Parin Gino - Federick Guglielmo Jehuda Pollack(Trieste 25 agosto 1876 – Bergen Belsen 9 giugno 1944)
Walter Abrami
Figlio di Ludovico Pollack e di Berta Glass. “Mingherlino, il viso scarno e nervoso aculeato in una barbetta grigia, il cappello acconciato con tocco spavaldo, alla moschettiera, girottolava per le vie della città, punto guardingo. Correvano tempi pericolosi, e a incontrarlo così poco circospetto, trattenuto, davvero che faceva balzare il cuore” da Gino Parin – Pittore Illuminato sta in: “Il Nostro Avvenire” 3 giugno 1945. Fu più giovane di Veruda di otto anni, ma la sua formazione è meno tumultuosa e più lenta: egli pare più riflessivo agli esordi e più irruento con il passar degli anni; come Veruda anche il Parin del primo periodo presenta la maniera nera (classicheggiante), naturale retaggio dell’Accademia tedesca (retaggi Rosa e Nero, L’antiquario) [Remigio Marini]. “Il realismo fotografico di Lenbach, nonché la carica sensuale del linguaggio pittorico di Franz von Stuck suggestionano in questo periodo la ritrattistica di Parin. Seppe cogliere e fondere la pittura realistica e appariscente di Lenbach e quella decorativistica di von Marées. Dal 1893 al 1895 studiò a Trieste nell’Istituto Industriale per Capi d’Arte dove fu allievo di Eugenio Scomparini. Forse lo pseudonimo (nome d’arte) Parin fu desunto da Scomparini il cognome del suo primo maestro. “…la sua spontaneità rimane meravigliosa. Chi non ricorda l’atavica malinconia, il suggestivo languore, il volto gentile ed enigmatico e nello stesso tempo, di una sua esimia e colta ispiratrice? Scarno, nervoso, mingherlino con la sua barbetta grigia ad aculeo, cappello a cencio e un pizzico di moschettiera spavalderia: alquanto circospetto, ma sempre buono, cortese; mai orgoglioso ma di solito vivace, elegante, svelto e pronto alla risposta arguta”. …Ardito, sempre animato dalla sua interiori idealità, grande signore alla severa ricerca di mezzi più perfetti e di risultati più elevati (sta in: “Giornale Alleato” 1946 ?, G.M. Campitelli). Nel 1895 poté vedere alla prima Biennale di Venezia i migliori pittori europei del momento. Dal 1897, dopo due anni di permanenza nella città svizzera, risulta cittadino svizzero, ticinese. Durante il periodo monacense assume la cittadinanza svizzera (?). “Parin negli anni fecondi di permanenza a Monaco di Baviera e proprio per le sollecitazioni dell’ambiente, dispiega, oltre a quella pittorica, anche un’intensa attività grafica come illustratore di riviste. Nella Monaco degli inizi del secolo, su “Jugend” e “Simplicissimus” dettavano legge, in un certo senso, O. Ekmann e T. Heine, che sapientemente rilanciavano in area tedesca il linguaggio della grafica inglese, specialmente l’essenzialità del segno, la bilanciata composizione di linee e superfici (in un ritmo di chiara origine giapponese) dello "stile Beardsley"?. A questo soprattutto guarda Parin dopo un’iniziale adesione (1898) alla moda della pittura vascolare greca e quindi (1900 -. 1905) all’iconografia (diavoli, fauni, guerrieri) e al pittoricismo Jugendstill di v. Stuck, senza contare diversi spunti da Munch (specie nelle solitarie figure femminili), Ensor e Rops. Attorno al 1904 da quando cioè partecipa anche alle esposizioni del “Hagenbund” di Vienna, Parin risente pure di certe sigle e caratteristiche della grafica viennese (il reticolo a quadretti, la semplificazione lineare delle forme, il ritmo lento delle curve), in cui operava la lezione della Scuola di Glasgow e che facilmente evolve, come esemplifica proprio la tempera Donna con gatto, verso aspetti di stilizzazione gia Decò. Con il ritorno a Trieste, dopo la fine della prima guerra mondiale, Parin abbandona la grafica d’illustrazione per una produzione autonoma a soggetto muliebre che fa pensare agli esempi, dai magnifici effetti, di un Boldini e più puntualmente alle sollecitazioni che in sede locale vengono dalle opere di Rietti e di Zangrando; si tratta di numerosi disegni, eseguiti prevalentemente a pastello, con la consueta maestria e sicurezza del tratto”. [Renata Da Nova sta in: Arte in Friuli p. 314-315] E’ del 1900 la prima esposizione triestina di Parin nella Storia del Circolo Artistico Triestino di Carlo Wostry si legge: ”…si era fatto conoscere ai triestini nel 1900 con una mostra di quadri e disegni tenuta nella sede della Società in via del Pesce. Quando egli più tardi si trasferì a Trieste (da Vienna dove soggiornava) fece parte in diverse imprese del Direttorio della Società”. Parin partecipò a tutte le mostre che andava organizzando il Circolo Artistico Triestino. Nel 1904 l’artista “ticinese” partecipa per la prima volta all’esposizione dell’associazione viennese Hagenbund, della quale diviene membro. In questo stesso periodo nella grafica pariniana, di matrice prevalentemente inglese, si aggiunge una componente stilistica vicina agli esiti della grafica viennese, ispirata alla scuola di Glasgow e improntata al fare “geometrico” di William Blake (Roccia). Fu in Austria, Inghilterra, Svizzera e Francia (forse andò a Parigi) Compì gli studi artistici a Monaco (cinque anni intervallati da viaggià ) dove fu allievo di Karl Raupp (1913); da Raupp fu introdotto in una delle più celebri associazioni artistiche della città (Munchener Kunstler Genossenschaft) che gli diede modo di partecipare attivamente a mostre ed esposizioni. In quegli anni smise di firmarsi con il suo vero nome G. Pollack per adottare lo pseudonimo Gino Parin. A Monaco fa anche sostenitore e animatore della micro comunità artistica triestina. Attraverso le recensioni nei giornali locali ne promosse l’attività e la notorietà. Proprio in uno di questi articoli scrisse che”…solo il significato spirituale impresso all’immmagine ci fa apprezzare l’opera. Così essa ci parlerà soltanto quando l’uomo ha da dirci qualcosa…” (Kleines Journal, Monaco, 1904) (at) “Jugend” e “Simplicissimus” apparse contemporaneamente al formarsi della Secessione, agirono come organo propulsivo del nuovo indirizzo modernista, e per alcuni artisti triestini come Parin (Dudovich e De Finetti) esse valsero come un vero e proprio trampolino di lancio (Tiddia- sta in: Arte d’Europa tra due secoli, Electa 1995/1996). Nel 1908 fu socio e corrispondente della Secessione viennese. Studiò a Venezia sotto la guida del padovano Girolamo Navarra. 1908 Fu in Inghilterra per un soggiorno artistico. Nel 1911 quando in città si dibatteva la questione dei finanziamenti che doveva ricevere il teatro Verdi per la sua stagione d’opera, alla Permanente del Circolo Artistico venne organizzata un’esposizione di caricature e anche la sala sarebbe stata per se stessa una caricatura. Parin con Taddio, De Finetti, Orell, Cambon, Cernivez, Croatto, Wostry e Grünhut, contribuirono alla riuscita manifestazione. Racconta il Wostry che opere di Parin arrivarono da Monaco. (p. 231) “Il clou dell’esposizione fu però il teatro Verdi con la sua brava stagione d’opera, limitata questa volta soltanto al periodo di tempo che rimase aperta la mostra. L’interno plastico del Verdi era stato ridotto a due metri di larghezza e fu collocato in mezzo alla sala. Platea, palchi, gallerie erano affollatissime. Tutte le persone più conosciute si trovavano al loro posto abituale… in caricatura. Sotto il modello vi era un fonografo che suonava le opere di repertorio: ”Valchiria”, “Aida”, “Bohéme”, “Tosca” e un’altra da destinarsi. L’esposizione mise il pubblico in visibilio. La stagione d’opera fruttò bene malgrado l’opposizione socialista. Non mancò, come il solito, lo spunto patriottico ed irredentista”. Nel 1913 gli è assegnata la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Monaco; in questo periodo stringe rapporti di amicizia con Bruno Croatto (lo Studio di espressione: volto di Igea di Croatto databile 1929, pag. 87 monografia, è molto vicino ai suoi modi, come pure – per certi versi - il ritratto di Delia Benco); (Parin fu insegnante di disegno in un istituto cittadino negli anni che precedettero la prima guerra mondiale). Parin e Croatto frequentano a Trieste la casa situata nel borgo teresiano di Ernesto Lakenbacher (vissuto tra il 1854 e il 1917) di origine ungherese (cognome poi italianizzato Lambani) alto dirigente della Riunione Adriatica di Sicurtà; Lakenbacher era il tipico esponente della colta borghesia ebraica triestina presso la quale si davano spesso appuntamento artisti ed intellettuali locali. A testimonianza di questo salotto (che sia proprio questo il salotto conservato a Venezia? Vedi I Grandi Vecchi) rimangono alcune opere dei due artisti. Gino Parin ritrae in un olio su tavola collocabile cronologicamente nel 1914 Ernesto Lakenbacher, successivamente nel 1918 la seconda moglie Emma Travisi e infine nel 1918 la figlia di lei Maria Travisi. (monografia Croatto pag.68). “Il giorno 30 luglio 1914 mi trovavo a Monaco di Baviera. Dovevo ripartire per Trieste verso la mezzanotte e passai la serata con Gino Parin. Erano giorni di tensione e nessuno poteva prevedere che piega avrebbero preso il dissidio fra l’Austria e la Serbia. Ancora alle 23 leggemmo alla stazione gli ultimi bollettini che erano rassicuranti. Ma due ore dopo a Salisburgo notai gran numero di soldati. Il treno si riempiva di reclute e di richiamati: era la dichiarazione di guerra”. (Carlo Wostry) Dal 1921 espone alle Biennali veneziane. 