Emanuela Rizzo

L’ICCD e il sistema di schede per i Beni culturali
 

L’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), è uno dei quattro Istituti Centrali del Ministero per i Beni e le Attività culturali, ed è il punto di riferimento istituzionale, della progettazione ed elaborazione metodologica attinente alla catalogazione del patrimonio storico-artistico italiano.
In poche parole, esso si occupa della definizione degli standards catalografici e della redazione di norme omogenee cioè, riconoscibili dai vari organi, periferici o meno, che si occupano di questioni legate al patrimonio storico-artistico.
La necessità di “catalogare”, ossia di registrare seguendo dei criteri prestabiliti, informazioni di vario genere (anagrafiche, identificative, conservative, storiche, scientifiche, archivistiche, documentarie, amministrative, gestionali), fu avvertita già dagli Stati preunitari, che promossero la composizione di elenchi di opere d’arte, sia pubbliche che private, al fine di combatterne la disseminazione.
In questo contesto, ammirevole fu la ricognizione del patrimonio storico-artistico, principalmente di quello ecclesiastico, avviata dal governo sabaudo tra 1861 e 1866.
In Toscana, la mansione di stilare gli “elenchi” delle opere d’arte ecclesiali, fu affidata all’archivista Carlo Pini e al pittore Ferdinando Rondoni. In queste brevi schede, che oggi costituiscono il fulcro dell’Archivio delle schede storiche dell’Ufficio Catalogo, erano richieste delle informazioni minime ma essenziali, che concernevano la descrizione, il nome dell’autore e l’epoca di esecuzione del Bene in esame
[1].
Quando nel 1881 fu istituito, in seno al Ministero della Pubblica Istruzione, la
Direzione generale delle Antichità e Belle Arti avviò un censimento su scala nazionale con la catalogazione, del patrimonio storico-artistico, al fine di giungere alla compilazione di un Catalogo generale degli oggetti d’arte del Regno.
In Toscana la catalogazione produsse circa 2000 schede, redatte dal Regio Ispettore Guido Carrocci, destinate non solo alla rilevazione delle opere pittoriche o scultorie, ma anche degli arredi liturgici e per la prima volta, delle lapidi e delle iscrizioni, che pur non rientrando nella categoria degli oggetti figurati, furono ritenuti importanti dal punto di vista storico. Inoltre ogni scheda, conteneva una clausola conclusiva con la quale si imponeva al detentore o possessore, oltre ad un’adeguata conservazione, il divieto assoluto di apportare modifiche o di rimuovere l’oggetto senza la previa autorizzazione dell’Amministrazione.
È importante sottolineare come questa clausola segni, un fondamentale progresso verso quella “sensibilità” di conservazione e protezione dei Beni culturali, che sarà oggetto nel 1939 della “riforma Bottai” e conseguentemente della L.1089, legge cardine della tutela delle cose di interesse storico e artistico
[2].
Contemporaneamente alla necessità di catalogazione e successiva tutela del Bene, si avvertì l’esigenza di poter usufruire di un’identificazione visiva dell’oggetto, identificazione data per eccellenza dalla fotografia, mezzo di riproduzione inequivocabile della realtà.
Nel 1906, per custodire il materiale fotografico prodotto, fu istituito il
Gabinetto fotografico della Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze, che risultò essere secondo solo al Gabinetto Fotografico Nazionale che era stato istituito a Roma nel 1892.
Dopo la ventennale interruzione del dopoguerra, accresciutasi e diffusasi la sensibilità verso la protezione storico-artistica, le commissioni ministeriali, si preoccuparono di stabilire una metodologia di catalogazione più rigorosa, con lo scopo di giungere alla redazione di norme omogenee. Venne, pertanto, costituito, nel 1969, l’
Ufficio Centrale per il catalogo, a cui fu affidato il compito di stabilire delle normative uniformi.
Nel 1970, costatata l’inadeguatezza e l’inefficienza delle strutture amministrative preposte alla tutela del patrimonio nazionale, si avvertì l’esigenza di istituire un apposito ministero per i Beni Culturali.
L’11 marzo del 1970 la Commissione Papaldo, delineò i doveri del nuovo ministero: “
provvedere alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e in genere del patrimonio culturale del popolo italiano
[3].
Lo schema Papaldo inoltre, prevedeva anche la soppressione della
Direzione generale delle Antichità e Belle Arti, della Direzione generale delle accademie e biblioteche istituite presso il Ministero della Pubblica Istruzione, e della Direzione generale degli Archivi di Stato istituita presso il Ministero dell’Interno.
Nel 1975, finalmente, fu istituito il
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, e l’Ufficio Centrale per il catalogo, divenne autonomo e mutò la sua denominazione in Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD).
Esso da allora, ai sensi del D.P.R. 13/12/1975 n. 805, “
ha elaborato la metodologia generale per lo sviluppo della catalogazione territoriale e, contemporaneamente, ha promosso e coordinato l’attività esecutiva di catalogazione e di documentazione, costituendo e gestendo il catalogo generale dei beni culturali di interesse archeologico, storico- artistico ed ambientale
[4].
Sempre nel 1975, l’Istituto inglobò il Gabinetto Fotografico Nazionale fondato nel 1892, denominandolo
Fototeca dell’ICCD.
In esso confluirono tutte le competenze dell’ex Gabinetto Fotografico Nazionale compreso il primitivo archivio dei negativi che conteneva le prime foto realizzate dal fondatore l’ing. Giovanni Gargiolli
[5].
Attualmente la
Fototeca del Dipartimento di Storia delle arti, è un ricco archivio di immagini riguardanti monumenti, opere d’arte italiane e straniere, e foto storiche provenienti dai fondi Alinari, Brogi, Anderson…. In esso sono custoditi circa 100.000 esemplari di fotografie originali in bianco/ nero, riproduzioni, diapositive a colori e 400.000 negativi, sia pellicole di plastica sia lastre di vetro[6].
 
