L’ICCD
e il sistema di schede per i Beni culturali
L’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), è
uno dei quattro Istituti Centrali del Ministero per i Beni e le
Attività culturali, ed è il punto di riferimento istituzionale,
della progettazione ed elaborazione metodologica attinente alla
catalogazione del patrimonio storico-artistico italiano.
In poche parole, esso si occupa della definizione degli standards
catalografici e della redazione di norme omogenee cioè,
riconoscibili dai vari organi, periferici o meno, che si occupano di
questioni legate al patrimonio storico-artistico.
La necessità di “catalogare”, ossia di registrare seguendo dei
criteri prestabiliti, informazioni di vario genere (anagrafiche,
identificative, conservative, storiche, scientifiche, archivistiche,
documentarie, amministrative, gestionali), fu avvertita già dagli
Stati preunitari, che promossero la composizione di elenchi di opere
d’arte, sia pubbliche che private, al fine di combatterne la
disseminazione.
In questo contesto, ammirevole fu la ricognizione del patrimonio
storico-artistico, principalmente di quello ecclesiastico, avviata
dal governo sabaudo tra 1861 e 1866.
In Toscana, la mansione di stilare gli “elenchi” delle opere d’arte
ecclesiali, fu affidata all’archivista Carlo Pini e al pittore
Ferdinando Rondoni. In queste brevi schede, che oggi costituiscono
il fulcro dell’Archivio delle schede storiche dell’Ufficio Catalogo,
erano richieste delle informazioni minime ma essenziali, che
concernevano la descrizione, il nome dell’autore e l’epoca di
esecuzione del Bene in esame[1].
Quando nel 1881 fu istituito, in seno al Ministero della Pubblica
Istruzione, la
Direzione generale delle Antichità e Belle Arti
avviò un censimento su scala nazionale con la catalogazione, del
patrimonio storico-artistico, al fine di giungere alla compilazione
di un Catalogo generale degli
oggetti d’arte del Regno.
In Toscana la catalogazione produsse circa 2000 schede, redatte dal
Regio Ispettore Guido Carrocci, destinate non solo alla rilevazione
delle opere pittoriche o scultorie, ma anche degli arredi liturgici
e per la prima volta, delle lapidi e delle iscrizioni, che pur non
rientrando nella categoria degli oggetti figurati, furono ritenuti
importanti dal punto di vista storico. Inoltre ogni scheda,
conteneva una clausola conclusiva con la quale si imponeva al
detentore o possessore, oltre ad un’adeguata conservazione, il
divieto assoluto di apportare modifiche o di rimuovere l’oggetto
senza la previa autorizzazione dell’Amministrazione.
È importante sottolineare come questa clausola segni, un
fondamentale progresso verso quella “sensibilità” di conservazione e
protezione dei Beni culturali, che sarà oggetto nel 1939 della
“riforma Bottai” e conseguentemente della L.1089, legge cardine
della tutela delle cose di interesse storico e artistico[2].
Contemporaneamente alla necessità di catalogazione e successiva
tutela del Bene, si avvertì l’esigenza di poter usufruire di
un’identificazione visiva dell’oggetto, identificazione data per
eccellenza dalla fotografia, mezzo di riproduzione inequivocabile
della realtà.
Nel 1906, per custodire il materiale fotografico prodotto, fu
istituito il
Gabinetto fotografico
della Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze, che
risultò essere secondo solo al Gabinetto Fotografico Nazionale che
era stato istituito a Roma nel 1892.
Dopo la ventennale interruzione del dopoguerra, accresciutasi e
diffusasi la sensibilità verso la protezione storico-artistica, le
commissioni ministeriali, si preoccuparono di stabilire una
metodologia di catalogazione più rigorosa, con lo scopo di giungere
alla redazione di norme omogenee. Venne, pertanto, costituito, nel
1969, l’Ufficio Centrale per
il catalogo,
a cui fu affidato il compito di stabilire delle normative uniformi.
Nel 1970, costatata l’inadeguatezza e l’inefficienza delle strutture
amministrative preposte alla tutela del patrimonio nazionale, si
avvertì l’esigenza di istituire un apposito ministero per i Beni
Culturali.
L’11 marzo del 1970 la Commissione Papaldo, delineò i doveri del
nuovo ministero: “provvedere
alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e in genere del
patrimonio culturale del popolo italiano”[3].
