Beatrice Malusà
Arturo Rietti e le esposizioni triestine
Abstract
This paper focuses on Arturo Rietti and his participation in art exhibitions in Trieste. The study’s point of departure is a review of newspapers from the time, including L’indipendente, Il Piccolo di Trieste, Il Piccolo della sera, Giornale di Trieste and Rivista mensile della città di Trieste. Sources indicate that Rietti first displayed his works in Trieste in 1887, at the “Schollian” art gallery. The following year, having garnered a positive reception from critics and visitors alike, he showed a portrait of singer Sybil Sanderson at Carlo Schimdl’s shop of objects and music scores. Since then he regularly displayed works (at first portraits, later on landscapes) at the “Schollian” gallery in Via del Ponterosso (Trieste). Reportedly, he was among the members of the Circolo Artistico Triestino (Trieste’s Arts Club) and took part in several of its exhibitions between 1889 and 1895, when he “allegedly rejected the third prize, amounting to 100 krones, perhaps out of disappointment for not receiving a more prestigious award”. Local newspapers meticulously followed Rietti’s participation in art exhibitions, both local and non-local. Owing to his ability as portrait painter, Rietti gained great attention in 1933 at an exhibition of female portraits, appropriately entitled “Mostra del ritratto femminile”. In 1936, as reported by Il Piccolo di Trieste, a major show held in the “Galleria del Corso” gallery virtually turned to be a one-man exhibition for Rietti, who displayed a remarkable 25 works. A variety of newspaper clippings, including in-depth analyses of individual works, also focus on his contribution to the “Mostra dell’Ottocento” (Exhibition on the 19th Century), held in 1937 at San Giusto’s Castle in Trieste. Before the artist’s passing, some of his works were presented at the “Michelazzi” art gallery in Via Mazzini 16 (Trieste). In November 1949, six years from Rietti’s death, Trieste paid him tribute with a retrospective exhibition curated by Decio Gioseffi. and hosted by the “Al Corso” gallery.
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Il tema del contributo affrontato nella giornata di studi ha riguardato Arturo Rietti e la sua partecipazione alle mostre triestine. L’argomento è stato analizzato consultando esclusivamente riviste dell’epoca[1] tra cui L’indipendente, Il Piccolo di Trieste, Il Piccolo della sera, il Giornale di Trieste, la Rivista mensile della città di Trieste ed i cataloghi del tempo. Dalle fonti sappiamo che Rietti inizia ad esporre a Trieste, presso la bottega dello Schollian, a partire dal 1887. Da un articolo apparso sulle pagine dell’Adria veniamo a conoscenza che la bottega dello Schollian, fondata dai due fratelli Wendelino e Giuseppe, era “quello che è il negozio del signor Goupil a Parigi, è a Trieste [...] il negozio del Sig. Schollian, al Corso […] s'intende nelle proporzioni in cui stanno le due città"[2]. L’anno successivo, avuto un buon riscontro di pubblico e critica, il pittore triestino presenta nel negozio di oggetti e spartiti musicali di Carlo Schmidl[3], sito nell’odierna Piazza dell’Unità d’Italia, il ritratto della cantante Sybil Sanderson[4]. Da questo momento proporrà, con una certa frequenza, dallo Schollian di Via del Ponterosso inizialmente ritratti e poi paesaggi. Sempre nel giugno 1888, come riportano le pagine de L’Indipendente, Rietti espone tre ritratti a pastello suscitando grande interesse nel pubblico: “Ieri il pubblico si accalcava nel negozio dello Schollian ove sono collocati tre pastelli del geniale artista concittadino. Ogni nuova esposizione è un trionfo per lui. Quello che affascina nelle opere sue è quel fare squisitamente aristocratico che dà loro carattere di alta individualità” [5]. Tra i tre pastelli vi è il ritratto