Negli anni Novanta, per provvedere ai relativi problemi di conservazione e divulgazione delle varie schede cartacee prodotte nel tempo, l’ICCD ha fatto rientrare nella propria metodologia catalografica, l’informatica.
Le schede cartacee corredate di documentazione fotografica e/o grafica, a seguito di quest’innovazione sono variate secondo delle regole omogenee al fine di garantire la normalizzazione dei paragrafi, e una “nuova” strutturazione dei dati informativi contenuti in esse.
Il progetto della messa a punto di un software che risponda a tali esigenze, ha come obiettivo anche la realizzazione di un linguaggio “universale”, in altre parole un linguaggio che permetta lo scambio e la comunicazione tra i vari organi periferici e centrali indipendentemente dall’hardware e del software adottati dagli stessi.
Seguendo la stessa metodologia, oggi, si sta procedendo anche con un censimento e informatizzazione del materiale fotografico contenuto nella Fototeca, al fine di creare una banca dati con immagini digitalizzate, vale a dire consultabili da chiunque senza compromettere lo stato di conservazione delle stesse.
Il passaggio dal catalogo cartaceo a quello elettronico è stato reso possibile inizialmente grazie al software SAXA e in seguito al DESC e T3.
Attualmente l’ICCD oltre ai software e ai relativi manuali d’uso, distribuisce le normative per la compilazione delle
schede di catalogo, precatalogo, delle schede di inventario e degli Authority file.


Per poter ottenere tali informazioni o per visionare la normativa delle schede si può visionare il sito
http://www.iccd.beniculturali.it/ .


In passato le schede cartacee erano state raggruppate secondo la sequenza metodologica riportata:


ü         “Per Bene mobile si intende la classe di oggetti che generalmente è catalogata mediante schede: RA (reperto archeologico), N (numismatica), E (etnografia), OA (opera d’arte), MI (matrici d’incisione), D (disegni), S (stampe);
 
ü         La classe dei Beni immobili è catalogata mediante schede: A (architettura), PG (parchi e giardini), MA (monumenti archeologici), CA (complessi archeologici), SAS (saggio stratigrafico);
 
ü         La classe dei beni urbanistico- territoriali comprende i Beni normalmente catalogati mediante schede: T (territorio comunale), CS (centro storico), SU (settore urbano), TP (settore extraurbano);
 
ü        La classe dei Beni demo- etnoantropologici è catalogata mediante schede: FKO (folklore- oggetti), FKN (folklore- narrativa), FKM (folklore- musica), FKC (folklore- cerimonie)”[7].