1923 Medaglia d’oro alla Quadriennale di Torino con Rosa e nero. Ritratti, autoritratti, fiori, interni e nature morte, arte sacra, simboli e figure sono i principali temi delle sue ricerche. 1930 Udienza dal Re. In occasione della X Esposizione del Sindacato Interprovinciale di Trieste (1937), che rappresenta anche una delle ultime opportunità espositive per Parin prima delle interdizioni dovute alle leggi razziali (1938), gli viene assegnato il Premio del Duce. Il suo decennio migliore è quello che va dal 1930 al 1940. Una delle sue ultime opere datata 1942 è il bozzetto che rappresenta l’effige di Cristo che sintetizza la tendenza dell’artista verso i problemi della spiritualità religiosa (Silvio Rutteri, 1946 ?). Alcune opere di Parin successive al periodo monacense riconducono al filone del “simbolismo nero” derivato da E.A. Poe e recepito in special modo da Moreau e da Fernand Khnopff (Roccia-Da Nova). Attraverso lo stesso Khnopff, inoltre, l’artista triestino viene a conoscenza degli stilemi legati al tardo preraffaellismo inglese. L’influsso di Stuck si evidenzia ancora nella parallela attività di illustratore a cui l’artista si dedica con altrettanto entusiasmo, anche se lo spunto principale egli lo trae prevalentemente dalla grafica inglese e dalla produzione di Beardsley in particolare, dal quale Parin desume sinteticità di contenuto, essenzialità di tratto disegnativo ed elegante calligrafismo. (sta in.Pittura triestina tra ‘800 e ‘900 nelle collezioni del Museo Revoltella. Accensione di caldi cinabri e carmini, calde tonalità violacee veneziane, amò i rossi accesi; mirò all’agilità festosa dell’impressionismo francese, ma divenuto più forte e sicuro nel disegno, alle munifiche armonie cromatiche della pittura veneziana. (Campitelli) “Le numerose donne che egli immortalò, raffinate, eleganti, con abiti ricercati riportano ai simbolismi e alle inquietudini di von Stuck per quell’atmosfera di mistero e di sensualità che da esse si sprigiona. Le figure sono colte secondo un’interpretazione del tutto personale: il soggetto ritratto domina la tela con forza… i suoi personaggi sono più appariscenti che umani, tuttavia quello era il gusto e la richiesta del tempo: la belle epoque. Lo sguardo di sfida di certe sue donne cattura l’attenzione, ma si coglie altrettanto bene la preziosità di un gioiello o di una seta che avvolge morbidamente quei corpi flessuosi. Una ricerca che si compiace del gioco liberty sinuoso ed elegante, un impegno stilistico che quasi trascende il soggetto. Ma in Parin il ritratto ad un certo punto diventa anche anedottico, le figure non sono più rigorosamente in posa, ma ambientate in un interno mentre fanno conversazione o suonanoil pianoforte; allora il dipinto diviene più vivo e autentico e, sebbene ancor legato alla ricerca compositiva e di stile, la linea perde quell’importanza decorativa che investiva in un alone di fascino le sue donne-mito. In molti dipinti sembra di scorgere immagini di scena, tratte dal teatro con il tramite della fotografia.” (I Grandi Vecchi Lorenza Resciniti, 1991 “Tra i triestini dell’ultima generazione ottocentesca il Parin è forse il pittore provvisto della più estesa e aggiornata cultura figurativa (in rapporto, beninteso, agli svolgimenti del filone naturalistico). Benché in numerose immagini femminili affiorino suggestioni simbolistiche combinate al gusto estetizzante messe in voga dall’Art Nouveau, la sua opere – o, quantomeno, l’insieme dei dipinti che ci reste – è, in ogni caso, sostanzialmente “pittura”, nel senso più proprio del ”termine”. (Franco Firmiani p. 140 Il Palazzo della Borsa). Ne Il Mito sottile (26 ottobre 1991 - 30 marzo 1992) “QUASI UN DIARIO SCIENTIFICO” di Roberto Masiero, ci sono 11 disegni di un quadernetto di appunti di Gino recuperato da Alessandra Tiddia; nell’ I (data 18 VIII) si nota lo spigolo di facciata con una finestra e il tetto di una vecchia casa con tre camini e sullo sfondo il mare (?): una freccia oltrepassa la facciata e il tetto e alla base in corsivo c’è la scritta “Il mondo è là.” “Il mondo è là” significa: il reale non è reale; ciò che accade potrebbe anche non accadere; chiunque potrebbe essere ciò che non è; l’alterità che l’artista produce con la sua pittura è più reale del reale. Questo schizzo ha la strana capacità di aprire tutte le porte del mito sottile di Trieste mantenendone l’arcano” (Roberto Masiero). Nel II foglio Parin ridisegna elementarmente la sua città anticipando i disegni della pazzia di Timmel. (osservazione W.A.) Si nota in primo piano la stazione dei treni con il caffè Fabris: a sinistra i carrozzoni ferroviari e a destra i manzi ed i cavalli della stazione. Si succedono sul foglietto da sinistra a destra il tram, San Giusto, una casa C.A., Campo Marzio. Alle loro spalle sempre da sinistra a destra via Chiozza, Sant’Andrea, Barriera, Corso V.E., via Commerciale, Viale Miramar, Via Coroneo; a destra si intravede il Ponte V. e più lontano la Riva, il Molo dei B., il Molo A , il Mare nel quale si nota un vaporetto, il Castello di Diramare, la Sansa, Grignano e quasi corrispondente alla linea dell’orizzonte la la scritta “la mia tragedia”. Tutti è indicato con scrittura in stampatello. Didascalia: [Il Parin ridisegna la sua città guardandola dall’alto. Nel fondo il mare. Tutto per dire che la sua tragedia, forse amorosa, era a Grignano. Una tragedia disegnata con mano infantile. Strano e inquietante intreccio]. Nel III foglio: in alto la scritta Jupiter; più in basso a destra in ordine: Tiziano, Balzac, Tintoretto, J.S. Bach, Claudio Mantenga (?), Mallarmè; sotto due ritratti maschili appena abbozzati. [Parin costruisce una mitologia privata nella quale si incontrano le divinità “antiche” e alcune figure dell’arte moderna. In lui, come per molta parte della cultura ottocentesca, è avvenuta compiutamente una divinizzazione dell’arte e del genio. Per lui l’arte è il luogo della somma potenza e della proteiforme creazione]. (Roberto Masiero) Nel IV: in alto la scritta Apollon; più sotto a destra Mozart, Raffaello (data 26 VIII). [Nella sua mitologia Parin individua in Mozart e Raffaello, il momento della somma armonia, il luogo dove domina Apollo. Musica e pittura si ritrovano così unite sotto il regno del dio della misura. Ma Dionisio è in agguato ]. (Roberto Masiero) Nel V si nota la data 28 VIII; ci sono due disegni: una figura femminile e un volto maschile. [Mentre tutte le altre divinità trovano nell’arte moderna delle figure corrispondenti, ciò non può accadere per Venere. L’arte moderna è il regno della potenza e non della femminilità. Ad essa, però, spetta un ruolo importante: è, per Parin, oggetto primo dell’arte. Sotto la parola Venus il pittore traccerà allora, con un segno leggero, il fantasma che la sua arte ricorre ]. (Roberto Masiero) VI (data 9 VIII) In alto la scritta Moloch, sotto a destra Strindbergh e Heine. Disegno ombreggiato – testa maschile- Al centro: Non la vedrò più, al suo ritorno tutto sarà cambiato: Era Saturno a dettarmi quella lettera che ha provocato il silenzio assoluto, definitivo, risolutivo. Ella non saprà mai perché e in quali condizioni fu scritta quella lettera. Ero propenso tutto. [Moloch è il dio degli Assiro-Babilonesi. Dio terribile come terribile è per Parin l’opera di Strindbergh e Heine: con l’arte moderna si possono percorrere tutti i sentieri del possibile, anche quelli che conducono all’angoscia o al nulla]. (Roberto Masiero) X Nel suo Olimpo c’è posto anche per il dio degli Ebrei. A lui non si accompagnano nomi di grandi artisti della modernità, ma il Lamento di Geremia. A questo dio ci si affida per le preghiere e non per l’arte. XI La dimensione cosmopolita della cultura triestina del periodo in esame in questa pagina e in quella precedente risulta evidente. Parin è attento sia alle interpretazioni filosoficamente sconvolgenti che si attuano nel corpus delle poesie di Hölderlin, sia agli itinerari poetici della cultura francese. Qui riporta Verlaine e de Musset. XIV Riporta una delle poesie più problematiche di Hölderlin nella quale si mescolano cristianesimo e paganesimo. Ne svela il dirompente contenuto semplicemente cambiando il titolo originale. Invece di scrivere Brot und Wein scrive Dionysos. Evidente la frequentazione e l’uso provocante della cultura tedesca e dei temi nietzschiani. XV Ritratti e autoritratti sono i temi ricorrenti di Parin. Che cosa possano raccontare i suoi quadri? Lo dice in questo appunto: parlano di “ferro, di fiamma, di desideri, di tormenti, di rassegnazione, di ribellione”. Così per il pittore triestino è “un ritratto completo”. XXIII “Occhi miei, oscurato è il nostro sole”. Così annota Parin, e l’immagine nella pagina inferiore non ha più occhi. XXIV Parin incastra ordinatamente una piccola foto di un suo quadro sul quaderno. L’uso della foto è per registrare la progressione dell’opera pittorica.