Lo schema Papaldo inoltre, prevedeva anche la soppressione della
Direzione generale delle Antichità e Belle Arti,
della Direzione generale delle
accademie e biblioteche
istituite presso il Ministero della Pubblica Istruzione, e della
Direzione generale degli
Archivi di Stato
istituita presso il Ministero dell’Interno.
Nel 1975, finalmente, fu istituito il Ministero per i Beni Culturali e
Ambientali,
e l’Ufficio
Centrale per il catalogo,
divenne autonomo e mutò la sua denominazione in Istituto Centrale
per il Catalogo e la Documentazione (ICCD).
Esso da allora, ai sensi del D.P.R. 13/12/1975 n. 805, “ha
elaborato la metodologia generale per lo sviluppo della
catalogazione territoriale e, contemporaneamente, ha promosso e
coordinato l’attività esecutiva di catalogazione e di
documentazione, costituendo e gestendo il catalogo generale dei beni
culturali di interesse archeologico, storico- artistico ed
ambientale”[4].
Sempre nel 1975, l’Istituto inglobò il Gabinetto Fotografico
Nazionale fondato nel 1892, denominandolo Fototeca
dell’ICCD.
In esso confluirono tutte le competenze dell’ex Gabinetto
Fotografico Nazionale compreso il primitivo archivio dei negativi
che conteneva le prime foto realizzate dal fondatore l’ing. Giovanni
Gargiolli[5].
Attualmente la
Fototeca
del Dipartimento di Storia delle arti, è un ricco archivio di
immagini riguardanti monumenti, opere d’arte italiane e straniere, e
foto storiche provenienti dai fondi Alinari, Brogi, Anderson…. In
esso sono custoditi circa 100.000 esemplari di fotografie originali
in bianco/ nero, riproduzioni, diapositive a colori e 400.000
negativi, sia pellicole di plastica sia lastre di vetro[6].
Negli anni Novanta, per provvedere ai relativi problemi di
conservazione e divulgazione delle varie schede cartacee prodotte
nel tempo, l’ICCD ha fatto rientrare nella propria metodologia
catalografica, l’informatica.
Le schede cartacee corredate di documentazione fotografica e/o
grafica, a seguito di quest’innovazione sono variate secondo delle
regole omogenee al fine di garantire la normalizzazione dei
paragrafi, e una “nuova” strutturazione dei dati informativi
contenuti in esse.
Il progetto della messa a punto di un software che risponda a tali
esigenze, ha come obiettivo anche la realizzazione di un linguaggio
“universale”, in altre parole un linguaggio che permetta lo scambio
e la comunicazione tra i vari organi periferici e centrali
indipendentemente dall’hardware e del software adottati dagli
stessi.
Seguendo la stessa metodologia, oggi, si sta procedendo anche con un
censimento e informatizzazione del materiale fotografico contenuto
nella Fototeca, al fine di creare una banca dati con immagini
digitalizzate, vale a dire consultabili da chiunque senza
compromettere lo stato di conservazione delle stesse.
Il passaggio dal catalogo cartaceo a quello elettronico è stato reso
possibile inizialmente grazie al software SAXA e in seguito al DESC
e T3.
Attualmente l’ICCD oltre ai software e ai relativi manuali d’uso,
distribuisce le normative per la compilazione delle
schede di catalogo, precatalogo,
delle schede di inventario
e degli Authority file.
Per poter ottenere tali informazioni o per visionare la normativa
delle schede si può visionare il sito
http://www.iccd.beniculturali.it/
.
In passato le schede cartacee erano state raggruppate secondo la
sequenza metodologica riportata:
ü“Per Bene mobile si intende la
classe di oggetti che generalmente è catalogata mediante schede: RA
(reperto archeologico), N (numismatica), E (etnografia), OA (opera
d’arte), MI (matrici d’incisione), D (disegni), S (stampe);
üLa classe dei Beni immobili è
catalogata mediante schede: A (architettura), PG (parchi e
giardini), MA (monumenti archeologici), CA (complessi archeologici),
SAS (saggio stratigrafico);
üLa classe dei beni
urbanistico- territoriali comprende i Beni normalmente catalogati
mediante schede: T (territorio comunale), CS (centro storico), SU
(settore urbano), TP (settore extraurbano);
üLa classe dei Beni demo-
etnoantropologici è catalogata mediante schede: FKO (folklore-
oggetti), FKN (folklore- narrativa), FKM (folklore- musica), FKC
(folklore- cerimonie)”[7].
