Storia della "borsa"
Alessandra Doratti
L'uso di questo accessorio si perde nella notte dei tempi
Alla regina Elisabetta d'Inghilterra rimproverano di comparire troppo
spesso, anche in cerimonie ufficiali, con la borsetta fra le mani. È un
accessorio borghese, dicono, che banalizza il look della sovrana. La
quale d'altronde non potrebbe farne senza, oggi, obbligata com'è a star
di continuo in mezzo a generali, ambasciatori, politici, funzionari e
gorilla. Una volta invece la regina aveva sempre attorno le sue dame di
compagnia, con tutto ciò che le poteva occorrere, senza che lei dovesse
portarselo dietro in borsetta. Borsetta, accessorio borghese finché si
vuole, ma indispensabile per chi, come la donna non ha tasche e
taschini. Difatti, anche il re d'Inghilterra, quando indossa il kilt,
sopra il gonnellino si mette lo sporran, il tradizionale borsello dei
montanari scozzesi.
Benché venga considerato un'invenzione dei nostri tempi unisex, il
borsello è antico. Molto antico: come la borsetta del resto. Tutte e due
derivano dalla borsa; che risale addirittura alla preistoria: quando
l'uomo non sapeva né filare né tessere, e doveva adoperare le pelli
degli animali per confezionarsi gli abiti e i relativi accessori. La
parola borsa nel suo significato originario voleva dire appunto pelle di
animale scuoiato.
In breve la storia è questa. L'uomo preistorico notò che, accartocciando
una "pelle" se ne otteneva una "borsa". Comodissima per trasportare le
pietre scheggiate, cioè le armi e gli utensili. Un'idea ottima questa
della borsa, che durò poi sempre, anche quando fu inventato il denaro
che dispensò dall'obbligo di trasportare pietre. Tuttavia la
borsa-borsellino non conobbe subito il meritato successo: perché ad
evitare rischi, la gente il suo denaro preferiva portarselo dietro
nascosto in bocca. Un'abitudine che venne poi riutilizzata; e per secoli
si continuò a mettere in bocca ai defunti l'obolo, la moneta con cui
pagare le spese di viaggio nell'aldilà.
Quando la circolazione monetaria si generalizzò, cominciarono a
diffondersi le borse. E con le borse - figuriamoci se no - i
borseggiatori. Fu proprio per combatterli che, già nell'antichità, si
adottarono vari modelli di borsa. Ne citeremo i tre principali, dal nome
latino, sostanzialmente uguali a quelli che si continuano ad usare
adesso.
La cosiddetta zona, che era una borsa da portare in cintura; la crumena
da portare a tracolla; la manticula da portare in mano. E siccome quest'ultima
può sembrare una borsa abbastanza inefficace contro gli scippi, bisogna
spiegarla. A fronte dei vari tipi di borsa antifurto, erano ovviamente
spuntati vari tipi di borseggiatori, ognuno col suo specifico nome. Il
sector zonarius e il crumeniseca erano dei tagliaborse, col coltello
pronte per tagliare la cintura delle zone o la tracolla delle crumene:
individui tremendi e all'occorrenza sanguinari. Chi teneva più alla vita
che alla borsa preferiva la manticula che era meno pericoloso strappare
di mano dal manticularius o - come diremmo oggi - dallo scippatore.
Furono le donne a trasformare la borsa in un simbolo di eleganza. E così
nacque la borsetta, tipico accessorio dell'abbigliamento femminile. Già
in epoca molto antica c'erano borsette preziose; che gli uomini
regalavano alle loro belle. È ad una di queste borsette che il poeta
Marziale faceva dire: «Quando sarò passata di moda non buttarmi via, te
ne prego, che non mi prenda qualche barbone per metterci gli avanzi e
magari mi faccia dormire col suo cagnaccio».
Purtroppo, anche se non si buttano via, le borsette si autodistruggono,
fatte come sono con materiali deperibili. Delle borsette più antiche non
è rimasto nulla; e quasi nulla anche come documentazione iconografica.
Per avere un'idea delle borsette d'età classica, c'è forse solo il
bassorilievo romano del museo di Avezzano (l'Aquila) che raffigura un
modello incredibilmente attuale. Abbiamo centinaia di raffigurazioni
muliebri d'ogni secolo, eppure fino al tardo Settecento, non si vede una
borsetta in mano a quelle matrone o nobildonne o pulzelle. La borsetta
che si vede alla cintura di qualche dama rinascimentale non era in
realtà che una elemosiniera: un portaspiccioli per le elemosine.
Il fatto può sorprendere per due motivi. Primo, perché in tutte le città
antiche c'era la via o il quartiere dei borsai, che testimonia la
fiorente attività di questi artigiani. Ce n'erano di famosi a Venezia,
Pistoia, Siena, Pisa, che già tenevano testa alla produzione della moda
parigina. Secondo, perché dall'antichità in poi, vennero emanate
un'infinità di suntuarie, contro il lusso, dove le borsette sono spesso
elencate fra le cose proibite: borsette costosissime, con ori, argenti,
gemme e smalti, ovviamente riservate a signore d'alto rango. Perché
allora queste signore non le sfoggiavano anche nei loro ritratti? Un
perché è probabilmente questo.
