Storia dell'orologio meccanico

 

 

Alessandra Doratti

 

 

 




Allo stesso modo come non si conosce l'inventore della ruota - nonostante l'importanza che al giorno d'oggi si attribuisce alla tecnologia - così non esiste alcuna traccia dell'invenzione del primo orologio meccanico. È probabile che esistano fonti di ricerca ancora sconosciute, ma quelle esaminate finora presentano tutte delle notevoli difficoltà: i primi termini scientifici connessi alla misurazione del tempo tendono a derivare dal vocabolo latino horologium, parola che era stata usata indiscriminatamente per indicare congegni meccanici e non, sicché è generalmente impossibile distinguere le due categorie. L'unica caratteristica che distingua un orologio o una pendula da qualunque altro tipo di macchina è lo scappamento: esso è un congegno che permette all'energia che carica una molla principale, o al peso su cui si esercita la forza di gravità, di "scappare" secondo un ritmo misurabile in accordo con il trascorrere del tempo. Nonostante si sappia che i greci antichi usavano pesi in caduta per azionare ruote dentate e pignoni, non v'è tuttavia la prova che essi conoscessero lo scappamento. A loro volta, i cinesi produssero orologi di tipo idromeccanico, ma anche queste invenzioni non corrispondevano al criterio di uno scappamento puramente meccanico.
Date queste insufficienti conoscenze, si può immaginare che il primo effettivo sviluppo degli orologi meccanici possa essere avvenuto nei monasteri, nel corso dei due o tre secoli precedenti l'Ottocento. Nel cosiddetto "Evo oscuro" i conventi erano gli unici luoghi sufficientemente protetti dalle incursioni, progrediti nello studio e interessati al problema della misurazione del tempo tanto da costituire l'adatto luogo di nascita di una simile invenzione. Ma quanta parte di questo complesso sviluppo sia attribuibile a invenzioni originali dei monaci e invece quanto sia stato ricavato da altre epoche e diverse culture, nessuno è in grado di dirlo.
Un'altra corrente di pensiero ritiene che il primo scappamento realmente meccanico sia stato inventato nella seconda metà del XIII secolo, e le recenti ricerche non solo confermano questa affermazione, ma anche quella che l'Inghilterra, valendosi di artigiani immigrati dal continente, era almeno al livello di tutti gli altri Paesi europei nei primi sviluppi e applicazioni dell'orologio; questa è una tesi che contraddice quanto sostenuto per anni dagli esperti, cioè che i Paesi europei nei quali l'orologio fece la sua prima comparsa siano stati l'Italia e la Germania, da dove si diffusero poi all'estero. Numerosi documenti recanti una data dell'ultimo quarto del XIII secolo danno ora credito a quest'interpretazione.

 


Un antenato che si chiama "tamburina"