Attualmente i Beni sono stati raggruppati in quattro categorie,
seguendo criteri di analogia e logicità, oltre ad una più puntuale
identificazione in insiemi d’appartenenza secondo le caratteristiche
del Bene stesso.
Beni Mobili
ü
Scheda RA: reperto archeologico
ü
Scheda OA-D: opere e oggetti d'arte
ü
Scheda OAC: opere d’arte contemporanea
ü
Scheda S-MI: stampe e matrici d'incisione
ü
Scheda F: fotografia
ü
Scheda STS: strumenti scientifici
ü
Scheda BDM (FKO): beni demoetnoantropologici materiali
ü
Scheda BDI: beni demoantropologici immateriali
ü
Scheda TMA: tabella di materiale archeologico
ü
Scheda SMO: strumenti musicali - organi
ü
Scheda NU: Numismatica
Beni Immobili
ü
Scheda A: architettura
ü
Scheda PG: parchi e giardini
ü
Schede SU/TP: settore urbano/settore extraurbano
ü
Scheda MA/CA: monumenti e complessi archeologici
Beni Urbanistico Territoriali
ü
Scheda SI: sito archeologico
ü
Scheda T: territorio comunale
ü
Scheda CS: centro storico
Archivi
ü
Scheda AUT/BIB: autore/bibliografia
Questo elenco rappresenta la metodologia di classificazione adottata
dall’ICCD; le varie tipologie di Bene sono state raggruppate secondo
principi di analogia logistica.
Ogni scheda è suddivisa in campi a loro volta ripartiti in
paragrafi, cioè sezioni che comprendono informazioni tra loro
omogenee, in campi strutturati, aree distribuite in più voci, in
sottocampi e in campi semplici.
La strutturazione dei vari modelli è articolata in modo da ottenere
per ogni scheda delle informazioni omogenee di tipo: anagrafico,
identificativo, conservativo, amministrativo, culturale, tecnico,
cronologico, giuridico e documentario.
Le voci
considerate, possono essere individuabili nei paragrafi delle schede
che sono organizzati e denominati nel seguente modo:
ü
CODICI: in questo paragrafo è possibile rinvenire i dati che
permettono di associare il documento cartaceo a quello elettronico;
ü
GERARCHIA: permette di ottenere le informazioni relative alla
posizione dell’oggetto all’interno della struttura gerarchica
utilizzata, tramite dei codici univoci od operativi, nella scheda
cartacea;
ü
LOCALIZZAZIONE: informazioni che riguardano sia la collocazione
geografico-amministrativa (Stato/ Regione/ Provincia/ Comune/
Frazione/ Località), sia quella specifica (Tipologia/
Qualificazione/ Complesso monumentale di appartenenza/ Denominazione
spazio viabilistico…) dell’oggetto;
ü
UBICAZIONE: indica le relazioni tra oggetto e contenitore
architettonico;
ü
ALTRE LOCALIZZAZIONI: indicazioni che riguardano la localizzazione
attuale o passata del Bene;
ü
OGGETTO: informazioni che identificano l’oggetto;
ü
RAPPORTO: informazioni che riportano le eventuali relazioni che il
Bene può avere con altre opere;
ü
CRONOLOGIA: indicazioni della fascia cronologica di riferimento;
ü
DEFINIZIONE CULTURALE: informazioni riguardanti gli autori del Bene
(nome, indirizzo, dati anagrafici), le aree culturali, le
committenze;
ü
DATI TECNICI: dati spettanti la materia e la tecnica d’esecuzione
dell’oggetto;
ü
CONSERVAZIONE: qualificazione dello stato di integrità o/o
leggibilità dell’opera;
ü
RESTAURI: informazioni sugli eventuali interventi di restauro
effettuati nell’ultimo secolo;
ü
DATI ANALITICI: descrizione fisica, tipologica e morfologica
dell’oggetto;
ü
CONDIZIONE GIURIDICA e VINCOLI: indicazioni concernenti
l’acquisizione, la condizione giuridica, i provvedimenti di tutela,
le alienazioni e le esportazioni;
ü
FONTI e DOCUMENTI DI RIFERIMENTO: eventuali riferimenti a documenti
fotografici, bibliografici o archivistici;
ü
RIFERIMENTO ALTRE SCHEDE: eventuali riferimenti logici e/o analogie
con altre schede attinenti con il Bene in esame. Spesso un Bene può
essere composto da altri oggetti, e la presente metodologia di
catalogazione, oltre ad indicarlo come oggetto complesso, impone di
definire il legame che lo lega alle sue componenti. Per esempio un
“altare con ancona”, sarà schedato prima nel suo insieme come
“unico” oggetto (scheda “madre”) e poi nelle sue parti (schede
“figlie”);
ü
COMPILAZIONE: dati riguardanti i compilatori o il funzionario
responsabile della campagna di schedatura;
ü
ANNOTAZIONI: note aggiuntive per le quali non è possibile usufruire
dei campi previsti;
Nello specifico, la scheda RA concernente i reperti archeologici, è
strutturata nel suo tracciato completo in 19 paragrafi, 43 campi
strutturati, da 185 sottocampi e 16 campi semplici. Nel sito
dell’Istituto, è disponibile per il download sia la struttura dei
dati con la relativa normativa, sia il modello di scheda[8].