ESPOSIZIONI:
1900 Trieste, galleria Minerva, mostra personale, novembre 1901 Monaco, Mostra Secession 1904 Vienna Hagenbund Esposizione Internazionale Monaco Glaspalast Internazionale Kunstausstellung Monaco, galleria Krause 1906 Monaco, galleria Heinemann Francoforte, galleria Hermes&Co., ottobre 1907 Monaco, Früjahrssezession, aprile Monaco galleria Heinemann 1908 Wiesbaden, galleria Banger, gennaio Vicenza, Esposizione regionale (con Wostry) Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino Vienna, galleria Hagenbund, ottobre 1909 Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino 1910 Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, Esposizione di caricature, aprile Capodistria, Prima Esposizione Provinciale Istriana, chiesetta di San Giacomo, maggio (fu premiato con medaglia d’oro e d’argento) Arezzo, sala triestina, agosto Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, esposizione di schizzi e di bozzetti Vienna (?), Neue Freie Presse, ottobre Monaco, Esposizione di artisti triestini, novembre (?) Firenze, sala triestina, novembre Trieste, Mostra di Natale 1911 Trieste, Circolo Artistico Monaco, Glaspalast, Jubilaüums Ausstellung der M.K.G. Parin organizza una mostra di opere di artisti triestini ad Augusta 1912 Monaco, Glaspalast, Kunst Ausstellung, luglio 1913 giugno/ottobre Monaco KgL. Glaspalast XI Internazionale Kunstausstellung medaglia d’oro con Ritratto di signora Espone: Dame in Schwarz (Ritratto di signora in nero) Herrnbildnis (Ritratto maschile) Selbstbildnis (Autoritratto) Bildnis (Ritratto) Bildnis (Ritratto) Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, settembre Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, Mostra di Natale, dicembre Napoli, II Esposizione di Belle Arti del comitato giovanile (Lucano, Sambo e Silvestri allestiscono la sala dei triestini: sono presenti Vittorio Bolaffio, Glauco Cambon, Bruno Croatto, Ugo Flumiani, Marussig, Gino Parin, Vito Timmel) 1914 Monaco, Glaspalast Internazionale Kunstausstellung, giugno, medaglia d’oro (fu in compagnia di Wostry) Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino Trieste, Permanente Concorso Greinitz Mostra di Natale, dicembre 1916 Monaco, Glaspalast Kunst Ausstellung 1917 Monaco, Glaspalast Kunst Ausstellung 1918 Monaco, Glaspalast Kunst Ausstellung 1919 Monaco Glaspalast Internazionale Kunstausstellung 1920 Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, gennaio Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, mostra personale, febbraio Trieste, Personale nelle sale del Circolo Artistico Triestino, giugno Venezia, Mostra d’Arte Sacra, settembre Vicenza, Esposizione Regionale 1921 Firenze, Mostra primaverile Roma, Prima Biennale Romana d’Arte Portorose, Casinò Municipale (accanto a Carlo Wostry, Bruno Croatto, Guido Grimani, Ugo Flumiani) Trieste, Permanente del Circolo Artistico di Trieste, settembre Trieste, Salone Michelazzi, mostra personale, dicembre Trieste, Mostra di Natale 1922 Venezia XIII Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia espone Autoritratto e La signora del ventaglio Trieste, Mostra personale, Salone Michelazzi 1923 Torino, Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arti Figurative, medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione con Rosa e Nero Roma, II Biennale d’Arte Romana d’Arte Trieste, Mostra di Natale 1924 Monza, Mostra del ritratto femminile contemporaneo, maggio Venezia, XIV Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia, espose Ombra e Luce e Ritratto Trieste, La Grande Fiera Rustica al Circolo Artistico Triestino Trieste, I Biannuale Circolo Artistico Trieste, I Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico, settembre Trieste, Salone Michelazzi, ottobre Trieste, Salone Michelazzi, dicembre Trieste, Mostra di Natale 1925 Roma, III Biennale Romana d’Arte, giugno Torino, Esposizione Nazionale Annuale d’Arti Figurative Trieste, II Esposizione Biannuale al Circolo Artistico Trieste, sala Vianello la Permanente, marzo Trieste, II Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico (controllare!!!) Fiume, I Esposizione Internazionale Belle Arti Trieste, Permanente di via Santa Caterina 1926 Trieste, V Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico Torino, Esposizione Annuale Nazionale d’Arti Figurative Padova, Esposizione d’Arte delle Tre Venezie, aprile Pittsburgh, XXV Internazionale d’Arte “Russian Lady” Padova, Triveneta d’Arte Trieste, sala Vianello, ottobre Chicago, Carnegie Institute 1927 Trieste, Salone Michelazzi, gennaio Firenze, Palazzo Pitti, Esposizione Nazionale d’Arte, aprile Roma, Prima Esposizione Nazionale d’Arte Marinara Torino, Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arti Figurative Trieste, Giardino Pubblico, Esposizione Autunnale d’Arte, ottobre Trieste, I Intersindacale Giuliana (verificare se è la stessa di ottobre 1927!!!!) 1928 Budapest, Casa Modiano, marzo Venezia, XV Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia (o XVI BIENNALE ??? Verificare!!!)espone Ombre, Sera, Dialoghetto, Elena Trieste, II Intersindacale Giuliana Trieste, Giardino Pubblico, II Esposizione Sindacale Regionale Fascista di Belle Arti, settembre 1929 Trieste, Salone Jerco, settembre 1930 Trieste, IV Intersindacale Giuliana Venezia, XVI Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia espone La Sibilla, Nero e Bianco Roma, Mostra personale al Circolo di Roma (“Il Piccolo” 11/3/1930). Espose il Ritratto di Mosconi, il Ritratto di Flora Mosconi compiuto a Trieste quando il ministro era Governatore della città, un Autoritratto, il Ritratto della signora Grioni, il Ritratto della signora Borelli, il Ritratto della contessa Grajelli-Berni, il Ritratto della principessa Torretayo (pastello), L’Antiquario e Concerto a teatro.. Tra gli schizzi: Domino giallo e Ballerina in veste rosa. Trieste, Salone Michelazzi, Mostra Natalizia 1931 Trieste, V Intersindacale Giuliana 1932 Venezia XVII Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia espone S. E. Ministro Antonio Mosconi-Ritratto Trieste VI Intersindacale Giuliana 1933 Trieste, VII Intersindacale Giuliana Trieste, Mostra del Ritratto Femminile 1934 Trieste, VIII Intersindacale Giuliana Trieste, Mostra del Mare, giugno 1935 Venezia, Mostra dei Quarant’anni della Biennale Trieste, IX Intersindacale Giuliana 1936 Trieste, X Intersindacale Giuliana 1937 XI Intersindacale Giuliana, Castello di San Giusto 1941 Trieste XV Intersindacale Giuliana 1946 Trieste, Galleria d’Arte San Giusto (Trieste Corso n.11) – Mostra commemorativa Possiedo il Catalogo (opere esposte: Autoritratto, Figura, Rosa e Nero, Ritratto, Autoritratto 1943, Ritratto, Interno, Ritratto, Sorriso, Testa di vecchia, Riposo, Autoritratto 1936, Ritratto, Cristo, La servolana, Maternità, Ritratto, Rose, Geremia, La chitarra, Contesa, Ritratto, Ritratto, L’antiquario, Servolana, La modella, L’autunno, Ritratto, Sibilla, La signora piumata, Ritratto. 1961 Trieste, Sala Comunale d’Arte, mostra di autoritratti 1977 Trieste, I triestini nel cartellonismo 1979 Trieste, Castello di San Giusto, Artisti triestini ai tempi di Svevo 1982 Trieste, Stazione Marittima, Arte nel Friuli Venezia Giulia 1990-1950 Barcellona, Mostra Internazionale Parigi, Mostra Internazionale Atene, Mostra Internazionale 1992 Trieste, Civico Museo Revoltella, Il Mito Sottile Opere esposte alla mostra Il Mito Sottile (Trieste, 1992) Donna seduta, olio su tavola, cm41xcm70, Trieste coll. Anninger-Annieri Notturno, olio su tela cm93xcm74, Trieste, CMR Vanità, olio su tela, cm167xcm190, Trieste coll. Giampaolo Di Bin 1999 Budapest Pittura triestina tra ‘800 e ‘900
BIBLIOGRAFIA:
Sibilia S. Pittori e scultori di Trieste, Milano L’Eroica, 1922 Carlo Wostry Storia del Circolo Artistico Triestino, p. 219 (ritratto), 231, 241 De Tuoni D., In memoria di Gino Parin pittore illuminato, “Il Nostro Avvenire”, Trieste, 3 giugno 1945 Mostra del pittore Gino Parin, Galleria d’Arte San Giusto (catalogo Mostra Postuma), testo di Remigio Marini 1946 Vernice n.° 1 Roccia Marina “Aspetti problematici dell’opera pittorica di Gino Parin” tesi di laurea (rel. Prof. Decio Gioseffi), Università di Trieste, Facoltà di Lettere e Filosofia a. 1977/1978 Da Nova R. Una tesi di laurea sul pittore Gino Parin, “Arte in Friuli Arte a Trieste”, n. 4 (1980) Arte nel Friuli Venezia Giulia 1900-1950, catalogo della mostra, 1981 - 1982 La pittura in Italia. Il Novecento, 4 vol. Milano, 1992, vol. 1 t.II, Abrami Resciniti I Grandi Vecchi. Dipingere in tarda età. Catalogo della mostra Trieste 1991 Ruaro Loseri L., Ritratti a Trieste, Roma 1993 Arte e Stato. Le esposizioni sindacali nelle Tre Venezie, catalogo della mostra 1997, Milano Abrami Resciniti I Grandi Vecchi. Affetti. Ritratti di coppie e quadri di gruppo a Trieste, catalogo della mostra Trieste 1998 S. Gregorat, Gino Parin, in Shalom Trieste, catalogo dellea mostra, Trieste, 1998 Simbolismo Secessione Jettmar ai confini dell’Impero, Gorizia 1992
L'estesiologia vagamente erotica nei colori della tavolozza di Maddalena (Magda) Springer. (Trieste 1909-1979)