Attualmente i Beni sono stati raggruppati in quattro categorie, seguendo criteri di analogia e logicità, oltre ad una più puntuale identificazione in insiemi d’appartenenza secondo le caratteristiche del Bene stesso.


Beni Mobili


ü         Scheda RA: reperto archeologico
ü         Scheda OA-D: opere e oggetti d'arte
ü         Scheda OAC: opere d’arte contemporanea
ü         Scheda S-MI: stampe e matrici d'incisione
ü         Scheda F: fotografia
ü         Scheda STS: strumenti scientifici
ü         Scheda BDM (FKO): beni demoetnoantropologici materiali
ü         Scheda BDI: beni demoantropologici immateriali
ü         Scheda TMA: tabella di materiale archeologico
ü         Scheda SMO: strumenti musicali - organi
ü         Scheda NU: Numismatica


Beni Immobili


ü        Scheda A: architettura
ü        Scheda PG: parchi e giardini
ü        Schede SU/TP: settore urbano/settore extraurbano
ü        Scheda MA/CA: monumenti e complessi archeologici
 
Beni Urbanistico Territoriali


ü             Scheda SI: sito archeologico
ü             Scheda T: territorio comunale
ü             Scheda CS: centro storico


Archivi


ü         Scheda AUT/BIB: autore/bibliografia


Questo elenco rappresenta la metodologia di classificazione adottata dall’ICCD; le varie tipologie di Bene sono state raggruppate secondo principi di analogia logistica.
Ogni scheda è suddivisa in campi a loro volta ripartiti in paragrafi, cioè sezioni che comprendono informazioni tra loro omogenee, in campi strutturati, aree distribuite in più voci, in sottocampi e in campi semplici.
La strutturazione dei vari modelli è articolata in modo da ottenere per ogni scheda delle informazioni omogenee di tipo: anagrafico, identificativo, conservativo, amministrativo, culturale, tecnico, cronologico, giuridico e documentario.

 

Le voci considerate, possono essere individuabili nei paragrafi delle schede che sono organizzati e denominati nel seguente modo:


