemente sul
mercato internazionale a dimostrazione dell'amore e dell'interesse per la sua
pittura.
Un innato senso pittorico lo portò a dipingere giovanissimo, sostenuto
favorevolmente dal padre Giuseppe, celebre pittore e decoratore.
Le sue prime opere fanno emergere un'indubbia qualità pittorica, ma evidenziano,
contemporaneamente, un nervosismo tecnico e una forte tensione cromatica; si
coglie in esse tutta l'esuberanza giovanile e il frutto di letture esoteriche.
Una tesi, tuttora viva, sostiene che il padre Giuseppe facilitò la strada, nel
mondo dell'arte, al giovane Carlo. Pur sospettando che le sue prime
esposizioni siano state frutto dell'influenza paterna, più che del reale
valore artistico, è altrettanto vero che questo orientamento mal si concilia con
il successo che Carlo Cherubini ebbe a Parigi negli anni venti. La verità dunque
è che Giuseppe, da buon padre e da artista di grande esperienza, cogliendo le
indubbie qualità del figlio, incitò e facilitò l'espressione artistica di
Carlo.
Arrivato a Parigi, Carlo trova quel palcoscenico e quell'humus culturale che la
condizione di emarginazione provinciale di Venezia, si pensi alle dolorose
vicissitudini di Cà Pesaro e di molti suoi artisti, certo non poteva
concedergli.
La capitale francese in quegli anni era il fervente epicentro culturale mondiale
in cui tutte le tesi e le teorie artistiche trovavano casa ed espressione; in
questo luogo pervaso di modernità e attraversato da ogni avanguardia, sale alla
ribalta artistica Carlo Cherubini, che l'entusiasta critica locale saluta come
il nuovo testimone della grande pittura veneziana, degno erede di Tiziano e
Veronese.
Di contro, Parigi e la cultura francese influenzeranno Carlo Cherubini, tant'è
che la sua pittura rappresenta una splendida sintesi tra il colorismo veneto e
alcune espressioni pittoriche dell'arte francese del XX secolo.
Nei grandi dipinti del "Lido" la figurazione, influenzata dal simbolismo e
dall'allegoria cari a Pierre Puvis de Chavannes, è eseguita su fondi oro di
marciana memoria, mentre nei dipinti di nudo, ballerine e corse all'ippodromo,
s'intravede come Cherubini filtri con sensibilità veneta gli esempi di Pierre
Bonnard e Edgard Degas.
Un capitolo a parte merita la produzione pittorica dedicata al mondo gitano.
Innamorato qual'era del desiderio di libertà di questo popolo, della gioia
di vivere espressa al ritmo di flamengo, Carlo Cherubini resta fedele a questo
soggetto in tutta la sua carriera. Forse, in segreto, nel silenzio del suo
studio, ha sempre sognato di essere come gli zingari che rappresentava e,
dipingendoli, trovava la sua fuga dalla realtà e la gioia della libertà.
In seguito alla grande crisi del '29 e al tracollo finanziario di Parigi, si
interruppe la carriera parigina di Carlo Cherubini e con l'avvento progressivo e
totalizzante delle avanguardie, assistiamo alla sua marginalizzazione dal panorama artistico del
secondo dopoguerra. Nessuno oggi può delegittimare l'affermazione dei vari
Vedova, Afro, Pizzinato, Santomaso ecc. né tantomeno a nulla serve rinverdire
l'assurda disputa tra arte "figurativa" e
arte "astratta". Con molta probabilità, l'oblio attuale sull'opera di Carlo
Cherubini è dovuta a una critica eccessivamente giacobina e modaiola e a una
sorta d'opacità culturale e strategica delle istituzioni.
È mio auspicio che, si possa finalmente rivedere 1'arte veneta del '900 nella
completezza delle sue espressioni e determinare, con obbiettività e giustizia, i
meriti di Carlo Cherubini e di molti artisti della sua generazione
inspiegabilmente ed ingiustamente dimenticati.
Infine, un encomio sincero a coloro che, per quasi due anni, tra difficoltà d'ogni genere, hanno condiviso questo lavoro: all'Avvocato Guido Moro e alla
Professoressa Lorena Gava, grazie di cuore.
Auguro a tutti di poter incontrare persone come loro.