A quarantacinque anni circa, nel momento di raggiunta maturità artistica e di assoluta completezza pittorica, ma nel contempo allertato dai primi perfidi, quasi impercettibili sintomi di prossima se non immediata decadenza fisica, Friedrich G. Pollack (Trieste 1876 - Bergen Belsen 1944), pittore meglio conosciuto con lo pseudonimo Gino Parin (desunto forse dal cognome di Scomparini che fu suo maestro) incontra Maddalena Springer, creatura minuta, deliziosa, avvenente. Avvezzo nel cogliere con uno sguardo quasi impercettibile ciò che su di se esercita da sempre il fascino femminile e costantemente teso a 'rapirÈ per le sue tele le emozioni incantevoli e i sussulti che suscitano le donne, Gino trova subito Magda (così lei viene comunemente chiamata!) interessante, particolare, soprattutto diversa nello spirito dalle donne che abitualmente frequenta. Lui semita vizioso, lei di origine tedesca (strano caso di un imprevedibile destino!), carattere fermo e deciso: fuggevole e impenetrabile talvolta, ma estrosa al punto da incuriosirlo Magda ventenne è l'espressione più pura della gioventù, è brillante, curiosa, d'intelligenza vivace; nel dialogo le sue battute sono sibilline, acute. È appassionata di pittura e attratta dalla materia venata di lussurie di Parin che, come lei, ama i colori 'caldi' degli interni e le atmosfere particolari, ambigue, sanguigne. La ragazza è abituata al lusso della sua ricca famiglia: il nonno è un antiquario famoso, suo padre, Giovanni, ha uno studio dentistico assai noto in piazza della Borsa. Magda, primogenita di quattro fratelli (Renata, Necki e Hausie) vive in Villa Maria con cameriera, cuoca e altro personale di servizio pronto a soddisfare ogni desiderio di sua madre. Forse è viziata, ma la sua educazione è comunque severa e lei cresce e vive 'tra cimeli d'arte e libri'. Non solo: suo padre è un entomologo, colleziona farfalle (e anche minerali meno delicati degli insetti) e ancor bambina egli le insegna ad osservare particolari minuti del reale cosa che diventa per la fanciulla esercizio quotidiano. Seduta al tavolo di pietra del giardino di casa, sotto un bel glicine, Magda impara a guardare forme e colori, a dare un senso grafico a quei fiori che amerà sempre e dipingerà per tutta la vita. Essi saranno, alla fin fine, il soggetto più spontaneo, più ovvio della sua pittura, talvolta anche il più banale e stucchevole talaltra il più sensuale e perverso. Più Parin frequenta la Springer, più la indaga nell'intimo, ne capta gli umori e percepisce in maniera positiva anche la sua naturale durezza, più al pittore piacciono i grandi occhi neri di Magda: essi pure scrutano, raccolgono nobilmente le gestualità, recepiscono non solo le 'tentazioni' delle mescole, ma anche i tremori delle labbra, le sensazioni inesprimibili e s'impossessano disinibiti di un'occhiata pervasa di libidine, rendono propri i silenzi, le lunghe pause comunicative. Talvolta essi, abbassati verso i pennelli, verso i colori sparsi sul banchetto di lavoro, lasciano liberi gli altrui sogni e i desideri. Il giorno in cui Magda chiede a Parin di realizzarle un ex libris il pittore pensa ad una gatta simbolica, e caratterizzante la sua femminilità aggressiva, ma anche dolce (quella che i gentili lettori dei miei articoli trovano in alto in questa pagina ormai da più di un anno e che “Il Massimiliano” ha adottato). Senza esitazione Parin traccia il piccolo felino frontalmente, seduto sugli arti posteriori sopra uno spesso volume, ma eretto come divinità egizia, allertato, la zampa destra in atteggiamento fiero, mascolinizzato e quella sinistra sospesa, pronta ad un gioco sinuoso o ad un graffio penetrante. Gli occhi della gatta rivolti all'osservatore infine, grandi e quasi fiabeschi come nelle rappresentazioni sumere. Alle spalle dell'animale Parin disegna una larga tavolozza, feticcio tutelare di intime confidenze, di segreti. Non a caso anche Sigmund Freud del quale essi spesso parlano con l'amica Otty Stock (sebbene quest'ultima prediliga Adler nella triade della grande Scuola di psicologia di Vienna), osserva che gli occhi hanno un ruolo importante nell'introdurre l'eccitazione sessuale; essi, nota il medico austriaco fondatore della psicoanalisi (e così pensa Parin!) sono la zona più lontana dall'oggetto sessuale, ma sono anche la zona che è soggetta ad essere la più frequentemente stimolata dalla particolare qualità dell'eccitazione .Ma sul concetto di Bellezza freudiano e sulle 'attrazioni 'pariniane non è qui luogo di dire. Sta di fatto, comunque, che Parin esercita su Magda ammirazione e una sorta di incantamento per la forte personalità (egli era famoso a Monaco dove aveva studiato per cinque anni all'Accademia era stato introdotto da Raupp in una delle più celebri associazioni artistiche della città la Munchener Kunstler Genossenschaft e nel 1913 aveva pure vinto una medaglia d'oro all'Internazionale, quanto in riva all'Adriatico!) e Magda più che un'ebbrezza su di lui che , come suggerisce oggi un'amica di entrambi desiderosa di rimanere nell'anonimato, "non era vecchio al punto di non interessarsi alla bellezza di lei" e al magico transfert di gioventù. Con il passar del tempo, infatti, tra la Springer e Parin s'insinuano armonie estetiche e simbiotiche melodie: se ne parlava allora nei frivoli salotti borghesi di Trieste forse immiseriti dal pettegolezzo provinciale e lontana reminescenza di quelli francesi (della marchesa de Rambouillet per esempio), ma caratterizzati comunque da una raffinata commistione di erotismo e intellettualità cosmopolita. Sta di fatto che, sebbene per motivi del tutto diversi, l'incontro portò giovamento ad ambedue, ma per quanto riguarda esclusivamente la pittura l'unico vantaggio, come è ovvio, lo trasse l'allieva. Ma fino a che punto? A contatto con Parin Magda consolidò le esperienze precedenti acquisite sia all'Accademia di Belle Arti di Firenze sia presso lo studio del pittore-incisore Edmondo Passauro (Trieste 1893- 1969) alla fine degli anni Venti, prima che egli lasciasse l'Italia per recarsi in Belgio dove andò a stabilirsi. La Springer fu certamente suggestionata e invogliata da Passauro: le lezioni di pittura nella sua 'scuola' la avvicinarono ad altri giovani, si misurò con essi, cominciò a prendere dimestichezza con i pastelli, con le matite grasse e i carboncini prima di prendere in mano i pennelli. Ma la li prese con pertinacia e fu incoraggiata a farlo da quell'uomo onesto e capace, ordinato anche se un po' lezioso. Ma se la scuola di Passauro da un lato la costringeva a disegnare e a riflettere, per altri aspetti essa non era in grado di darle (e lei se ne rendeva conto!) la sintesi chiara e precisa dei suoi reali intendimenti. La interessavano, più che la pittura di Passauro, il modo con cui egli affrontava i suoi soggetti, ma sentiva poco congeniali le sue pennellate, estranee le sue espressioni pittoriche fredde, basate sulla tecnica e assai meno sul sentimento: quello che invece le trasmettevano le opere di Parin, materializzate in colori che svolgevano ruoli fondamentali nella parimenti propria estesiologia erotica; nei quadri del maestro Magda imparò a capire che nel corso del tempo i colori subiscono slittamenti di significato, che nella tradizione ebraica 'Adamo' significa 'rosso' e 'viventÈ. Capì che il rosso (o meglio la vasta gamma dei rossi!) era usata dall'ebreo per esaltare la passione ed esorcizzare la morte, che l'azzurro e il rosa sono colori sentilmentalmente piacevoli, ma casti, che il bianco è indice di purezza, l'azzurro simbolo della spiritualità e il nero il colore del potere severo e cupo. La Springer espose dunque più volte alla Permanente e in mostre personali a Trieste nel 1934 e 1941. Più che i suoi soggetti furono i colori della sua tavolozza a risentire di ciò che seppe insegnarle il Parin, ma mai si avvicinò veramente a lui per lo spessore della pittura perchè i suoi quadri non hanno forza, non hanno spiritualità e non parlano 'di ferro, di fiamma, di desideri, di tormenti, di rassegnazione, di ribellionÈ. Magda disegnò con costanza, affrontò pure molti soggetti mediovaleggianti o d'impronta storica seguendo le orme di Dante Gabriele Rossetti e d’altri pittori preraffaelliti inglesi, ed eseguì tanti nudi femminili che non sono mai apparsi al pubblico dopo la sua morte; la maggior parte dei suoi lavori non è ancora stata studiata né catalogata sicché l'unica modesta fonte di documentazione è ancora il catalogo di una mostra retrospettiva del dicembre 1982 tenutasi presso la galleria d'arte 'Al BastionÈ e fermamente voluta da due sue splendide compagne di anni felici. La Springer ci ha lasciato diversi autoritratti (alcuni ad olio altri eseguiti con tecniche miste o semplicemente a sanguigna o con le matite), alcuni validi ritratti pure storicamente importanti come quello della pittrice amica Maria Lupieri e di Gino Parin. Tra gli altri sono da ritenere pittoricamente più vitali e meglio riusciti 'L'AironÈ oscuramente simbolico e il ritratto della signora Lali Slavich. Nel lontano 1934 il Benco, assai magnanimo nei suoi confronti in una critica apparsa su Il Piccolo, ne rilevò 'il sentimento robusto della linea e della sostanza coloristica' e altri come Guido Sambo, Ota Samengo ,Remigio Marini e lo stesso Gino Parin scrissero in toni positivi della sua pittura. A distanza di anni la pittura della Springer che affrontò anche paesaggi, nature morte ben calibrate e spesso 'tagliatÈ con gusto, soggetti religiosi e mitologici, va senza dubbio ridimensionata anche se è giusto riconoscerle, nei lavori più coraggiosi come la Bagnante, il vigore di tono e la plasticità erotica per l'incorporarsi del colore ai corpi femminili che lei sentiva vicini. Piace qui ricordarla puntualissima nella attesa dell'amica Vera e di suo marito Francesco Cisco che andavano a prenderla con una lucida Fiat Topolino per portarla a cena. La ricordano ironica e cordiale mentre apprezzava la buona cucina, fumava una sigaretta e bevevo un classico whisky.
