Malcomandati
Mario Troso
STORIA DI
BATTAGLIE DOVE GLI ITALIANI FURONO MALCOMANDATI
DAL 1495 AL 1943
INTRODUZIONE
"Specchiatevi ne' duelli e nei congressi di pochi, quanto gli
Italiani siano superiori con le forze, con la destrezza, con lo ingegno;
ma come si viene agli eserciti non compariscono. E tutto procede dalla
debolezza dei Capi."
(Niccolò Machiavelli)
Gli Italiani nei momenti più critici della loro storia, quando furono
impegnati in grandi azioni di guerra non poterono contare su grandi
generali che sapessero comandare le truppe portandole alla vittoria. A
partire dal 1494, momento dell'invasione francese del re Carlo VIII e
fino all'ultima guerra mondiale, gli Italiani furono quasi sempre mal
comandati proprio quando si trovarono coinvolti in eventi bellici
determinanti per la storia della nazione.
Subito dopo gli eventi seguiti all'invasione francese, gli Italiani
furono consapevoli di questa loro grave insufficienza, che continuò a
peggiorare nei primi anni del '500, consegnandoli al dominio dello
straniero. Soltanto la vittoria delle truppe dell'imperatore Carlo V
nella battaglia di Pavia del 24 febbraio 1525, che portò al predominio
della Spagna in Italia, parve scuoterli e spingerli a trovare un'intesa
tra loro: si unirono infatti nella Lega del 1526, radunarono un esercito
e, consapevoli che senza un abile generale al quale affidarne il comando
ogni speranza di vittoria era vana, cercarono di convincere Ferdinando
d'Avalos marchese di Pescara e generale nell'esercito dell'imperatore
Carlo V ad abbandonare la causa dell'asburghese per assumere il comando
dell'esercito della Lega.
Il tentativo andò a vuoto nonostante al marchese fosse stato offerto
addirittura l'insediamento sul trono di Napoli: l'Italia si avviò così a
subire il predominio della Spagna per secoli.
Questa mancanza di abili generali, soprattutto nella delicata fase di
assestamento nei primi trent'anni del XVI secolo, fu dovuta anche al
fatto che gli Italiani erano influenzati da mode culturali che
compromettevano l'essenziale e risolutivo modo di combattere adottato
invece dagli altri popoli. Il Rinascimento, con il revival
dell'antichità classica, li spingeva infatti ad utilizzare vecchi schemi
e tattiche largamente superate quando invece altre nazioni, immuni da
questo retaggio, erano libere di sperimentare innovazioni stravolgenti.
Queste erano già emerse nelle battaglie con le quali gli Svizzeri
avevano distrutto Carlo il Temerario duca di Borgogna, ma
l'atteggiamento intellettuale impedì ai governanti degli Stati italiani
di riconoscere e adottare le innovazioni in tempo utile. Ai nostri
giorni Prezzolini si domandava: "Rimane il fatto indiscutibile che, in
generale, le guerre condotte dagli Italiani finirono male. Altrettanto
vere sono le prove dell'eroismo e del valore dei soldati italiani presi
individualmente. Come si deve spiegare questa contraddizione?" A suo
tempo Machiavelli l'aveva spiegata con la mancanza di abili comandanti
e, a partire dal 1848, si spiega con la mancanza di un gruppo di
generali costituenti sia uno Stato Maggiore che progettasse e
controllasse le operazioni sia un Comando Supremo che le guidasse sul
campo.
Purtroppo episodi conseguenti a questo malcomando hanno
attribuito agli Italiani la fama di combattenti dotati di scarso valore.
Prima perché non seppero preservare la libertà d'Italia, poi perché
tollerarono per secoli di essere dominati dallo straniero e infine
perché in tempi recenti, in occasione delle guerre d'indipendenza, non
riuscirono a dare chiara dimostrazione del loro valore. Anche quando
rifulse, fu sempre misconosciuto in seguito alla preesistente e radicata
fama, dura a morire. L'ottimo comportamento delle truppe italiane sui
fronti di combattimento nel corso dei primi due anni della prima Guerra
Mondiale 1915-1917 poteva essere considerato
finalmente un valido contributo alla correzione del pregiudizio.