del Signor Leone Segrè[6]. Nel mese di luglio propone invece, sempre da Schollian, una serie di paesaggi[7]. Le riviste lo segnalano tra i componenti del Circolo Artistico nonché tra i partecipanti alle varie esposizioni del Circolo a cominciare dal 1889. Il 1895 si dimostra un anno decisamente importante per Arturo Rietti. Espone alla Mostra della München Secession nella sezione di dipinti ad olio e presenta a Trieste sette opere al Circolo Artistico tra cui il ritratto del Conte Sordina in assetto da scherma[8]. Nel 1895 “sembra abbia rifiutato il terzo premio di cento corone forse deluso per non aver ottenuto un riconoscimento più onorevole”[9]. Dalla lettura delle testate locali si rileva un’attenzione meticolosa nel segnalare la partecipazione dell’artista triestino alle varie esposizioni locali e non. Sempre nello stesso anno vivo apprezzamento suscita il ritratto di Sybil Sanderson già esposto nel 1888. Dalle pagine de Il Piccolo si legge: “ ieri abbiamo avuto la fortuna di poter ammirare, approfittando di una piccola indiscrezione, nel negozio Schmidl, il ritratto a pastello di quella splendida bellezza ch’è la cantante Sonderson, eseguito dal chiaro artista concittadino Rietti. È un’impressione, messa giù semplicemente, si può dire in pochi minuti. La Sonderson cantò qualche tempo addietro due sere allo Schiller, e il pittore, vedutala e rimasto colpito dalla finezza artistica della sua fisionomia, ne fece uno schizzo, ch’è riuscito una meraviglia per la delicata fusione delle tinte, per la sincerità della interpretazione e per la vita che ne spira. In fondo scuro, la testa spicca appena come illuminata da una debole luce, che impasta mirabilmente la carne, ammorbidisce i contorni e dà gentile risalto agli occhi in cui è un raggio dolcissimo. È una impressione soltanto, ma ne traspare vivamente la valentia dell’artista; si comprende com’egli nelle opere debba mettere il più splendente lume dello spirito, come per lui l’arte debba essere ragione d’interminabile amorosissima ricerca. In questo pastello, l’energia del colore è velata dalla dolce ispirazione attinta dal soggetto e da una specie di melanconica armonia che doveva essere, mentre cercava, nell’animo del pittore o che soavemente è diffusa nel quadro. Ed è tale la magia della intonazione, del perfetto equilibrio in tutte le parti, che la figura non pare dipinta, ma intravveduta nella mezz’ombra”[10]. Nel 1896, data in cui nasce la figlia Anatolia, espone sempre da Schollian tre quadri tra i quali si ricorda il ritratto del signor Alberto Minas, “uno splendido studio di nudo. L’erculeo busto del giovane schermidore si presenta così plastico e di una dipintura così semplicemente sincera e franca che, osservandola, se ne riceve l’impressione della vita; e l’interpretazione del gioco dei muscoli la giusta impostazione anatomica di tutte le parti, l’armonia estetica che risulta dal complesso del torace dicono quanto e come il Rietti senta e comprenda il nudo, la di cui espressione costituisce una delle maggiori difficoltà in arte”[11].
Arturo Rietti, La mendicante. Fotografia d’epoca, opera dispersa
Nel 1897 espone nuovamente da Schollian proponendo un dipinto che la critica percepisce fortemente inquietante e al tempo stesso affascinante. Si tratta de La Mendicante “è una testa di vecchia orrida, spelata, bitorzoluta, che mette ribrezzo, ma dipinta con mirabile maestria, con un fare così energico e così vibrato, tanto fresco nel colore che ha tutta la vigoria, la luce del vero”[12].
Arturo Rietti, Ritratto del signor Basilio, Trieste, Civico Museo Revoltella
Nella stessa mostra presenta il Ritratto del Signor Basilio[13] definito “somigliantissimo ma vicino al primo pare freddo e poco espressivo”[14]. Nel 1898 espone, come da consuetudine presso lo Schollian, il ritratto del maestro Barbassetti[15].