Sul piano tecnico era possibile produrre un orologio a molla già nella seconda metà del XV secolo. In realtà poco si sa degli inizi della storia dell'orologio a molla nel periodo anteriore al 1525 circa, quando già in Francia e in Germania si erano costituiti gruppi di artigiani che lavoravano su meccanismi azionati a molle. Le origini dell'orologio a molla pare vadano ricercate in un precedente tipo di misuratore del tempo azionato da una molla, la "tamburina", orologio da tavola a forma di tamburo. I più antichi orologi che ci sono pervenuti, o di cui si ha attualmente conoscenza, hanno casse cosiddette a "tamburo", che costituiscono un riferimento a quei modelli precedenti. Alcuni di questi antichi orologi erano di forma sferica, anche se ormai si ritengono del tutto inventati i racconti tramandati per tradizione circa le capacità inventive di un certo Peter Henlein nel costruire molle e circa i cosiddetti "orologi a uovo di Norimberga". Mentre era relativamente facile dal lato meccanico sostituire con una molla principale i pesi attaccati a un'asta che fungevano da sorgenti di forza, maggiori erano i problemi che si presentavano nel progettare lo scappamento. Ovviamente non si poteva impiegare un pendolo anche se, per quanto possa parere inconcepibile, si eseguirono esperimenti in questa direzione, usando meccanismi collegati a rozze sospensioni cardaniche per mantenerli verticali.
Ciò che occorreva era un bilanciere in grado di esplicare la propria azione in ogni piano, e nei primi orologi a molla si usò una specie di barra foliot, molto simile a quella dei primi orologi.
Si trattava di un congegno estremamente rozzo dal punto di vista della misurazione del tempo, dato che sul foliot di un orologio di grandi dimensioni i pesi potevano essere aggiunti o spostati lungo la barra per regolare il funzionamento, ma ciò era impossibile nel caso dei meccanismi portatili. Un tentativo di superare questo inconveniente va considerato l'adozione di un "regolatore" a setole di porco dal quale il foliot era condizionato... Successivamente il foliot fu sostituito con una solida rotella, senza ricavarne sul momento alcun vantaggio concreto, dato che uno degli svantaggi principali era costituito dall'ineguale trazione esercitata dalle molle principali. Questa difficoltà era già stata superata con l'adozione del conoide; gli orologi a molla più piccoli avevano un congegno chiamato stackfreed, prima che il conoide divenisse di uso comune. Lo stackfreed consisteva in una balestra ricurva che premeva contro una camma a forma di spirale fissata all'asse della molla principale (o albero), in modo da impedire o da favorire l'azione della molla principale, a seconda che questa fosse completamente carica o stesse scaricandosi. Per quanto estremamente ingegnoso, questo congegno non riuscì di grande utilità poiché i suoi effetti correttivi risultarono insufficienti.
Il primo scappamento degli orologi a molla fu il bilanciere; esso continuò a essere prodotto per buona parte dello scorso secolo, tanto era robusto e popolare. Tuttavia la misurazione del tempo non risultava particolarmente accurata neppure quando il bilanciere era coadiuvato da una bilancia a molla a spirale, un'invenzione che per gli orologi a molla ebbe importanza uguale a quella del pendolo per gli orologi a pendolo, e che fu introdotta per la prima volta da Huygens e Hook. Si fecero quindi esperimenti anche con altri tipi di scappamento: tra di essi quelli usati più spesso erano il cilindro e la leva.
Un altro problema che si dovette risolvere nel quadro della produzione degli orologi a molla fu l'effetto che sui loro funzionamenti esercitavano i cambiamenti di posizione. I due più notevoli tentativi in questo senso consisterono nel montare lo scappamento su una gabbia rotante, e i congegni vennero chiamati rispettivamente tourbillon e karrusel. Un'altra difficoltà era costituita dalle variazioni di temperatura dell'ambiente esterno, che inevitabilmente si ripercuotevano sul metallo di cui erano fatti gli orologi, e che provocano soprattutto un'espansione o una contrazione della lunghezza effettiva della molla a spirale del bilanciere, in acciaio. Poiché, in pratica l'esatta regolazione della misurazione veniva eseguita variando questa lunghezza, era evidente la necessità di escogitare un qualche tipo di compensazione, per ovviare a questo inconveniente dovuto a cause naturali. Il problema fu positivamente risolto nel tardo secolo XVIII con il "bilanciere compensato", composto da un anello di lamina bimetallica, sezionato in almeno due punti. Questi due archi del bordo compivano movimenti di espansione e contrazione, così le loro estremità libere si avvicinavano o si allontanavano dal centro della rotella.
Le casse in cui erano collocati gli orologi hanno mutate la loro forma in modo sostanziale nel corso degli anni. I primi quadranti degli orologi a molla erano privi di protezione allo stesso modo dei piccoli orologi dell'epoca; quando poi si introdusse l'uso di ricoprire il quadrante, esso veniva semplicemente perforato in corrispondenza delle cifre per consentire la lettura dell'ora. Agli inizi del XVII secolo comparvero coperture in cristallo di rocca, e talvolta vennero fatte pure intere casse in questo materiale; si adottarono tutte le forme immaginabili, accordando comunque la preferenza agli ovali.
Solo nella seconda metà del XVII secolo la forma rotonda acquistò diffusione universale, o in quello stesso periodo si verificò la comparsa della cosiddetta cassa doppia, che sarebbe poi rimasta in uso fino al XIX secolo. Ideata con il duplice scopo di resistere agli urti e di evitare l'infiltrazione della polvere, essa, come dice il nome, consisteva di due casse separate, l'una incorporata nell'altra. La più interna conteneva il meccanismo e includeva il perno di carica con l'arco attaccato alla catena dell'orologio, e la lunetta a cerniera in cui è incastrato il vetro che ricopre il quadrante. La cassa più esterna è semplicemente fissata aderente a questo complesso.

 


Non trascurabili difficoltà di trasporto

Orologi da camera azionati da pesi, venivano prodotti in Francia, in Germania, in Italia, nonché in Svizzera, dove già alla fine del XIV secolo erano molto noti i prodotti della famiglia Liechti. Questi orologi presentavano tuttavia difficoltà di trasporto e i cosiddetti "orologi da tavolo" per primi soddisfecero le necessità di misuratori del tempo trasportabili. Essi, prototipi di tutti gli orologi azionati da molle, furono anche i primi dotati di una cassa che deliberatamente incorporasse il meccanismo, e le prove di cui disponiamo lasciano supporre che la loro prima comparsa risalga al XV secolo.
Essi possono essere approssimativamente divisi in due gruppi: quelli con quadrante verticale e quelli con quadrante orizzontale; si può dire che i piccoli orologi a molla derivino da questi ultimi. La maggior parte di questi orologi era prodotta in Francia, in Germania e in Italia: Augusta e Norimberga diedero origine a stili propri, e la prima di queste due città divenne famosa per i suoi orologi automatici.
I progressi tecnologici compiuti nel XVI secolo comportarono per la prima volta l'uso regolare dell'ottone nel campo dell'orologeria; e l'impiego di viti al posto dei cunei che fino ad allora erano stati utilizzati per tenere unite le varie parti. Ma nessuna di queste modifiche migliorò la qualità dei misuratori del tempo, e un congegno detto a "bracci incrociati" fu sperimentato in diversi Paesi europei senza grande successo.

 

Alessandra Doratti