Sandro Vacchetti (1889-1976)

                     

 

Sandro Vacchetti nasce il 1 febbraio del 1889 a Carrù, un paesino del cuneese, da Giuseppe Vacchetti e Francesca Beccaria.
Il contesto familiare era ben propenso all'arte; il padre, era stato maestro elementare nel paese per oltre quarant'anni, ed aveva trasmesso l'amore per la musica e la pittura a tutti i suoi otto figli: Ignazio, Margherita, Filippo, Emilio, Giovanna, Angelo, Sandro e Lina.
Sandro ebbe un rapporto molto profondo con il fratello maggiore Ignazio, morto in giovane età, e con la piccola Lina, sua preferita, che frequentemente andava a trovare a Carrù.
Ad appena dodici anni, nel 1901, Sandro lascia Carrù per recarsi a Torino dove da tempo risiedono i suoi fratelli maggiori, Ignazio, Angelo, 'Pippo' ed Emilio, questi ultimi due, studenti all'Accademia Albertina sotto la guida di Giacomo Grosso, che sembra non accogliesse di buon grado la presenza di un terzo Vacchetti ai corsi ordinari, esclamando: «Ma ce n'è ancora un altro?». Questo episodio, sembra, secondo una testimonianza della famiglia induce Sandro ad iscriversi ai corsi serali di disegno e nudo dell'Accademia Albertina, con esiti molto favorevoli.
Nello studio di pittura dei due fratelli, aperto qualche tempo dopo, in corso San Maurizio, Sandro conosce Matteo Oliviero, amico di accademia di Pippo, il quale seguirà il giovane Vacchetti nella sua prima formazione artistica.  

 

 

                       

                                  Fig.1                                                                 Fig. 2

 

Fig. 3


Di questo periodo sono un paio di disegni a matita, dal vero, raffiguranti due ritratti di zingara (figg. 1-2), peraltro molto espressivi ed un piccolo olio ovale, più tardo, firmato e datato 1911, intitolato Pensiero triste (fig. 3).  Già si manifestava la predilezione di Vacchetti per il mondo femminile. La piccola tela, reca su di un lato una poesia dello stesso Sandro, probabilmente dedicata alla sua fidanzata Dorina 'improvvisamentÈ scomparsa.
 
 “Dorma / Torino 1911 / Dorina di addio di giovinezza / una fugge la bellezza / e giovinezza non torna / Più e il tempo che passa / senza l'amore e non / tornerà. / Chi vuol esser lieto sia / del diman non v'è certezza.”
 
In questi stessi anni, sempre a Torino, il giovane artista, insieme al fratello Emilio, realizza una serie di cartelloni e manifesti per la
«Italia Film», anche se la collaborazione di Sandro resta sempre nell'anonimato.
Gli studi di pittura proseguono sotto la guida di Giovanni Guarlotti, del quale diviene l'allievo preferito.
I molti impegni non impedivano comunque a Sandro, appena possibile, di tornare a Carrù e dedicarsi alla pittura degli incantevoli paesaggi della zona. Nel 1913, la morte improvvisa del fratello Angelo, gettò Sandro in un periodo di grande sconforto. Un'occasione di lavoro in America, intorno al 1914, gli consentì di soggiornare a Boston per tre anni, e successivamente, per un breve periodo, a New York.
Durante questa parentesi statunitense, Sandro Vacchetti avrebbe svolto l'attività di illustratore pubblicitario e litografo; secondo Ernesto Billò, il maestro si sarebbe esercitato anche nella realizzazione di prodotti ceramici, piccole figure femminili nude che avrebbero riscosso particolare successo presso i divi cinematografici dell'epoca; ma delle quali non vi è documentazione certa.

Tuttavia il ritrovamento di alcuni disegni e di un dipinto, firmati e datati tutti Sandro Vacchetti - Boston 1916, costituisce un contributo fondamentale e sin qui inedito del suo percorso artistico. È proprio negli anni americani che vengono elaborate le tematiche femminili, riproposte con continuità nei successivi lavori italiani. Richiamato in patria, in seguito gli eventi bellici, il Vacchetti non vi prende però parte.
Nel 1919 a Torino, durante una festa a cui partecipano molti artisti, Sandro conosce Enrico Scavini, proprietario della
«Lenci», affermata manifattura di bambole. Notato il talento e la creatività del giovane, Scavini lo invita a collaborare nella sua fabbrica come decoratore e modellatore di visi, a fianco ad artisti di notevole abilità come Lino Berzoini, Giovanni Riva, Teonesto Deabate e l'illustratore Marcello Dudovich, divenendone direttore artistico nel 1922. Sarà proprio durante gli anni della sua guida che la «Lenci» conoscerà il momento di maggior splendore, scandito dal successo di mostre come quella parigina internazionale di arti decorative industriali moderne del 1925, quella di Monza del 1927 e quella posteriore di due anni, tenuta alla «Gallows Gallery» di Londra, in occasione della quale la rivista «The Studio» pubblica in copertina una Madonna di Sandro Vacchetti.

Fondamentale è il legame affettivo che lega Sandro alla moglie dello Scavini, Elena König, già conosciuta a Torino prima della guerra, e di cui realizzerà un intenso ritratto a olio. L'attività internazionale della «Lenci», consentono a Sandro, tra gli anni venti e trenta, di soggiornare almeno due volte a Parigi.