PARIN GINO - FEDERICK GUGLIELMO JEHUDA POLLACK(Trieste 25 agosto 1876 – Bergen Belsen 9 giugno 1944)Figlio di Ludovico Pollack e di Berta Glass. “Mingherlino, il viso scarno e nervoso aculeato in una barbetta grigia, il cappello acconciato con tocco spavaldo, alla moschettiera, girottolava per le vie della città, punto guardingo. Correvano tempi pericolosi, e a incontrarlo così poco circospetto, rattenuto, davvero che faceva balzare il cuore” da Gino Parin – Pittore Illuminato sta in: “Il Nostro Avvenire” 3 giugno 1945. Fu più giovane di Veruda di otto anni, ma la sua formazione è meno tumultuosa e più lenta: egli pare più riflessivo agli esordi e più irruento con il passar degli anni.; come Veruda anche il Parin del primo periodo presenta la maniera nera (classicheggiante), naturale retaggio dell’Accademia tedesca (retaggi Rosa e Nero, L’antiquario) [Remigio Marini]. “Il realismo fotografico di Lenbach, nonché la carica sensuale del linguaggio pittorico di Franz von Stuck suggestionano in questo periodo la ritrattistica di Parin. Seppe cogliere e fondere la pittura realistica e appariscente di Lenbach e quella decorativistica di von Marées;
Dal 1893 al 1895 studiò a Trieste nell’Istituto Industriale per Capi d’Arte dove fu allievo di Eugenio Scomparini. Forse lo pseudonimo (nome d’arte) Parin fu desunto da Scomparini il cognome del suo primo maestro. “…la sua spontaneità rimane meravigliosa. Chi non ricorda l’atavica malinconia, il suggestivo languore, il volto gentile ed enigmatico e nello stesso tempo, di una sua esimia e colta ispiratrice? Scarno, nervoso, mingherlino con la sua barbetta grigia ad aculeo, cappello a cencio e un pizzico di moschettiera spavalderia: alquanto circospetto, ma sempre buono, cortese; mai orgoglioso ma di solito vivace, elegante, svelto e pronto alla risposta arguta”. …Ardito, sempre animato dalla sua interiori idealità, grande signore alla severa ricerca di mezzi più pereetti e di risultati più elevati (sta in: “Giornale Alleato” 1946 ?, G.M. Campitelli). Nel 1895 poté vedere alla prima Biennale di Venezia i migliori pittori europei del momento. Dal 1897, dopo due anni di permanenza nella città svizzera, risulta cittadino svizzero, ticinese. Durante il periodo monacense assume la cittadinanza svizzera (?). “Parin negli anni fecondi di permanenza a Monaco di Baviera e proprio per le sollecitazioni dell’ambiente, dispiega, oltre a quella pittorica, anche un’intensa attività grafica come illustratore di riviste. Nella Monaco degli inizi del secolo, su “Jugend” e “Simplicissimus” dettavano legge, in un certo senso, O. Ekmann e T. Heine, che sapientemente rilanciavano in area tedesca il linguaggio della grafica inglese, specialmente l’essenzialità del segno, la bilanciata composizione di linee e superfici (in un ritmo di chiara origine giapponese) dello ‘stile Beardsley?. A questo soprattutto guarda Parin dopo un’iniziale adesione (1898) alla moda della pittura vascolare greca e quindi (1900 -. 1905) all’iconografia (diavoli, fauni, guerrieri) e al pittoricismo Jugendstill di v. Stuck, senza contare diversi spunti da Munch (specie nelle solitarie figure femminili), Ensor e Rops. Attorno al 1904 da quando cioè partecipa anche alle esposizioni del “Hagenbund” di Vienna, Parin risente pure di certe sigle e caratteristiche della grafica viennese (il reticolo a quadretti, la semplificazione lineare delle forme, il ritmo lento delle curve), in cui operava la lezione della Scuola di Glasgow e che facilmente evolve, come esemplifica proprio la tempera Donna con gatto , verso aspetti di stilizzazione gia Decò. Con il ritorno a Trieste, dopo la fine della prima guerra mondiale, Parin abbandona la grafica d’illustrazione per una produzione autonoma a soggetto muliebre che fa pensare agli esempi, dai magnifici effetti, di un Boldini e più puntualmente alle sollecitazioni che in sede locale vengono dalle opere di Rietti e di Zangrando; si tratta di numerosi disegni, eseguiti prevalentemente a pastello, con la consueta maestria e sicurezza del tratto”. [Renata Da Nova sta in: Arte in Friuli p. 314-315]
E’ del 1900 la prima esposizione triestina di Parin nella Storia del Circolo Artistico Triestino di Carlo Wostry si legge: ”…si era fatto conoscere ai triestini nel 1900 con una mostra di quadri e disegni tenuta nella sede della Società in via del Pesce. Quando egli più tardi si trasferì a Trieste (da Vienna dove soggiornava) fece parte in diverse imprese del Direttorio della Società”. Parin partecipò a tutte le mostre che andava organizzando il Circolo Artistico Triestino. Nel 1904 l’artista “ticinese” partecipa per la prima volta all’esposizione dell’associazione viennese Hagenbund, della quale diviene membro. In questo stesso periodo nella grafica pariniana, di matrice prevalentemente inglese, si aggiunge una componente stilistica vicina agli esiti della grafica viennese, ispirata alla scuola di Glasgow e improntata al fare “geometrico” di William Blake (Roccia). Fu in Austria, Inghilterra, Svizzera e Francia (forse andò a Parigi) Compì gli studi artistici a Monaco (cinque anni intervallati da viaggià ) dove fu allievo di Karl Raupp (1913); da Raupp fu introdotto in una delle più celebri associazioni artistiche della città (Munchener Kunstler Genossenschaft) che gli diede modo di partecipare attivamente a mostre ed esposizioni. In quegli anni smise di firmarsi con il suo vero nome G. Pollack per adottare lo pseudonimo Gino Parin. A Monaco fa anche sostenitore e animatore della micro comunità artistica triestina. Attraverso le recensioni nei giornali locali ne promosse l’attività e la notorietà. Proprio in uno di questi articoli scrisse che”…solo il significato spirituale impresso all’immagine ci fa apprezzare l’opera. Così essa ci parlerà soltanto quando l’uomo ha da dirci qualcosa…” (Kleines Journal, Monaco, 1904) (at) “Jugend” e “Simplicissimus” apparse contemporaneamente al formarsi della Secessione, agirono come organo propulsivo del nuovo indirizzo modernista, e per alcuni artisti triestini come Parin (Dudovich e De Finetti) esse valsero come un vero e proprio trampolino di lancio (Tiddia- sta in: Arte d’Europa tra due secoli, Electa 1995/1996) Nel 1908 fu socio e corrispondente della Secessione viennese. Studiò a Venezia sotto la guida del padovano Girolamo Navarra. 1908 Fu in Inghilterra per un soggiorno artistico. Nel 1911 quando in città si dibatteva la questione dei finanziamenti che doveva ricevere il teatro Verdi per la sua stagione d’opera, alla Permanente del Circolo Artistico venne organizzata un’esposizione di caricature e anche la sala sarebbe stata per se stessa una caricatura. Parin con Taddio, De Finetti, Orell, Cambon, Cernivez, Croatto, Wostry e Grünhut, contribuirono alla riuscita manifestazione. Racconta il Wostry che opere di Parin arrivarono da Monaco. (p. 231) “Il clou dell’esposizione fu però il teatro Verdi con la sua brava stagione d’opera, limitata questa volta soltanto al periodo di tempo che rimase aperta la mostra. L’interno plastico del Verdi era stato ridotto a due metri di larghezza e fu collocato in mezzo alla sala. Platea, palchi, gallerie erano affollatissime. Tutte le persone più conosciute si trovavano al loro posto abituale… in caricatura. Sotto il modello vi era un fonografo che suonava le opere di repertorio: ”Valchiria”, “Aida”, “Bohéme”, “Tosca” e un’altra da destinarsi. L’esposizione mise il pubblico in visibilio. La stagione d’opera fruttò bene malgrado l’opposizione socialista. Non mancò, come il solito, lo spunto patriottico ed irredentista”.
Nel 1913 gli è assegnata la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Monaco; in questo periodo stringe rapporti di amicizia con Bruno Croatto (lo Studio di espressione: volto di Igea di Croatto databile 1929, pag. 87 monografia, è molto vicino ai suoi modi, come pure – per certi versi - il ritratto di Delia Benco); (Parin fu insegnante di disegno in un istituto cittadino negli anni che precedettero la prima guerra mondiale). Parin e Croatto frequentano a Trieste la casa situata nel borgo teresiano di Ernesto Lakenbacher (vissuto tra il 1854 e il 1917) di origine ungherese (cognome poi italianizzato Lambani) alto dirigente della Riunione Adriatica di Sicurtà; Lakenbacher era il tipico esponente della colta borghesia ebraica triestina presso la quale si davano spesso appuntamento artisti ed intellettuali locali. A testimonianza di questo salotto (che sia proprio questo il salotto conservato a Venezia? Vedi I Grandi Vecchi) rimangono alcune opere dei due artisti. Gino Parin ritrae in un olio su tavola collocabile cronologicamente nel 1914 Ernesto Lakenbacher, successivamente nel 1918 la seconda moglie Emma Travisi e infine nel 1918 la figlia di lei Maria Travisi. (monografia Croatto pag.68). “Il giorno 30 luglio 1914 mi trovavo a Monaco di Baviera. Dovevo ripartire per Trieste verso la mezzanotte e passai la serata con Gino Parin. Erano giorni di tensione e nessuno poteva prevedere che piega avrebbero preso il dissidio fra l’Austria e la Serbia. Ancora alle 23 leggemmo alla stazione gli ultimi bollettini che erano rassicuranti. Ma due ore dopo a Salisburgo notai gran numero di soldati. Il treno si riempiva di reclute e di richiamati: era la dichiarazione di guerra”. (Carlo Wostry) Dal 1921 espone alle Biennali veneziane. 1923 Medaglia d’oro alla Quadriennale di Torino con Rosa e nero. Ritratti, autoritratti, fiori, interni e nature morte, arte sacra, simboli e figure sono i principali temi delle sue ricerche.
