Posate, "arnesi" quasi recenti
Quando i signori smisero di mangiare
con le mani
Alessandra Doratti
Fra i pezzi da tavola il coltello, con la sua lama tagliente, è
senz'altro il più antico. Venne utilizzato da solo, come ausilio alle
dita, fino a quando molti secoli più tardi iniziò a diffondersi l'uso
della forchetta. Gli alimenti liquidi venivano raccolti con cucchiai. La
prima prova documentata dell'uso della forchetta ci è data da un
manoscritto miniato del XI secolo, l' Hrabanus Maurus Glossaria di
Montecassino, in cui si vedono due uomini seduti a tavola uno dei quali
regge una forchetta intagliata, l'altro porta una forchetta alla bocca.
La tradizione vuole che sia stata la principessa bizantina andata sposa
al Doge Orseolo II nel 1060, ad introdurre questa raffinatezza a
Venezia. Dopo tale datale forchette figurano negli inventari per la
degustazione di delicatezze quali lo zenzero, la frutta candita, le pere
e le mele cotte.
Benché la forchetta venisse usata in Italia per la pasta fin dal XIV
secolo, molto tempo doveva trascorrere prima che venisse accettata dal
resto dell'Europa. Thomas Coryat, un inglese in visita a Venezia, rimase
fortemente impressionato dai vantaggi che presentava, sul piano
igienico, l'adozione della forchetta. A quanto ci risulta sia Luigi XIV
che la regina Anna d'Inghilterra mangiavano ancora usando le dita. Il
cambiamento avvenne quando mutò il tipo di alimentazione e dalla carne e
dalla selvaggina arrosta, tagliata con il coltello, si passò ad una
dieta comprendente i legumi che potevano essere consumati più
agevolmente usando la forchetta. Un altro fattore che ha favorito tale
cambiamento è costituito dal fatto che, abbandonata l'usanza medievale
di consumare i pasti in comune, in un enorme locale, si incominciò a
preferire riunioni conviviali più ristrette, in sale da pranzo di minori
dimensioni. Dato il numero più ridotto di persone, il padrone di casa
iniziò a provvedere le posate per la sua famiglia e per i suoi ospiti,
mentre in precedenza, ognuno portava a tavola le proprie. Di conseguenza
si iniziarono a produrre servizi di posate assortiti, di fattura
semplificata e standardizzata, cui si accompagnarono più tardi servizi
da tavola in porcellana.
Ulteriori sviluppi si verificarono nel corso del XIX secolo quando la
produzione venne industrializzata, concentrandosi a Sheffield che
eclissò così i fabbricanti di posate di Londra. I servizi assunsero
notevoli proporzioni, con coltelli e forchette di dimensioni diverse per
i vari usi, tipi particolari per il pesce e la frutta, cucchiai per
gelati, palettine per gli asparagi e così via.
La manutenzione delle posate, durante questo periodo, poneva dei
problemi in quanto si trattava di eliminare la ruggine dalle lame dei
coltelli e dai rebbi delle forchette che in seguito a queste continue
operazioni di sfregamento, di affilatura, di lucidatura, si consumavano
ben presto e dovevano essere sostituiti. L'invenzione dell'acciaio
inossidabile, nel 1914, produsse un radicale cambiamento della
situazione poiché permise di realizzare lama e manico in un solo pezzo
eliminando in tal modo la necessità di fabbricare separatamente i manici
che, per tanti secoli, erano stati concepiti come pezzi ornamentali
indipendenti. I manici più elaborati delle posate dell'epoca medioevale
erano quelli dei grandi coltelli usati per tranciare la carne. Infatti,
la cerimonia del taglio della carne costituiva uno dei momenti salienti
del cerimoniale dei banchetti principeschi. In un suo trattato
pubblicato a Venezia nel 1518, Vincenzo Cervio procede ad un raffronto
tra il sistema usato in Italia per il taglio delle carni e quello dei
paesi a nord delle Alpi e spiega come i diversi metodi influenzino la
forma degli arnesi usati. L'autore fornisce consigli sul modo di
eseguire elegantemente ed efficacemente l'operazione senza tagliarsi le
dita né toccare la carne.