Di questi viaggi sono testimonianza diversi ritratti di donna tra cui ricordiamo lo splendido pastello Nasin (soggetto ripreso da Elena Scavini per il catalogo della Lenci), un olio di piccolissime dimensioni, un'autentica miniatura, del 1921, intitolato Nina e un Ritratto di donna.

In questo stesso periodo Sandro sposa Amelia Raviola, giovane vedova di guerra, dalla quale avrà Giuseppe. A Torino i due andranno ad abitare in via Cassini 37, in un villa progettata dallo stesso Vacchetti, andata distrutta durante il secondo conflitto mondiale. Nel 1934 Sandro abbandona la direzione della «Lenci» e dà vita ad una propria manifattura ceramica, la Essevi, che trae nome dalle sue iniziali, i cui laboratori hanno sede nell'edificio di via Cassini. Con l'inizio della guerra, l'attività della fabbrica si riduce drasticamente e a seguito dei gravi danni alle strutture e al materiale causati dal bombardamento del novembre 1942, Sandro decide di trasferire quanto ne resta a Carrù, per non cessare del tutto la produzione. Terminato il conflitto mondiale, la «Essevi» riprende a pieno ritmo ed incrementa la produzione e l'esportazione dei suoi prodotti in Europa, nelle Americhe e perfino in Oriente.
Il figlio Beppe, che aveva affiancato Sandro come amministratore dell'azienda paterna, all'inizio degli anni cinquanta viene assunto da una banca e lascia la
«Essevi». Il Vacchetti, ormai sessantenne, decide allora di ritirarsi a Carrù chiudendo, nel 1952, la «Essevi» e dedicandosi a tempo pieno alla pittura, che del resto non aveva mai abbandonato (la domenica pomeriggio era da sempre nella vita di Sandro riservata alla pittura, anche duranti gli intensi anni della produzione della Essevi).
A seguito di una lunga e dolorosa malattia, Sandro Vacchetti muore nel 1976.
A Carrù ancora tutti lo ricordano con la sua inseparabile cassetta dei colori, vestito di un camice bianco e intento a fumare la pipa.
 
Due anni dopo, nella mostra Torino tra le due guerre per la prima volta viene dato il giusto rilievo alla produzione della Lenci e della Essevi, riconoscendo al Vacchetti un ruolo di protagonista.

 


LO STILE
 
Come già scrissi su  Sandro Vacchetti e la Essevi, Ceramiche del Novecento italiano, edito nel 2005 da Paparo Edizioni, ed al cui testo rinvio il lettore per un accurato approfondimento sul tema, risulta compito arduo, tracciare il profilo artistico di un personaggio eclettico come Sandro Vacchetti, la cui intensa attività si estese, dalla pittura alla ceramica. La produzione pittorica di Sandro Vacchetti può dividersi agevolmente in due gruppi tematici principali: quello dei ritratti, il cui linguaggio stilistico è affine a quello utilizzato dall'artista per le realizzazioni ceramiche, e quello dei paesaggi, i quali ritraggono per lo più luoghi familiari al maestro, legati ai ricordi d'infanzia: luoghi dell'anima, filtrati attraverso le emozioni che li rendono ancor più intimi. La pittura 'romantica', è fortemente giocata sulle emozioni, con espliciti rinvii alla pittura impressionista. In tutte le sue opere, prevale un senso di quiete, un'atmosfera sospesa, meditativa.
Un altro aspetto della poetica pittorica di Sandro Vacchetti è la sua concezione dello spazio, che è evidentemente anch'esso rapporto emozionale svincolato dal dato reale, e dunque irrazionale e non quantificabile e sempre aperto a modifiche e alterazioni. Lo spazio per il maestro è soprattutto spazio dell'anima, spazio illimitato, incompiuto, illusione, sensibilissimo gioco pittorico.
 


Maria Grazia Gargiulo
 

 


TESTI DI RIFERIMENTO:
 

Maria Grazia Gargiulo - Sandro Vacchetti e la ESSEVI, Ceramiche del Novecento Italiano. Paparo - Napoli  2005


Fulvio Maria Rosso, Per virtù del fuoco. Uomini e ceramiche del Novecento italiano, Aosta 1983.


Le ceramiche Lenci, gli artisti-i secessionisti, Milano [s.a.]. «Antiquariato», 32, 1982.


Ceramiche Lenci ed Essevi 1927-1947, catalogo della mostra, Torino 1982.

 

Rossana Bossaglia, Arti applicate e decorative, in La metafisica: gli Anni Venti, catalogo della mostra, II, Bologna 1980.


Ernesto Billò, Aria 'd Carù. Vicende, figure, umori, vitalità di un paese tra Langa e pianura, Carrù 1980.

 

Luciano Proverbio, Lenci: le ceramiche 1919-1937, Torino 1979.


Ceramiche italiane 1900-1950, Milano 1978.

 

Rossana Bossaglia, Il decò italiano. Fisionomia dello stile 1925 in Italia. Milano 1975.

 

 

 

 

Sitografia:

 

 

Sandro Vacchetti e la ESSEVI