1930 Udienza dal Re In occasione della X Esposizione del Sindacato Interprovinciale di Trieste (1937), che rappresenta anche una delle ultime opportunità espositive per Parin prima delle interdizioni dovute alle leggi razziali (1938), gli viene assegnato il Premio del Duce. Il suo decennio migliore è quello che va dal 1930 al 1940. Una delle sue ultime opere datata 1942 è il bozzetto che rappresenta l’effige di Cristo che sintetizza la tendenza dell’artista verso i problemi della spiritualità religiosa. (Silvio Rutteri, 1946 ?).
…Alcune opere di Parin successive al periodo monacense riconducono al filone del “simbolismo nero” derivato da E.A. Poe e recepito in special modo da Moreau e da Fernand Khnopff (Roccia-Da Nova). Attraverso lo stesso Khnopff, inoltre, l’artista triestino viene a conoscenza degli stilemi legati al tardo preraffaellismo inglese. L’influsso di Stuck si evidenzia ancora nella parallela attività di illustratore a cui l’artista si dedica con altrettanto entusiasmo, anche se lo spunto principale egli lo trae prevalentemente dalla grafica inglese e dalla produzione di Beardsley in particolare, dal quale Parin desume sinteticità di contenuto, essenzialità di tratto disegnativo ed elegante calligrafismo. (sta in.Pittura triestina tra ‘800 e ‘900 nelle collezioni del Museo Revoltella
Accensione di caldi cinabri e carmini, calde tonalità violacee veneziane, amò i rossi accesi; mirò all’agilità festosa dell’impressionismo francese, ma divenuto più forte e sicuro nel disegno, alle munifiche armonie cromatiche della pittura veneziana. (Campitelli)
“Le numerose donne che egli immortalò, raffinate, eleganti, con abiti ricercati riportano ai simbolismi e alle inquietudini di von Stuck per quell’atmosfera di mistero e di sensualità che da esse si sprigiona. Le figure sono colte secondo un’interpretazione del tutto personale: il soggetto ritratto domina la tela con forza… i suoi personaggi sono più appariscenti che umani, tuttavia quello era il gusto e la richiesta del tempo: la belle epoque. Lo sguardo di sfida di certe sue donne cattura l’attenzione, ma si coglie altrettanto bene la preziosità di un gioiello o di una seta che avvolge morbidamente quei corpi flessuosi. Una ricerca che si compiace del gioco liberty sinuoso ed elegante, un impegno stilistico che quasi trascende il soggetto. Ma in Parin il ritratto ad un certo punto diventa anche anedottico, le figure non sono più rigorosamente in posa, ma ambientate in un interno mentre fanno conversazione o suonanoil pianoforte; allora il dipinto diviene più vivo e autentico e, sebbene ancor legato alla ricerca compositiva e di stile, la linea perde quell’importanza decorativa che investiva in un alone di fascino le sue donne-mito. In molti dipinti sembra di scorgere immagini di scena, tratte dal teatro con il tramite della fotografia.” (I Grandi Vecchi Lorenza Resciniti, 1991 “Tra i triestini dell’ultima generazione ottocentesca il Parin è forse il pittore provvisto della più estesa e aggiornata cultura figurativa (in rapporto, beninteso, agli svolgimenti del filone naturalistico). Benché in numerose immagini femminili affiorino suggestioni simbolistiche combinate al gusto estetizzante messe in voga dall’Art Nouveau, la sua opere – o, quantomeno, l’insieme dei dipinti che ci reste – è, in ogni caso, sostanzialmente “pittura”, nel senso più proprio del termine”. (Franco Firmiani p. 140 Il Palazzo della Borsa).
Ne Il Mito sottile (26 ottobre 1991 30 marzo 1992) “QUASI UN DIARIO SCIENTIFICO” di Roberto Masiero, ci sono 11 disegni di un quadernetto di appunti di Gino recuperato da Alessandra Tiddia; nell’I (data 18 VIII) si nota lo spigolo di facciata con una finestra e il tetto di una vecchia casa con tre camini e sullo sfondo il mare (?): una freccia oltrepassa la facciata e il tetto e alla base in corsivo c’è la scritta “Il mondo è là.” “Il mondo è là” significa: il reale non è reale; ciò che accade potrebbe anche non accadere; chiunque potrebbe essere ciò che non è; l’alterità che l’artista produce con la sua pittura è più reale del reale. Questo schizzo ha la strana capacità di aprire tutte le porte del mito sottile di Trieste mantenendone l’arcano” (Roberto Masiero). Nel II foglio Parin ridisegna elementarmente la sua città anticipando i disegni della pazzia di Timmel. (osservazione W.A.) Si nota in primo piano la stazione dei treni con il caffè Fabris: a sinistra i carrozzoni ferroviari e a destra i manzi ed i cavalli della stazione. Si succedono sul foglietto da sinistra a destra il tram, San Giusto, una casa C.A., Campo Marzio. Alle loro spalle sempre da sinistra a destra via Chiozza, Sant’Andrea, Barriera, Corso V.E., via Commerciale, Viale Miramar, Via Coroneo; a destra si intravede il Ponte V. e più lontano la Riva, il Molo dei B., il Molo A , il Mare nel quale si nota un vaporetto, il Castello di Diramare, la Sansa, Grignano e quasi corrispondente alla linea dell’orizzonte la la scritta “la mia tragedia”. Tutti è indicato con scrittura in stampatello. Didascalia: [Il Parin ridisegna la sua città guardandola dall’alto. Nel fondo il mare. Tutto per dire che la sua tragedia, forse amorosa, era a Grignano. Una tragedia disegnata con mano infantile. Strano e inquietante intreccio]. Nel III foglio: in alto la scritta Jupiter; più in basso a destra in ordine: Tiziano, Balzac, Tintoretto, J.S. Bach, Claudio Mantenga (?), Mallarmè; sotto due ritratti maschili appena abbozzati. [Parin costruisce una mitologia privata nella quale si incontrano le divinità “antiche” e alcune figure dell’arte moderna. In lui, come per molta parte della cultura ottocentesca, è avvenuta compiutamente una divinizzazione dell’arte e del genio. Per lui l’arte è il luogo della somma potenza e della proteiforme creazione]. (Roberto Masiero) Nel IV: in alto la scritta Apollon; più sotto a destra Mozart, Raffaello (data 26 VIII). [Nella sua mitologia Parin individua in Mozart e Raffaello, il momento della somma armonia, il luogo dove domina Apollo. Musica e pittura si ritrovano così unite sotto il regno del dio della misura. Ma Dionisio è in agguato ]. (Roberto Masiero) Nel V si nota la data 28 VIII; ci sono due disegni: una figura femminile e un volto maschile. [Mentre tutte le altre divinità trovano nell’arte moderna delle figure corrispondenti, ciò non può accadere per Venere. L’arte moderna è il regno della potenza e non della femminilità. Ad essa, però, spetta un ruolo importante: è, per Parin, oggetto primo dell’arte. Sotto la parola Venus il pittore traccerà allora, con un segno leggero, il fantasma che la sua arte ricorre ]. (Roberto Masiero) VI (data 9 VIII) In alto la scritta Moloch, sotto a destra Strindbergh e Heine. Disegno ombreggiato – testa maschile- Al centro: Non la vedrò più, al suo ritorno tutto sarà cambiato: Era Saturno a dettarmi quella lettera che ha provocato il silenzio assoluto, definitivo, risolutivo. Ella non saprà mai perché e in quali condizioni fu scritta quella lettera. Ero propenso tutto. [Moloch è il dio degli Assiro-Babilonesi. Dio terribile come terribile è per Parin l’opera di Strindbergh e Heine: con l’arte moderna si possono percorrere tutti i sentieri del possibile, anche quelli che conducono all’angoscia o al nulla]. (Roberto Masiero) X Nel suo Olimpo c’è posto anche per il dio degli Ebrei. A lui non si accompagnano nomi di grandi artisti della modernità, ma il Lamento di Geremia. A questo dio ci si affida per le preghiere e non per l’arte. XI La dimensione cosmopolita della cultura triestina del periodo in esame in questa pagina e in quella precedente risulta evidente. Parin è attento sia alle interpretazioni filosoficamente sconvolgenti che si attuano nel corpus delle poesie di Hölderlin, sia agli itinerari poetici della cultura francese. Qui riporta Verlaine e de Musset. XIV Riporta una delle poesie più problematiche di Hölderlin nella quale si mescolano cristianesimo e paganesimo. Ne svela il dirompente contenuto semplicemente cambiando il titolo originale. Invece di scrivere Brot und Wein scrive Dionysos. Evidente la frequentazione e l’uso provocante della cultura tedesca e dei temi nietzschiani. XV Ritratti e autoritratti sono i temi ricorrenti di Parin. Che cosa possano raccontare i suoi quadri? Lo dice in questo appunto: parlano di “ferro, di fiamma, di desideri, di tormenti, di rassegnazione, di ribellione”. Così per il pittore triestino è “un ritratto completo”. XXIII “Occhi miei, oscurato è il nostro sole”. Così annota Parin, e l’immagine nella pagina inferiore non ha più occhi. XXIV Parin incastra ordinatamente una piccola foto di un suo quadro sul quaderno. L’uso della foto è per registrare la progressione dell’opera pittorica.