La scheda OA-D che riguarda le opere e gli oggetti d'arte, è
suddivisa in 18 paragrafi, 39 campi strutturati, 160 sottocampi e 18
campi semplici. In rete è disponibile per il download la struttura
dei dati, la normativa e il modello di scheda[9].
La scheda S-MI per le stampe e le matrici d'incisione si presenta
organizzata in 18 paragrafi, 47 campi strutturati, 194 sottocampi e
27 campi semplici. In rete è disponibile per il download la
struttura dei dati, la normativa e il modello di scheda[10].
La scheda F che riguarda la fotografia è strutturata in 21
paragrafi, 56 campi strutturati, 246 sottocampi e 23 campi semplici.
In rete è disponibile per il download la struttura dei dati, la
normativa e il modello di scheda[11].
La scheda STS per gli strumenti scientifici, comprende 21 paragrafi,
37 campi strutturati, 157 sottocampi e 15 campi semplici. In rete è
possibile consultare il modello strutturato per l’informatizzazione
e la normativa corrispondente ai livelli di catalogo, precatalogo e
inventario[12].
La scheda BDM, l’ex scheda cartacea FKO folklore-oggetti, è dedicata
ai Beni demoetnoantropologici materiali. Essa è ripartita in 18
paragrafi, 45 campi strutturati, 194 sottocampi e 27 campi semplici.
In rete è possibile consultare il modello strutturato per
l’informatizzazione e la normativa corrispondente ai livelli di
catalogo, precatalogo e inventario[13].
La scheda BDI per i Beni demoetnoantropologici immateriali è
articolata in 26 paragrafi, 100 campi strutturati, 466 sottocampi e
68 campi semplici. In rete il modello strutturato per
l’informatizzazione e la normativa, è stato aggiornato al 9/11/02[14].
La scheda NU Numismatica è suddivisa in 22 paragrafi, 48 campi
strutturati, 242 sottocampi e 28 campi semplici. La presente scheda
sostituisce per i soli Beni numismatici, le precedenti schede RA-N e
OA-D-N. In rete è possibile consultare la struttura dei dati e la
normativa[15].
La scheda A architettura è strutturata in 29 paragrafi, 50 campi
strutturati, 176 sottocampi e 14 campi semplici. In rete è possibile
consultare il modello strutturato per l’informatizzazione e la
normativa corrispondente ai livelli di catalogo, precatalogo e
inventario[16].
Scheda PG parchi e giardini è articolata in è strutturata in 29
paragrafi, 48 campi strutturati, 160 sottocampi e 14 campi semplici.
In rete è possibile consultare il modello strutturato per
l’informatizzazione e la normativa corrispondente ai livelli di
catalogo, precatalogo e inventario[17].
Nel 1995 l’ICCD ha rielaborato e scisso la scheda AUT “autore” e la
scheda BIB “bibliografia”. Quest’ultima non descrive fisicamente un
testo, ma serve per la catalogazione di una citazione relativa da
un’opera artistica, archeologica o architettonica. Entrambe le
schede sono strutturate in 2 paragrafi, 2 campi strutturati, 3 campi
semplici. La scheda AUT ha 13 sottocampi, mentre la scheda BIB ne ha
17[18].
Per le schede OAC (opere d’arte contemporanea), TMA (tabella di
materiale archeologico), SMO (strumenti musicali – organi), SU/TP
(settore urbano/settore extraurbano), MA/CA (monumenti e complessi
archeologici), SI (sito archeologico), T (territorio comunale), CS
(centro storico), il modello strutturato per l’informatizzazione e
normativa è in corso di elaborazione.