Carlo Wostry, Danzatrice Nipponica. Trieste, Fondazione CRTrieste
Con l’inizio del nuovo secolo Rietti propone al pubblico triestino una piccola novità: un quadro a soggetto giapponese che raffigura due bambole vicine ad un vaso[16]. Il Nostro condivide questa passione nipponica con altri due artisti triestini: Carlo Wostry[17] che nel 1912 realizza l’opera Danzatrice giapponese ed Argio Orell[18]. Rietti colleziona un numero limitato di oggetti d’arte nipponica e contestualmente produce un altrettanto ristretto numero di opere con questo soggetto[19]. Fino al 1904 espone con una certa costanza, sempre dallo Schollian, pastelli e schizzi di fanciulla. Nel 1904 Rietti non risulta più residente a Trieste, si trasferisce a Milano dove vi resta, seppur in modo non continuativo, fino al 1935. Partecipa alle grandi mostre del tempo: alla Biennale del 1905, all’Esposizione di Belle Arti di Roma sempre nello stesso anno, nel 1906 è alla LXXVI Esposizione internazionale di Belle Arti, Società Amatori e Cultori di Roma, con ben quindici opere è alla Esposizione universale di Milano. Nel 1910 partecipa alla Biennale di Venezia[20] (IX Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia) con quattro opere presentate nella sala dedicata alla città di Trieste. Dopo una lunga assenza dal panorama espositivo triestino, a partire dal 1924 Rietti torna ad esporre in città presentandosi alle mostre d’arte presso il Giardino Pubblico. Benché dal catalogo della mostra l’artista triestino non appaia all’esposizione, la cronaca del tempo ci permette di capire in modo più approfondito l’accaduto. Ne Il Piccolo della sera, si scrive: “ […] intanto mentre si procede noi allo studio di questo gruppo d’artisti, vengono ad aggiungersi alla mostra le opere arrivate in ritardo e tanto più desiderate d’uno dei nostri maestri più insigni: d’uno dei Maestri del ritratto italiano moderno: Arturo Rietti”[21]. È una mostra dove espongono molti artisti tra i quali Gino de Finetti, Carlo Wostry, Edgardo Sambo, Pietro Lucano, Beppe Ciardi, Italico Brass, Ugo Flumiani, Giuseppe Barison, Glauco Cambon e Argio Orell. Rietti presenta tre opere molto diverse tra loro: un Autoritratto di “assoluta sobrietà nella sua potente focaggine illuminata da un serrarsi di bianchi irti e aggrondanti: è pittoricamente la cosa più nuova che si vegga in questa esposizione, poiché è una forma nuova del chiaroscuro, addensata fino al nero più opaco, rotto dalla luce […]. La figura, così mezza abbuiata suggerisce il suo carattere, la sua concentrazione intensa di volontà di attenzione con una specie di attiva forza che trova nella fierezza e sdegnosità di cotesta visione pittorica il suo incomparabile mezzo di comunicazione”[22]. Vi è un Ritratto di giovinetto caratterizzato da tinte primaverili ed infine una Testa bianca di bambola giapponese. Nel 1926 partecipa all’Esposizione d’Arte del Giardino Pubblico. Come rivela il cronista del tempo (forse Silvio Benco identificabile dall’iniziale del cognome apposto alla fine dell’articolo) il salone principale è dedicato a Gino Parin[23] e ad Arturo Rietti che presenta quattro opere. Vi è uno Studio di donna con gli occhi nell’ombra del cappellino[24] “meraviglioso per incanto di colore”[25]; un Ritratto di donna (non rintracciato); il ritratto realizzato poco più di un decennio prima, nel 1914, di Attilio Hortis (attualmente presso il Civico Museo Revoltella) caratterizzato da quel “pallore che solo il Rietti poteva rendere, con la trasaliente intelligenza irrequieta sempre all’erta sul viso, senza posa, senza teatralità con un finissimo accostamento del carattere per impercettibili movimenti di luce”[26] ed infine il ritratto di Gabriele d’Annunzio[27].
Arturo Rietti, Gabriele D’Annunzio. Collezione privata
Il dipinto, un olio su tela, venne realizzato durante un soggiorno parigino nel 1912, secondo quanto riporta il Benco allorquando il Vate risultava ancora “biondo ed aristocratico”. Volendo soffermarci sulle esposizioni tenutesi al Giardino Pubblico, Rietti si ripresenta al panorama locale presentando il ritratto del Maestro Toscanini (Milano, Museo Teatrale della Scala). Eseguito in una sola ora riassume anni di osservazione e di vagheggiamenti interiori del soggetto. “La pittura rapida, tanto vigorosa quanto precisa, senza una virgola di colore più di quello che la visione comporti, è dono della formidabile tecnica di questo artista e della sua sempre giovane freschezza. […] tutto è da maestro”[28]. Facendo un passo indietro ritorniamo al 1933, anno in cui, vista la sua abilità di ritrattista, partecipa alla Mostra del ritratto femminile. Pochi sono gli articoli rintracciati[29]. Sappiamo che l’esposizione venne organizzata dalla comunità collezionisti d’arte presso gli ambienti della Banca Commerciale di piazza Ponterosso 1. Vi sono ritratti di donne di tutti i tempi. Rietti presenta tre suoi aristocratici pastelli degli inizi del Novecento: il Ritratto della Baronessa Economo (già collezione Demetrio Economo); il Ritratto della Contessa Sardina (già collezione G.B. Sordina, oggi Trieste Civico Museo Revoltella) e il Ritratto della signora Tedeschi[30].