ESPOSIZIONI:
1900 Trieste, galleria Minerva, mostra personale, novembre 1901 Monaco, Mostra Secession 1904 Vienna Hagenbund Esposizione Internazionale Monaco Glaspalast Internazionale Kunstausstellung Monaco, galleria Krause 1906 Monaco, galleria Heinemann Francoforte, galleria Hermes&Co., ottobre 1907 Monaco, Früjahrssezession, aprile Monaco galleria Heinemann 1908 Wiesbaden, galleria Banger, gennaio Vicenza, Esposizione regionale (con Wostry) Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino Vienna, galleria Hagenbund, ottobre 1909 Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino 1910 Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, Esposizione di caricature, aprile Capodistria, Prima Esposizione Provinciale Istriana, chiesetta di San Giacomo, maggio (fu premiato con medaglia d’oro e d’argento) Arezzo, sala triestina, agosto Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, esposizione di schizzi e di bozzetti Vienna (?), Neue Freie Presse, ottobre Monaco, Esposizione di artisti triestini, novembre (?) Firenze, sala triestina, novembre Trieste, Mostra di Natale 1911 Trieste, Circolo Artistico Monaco, Glaspalast, Jubilaüums Ausstellung der M.K.G. Parin organizza una mostra di opere di artisti triestini ad Augusta 1912 Monaco, Glaspalast, Kunst Ausstellung, luglio 1913 giugno/ottobre Monaco KgL. Glaspalast XI Internazionale Kunstausstellung medaglia d’oro con Ritratto di signora Espone: Dame in Schwarz (Ritratto di signora in nero) Herrnbildnis (Ritratto maschile) Selbstbildnis (Autoritratto) Bildnis (Ritratto) Bildnis (Ritratto) Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, settembre Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, Mostra di Natale, dicembre Napoli, II Esposizione di Belle Arti del comitato giovanile (Lucano, Sambo e Silvestri allestiscono la sala dei triestini: sono presenti Vittorio Bolaffio, Glauco Cambon, Bruno Croatto, Ugo Flumiani, Marussig, Gino Parin, Vito Timmel) 1914 Monaco, Glaspalast Internazionale Kunstausstellung, giugno, medaglia d’oro (fu in compagnia di Wostry) Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino Trieste, Permanente Concorso Greinitz Mostra di Natale, dicembre 1916 Monaco, Glaspalast Kunst Ausstellung 1917 Monaco, Glaspalast Kunst Ausstellung 1918 Monaco, Glaspalast Kunst Ausstellung 1919 Monaco Glaspalast Internazionale Kunstausstellung 1920 Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, gennaio Trieste, Permanente del Circolo Artistico Triestino, mostra personale, febbraio Trieste, Personale nelle sale del Circolo Artistico Triestino, giugno Venezia, Mostra d’Arte Sacra, settembre Vicenza, Esposizione Regionale 1921 Firenze, Mostra primaverile Roma, Prima Biennale Romana d’Arte Portorose, Casinò Municipale (accanto a Carlo Wostry, Bruno Croatto, Guido Grimani, Ugo Flumiani) Trieste, Permanente del Circolo Artistico di Trieste, settembre Trieste, Salone Michelazzi, mostra personale, dicembre Trieste, Mostra di Natale 1922 Venezia XIII Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia espone Autoritratto e La signora del ventaglio Trieste, Mostra personale, Salone Michelazzi 1923 Torino, Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arti Figurative, medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione con Rosa e Nero Roma, II Biennale d’Arte Romana d’Arte Trieste, Mostra di Natale 1924 Monza, Mostra del ritratto femminile contemporaneo, maggio Venezia, XIV Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia, espose Ombra e Luce e Ritratto Trieste, La Grande Fiera Rustica al Circolo Artistico Triestino Trieste, I Biannuale Circolo Artistico Trieste, I Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico, settembre Trieste, Salone Michelazzi, ottobre Trieste, Salone Michelazzi, dicembre Trieste, Mostra di Natale 1925 Roma, III Biennale Romana d’Arte, giugno Torino, Esposizione Nazionale Annuale d’Arti Figurative Trieste, II Esposizione Biannuale al Circolo Artistico Trieste, sala Vianello la Permanente, marzo Trieste, II Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico (controllare!!!) Fiume, I Esposizione Internazionale Belle Arti Trieste, Permanente di via Santa Caterina 1926 Trieste, V Esposizione d’Arte al Giardino Pubblico Torino, Esposizione Annuale Nazionale d’Arti Figurative Padova, Esposizione d’Arte delle Tre Venezie, aprile Pittsburgh, XXV Internazionale d’Arte “Russian Lady” Padova, Triveneta d’Arte Trieste, sala Vianello, ottobre Chicago, Carnegie Institute 1927 Trieste, Salone Michelazzi, gennaio Firenze, Palazzo Pitti, Esposizione Nazionale d’Arte, aprile Roma, Prima Esposizione Nazionale d’Arte Marinara Torino, Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arti Figurative Trieste, Giardino Pubblico, Esposizione Autunnale d’Arte, ottobre Trieste, I Intersindacale Giuliana (verificare se è la stessa di ottobre 1927!!!!) 1928 Budapest, Casa Modiano, marzo Venezia, XV Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia (o XVI BIENNALE ??? Verificare!!!)espone Ombre, Sera, Dialoghetto, Elena Trieste, II Intersindacale Giuliana Trieste, Giardino Pubblico, II Esposizione Sindacale Regionale Fascista di Belle Arti, settembre 1929 Trieste, Salone Jerco, settembre 1930 Trieste, IV Intersindacale Giuliana Venezia, XVI Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia espone La Sibilla, Nero e Bianco Roma, Mostra personale al Circolo di Roma (“Il Piccolo” 11/3/1930). Espose il Ritratto di Mosconi, il Ritratto di Flora Mosconi compiuto a Trieste quando il ministro era Governatore della città, un Autoritratto, il Ritratto della signora Grioni, il Ritratto della signora Borelli, il Ritratto della contessa Grajelli-Berni, il Ritratto della principessa Torretayo (pastello), L’Antiquario e Concerto a teatro.. Tra gli schizzi: Domino giallo e Ballerina in veste rosa. Trieste, Salone Michelazzi, Mostra Natalizia 1931 Trieste, V Intersindacale Giuliana 1932 Venezia XVII Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia espone S. E. Ministro Antonio Mosconi-Ritratto Trieste VI Intersindacale Giuliana 1933 Trieste, VII Intersindacale Giuliana Trieste, Mostra del Ritratto Femminile 1934 Trieste, VIII Intersindacale Giuliana Trieste, Mostra del Mare, giugno 1935 Venezia, Mostra dei Quarant’anni della Biennale Trieste, IX Intersindacale Giuliana 1936 Trieste, X Intersindacale Giuliana 1937 XI Intersindacale Giuliana, Castello di San Giusto 1941 Trieste XV Intersindacale Giuliana 1946 Trieste, Galleria d’Arte San Giusto (Trieste Corso n.11) – Mostra commemorativa Possiedo il Catalogo (opere esposte: Autoritratto, Figura, Rosa e Nero, Ritratto, Autoritratto 1943, Ritratto, Interno, Ritratto, Sorriso, Testa di vecchia, Riposo, Autoritratto 1936, Ritratto, Cristo, La servolana, Maternità, Ritratto, Rose, Geremia, La chitarra, Contesa, Ritratto, Ritratto, L’antiquario, Servolana, La modella, L’autunno, Ritratto, Sibilla, La signora piumata, Ritratto. 1961 Trieste, Sala Comunale d’Arte, mostra di autoritratti 1977 Trieste, I triestini nel cartellonismo 1979 Trieste, Castello di San Giusto, Artisti triestini ai tempi di Svevo 1982 Trieste, Stazione Marittima, Arte nel Friuli Venezia Giulia 1990-1950 Barcellona, Mostra Internazionale Parigi, Mostra Internazionale Atene, Mostra Internazionale 1992 Trieste, Civico Museo Revoltella, Il Mito Sottile Opere esposte alla mostra Il Mito Sottile (Trieste, 1992) Donna seduta, olio su tavola, cm41xcm70, Trieste coll. Anninger-Annieri Notturno, olio su tela cm93xcm74, Trieste, CMR Vanità, olio su tela, cm167xcm190, Trieste coll. Giampaolo Di Bin 1999 Budapest Pittura triestina tra ‘800 e ‘900
BIBLIOGRAFIA
Sibilia S. Pittori e scultori di Trieste, Milano L’Eroica, 1922 Carlo Wostry Storia del Circolo Artistico Triestino, p. 219 (ritratto), 231, 241 De Tuoni D., In memoria di Gino Parin pittore illuminato, “Il Nostro Avvenire”, Trieste, 3 giugno 1945 Mostra del pittore Gino Parin, Galleria d’Arte San Giusto (catalogo Mostra Postuma), testo di Remigio Marini 1946 Vernice n.° 1 Roccia Marina “Aspetti problematici dell’opera pittorica di Gino Parin” tesi di laurea (rel. Prof. Decio Gioseffi), Università di Trieste, Facoltà di Lettere e Filosofia a. 1977/1978 Da Nova R. Una tesi di laurea sul pittore Gino Parin, “Arte in Friuli Arte a Trieste”, n. 4 (1980) Arte nel Friuli Venezia Giulia 1900-1950, catalogo della mostra, 1981 - 1982 La pittura in Italia. Il Novecento, 4 vol. Milano, 1992, vol. 1 t.II, Abrami Resciniti I Grandi Vecchi. Dipingere in tarda età. Catalogo della mostra Trieste 1991 Ruaro Loseri L., Ritratti a Trieste, Roma 1993 Arte e Stato. Le esposizioni sindacali nelle Tre Venezie, catalogo della mostra 1997, Milano Abrami Resciniti I Grandi Vecchi. Affetti. Ritratti di coppie e quadri di gruppo a Trieste, catalogo della mostra Trieste 1998 S. Gregorat, Gino Parin, in Shalom Trieste, catalogo dellea mostra, Trieste, 1998 Simbolismo Secessione Jettmar ai confini dell’Impero, Gorizia 1992
L'estesiologia vagamente erotica nei colori della tavolozza di Maddalena (Magda) Springer. (Trieste 1909-1979)