Tanto che Benedetto Croce il 24 settembre 1917 scriveva che l'esercito
italiano "... sta redimendo in modo definitivo il popolo italiano da una
taccia quindici volte secolare." Ma poi nell'ottobre di quell'anno ci
fu Caporetto e la redenzione fu compromessa. Anzi fu confermata la
tradizionale nomea degli Italiani come combattenti di poco conto, poiché
il Comando Supremo aveva diramato bollettini di guerra nei quali la
causa del disastro risultava essere la insufficiente combattività delle
truppe. Per dimostrare la tesi del malcomando abbiamo preso in
esame le seguenti battaglie e i relativi periodi storici.
Fornovo 1495, Italiani contro Francesi: un Comando inesistente
che non riesce a utilizzare la superiorità numerica, la sola che possa
consentire di battere i Francesi, così che la battaglia abbandonata a se
stessa vede i Francesi continuare la marcia quasi indenni mentre agli
Italiani restano tra le mani, a prezzo di molti morti, le loro salmerie.
Agnadello 1509,
Veneziani contro Francesi: un Comando veneziano con troppi
comandanti porta al disastro in seguito a una mossa dissennata che un
graduato modesto, ma attento e giudizioso, avrebbe con tutta probabilità
evitato.
Motta 1513,
Veneziani contro Austro-Germanici e Spagnoli: l'imbecillità del Comando
porta a combattere una battaglia che doveva essere assolutamente evitata
perché metteva povere fanterie di contadini senza adeguato addestramento
di fronte a fanterie professioniste, tra le più preparate in Europa al
combattimento.
Custoza 1848,
Piemontesi contro Austriaci: questa battaglia è frutto della manovra in
una guerra dove il re Carlo Alberto si rivela il più napoleonico e
manovriero tra i nostri generali dell'epoca e quelli successivi fino a
comprendere la seconda Guerra Mondiale. Il re manovra, ma indugia troppo
anche perché non è coadiuvato né da un Desaix, né da un Lannes o un
Davout, ma da personaggi inetti resi ottusi dalla routine della
vita di caserma.
San Martino
1859, Piemontesi contro Austriaci: nulla di più che un pedestre,
ripetuto, valoroso e mal condotto attacco frontale che alla fine riesce
perché i Francesi hanno già vinto la battaglia a Solferino.
Custoza 1866,
Italiani contro Austriaci: il peggio del peggio. Custoza, certamente più
fatale all'Italia della 'fatal Novara'. Se nel '48 il re Carlo Alberto
aveva tenuto testa a Radetzky, nel '66 il Comando oltre che improvvisato
alla meno peggio è anche assolutamente impreparato e praticamente
inesistente. L'esercito italiano perde una battaglia che poteva
largamente vincere e che segna anche il disdoro di comandanti privi di
iniziativa.
Caporetto 1917,
Italiani contro Austro-Germanici: 'Caporetto' è ormai sinonimo di
disfatta catastrofica entrato nel modo di dire degli Italiani e
testimonia il suo tremendo impatto sulla vita della nazione. E'
conseguente alla cecità di un Comando che non sospetta quello che è
invece evidente ai più e che si lascia sorprendere dall'offensiva
austro-germanica in preparazione da tempo.
Seconda Guerra
Mondiale 1940-1943 nel suo insieme, Italiani contro Francesi,
Britannici, Russi, Greci, Jugoslavi e Statunitensi: la dispersione
assunta come dettame per impostare le operazioni militari in netto
contrasto con l'assioma fondamentale della strategia, cioè concentrare.
Disastroso il comando del fante Benito Mussolini, capo del governo,
primo maresciallo dell'impero e comandante supremo di tutte le forze
armate italiane di terra, di mare e di cielo, che non ne azzecca una. Si
accinge anche a snudare invano la spada dell'Islam per entrare da
vincitore in Alessandria d'Egitto come colui che è alla testa di 8
milioni di baionette quando forse potrebbe anche entrarci, senza
baionette, ma con una modesta divisione corazzata di qualche migliaio di
uomini di cui però non dispone perché il suo Stato Maggiore è rimasto
mentalmente, come lui, alla prima Guerra Mondiale.
Per ciascuna battaglia sono state predisposte cartine illustrative.
Malcomandati
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Edizioni della Laguna
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