Nell'educazione antica - delle donne soprattutto - contava molto il
saper gestire con eleganza. Un modo per riuscirvi era di occupare le
mani a far qualcosa di elegante. Nella statua giacente di Paolina
Bonaparte a Villa Borghese, il Canova ha messo in mano alla principessa
un pomo di Venere, ottenendone un gesto pieno di maestà e di grazia.
Pomi del genere (scaramantici, oltretutto) erano usati nel gestire delle
matrone romane. Che vediamo anche ritratte con in mano una sfera d'ambra
profumate o di cristallo rinfrescante; oppure ghirlande o gioielli; il
parasole orientale o il cagnolino da grembo. Per non dire del ventaglio
o del fazzoletto: usatissimi poi sempre, dato che servivano ben più che
a farsi vento o a soffiarsi il naso.
Oltre a ciò una matrona romana aveva da gestire il suo abito: lungo,
ampio, solenne, tutto svolazzi e panneggi. Quante mani avrebbe dovuto
avere per potersi occupare anche della sua borsetta? È per questo che a
portargliela veniva incaricata una cameriera particolare, chiamata
pedissequa perché doveva sempre star dietro alla padrona. Ci si
domanderà che senso avesse possedere borsette magnifiche, per poi darle
da portare alla serva. Lo stesso senso che, nel primo Novecento
obbligava i proprietari di Rolls-Royce o di Isotta-Fraschini a non
guidarle di persona, ma a farle guidare dallo chauffeur. La situazione
rimase più o meno questa fino al Settecento. Un secolo che conobbe una
frenetica vita di società - corti, salotti, teatri - iconograficamente
documentatissima. Eppure anche qui non si riesce a vedere una signora o
una signorina con in mano la borsetta, come se giudicassero sconveniente
portarla. E infatti pare proprio che fosse così. La pedissequa era ormai
scomparsa, ma l'aveva sostituita il cicisbeo o cavalier servente. Questo
per noi incredibile personaggio a metà fra lo spasimante complessato e
lo sciupafemmine, come a Napoli chiamano il dongiovanni. Scriveva il
Goldoni: «Le xe cosse che fa morir de rider dove ghe xe done coi
cavalier serventi. Chi ghe sospira, chi se inzenocia, chi ghe basa la
man».
Ogni dama "di rispetto" non poteva non avere un cicisbeo. Il quale, fra
le sue incombenze, aveva quella appunto di portarle la borsetta. Una
dama che si facesse vedere con la borsetta in mano era come se
dimostrasse di essere un cavalier servente: ne avrebbe sofferto il buon
nome anche del suo signor marito. Più che portare la borsetta, certe
volte il cicisbeo la sostituiva. Si, perché nel Settecento i sarti
avevano già imparato a fornire gli abiti maschili di tasche o saccocce,
che rendevano inutile il borsello adoperato fino allora dagli uomini;
specie durante il Medioevo.
Le tasche di un cicisbeo dovevano sempre contenere non soltanto quegli
ammennicoli che una donna ama avere in borsetta, ma anche moltissimi
altri come ad esempio: stuzzicadenti, tabaccheria, posate, finti nei
(anzi una gerarchia di nei, secondo le ore e le occasioni), ago o
perlomeno spilli (contro gli strappi allo strascico causati dai
pestoni), carnet de bal, due orologi (cavallerescamente con ora diversa,
così da poter scegliere quella più gradita alla dama), pasticche varie,
sali odorosi e, per i deliqui di pragmatica, una boccetta di
fetentissima assafetida. A cavallo fra il Sette e l'Ottocento, com'è
noto le classi sociali vengono rivoluzionate e comincia ad affermarsi la
borghesia. Scompare il cicisbeo, ovviamente. La donna finalmente esce da
sola, in strada e in pubblico. È da questo momento che la borsetta
diventa per lei un accessorio indispensabile; che lei stessa ama portare
e mostrare; come un simbolo di questa sua emancipazione.
Certo non sono le lussuose e magari un po' tronfie borsette delle dame
del tempo che fu. Ma sono romantiche, eleganti e belle; e non di rado
bellissime.
Lo sappiamo, perché delle borsette dall'Ottocento in qua, abbiamo una
documentazione considerevole: iconografica (si pensi solo alle riviste
di moda) e collezionistica (con pezzi d'epoca scampati all'abitudine di
buttare via tutto ciò che non "serve più").
Anche la moda dunque è arte ed anche in antiquariato non si può
continuare ad ignorare la moda come indiscutibile fattore estetico.
Alessandra Doratti