ü                 CODICI: in questo paragrafo è possibile rinvenire i dati che permettono di associare il documento cartaceo a quello elettronico;
ü                 GERARCHIA: permette di ottenere le informazioni relative alla posizione dell’oggetto all’interno della struttura gerarchica utilizzata, tramite dei codici univoci od operativi, nella scheda cartacea;
ü                 LOCALIZZAZIONE: informazioni che riguardano sia la collocazione geografico-amministrativa (Stato/ Regione/ Provincia/ Comune/ Frazione/ Località), sia quella specifica (Tipologia/ Qualificazione/ Complesso monumentale di appartenenza/ Denominazione spazio viabilistico…) dell’oggetto;
ü                 UBICAZIONE: indica le relazioni tra oggetto e contenitore architettonico;
ü                ALTRE LOCALIZZAZIONI: indicazioni che riguardano la localizzazione attuale o passata del Bene;
ü                   OGGETTO: informazioni che identificano l’oggetto;
ü                   RAPPORTO: informazioni che riportano le eventuali relazioni che il Bene può avere con altre opere;
ü                   CRONOLOGIA: indicazioni della fascia cronologica di riferimento;
ü                   DEFINIZIONE CULTURALE: informazioni riguardanti gli autori del Bene (nome, indirizzo, dati anagrafici), le aree culturali, le committenze;
ü                 DATI TECNICI: dati spettanti la materia e la tecnica d’esecuzione dell’oggetto;
ü                 CONSERVAZIONE: qualificazione dello stato di integrità o/o leggibilità dell’opera;
ü                RESTAURI: informazioni sugli eventuali interventi di restauro effettuati nell’ultimo secolo;
ü                 DATI ANALITICI: descrizione fisica, tipologica e morfologica dell’oggetto;
ü                 CONDIZIONE GIURIDICA e VINCOLI: indicazioni concernenti l’acquisizione, la condizione giuridica, i provvedimenti di tutela, le alienazioni e le esportazioni;
ü                FONTI e DOCUMENTI DI RIFERIMENTO: eventuali riferimenti a documenti fotografici, bibliografici o archivistici;
ü                 RIFERIMENTO ALTRE SCHEDE: eventuali riferimenti logici e/o analogie con altre schede attinenti con il Bene in esame. Spesso un Bene può essere composto da altri oggetti, e la presente metodologia di catalogazione, oltre ad indicarlo come oggetto complesso, impone di definire il legame che lo lega alle sue componenti. Per esempio un “altare con ancona”, sarà schedato prima nel suo insieme come “unico” oggetto (scheda “madre”) e poi nelle sue parti (schede “figlie”);
ü                COMPILAZIONE: dati riguardanti i compilatori o il funzionario responsabile della campagna di schedatura;
ü                 ANNOTAZIONI: note aggiuntive per le quali non è possibile usufruire dei campi previsti;
Nello specifico, la scheda RA concernente i reperti archeologici, è strutturata nel suo tracciato completo in 19 paragrafi, 43 campi strutturati, da 185 sottocampi e 16 campi semplici. Nel sito dell’Istituto, è disponibile per il download sia la struttura dei dati con la relativa normativa, sia il modello di scheda
[8].
La scheda OA-D che riguarda le opere e gli oggetti d'arte, è suddivisa in 18 paragrafi, 39 campi strutturati, 160 sottocampi e 18 campi semplici. In rete è disponibile per il download la struttura dei dati, la normativa e il modello di scheda
[9].
La scheda S-MI per le stampe e le matrici d'incisione si presenta organizzata in 18 paragrafi, 47 campi strutturati, 194 sottocampi e 27 campi semplici. In rete è disponibile per il download la struttura dei dati, la normativa e il modello di scheda
[10].
La scheda F che riguarda la fotografia è strutturata in 21 paragrafi, 56 campi strutturati, 246 sottocampi e 23 campi semplici. In rete è disponibile per il download la struttura dei dati, la normativa e il modello di scheda
[11].
La scheda STS per gli strumenti scientifici, comprende 21 paragrafi, 37 campi strutturati, 157 sottocampi e 15 campi semplici. In rete è possibile consultare il modello strutturato per l’informatizzazione e la normativa corrispondente ai livelli di catalogo, precatalogo e inventario
[12].
La scheda BDM, l’ex scheda cartacea FKO folklore-oggetti, è dedicata ai Beni demoetnoantropologici materiali. Essa è ripartita in 18 paragrafi, 45 campi strutturati, 194 sottocampi e 27 campi semplici. In rete è possibile consultare il modello strutturato per l’informatizzazione e la normativa corrispondente ai livelli di catalogo, precatalogo e inventario
[13].
La scheda BDI per i Beni demoetnoantropologici immateriali è articolata in 26 paragrafi, 100 campi strutturati, 466 sottocampi e 68 campi semplici. In rete il modello strutturato per l’informatizzazione e la normativa, è stato aggiornato al 9/11/02
[14].
La scheda NU Numismatica è suddivisa in 22 paragrafi, 48 campi strutturati, 242 sottocampi e 28 campi semplici. La presente scheda sostituisce per i soli Beni numismatici, le precedenti schede RA-N e OA-D-N. In rete è possibile consultare la struttura dei dati e la normativa
[15].
La scheda A architettura è strutturata in 29 paragrafi, 50 campi strutturati, 176 sottocampi e 14 campi semplici. In rete è possibile consultare il modello strutturato per l’informatizzazione e la normativa corrispondente ai livelli di catalogo, precatalogo e inventario
[16].
Scheda PG parchi e giardini è articolata in è strutturata in 29 paragrafi, 48 campi strutturati, 160 sottocampi e 14 campi semplici. In rete è possibile consultare il modello strutturato per l’informatizzazione e la normativa corrispondente ai livelli di catalogo, precatalogo e inventario
[17].
Nel 1995 l’ICCD ha rielaborato e scisso la scheda AUT “autore” e la scheda BIB “bibliografia”. Quest’ultima non descrive fisicamente un testo, ma serve per la catalogazione di una citazione relativa da un’opera artistica, archeologica o architettonica. Entrambe le schede sono strutturate in 2 paragrafi, 2 campi strutturati, 3 campi semplici. La scheda AUT ha 13 sottocampi, mentre la scheda BIB ne ha 17
[18].