Il 14 febbraio del 2002 l’ICCD ha presentato a Roma il Sistema Informativo Generale del
Catalogo (SIGEC),
che è un sistema che permetterà di interrelare i vari dati
catalografici prodotti in ambito ministeriale e/o dai diversi
soggetti istituzionali (Regioni, Enti Locali ed Ecclesiastici,…), al
fine di avere una conoscenza “capillare
ed esaustiva del territorio”[19].
Il progetto SIGEC, nasce dall’esigenza di recuperare e catalogare,
quelle informazioni che riguardano il ricchissimo patrimonio
storico-artistico nazionale caratterizzato da beni di inestimabile
valore culturale, e ha come scopo la creazione un data base
correlato che “realizzi
e gestisca unitariamente funzioni e processi svolti ai diversi
livelli della struttura operativa preposta alla catalogazione in
ambito istituzionale”[20].
La complessità del nostro patrimonio e le problematiche connesse
alle indagini necessarie per la sua individuazione, ha indotto l’ICCD
a tener conto nella propria metodologia di catalogazione anche delle
“specifiche
relazioni che l’oggetto d’arte stabilisce con il contesto, sia in
ordine alla funzione normativa e di unificazione dei metodi del
catalogare, sia in ordine allo sviluppo degli applicativi
informatici per la catalogazione”[21].
Slogan dell’operato dell’Istituto è riassunto dalla citazione del
bibliotecario e storico dell’arte Giovanni Bottari[22]
“La
natura di quest’opera è quasi simile al calendario, che ogni anno si
muta”[23],
infatti, l’atto della catalogazione dei Beni culturali, muta
costantemente a causa del continuo incremento sia dei contributi
bibliografici delle opere catalogate, sia per le continue revisioni
degli stessi dati[24].
L’architettura del Sistema SIGEC è stata articolata in quattro
sottoinsiemi tra loro correlati: Alfanumerico, Multimediale,
Cartografico, Utente.
Essi, consentono di far acquisire in maniera esauriente l’insieme
delle informazioni concernenti i vari Beni, grazie ad una rete di
relazioni che collega ed integra tra loro i vari sottoinsiemi.
Il sottoinsieme
Alfanumerico,
contiene i dati testuali relativi ai Beni, mentre quello Multimediale,
gestisce gli allegati documentari come immagini, audio, video e
disegni CAD, e consente di effettuare delle ricerche per immagini.
Il sottoinsieme Cartografico,
permette grazie alla consultazione del materiale cartografico di
eseguire ricerche “spaziali” sul territorio, mirate alla
localizzazione ed individuazione dei Beni.
Il sottoinsieme Utente,
dedicato ai fruitori, consente l’accesso ai dati catalografici
prodotti dall’ICCD. Per ovvi motivi legati alla sicurezza dei dati,
sono stati programmati dei canali di accesso specifici che
gestiscono una consultazione differenziata a seconda dell’utenza.
All’utente generico, sarà acconsentito l’accesso solo ad alcune
informazioni, mentre le utenze registrate potranno accedere ad
informazioni più dettagliate. L’ICCD è l’unico “utente” che ha
l’accesso completo a tutti i livelli[25].
Al riguardo, S. E. R. Mons. F. Marchisano ha così commentato il
Sistema: “L’era
della telematica, dei sistemi in rete, della navigazione in internet
sta mettendo a disposizione della società nuovi strumenti, assai
innovativi ed in continuo sviluppo, che possono giovare anche nel
campo dei Beni culturali. […] Lo strumento informatico ha il compito
di rendere evidenti i Beni culturali, cioè farli conoscere, renderli
desiderabili, tutelarli giuridicamente, indicarne lo <stato di
salute>. Non si tratta infatti di instaurare un sistema virtuale che
allontani dal reale, bensì di codificare progressivamente un mezzo
che avvicini ad esso rendendolo appetibile, incentivando la
curiosità ad incontrarlo, intensificando il senso di appartenenza
…la collettività deve ritrovare in essi le espressioni della propria
civiltà e spiritualità”[26]
Emanuela Rizzo
Note:
[1] Ufficio Catalogo- Storia, in
www.sbas.firenze.it
[2] T. Alibrandi P.G. Ferri, Il diritto dei beni culturali -La
protezione del patrimonio storico- artistico, Roma, Nis, 1997,
p. 13.
[3] Citato in T. Alibrandi P.G. Ferri, Il diritto… cit. p.
44.
[4] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede
di catalogo e precatalogo - Beni artistici e storici Schede
OA-D-N , Roma, ICCD, 1992.