Arturo Rietti, Ritratto della signora Tedeschi. Fotografia d’epoca, RAR
Nel settembre 1936, come riporta Il Piccolo di Trieste, presso la Galleria Trieste[31] si tiene un’importante mostra che sembra essere una piccola personale, in quanto vengono presentate ben 25 opere. L’anonimo cronista la ritiene la mostra più importante che Rietti abbia mai realizzato nella sua città natia, esagerando un po’ la più importante tra quelle che si videro a Trieste all’inizio del secolo[32]. All’artista vengono dedicate tre sale: una solo per la parte grafica (vengono esposti disegni) nelle altre due i ritratti. Pur ammettendo che il Maestro negli anni non si sia preoccupato mai di cambiar pittura gli viene riconosciuta la capacità di “acquistare maggior sapienza e perfezione”.[33]
Argomento di svariati articoli[34], con approfondimenti dedicati alle singole opere, è la Mostra dell’Ottocento tenutasi nel 1937 presso il Castello di San Giusto. È una mostra che vuole indagare l’arte dell’Ottocento a tuttotondo: dal punto di vista pittorico e scultoreo. L’organizzazione della mostra viene affidata, per volere del Comitato dell’estate triestina, ad Edgardo Sambo (al tempo direttore del Civico Museo Revoltella di Trieste), allo scultore Marcello Mascherini e a Oreste Basilio[35] (segretario della Società dei Collezionisti di Trieste). Il tema richiede uno sforzo organizzativo e di allestimento notevole. Si ricorda che nel ’29 era stata organizzata la mostra I nostri nonni e nel 1933 si era tenuta la già citata Mostra del Ritratto femminile. Era necessario ora presentare delle opere inedite, possibilmente non conosciute al grande pubblico. Si pensa di allestire il Castello come se fosse un vero e proprio museo dell’Ottocento con le opere esposte secondo un percorso cronologico. La grande novità espositiva riguarda il sistema di illuminazione delle opere che risulta essere “accorto e discreto e che metterà nella luce più favorevole le opere d’arte anche nell’ora di sera”[36], innovazione importata dalle mostre milanesi. L’esposizione inizia dalla sala Caprin e si protrae, sala dopo sala, dal Romanticismo fino agli artisti contemporanei dove Arturo Rietti trova posto assieme a Veruda, Scomparini, Grunhut, Mayer e Barison.
Arturo Rietti, Ritratto di Eleonora Salem. Fotografia d’epoca, già Collezione Salem
Rietti ripropone un’opera giovanile il Ritratto di vecchia addormentata (già collezione Brunner), il ritratto del Maestro Giordano (attualmente a Milano, Museo Teatrale della Scala [37]), Ritratto di Paolo Enrico Salem e di Eleonora Salem (già collezione Gr. Uff. Enrico Paolo Salem - Podestà di Trieste), il Vecchio carnevale triestino e Donna Mimin Airoldi[38], un grande Autoritratto, un altro Autoritratto (già collezione Comm. Gr. Uff. Michele Sulfina), il ritratto di Giovanni Serlupi (al tempo di proprietà dell’autore). Vengono presentati alla mostra ed esposti in un secondo momento[39], a causa della mancanza di spazio, il Ritratto del principe Troubetzkoy (già collezione Maria Cosulich Francovich) e L’Etiope. Prima della sua scomparsa alcune opere vengono presentate alla Galleria Michelazzi[40] di via Mazzini 16. Sei anni dopo la sua morte, nel novembre 1949, la città di Trieste lo omaggia con una Mostra Retrospettiva[41], curata da Decio Gioseffi, presso la Galleria d’Arte “Al Corso”. Inaugurata sotto gli auspici del Circolo della Cultura e delle Arti, propone un excursus lungo quasi tutta la produzione artistica di Rietti, con opere che vanno dal 1889 al 1936. Giungono in mostra olii, pastelli e disegni provenienti principalmente da collezioni triestine. Sicuramente il gusto del tempo è radicalmente cambiato, ma gli si riconosce comunque una resa ed una capacità esecutiva estremamente alta, degna delle migliori scuole regionali dell’Ottocento italiano. Si continuano a mettere in risalto le sue capacità calligrafiche, di abile luminista, di mirabile uso della policromia apparentemente casuale in realtà assai studiata. Auspicando che l’artista possa essere studiato approfonditamente, magari con una monografia, Gioseffi sottolinea ancora come “Rietti risponde a tante e così diverse esigenze ed è indice indubbio della sua perenne validità”.