Per le schede OAC (opere d’arte contemporanea), TMA (tabella di materiale archeologico), SMO (strumenti musicali – organi), SU/TP (settore urbano/settore extraurbano), MA/CA (monumenti e complessi archeologici), SI (sito archeologico), T (territorio comunale), CS (centro storico), il modello strutturato per l’informatizzazione e normativa è in corso di elaborazione.


 Il 14 febbraio del 2002 l’ICCD ha presentato a Roma il
Sistema Informativo Generale del Catalogo (SIGEC), che è un sistema che permetterà di interrelare i vari dati catalografici prodotti in ambito ministeriale e/o dai diversi soggetti istituzionali (Regioni, Enti Locali ed Ecclesiastici,…), al fine di avere una conoscenza “capillare ed esaustiva del territorio
[19].
Il progetto SIGEC, nasce dall’esigenza di recuperare e catalogare, quelle informazioni che riguardano il ricchissimo patrimonio storico-artistico nazionale caratterizzato da beni di inestimabile valore culturale, e ha come scopo la creazione un data base correlato che “
realizzi e gestisca unitariamente funzioni e processi svolti ai diversi livelli della struttura operativa preposta alla catalogazione in ambito istituzionale[20].
La complessità del nostro patrimonio e le problematiche connesse alle indagini necessarie per la sua individuazione, ha indotto l’ICCD a tener conto nella propria metodologia di catalogazione anche delle “
specifiche relazioni che l’oggetto d’arte stabilisce con il contesto, sia in ordine alla funzione normativa e di unificazione dei metodi del catalogare, sia in ordine allo sviluppo degli applicativi informatici per la catalogazione[21].
Slogan dell’operato dell’Istituto è riassunto dalla citazione del bibliotecario e storico dell’arte Giovanni Bottari
[22]
La natura di quest’opera è quasi simile al calendario, che ogni anno si muta[23], infatti, l’atto della catalogazione dei Beni culturali, muta costantemente a causa del continuo incremento sia dei contributi bibliografici delle opere catalogate, sia per le continue revisioni degli stessi dati[24].
L’architettura del Sistema SIGEC è stata articolata in quattro sottoinsiemi tra loro correlati: Alfanumerico, Multimediale, Cartografico, Utente.
Essi, consentono di far acquisire in maniera esauriente l’insieme delle informazioni concernenti i vari Beni, grazie ad una rete di relazioni che collega ed integra tra loro i vari sottoinsiemi.
Il sottoinsieme
Alfanumerico, contiene i dati testuali relativi ai Beni, mentre quello Multimediale, gestisce gli allegati documentari come immagini, audio, video e disegni CAD, e consente di effettuare delle ricerche per immagini.
Il sottoinsieme
Cartografico, permette grazie alla consultazione del materiale cartografico di eseguire ricerche “spaziali” sul territorio, mirate alla localizzazione ed individuazione dei Beni.
Il sottoinsieme
Utente, dedicato ai fruitori, consente l’accesso ai dati catalografici prodotti dall’ICCD. Per ovvi motivi legati alla sicurezza dei dati, sono stati programmati dei canali di accesso specifici che gestiscono una consultazione differenziata a seconda dell’utenza. All’utente generico, sarà acconsentito l’accesso solo ad alcune informazioni, mentre le utenze registrate potranno accedere ad informazioni più dettagliate. L’ICCD è l’unico “utente” che ha l’accesso completo a tutti i livelli
[25].
Al riguardo, S. E. R. Mons. F. Marchisano ha così commentato il Sistema: “
L’era della telematica, dei sistemi in rete, della navigazione in internet sta mettendo a disposizione della società nuovi strumenti, assai innovativi ed in continuo sviluppo, che possono giovare anche nel campo dei Beni culturali. […] Lo strumento informatico ha il compito di rendere evidenti i Beni culturali, cioè farli conoscere, renderli desiderabili, tutelarli giuridicamente, indicarne lo <stato di salute>. Non si tratta infatti di instaurare un sistema virtuale che allontani dal reale, bensì di codificare progressivamente un mezzo che avvicini ad esso rendendolo appetibile, incentivando la curiosità ad incontrarlo, intensificando il senso di appartenenza …la collettività deve ritrovare in essi le espressioni della propria civiltà e spiritualità[26]

 

Emanuela Rizzo

 


Note:

 

[1]  Ufficio Catalogo- Storia, in www.sbas.firenze.it       
 
[2] T. Alibrandi P.G. Ferri, Il diritto dei beni culturali -La protezione del patrimonio storico- artistico, Roma, Nis, 1997, p. 13.
 