Molte tra le antiche posate hanno origine burgunda. I Duchi di Borgogna
attribuivano un'enorme importanza al fasto delle loro dimore che erano
le meglio organizzate e le più ricche d'Europa. Le carni vi venivano
servite secondo un rituale di sapore quasi liturgico descritto da
Olivier de la Marche in un trattato su suggerimento di Edoardo IV
d'Inghilterra che lo adottò poi come modello per il cerimoniale di
corte. In seguito alla rivoluzione delle abitudini alimentari avvenuta
alla metà del XVII secolo, il ruolo dell'addetto al taglio della carne
perde molto del suo significato nel contesto del cerimoniale, i suoi
coltelli si adeguano al design delle normali posate di serie e non si
distaccano più dagli altri pezzi per il carattere particolarmente
riservato. Mentre la forma di base del coltello da tavola individuale,
con lama smussata da un lato, più o meno appuntito e con manico separato
non muta, il manico si adegua agli stili e ai temi del tempo. Un
cambiamento si produce quando viene introdotta la forchetta: la lama si
fa più arrotondata e meno appuntita in quanto il coltello non deve più
assolvere una duplice funzione e la forchetta viene fatta en suite
con il coltello. Il solo cambiamento nel design della forchetta è dato
dal numero dei rebbi che varia secondo la moda dei tempi.
Ci sono esemplari medioevali che recano iscrizioni con preghiere e
precetti morali, ornati con le effigi dei santi popolari, come Santa
Caterina e Santa Barbara, altri lavorati a niello e decorati con scene
dell'Antico Testamento, alcuni del Cinquecento italiano sono ornati con
strumenti musicali. Molti esemplari inglesi esprimono sentimenti
patriottici, su alcuni coltelli e forchette sono raffigurati sovrani. La
versione tedesca di questi esemplari figurativi è rappresentata da copie
di minatori sassoni e fusioni in argento dorato incise con figure. Lo
stile rococò è rappresentato da posate con manici in porcellana e in
ceramica, alcuni con decorazioni a chinoiserie. Tutte le posate
sono state interpretate sempre con una gran varietà di materiali:
avorio, corno, osso e tartaruga, giaietto e ambra, legno, vetro;
cristallo di rocca e agata, talvolta usati insieme con inserti di
metallo damascati o arricchiti da incisioni o ornamenti a sbalzo.
Dalla necessità di produrre suppellettili personali deriva la
consuetudine secondo cui il fidanzato offriva alla promessa sposa, come
dono di nozze una coppia di coltelli. Questi rappresentavano la massima
perfezione raggiunta in quel tempo. Venivano conservati in foderi, con
cinghie per appenderli alla cinta, come le chatelaines del XVIII
secolo, tal volta con una piccola borsa. Occasionalmente erano decorati
con soggetti riferentisi a matrimonio: i manici di due esemplari
olandesi del XVI secolo recano incise l'Educazione di Cupido e
Tortore con becchi ravvicinati. Talvolta il secondo coltello è stato
trasformato in forchetta. In Olanda l'uso di offrire e ricevere questi
coltelli si è conservato fino alla fine del XVII secolo. Durante il XIX
secolo la consuetudine è sparita ed stata ripresa quella per i servizi
da regalo. Non sorprende il fatto che sui coltelli e sulle forchette
ricorrano, di frequente, temi di caccia: si tratta talvolta della dea
Diana ma più sovente, di cacciatori e di cani, di cinghiali e di cervi.
Usi estremamente civili conferivano un tocco di raffinatezza alla
prosaica funzione del mangiare.
Alessandra Doratti
ne del genio architettonico di Mario Botta, deve aver vissuto lo
sgombero della mostra come una vera, propria e liberatoria evacuazione.