[1] Si desidera ringraziare il personale della Biblioteca civica “Attilio Hortis” di Trieste, dei Civici Musei di Storia ed Arte e Museo Revoltella per avermi consentito di consultare i materiali in loro possesso (microfilm, riviste datate, cataloghi d’epoca).
[2] Belle Arti, in "L'Adria", 21 ottobre 1876. Mercante d’arte di grande intelligenza, in breve tempo Adolphe Goupil (1806-1893) inizialmente con l’aiuto del cognato, Joseph Henry Rittner (1802-1840), seppe espandere le sue attività commerciali oltre la natia Francia, aprendo succursali a New York e Londra nel 1841, a Berlino nel 1852, a Vienna nel 1865 e a Bruxelles nel 1866. Stranamente non inaugurò nessuna filiale in Italia, scelta in parte forse condizionata dal fatto che molti artisti si erano trasferiti dal Bel Paese in Francia alla ricerca di nuove influenze artistiche, volenterosi di farsi conoscere e di esporre a Parigi. Tra i molti artisti che riuscirono ad assicurarsi un canale di vendita certa con il mercante Goupil non si possono non citare Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini e Vittorio Corcos. Per un approfondimento relativo alla Maison Goupil e agli artisti che vi esposero cfr. La Maison Goupil: il successo italiano a Parigi negli anni dell'Impressionismo, catalogo della mostra a cura di Paolo Serafini (Rovigo, Palazzo Roverella), Cinisello Balsamo 2013.
[3] Carlo Schmidl nasce a Trieste nel 1859 dall’ungherese direttore d’orchestra, di bande e compositore Anton Schmidl, e già nel 1872 entra come agente e copista di musica nel Fondaco musicale Vicentini a Trieste. Il negozio di musica fondato nel 1813 da Domenico Dal Maschio detto Vicentini, segretario del tenore Matteo Babini, fermatosi stabilmente a Trieste, oltre a rifornire il Teatro di partiture e materiale musicale attraverso una fiorente attività di copisteria, era punto di riferimento per l’acquisto di musiche da parte di tutti i centri del Litorale austriaco, da Gorizia alle cittadine istriane. Esso contribuì ad immettere sul mercato le novità del momento, in prevalenza spartiti e trascrizioni di arie d’opera, e soprattutto le musiche pubblicate dalla casa Ricordi sul cui frontespizio venivano incollate delle etichette a stampa che pubblicizzavano le varie merci reperibili nel negozio Vicentini. A. Dugulin, Il civico museo teatrale “Carlo Schmidl” di Trieste, Trieste 2000.
[4] Soprano di origine statunitense Sybil (1864-1903) si formò e seppe farsi apprezzare principalmente presso i salotti parigini, dove intratteneva i nobili con arie d'opera; il debutto come professionista avvenne il 15 maggio 1889 con il ruolo di Esclarmonde di Massenet. Diventata star dell'Opéra Comique e dell'Opéra Garnier nel repertorio di Massenet e Saint-Saens (che scrisse per lei Phryné), all'estero non ottenne un pari successo, ricevendo critiche tiepide sia alla Royal Opera House di Londra sia al Metropolitan Opera di New York. G. Guida, Cronache e giudizi della stampa sull’arte di Arturo Rietti, in G. Guida, Arturo Rietti, Roma 1946, p.5.
[5] Belle Arti, in “L’Indipendente”, 4 giugno 1888.
[6] Non si è a conoscenza della collocazione dell’opera. Attualmente non si dispongono di fotografie d’epoca che lo raffigurino. Dall’unione di Leone Segrè con Elisabetta Marchioro nacque il senatore Salvatore Segrè Sartorio. (ultima consultazione 27/02/2015).
[7] Anche di queste opere non vi sono documentazioni se non l’articolo Belle Arti, in “Il Piccolo”, 8 luglio 1888.