[3]  Citato in T. Alibrandi P.G. Ferri, Il diritto… cit. p. 44.
 
[4] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo e precatalogo - Beni artistici e storici Schede OA-D-N , Roma, ICCD, 1992.
 
[5] S. Romano, Istituto centrale per il Catalogo, Gabinetto Fotografico Nazionale: l’organizzazione, un po’ di storia, qualche prospettiva, in S. Lusini (a cura di), “Fototeche e archivi fotografici. Prospettive di sviluppo e indagine delle raccolte”, Prato, Archivio fotografico Toscano, 1996, p. 392.
 
[6]  G. Dalli Regoli, Fototeca, in www.sbas.firenze.it
 
[7] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo… cit. p. 12.
 
[8] M. Ruggieri (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo e precatalogo - Beni archeologici, Reperti mobili, Scheda RA, Roma, ICCD, 1992.
 
[9] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo e precatalogo-Beni artistici e storici, Schede OA-D-N, Roma, ICCD, 1992.
 
[10] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo e precatalogo - Beni artistici e storici Schede S-MI, Roma, ICCD, 1995.
 
[11] M. F. Bonetti (a cura), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo- Beni artistici e storici, Scheda F (prima parte), Roma, ICCD, 1999.
 
[12] M. Berni, A. Di Lorenzo, M Miniati, S. Panella (a cura), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo- Beni storico- scientifici, Scheda STS , Roma, ICCD, 2001.
 
[13] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo- Beni demoetnoantropologici materiali, Scheda BDM, Roma, ICCD, 2000.
 
[14] R. Tucci (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo - Beni demoetnoantropologici immateriali Scheda BDI, Roma, ICCD, 2002.
 
[15] AA. VV., Strutturazione dei dati delle schede di catalogo- Beni Numismatici- Scheda NU, Roma, ICCD, 2003.
 
[16] L. Cavagnaro (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di precatalogo - Beni architettonici e ambientali- Edifici e manufatti, Scheda A, Roma, ICCD, 1992.
 
[17] M. Magnani Cianetti, A. Dinelli, G. Dowgiallo, (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di precatalogo - Beni architettonici e ambientali- Parchi e giardini, Scheda PG, Roma, ICCD, 1994.


[18] M. Lattanzi (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede di catalogo - Archivio controllato Autore/Bibliografia - ICCD 1995.
 
[19] Relazione di M. L. Polichetti, Beni culturali e Innovazione Tecnologica. Il Sistema Informativo Generale del Catalogo: strumento per la conoscenza, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, Roma 14 febbraio 2002.
 
[20] Citato in M. L. Polichetti, Il Sistema Informativo Generale del Catalogo: strumento per la conoscenza, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, in “M.A.F.O.S. comunicazioni”, Roma, ICCD, marzo 2002.
 
[21] Ibidem
 
[22] La seguente citazione è posta a prefazione di un testo settecentesco che descriveva come collezionare le opere d’arte della città di Roma.
Cfr. F. Titi, Descrizione delle pitture, sculture e architetture esposte al pubblico in Roma opera cominciata dall’abate Filippo Titi da Città di Castello con l’aggiunta di quanto è stato fatto fino all’anno presente, Roma, stamperia di Marco Paglierini, 1763, p. 447.
 
[23]  Citato in M. Lattanzi, Il Sistema del Catalogo. Il processo operativo di costituzione, validazione e diffusione del Catalogo Generale dei beni, relazione del seminario: “Fornitori e fruitori di conoscenza: dai dati catalografici alle informazioni sui beni”, Roma, 25 novembre 1999, p. 198.
 
[24] M. Lattanzi, Il Sistema del Catalogo…, cit. p. 198.
 
[25] M. L. Polichetti, Il Sistema Informativo Generale del Catalogo… cit.


[26] S. E. R. Mons. F. Marchisano, intervento al seminario: Beni culturali e Innovazione Tecnologica. Il Sistema Informativo Generale del Catalogo: strumento per la conoscenza, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, Roma Complesso Monumentale del San Michele, 14 febbraio 2002