A quarantacinque anni circa, nel momento di raggiunta maturità artistica e di assoluta completezza pittorica, ma nel contempo allertato dai primi perfidi, quasi impercettibili sintomi di prossima se non immediata decadenza fisica, Friedrich G. Pollack (Trieste 1876 - Bergen Belsen 1944), pittore meglio conosciuto con lo pseudonimo Gino Parin (desunto forse dal cognome di Scomparini che fu suo maestro) incontra Maddalena Springer, creatura minuta, deliziosa, avvenente. Avvezzo nel cogliere con uno sguardo quasi impercettibile ciò che su di se esercita da sempre il fascino femminile e costantemente teso a 'rapirÈ per le sue tele le emozioni incantevoli e i sussulti che suscitano le donne, Gino trova subito Magda (così lei viene comunemente chiamata!) interessante, particolare, soprattutto diversa nello spirito dalle donne che abitualmente frequenta. Lui semita vizioso, lei di origine tedesca (strano caso di un imprevedibile destino!), carattere fermo e deciso: fuggevole e impenetrabile talvolta, ma estrosa al punto da incuriosirlo Magda ventenne è l'espressione più pura della gioventù, è brillante, curiosa, d'intelligenza vivace; nel dialogo le sue battute sono sibilline, acute. È appassionata di pittura e attratta dalla materia venata di lussurie di Parin che, come lei, ama i colori 'caldi' degli interni e le atmosfere particolari, ambigue, sanguigne. La ragazza è abituata al lusso della sua ricca famiglia: il nonno è un antiquario famoso, suo padre, Giovanni, ha uno studio dentistico assai noto in piazza della Borsa. Magda, primogenita di quattro fratelli (Renata, Necki e Hausie) vive in Villa Maria con cameriera, cuoca e altro personale di servizio pronto a soddisfare ogni desiderio di sua madre. Forse è viziata, ma la sua educazione è comunque severa e lei cresce e vive 'tra cimeli d'arte e libri'. Non solo: suo padre è un entomologo, colleziona farfalle (e anche minerali meno delicati degli insetti) e ancor bambina egli le insegna ad osservare particolari minuti del reale cosa che diventa per la fanciulla esercizio quotidiano. Seduta al tavolo di pietra del giardino di casa, sotto un bel glicine, Magda impara a guardare forme e colori, a dare un senso grafico a quei fiori che amerà sempre e dipingerà per tutta la vita. Essi saranno, alla fin fine, il soggetto più spontaneo, più ovvio della sua pittura, talvolta anche il più banale e stucchevole talaltra il più sensuale e perverso. Più Parin frequenta la Springer, più la indaga nell'intimo, ne capta gli umori e percepisce in maniera positiva anche la sua naturale durezza, più al pittore piacciono i grandi occhi neri di Magda: essi pure scrutano, raccolgono nobilmente le gestualità, recepiscono non solo le 'tentazioni' delle mescole, ma anche i tremori delle labbra, le sensazioni inesprimibili e s'impossessano disinibiti di un'occhiata pervasa di libidine, rendono propri i silenzi, le lunghe pause comunicative. Talvolta essi, abbassati verso i pennelli, verso i colori sparsi sul banchetto di lavoro, lasciano liberi gli altrui sogni e i desideri. Il giorno in cui Magda chiede a Parin di realizzarle un ex libris il pittore pensa ad una gatta simbolica, e caratterizzante la sua femminilità aggressiva, ma anche dolce (quella che i gentili lettori dei miei articoli trovano in alto in questa pagina ormai da più di un anno e che “Il Massimiliano” ha adottato). Senza esitazione Parin traccia il piccolo felino frontalmente, seduto sugli arti posteriori sopra uno spesso volume, ma eretto come divinità egizia, allertato, la zampa destra in atteggiamento fiero, mascolinizzato e quella sinistra sospesa, pronta ad un gioco sinuoso o ad un graffio penetrante. Gli occhi della gatta rivolti all'osservatore infine, grandi e quasi fiabeschi come nelle rappresentazioni sumere. Alle spalle dell'animale Parin disegna una larga tavolozza, feticcio tutelare di intime confidenze, di segreti. Non a caso anche Sigmund Freud del quale essi spesso parlano con l'amica Otty Stock (sebbene quest'ultima prediliga Adler nella triade della grande Scuola di psicologia di Vienna), osserva che gli occhi hanno un ruolo importante nell'introdurre l'eccitazione sessuale; essi, nota il medico austriaco fondatore della psicoanalisi (e così pensa Parin!) sono la zona più lontana dall'oggetto sessuale, ma sono anche la zona che è soggetta ad essere la più frequentemente stimolata dalla particolare qualità dell'eccitazione .Ma sul concetto di Bellezza freudiano e sulle 'attrazioni 'pariniane non è qui luogo di dire. Sta di fatto, comunque, che Parin esercita su Magda ammirazione e una sorta di incantamento per la forte personalità (egli era famoso a Monaco dove aveva studiato per cinque anni all'Accademia era stato introdotto da Raupp in una delle più celebri associazioni artistiche della città la Munchener Kunstler Genossenschaft e nel 1913 aveva pure vinto una medaglia d'oro all'Internazionale, quanto in riva all'Adriatico!) e Magda più che un'ebbrezza su di lui che , come suggerisce oggi un'amica di entrambi desiderosa di rimanere nell'anonimato, "non era vecchio al punto di non interessarsi alla bellezza di lei" e al magico transfert di gioventù. Con il passar del tempo, infatti, tra la Springer e Parin s'insinuano armonie estetiche e simbiotiche melodie: se ne parlava allora nei frivoli salotti borghesi di Trieste forse immiseriti dal pettegolezzo provinciale e lontana reminescenza di quelli francesi (della marchesa de Rambouillet per esempio), ma caratterizzati comunque da una raffinata commistione di erotismo e intellettualità cosmopolita. Sta di fatto che, sebbene per motivi del tutto diversi, l'incontro portò giovamento ad ambedue, ma per quanto riguarda esclusivamente la pittura l'unico vantaggio, come è ovvio, lo trasse l'allieva. Ma fino a che punto? A contatto con Parin Magda consolidò le esperienze precedenti acquisite sia all'Accademia di Belle Arti di Firenze sia presso lo studio del pittore-incisore Edmondo Passauro (Trieste 1893- 1969) alla fine degli anni Venti, prima che egli lasciasse l'Italia per recarsi in Belgio dove andò a stabilirsi. La Springer fu certamente suggestionata e invogliata da Passauro: le lezioni di pittura nella sua 'scuola' la avvicinarono ad altri giovani, si misurò con essi, cominciò a prendere dimestichezza con i pastelli, con le matite grasse e i carboncini prima di prendere in mano i pennelli. Ma la li prese con pertinacia e fu incoraggiata a farlo da quell'uomo onesto e capace, ordinato anche se un po' lezioso. Ma se la scuola di Passauro da un lato la costringeva a disegnare e a riflettere, per altri aspetti essa non era in grado di darle (e lei se ne rendeva conto!) la sintesi chiara e precisa dei suoi reali intendimenti. La interessavano, più che la pittura di Passauro, il modo con cui egli affrontava i suoi soggetti, ma sentiva poco congeniali le sue pennellate, estranee le sue espressioni pittoriche fredde, basate sulla tecnica e assai meno sul sentimento: quello che invece le trasmettevano le opere di Parin, materializzate in colori che svolgevano ruoli fondamentali nella parimenti propria estesiologia erotica; nei quadri del maestro Magda imparò a capire che nel corso del tempo i colori subiscono slittamenti di significato, che nella tradizione ebraica 'Adamo' significa 'rosso' e 'viventÈ. Capì che il rosso (o meglio la vasta gamma dei rossi!) era usata dall'ebreo per esaltare la passione ed esorcizzare la morte, che l'azzurro e il rosa sono colori sentilmentalmente piacevoli, ma casti, che il bianco è indice di purezza, l'azzurro simbolo della spiritualità e il nero il colore del potere severo e cupo. La Springer espose dunque più volte alla Permanente e in mostre personali a Trieste nel 1934 e 1941. Più che i suoi soggetti furono i colori della sua tavolozza a risentire di ciò che seppe insegnarle il Parin, ma mai si avvicinò veramente a lui per lo spessore della pittura perchè i suoi quadri non hanno forza, non hanno spiritualità e non parlano 'di ferro, di fiamma, di desideri, di tormenti, di rassegnazione, di ribellionÈ. Magda disegnò con costanza, affrontò pure molti soggetti mediovaleggianti o d'impronta storica seguendo le orme di Dante Gabriele Rossetti e d’altri pittori preraffaelliti inglesi, ed eseguì tanti nudi femminili che non sono mai apparsi al pubblico dopo la sua morte; la maggior parte dei suoi lavori non è ancora stata studiata né catalogata sicché l'unica modesta fonte di documentazione è ancora il catalogo di una mostra retrospettiva del dicembre 1982 tenutasi presso la galleria d'arte 'Al BastionÈ e fermamente voluta da due sue splendide compagne di anni felici. La Springer ci ha lasciato diversi autoritratti (alcuni ad olio altri eseguiti con tecniche miste o semplicemente a sanguigna o con le matite), alcuni validi ritratti pure storicamente importanti come quello della pittrice amica Maria Lupieri e di Gino Parin. Tra gli altri sono da ritenere pittoricamente più vitali e meglio riusciti 'L'AironÈ oscuramente simbolico e il ritratto della signora Lali Slavich. Nel lontano 1934 il Benco, assai magnanimo nei suoi confronti in una critica apparsa su Il Piccolo, ne rilevò 'il sentimento robusto della linea e della sostanza coloristica' e altri come Guido Sambo, Ota Samengo ,Remigio Marini e lo stesso Gino Parin scrissero in toni positivi della sua pittura. A distanza di anni la pittura della Springer che affrontò anche paesaggi, nature morte ben calibrate e spesso 'tagliatÈ con gusto, soggetti religiosi e mitologici, va senza dubbio ridimensionata anche se è giusto riconoscerle, nei lavori più coraggiosi come la Bagnante, il vigore di tono e la plasticità erotica per l'incorporarsi del colore ai corpi femminili che lei sentiva vicini. Piace qui ricordarla puntualissima nella attesa dell'amica Vera e di suo marito Francesco Cisco che andavano a prenderla con una lucida Fiat Topolino per portarla a cena. La ricordano ironica e cordiale mentre apprezzava la buona cucina, fumava una sigaretta e bevevo un classico whisky.
Non è sulla tela perché non è mai esistito! .
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