[8] Arturo Rietti dedicherà una consistente serie di pastelli e di opere pittoriche e disegni (attualmente in collezione privata) al tema della scherma. Nel 1896 aveva realizzato il pastello del maestro Barbassetti (Trieste, Civico Museo Revoltella), agli inizi del ‘900 il pastello raffigurante il Ritratto del Maestro Pini (Trieste, Civico Museo Revoltella), l’olio su tela del Maestro Carlo di Palma (Trieste, Civico Museo Revoltella); un pastello su cartone rappresentante uno Schermidore (collezione privata, cfr. Schermidore, in Arturo Rietti a cura di M. Lorber, Trieste 2008, n. 45 p.161). Essendo lui stesso un abile schermidore e socio della società di scherma, su invito del conte Francesco Sordina realizza il Diploma della società di scherma (Trieste, Civico Museo Revoltella).
[9] Il Piccolo, 24 dicembre 1895, “L’Adria”, 25-26 dicembre 1895.
[10] Un pastello di Rietti, in “Il Piccolo”, 23 settembre 1895.
[11] Belle Arti, in “Il Piccolo”, 2 settembre 1896. Il dipinto verrà nuovamente presentato dallo Schollian nel 1902.
[12] Belle Arti, in “Il Piccolo”, 30 dicembre 1897. Il giudizio viene ribadito nuovamente sulle pagine dell’Indipendente, 1 gennaio 1898.
[13] Dello stesso soggetto vennero realizzati due ritratti, entrambi conservati presso il Civico Museo Revoltella di Trieste. Il primo del 1892 (inv. 4073) e il secondo realizzato nel 1897, come si legge dall’iscrizione presente in basso a sinistra, recante anche la dedicata all’amico ritratto (inv. 4074) cfr. Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan, Vicenza, 2004, p, 271.
[14] Ibidem.
[15] Due Pastelli in Rassegna Artistica, in “L’Indipendente”, 1 gennaio 1898.
[16] Quadri di Arturo Rietti, in “L’Indipendente”, 23 luglio 1900.
[17] Carlo Wostry si appassionò al gusto giapponista in seguito ai numerosi viaggi fatti a Parigi effettuati alla fine del XIX secolo ed anche grazie alla sua collezione di stampe giapponesi. Vedi M. Gardonio, Carlo Wostry, voce in La Collezione d’arte della Fondazione CRTrieste, catalogo a cura di M. Gardonio, Trieste 2012, pp. 106-107.
[18] L. Crusvar, Il Giappone di Argio Orell: una passione tante suggestioni, in Raffinatezza e seduzione Argio Orell pittore triestino (1884-1942), catalogo della mostra a cura di P. Delbello (Trieste, I.R.C.I.), Trieste 2012, pp. 50-66.
[19] La passione per l’arte giapponese nell’opera di Rietti è stata affrontata nell’intervento di Maria Beatrice Giorio nelle giornate di studio. Si rimanda pertanto al suo articolo in Arturo Rietti e il suo tempo, Atti del convegno di studi a centocinquant’anni dalla morte, a cura di Luca Caburlotto ed Enrico Lucchese, Trieste 2015.
[20] Cfr. G. Bianchi, Arturo Rietti alle Biennali di Venezia, in Arturo Rietti e il suo tempo, Atti del convegno di studi a centocinquant’anni dalla morte, a cura di Luca Caburlotto ed Enrico Lucchese, Trieste 2015.
[21] L’Esposizione d’arte al Giardino Pubblico, in “Piccolo della sera”, 20 settembre 1924.
[22] B. L’Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico. Pittori triestini ospiti, in “Il Piccolo della sera”, 24 settembre 1924.
[23] Gino Parin presenta il grande dipinto Conversazione. Cfr B. L’Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico Ritratti e figure, in “Il Piccolo della sera”, 14 settembre 1926.
[24] Non risulta facile identificare esattamente quali siano le opere corrispondenti. Basandomi sul catalogo redatto da Maurizio Lorber per la monografia dedicata all’artista sembra che le opere più vicine, per soggetto e datazione siano: Scheda n. 95 e 142 , in Lorber 2008, p. 170 e p. 228.
[25] B. L’Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico Ritratti e figure, in “Il Piccolo della sera”, 14 settembre 1926.
[26] Ibidem.
[27] Ibidem e M. Lorber 2008, pp. 166-167.
[28] B. Al Giardino Pubblico: tra pittori e scultori, in “Il Piccolo di Trieste”, 16 giugno 1934.