[5] S. Romano, Istituto centrale per il Catalogo, Gabinetto
Fotografico Nazionale: l’organizzazione, un po’ di storia,
qualche prospettiva, in S. Lusini (a cura di), “Fototeche e
archivi fotografici. Prospettive di sviluppo e indagine delle
raccolte”, Prato, Archivio fotografico Toscano, 1996, p. 392.
[6] G. Dalli Regoli, Fototeca, in www.sbas.firenze.it
[7] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede
di catalogo… cit. p. 12.
[8] M. Ruggieri (a cura di), Strutturazione dei dati delle
schede di catalogo e precatalogo - Beni archeologici, Reperti
mobili, Scheda RA, Roma, ICCD, 1992.
[9] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede
di catalogo e precatalogo-Beni artistici e storici, Schede
OA-D-N, Roma, ICCD, 1992.
[10] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle
schede di catalogo e precatalogo - Beni artistici e storici
Schede S-MI, Roma, ICCD, 1995.
[11] M. F. Bonetti (a cura), Strutturazione dei dati delle
schede di catalogo- Beni artistici e storici, Scheda F (prima
parte), Roma, ICCD, 1999.
[12] M. Berni, A. Di Lorenzo, M Miniati, S. Panella (a cura),
Strutturazione dei dati delle schede di catalogo- Beni storico-
scientifici, Scheda STS , Roma, ICCD, 2001.
[13] S. Papaldo (a cura di), Strutturazione dei dati delle
schede di catalogo- Beni demoetnoantropologici materiali, Scheda
BDM, Roma, ICCD, 2000.
[14] R. Tucci (a cura di), Strutturazione dei dati delle schede
di catalogo - Beni demoetnoantropologici immateriali Scheda BDI,
Roma, ICCD, 2002.
[15] AA. VV., Strutturazione dei dati delle schede di catalogo-
Beni Numismatici- Scheda NU, Roma, ICCD, 2003.
[16] L. Cavagnaro (a cura di), Strutturazione dei dati delle
schede di precatalogo - Beni architettonici e ambientali-
Edifici e manufatti, Scheda A, Roma, ICCD, 1992.
[17] M. Magnani Cianetti, A. Dinelli, G. Dowgiallo, (a cura di),
Strutturazione dei dati delle schede di precatalogo - Beni
architettonici e ambientali- Parchi e giardini, Scheda PG, Roma,
ICCD, 1994.
[18] M. Lattanzi (a cura di), Strutturazione dei dati delle
schede di catalogo - Archivio controllato Autore/Bibliografia -
ICCD 1995.
[19] Relazione di M. L. Polichetti, Beni culturali e Innovazione
Tecnologica. Il Sistema Informativo Generale del Catalogo:
strumento per la conoscenza, la tutela e la valorizzazione del
patrimonio culturale nazionale, Roma 14 febbraio 2002.
[20] Citato in M. L. Polichetti, Il Sistema Informativo Generale
del Catalogo: strumento per la conoscenza, la tutela e la
valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, in
“M.A.F.O.S. comunicazioni”, Roma, ICCD, marzo 2002.
[21] Ibidem
[22] La seguente citazione è posta a prefazione di un testo
settecentesco che descriveva come collezionare le opere d’arte
della città di Roma.
Cfr. F. Titi, Descrizione delle pitture, sculture e architetture
esposte al pubblico in Roma opera cominciata dall’abate Filippo
Titi da Città di Castello con l’aggiunta di quanto è stato fatto
fino all’anno presente, Roma, stamperia di Marco Paglierini,
1763, p. 447.
[23] Citato in M. Lattanzi, Il Sistema del Catalogo. Il
processo operativo di costituzione, validazione e diffusione del
Catalogo Generale dei beni, relazione del seminario: “Fornitori
e fruitori di conoscenza: dai dati catalografici alle
informazioni sui beni”, Roma, 25 novembre 1999, p. 198.
[24] M. Lattanzi, Il Sistema del Catalogo…, cit. p. 198.
[25] M. L. Polichetti, Il Sistema Informativo Generale del
Catalogo… cit.
[26] S. E. R. Mons. F. Marchisano, intervento al seminario: Beni
culturali e Innovazione Tecnologica. Il Sistema Informativo
Generale del Catalogo: strumento per la conoscenza, la tutela e
la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, Roma
Complesso Monumentale del San Michele, 14 febbraio 2002