Giuliano Confalonieri
PITTORI DEL SEICENTO RICCI – RENI – EL GRECO
Beatrice Cenci di Guido Reni
Sebastiano Ricci (Belluno 1659/Venezia 1734). Si traferì a Bologna al servizio del duca Ranuccio che lo inviò a Roma per studiare la decorazione barocca. Nel 1694 si recò in Lombardia per realizzare opere a Pavia e Milano. Rientrato nel Veneto, grazie alle esperienze variegate, si staccò dalla cultura locale in seguito grazie alle molteplici esperienze. Le opere dell’ultimo decennio del Seicento: il soffitto con la Caduta di Fetonte e le tele con le Storie di Ercole a Belluno, il soffitto con l’Ascensione inviata a Roma per la chiesa dei Santi Apostoli e i dipinti per Santa Giustina a Padova. Si orientò poi verso lo stile tipico del Veronese che contribuì al rinnovamento della pittura lagunare, evidenziato nei soffitti di San Marciale a Venezia, nella decorazione di Palazzo Marucelli, di una saletta di Palazzo Pitti a Firenze, nella pala con la Madonna in trono e nove santi di San Giorgio Maggiore a Venezia. Intanto iniziò la collaborazione con il nipote Marco, che eseguiva fondi di paesaggio per lo zio: una collaborazione continuata in Inghilterra. Negli anni seguenti dalla corte di Torino, ricevette l’incarico di dipingere tele per il Palazzo Reale, per il Castello di Rivoli e per la Basilica di Superga.
Guido Reni (Bologna 1575/1642). A vent’anni entrò all’Accademia dei Carracci dove si dedicò allo studio dell'arte antica e di quella di Raffaello. Oltre a continuare a collaborare con l’Accademia, fu influenzato dalle novità rivoluzionarie del Caravaggio, il cui influsso è evidente nella tela con la Crocefissione di san Pietro dipinta per la chiesa di San Paolo alle Tre Fontane. Tornato a Roma, continuò ad assolvere commissioni di prestigio, come gli affreschi in Vaticano e al Quirinale. Quando l’artista era impegnato nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore assorbì il sapore del mondo antico e rinascimentale espresso nella Strage degli innocenti e con l’Aurora. Nuovi sentimenti e nuovi interessi gli suggerirono la Pietà di Santa Maria dei Mendicanti, la favola profana delle Fatiche d’Ercole dipinte per il duca di Mantova, il Cristo al Calvario fino ai capolavori degli ultimi anni, quando la sua pittura tende ad accordarsi con intonazioni più raffinate: Adorazione dei pastori , Cleopatra.
El Greco (Dominikos Theotokopoulos (Creta 1541/Toledo 1614). Pittore e scultore, maestro d’arte dopo il periodo di apprendistato, aprì una bottega a Roma, poi si trasferì a Toledo dove soggiornò fino alla morte. Era convinto – nel suo lavoro creativo – che l’oscurità favorisse la riflessione perché la luce del giorno disturbava la luce interiore. Agognava ai titolo di ‘pittore di Corte’, un sogno mai avveratosi per incomprensioni con il re Filippo. Ciononostante la fama della sua bottega crebbero tanto da farlo annoverare come uno degli uomini più grandi sia all’interno del regno che fuori. Sembra avesse un tenore di vita abbastanza elevato – spesso ingaggiava musicisti che ascoltarli mentre pranzava – e pare che il suo unico figlio avuto da una compagna spagnola lo seguisse nella professione imitandone lo stile dopo avere ereditato la bottega. Morì un mese dopo essersi ammalato gravemente, è sepolto nella Chiesa di San Domenico di Antigua.
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