[29] L. Gasperini, La mostra del ritratto femminile a Trieste, in “La Panarie. Rivista d’arte e di cultura della Venezia Giulia”, anno X, n. 57 mag-giu 1933, pp.201-205; G. Cesari, La Mostra del ritratto femminile, in “Rivista mensile della città di Trieste”, A. 6, n. 6 (1933), pp. 127-132.
[30] Fanny Lackenbacher, moglie dell'ingegnere ebreo Moise Mario Tedeschi, fu una delle modelle predilette di Gino Parin. Compare infatti in un grandissimo numero di disegni e olii dell'artista, a partire dal 1911 e fino alla morte prematura della donna, avvenuta nel 1927. Lo stesso soggetto viene presentato dal Rietti che lo interpreta in modo completamente diverso.
[31] Arturo Rietti aveva presentato alla Galleria del Corso nel giugno del 1935 alcune opere. È una mostra dove espongono molti artisti tra cui Irolli, Mancini ed Issupoff cfr. Mancini, Rietti, Irolli, Issupoff ed altri pittori in una riuscita mostra triestina, in 16 giugno 1935.
[32] Una mostra di Arturo Rietti, in “Il Piccolo di Trieste”, 22 settembre 1936; La mostra di Arturo Rietti, in “Il Piccolo di Trieste” 23 settembre 1936.
[33] B. [Benco], Opere di Arturo Rietti, in “Il Piccolo di Trieste” 9 aprile 1936.
[34] La mostra dell’Ottocento si prepara al Castello, in “Il Piccolo di Trieste”, 13 giugno 1937; La mostra dell’Ottocento triestino sta per aprirsi al Castello, in “Il Piccolo di Trieste”, 20 giugno 1937; La mostra dell’Ottocento triestino inaugurata al Castello di San Giusto con una prolusione di Silvio Benco, in Il Piccolo dei Trieste, 26 giugno 1937; Al Castello di San Giusto Curiosità della Mostra dell’Ottocento, in Il Piccolo di Trieste, 28 luglio 1937; G. Cesari, La mostra d’Arte dell’Ottocento triestino, in Rivista mensile della città di Trieste, giugno 1937 pp. 81-90.
[35] Esperto di collezionismo triestino, il Basilio pubblicherà l’articolo: O. Basilio, Saggio di storia del collezionismo triestino, in “Archeografo triestino”, Trieste 1934, pp.157-229.
[36] Ivi, in “Il Piccolo di Trieste”, 20 giugno 1937. La mostra, ad ingresso gratuito, era aperta il mattino dalle 10 alle 12 ed il pomeriggio dalle 18 alle 23.
[37] G. Barigazzi, La Scala racconta, Milano 2001.
[38] Si tratta molto probabilmente del ritratto eseguito nel 1920 e pubblicato in M. Lorber 2008, n. 83 p. 168.
[39] Rassegna di pittura e scultura dell’800 a Trieste, Trieste Castello di San Giusto 1937.
[40] Si rimanda al contributo di F. de Bei, Da Schollian alla Galleria Michelazzi il mercato: il mercato dell’arte a Trieste al tempo di Arturo Rietti, in Arturo Rietti e il suo tempo, Atti del convegno di studi a centocinquant’anni dalla morte, a cura di Luca Caburlotto ed Enrico Lucchese, Trieste 2015.
[41] Mostra Postuma di Arturo Rietti, Galleria d’arte dal Corso, Trieste 1949. Benchè l’artista sia conosciuto a livello nazionale, la stampa locale dà poco risalto a quest’esposizione. Sino ad oggi sono stati rintracciati i seguenti articoli: Inaugurata la Mostra di Arturo Rietti, in “Il Giornale di Trieste”, 23 novembre 1949; La "postuma" alla galleria del Corso- Toscanini parte col ritratto del Rietti, in “Le ultime notizie”, 23 novembre 1949; S. Rutteri, Rietti: un maestro nella pittura triestina, in “Le ultime notizie”, 24 novembre 1949; S. Rutteri, Potenza creativa e vitalità di Arturo Rietti" nella mostra postuma della Galleria Al Corso, in “Vita Nuova”, 26 novembre 1949; La postuma di Rietti, in “Corriere di Trieste”, 26 novembre 1949; Gio. [Gioseffi], Alla mostra retrospettiva del Rietti alla Galleria del Corso. Un maestro del ritratto, in “Il Giornale di Trieste”, 2 dicembre 1949.
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