Oscar Hermann Lamb Lo snob dagli occhi di ghiaccio inebriato dal torbido fascino femminile
Walter Abrami
Trieste ottocentesca fu terra di grande immigrazione; per l’intensa attività commerciale in special modo marittimo-portuale che vi si svolse, divenne per molti individui scaltri luogo di fulminee fortune per altri meno intraprendenti microcosmo di disgrazie. Circa un decennio fa, parlando di quegli uomini che resero quantomeno singolare la città, il professor Gioseffi, presentando in catalogo una mostra di ritratti di quell’epoca, scrisse con acuta ironia che all’ombra di San Giusto “capitava spesso al nobile squattrinato, cavaliere del Sacro Romano Impero e imparentato (in linea di dodicesima o quindicesima magari) con la famiglia reale, di chiedere in moglie la figlia del re dei formaggi o delle giarrettiere o dei ricambi marittimi ovviamente non nobile, ma sicuramente ricco quanto bastava per condurre una di codeste alleanze.” Per altrettante imprevedibili e talora inverosimili coincidenze (che spesso furono tali solo in apparenza!), nacquero a poca distanza dal castello di Miramare che Massimiliano volle far erigere, pittori come Oscar Hermann Lamb o vissero ed esposero nel XX secolo artisti piuttosto noti quali il russo Alessio Issupoff; di loro si sono perse inevitabilmente molte memorie, ma sono rimasti presso numerose famiglie e in diverse collezioni private - più che nei musei cittadini com’è del resto comprensibile! - un numero imprecisato d’interessanti dipinti. Forse Lamb non produsse molto e la scarsa presenza d’opere sul territorio non favorì né la conoscenza dell’artista né la commercializzazione dei suoi quadri, ma è anche possibile, nonostante le tragiche perdite del patrimonio artistico avvenute durante le due guerre, che la maggior parte dei suoi dipinti sia ancora conservata altrove probabilmente in Austria, Germania o Inghilterra. Nel 1991 i membri del comitato scientifico della mostra Il Mito Sottile. Pittura e scultura nella città di Svevo e Saba ebbero il merito di “rispolverare” l’artista e di esporre presso il Museo Revoltella cinque sue opere: se così non fosse accaduto, l’oblio generale sarebbe stato pressoché inevitabile. I due Ritratti femminili, Il nudo con manichino, la Donna con paesaggio e Paesaggio invernale dei quali Patrizia Fasolato rilevò la “fusione elegante e raffinata di una classicità accademica pronta a divenire Novecento” sono rimasti impressi nella memoria di molti visitatori e d’altrettanti appassionati; a distanza di anni si può forse aggiungere qualcosa a quanto è stato detto dalla studiosa e da Roberto Curci in particolare. Ciò principalmente allo scopo di far conoscere ad un pubblico più numeroso e valorizzare ulteriormente la figura di questo pittore rigoroso e disinibito, anticonformista e audace che amò dipingere soprattutto le donne e che al gentil sesso sicuramente piacque per la sua figura alta, slanciata, signorile.
Ma che tipo fu Oscar Hermann Lamb?
Sergio Sergi eseguì una xilografia che lo rappresenta per il libro di Salvatore Sibilia Pittori e scultori di Trieste e del pittore esiste pure un suo autoritratto a matita nella Storia del Circolo Artistico Triestino di Wostry. In entrambe le esecuzioni, i lineamenti sono severi, lo sguardo intenso, duro; il pittore porta i capelli corti e una scriminatura centrale. La sua figura è quella di un elegante, raffinato gentiluomo: si direbbe inglese, più che tedesco (e inglese – si vedrà – fu per parte di madre). Ebbe gli occhi chiarissimi e i capelli assai precocemente incanutiti, di un candore quasi da albino; i tratti del volto fermi e nobili. Un uomo di gran classe - si favoleggia - e ”di rigorosa eleganza formale nella declinazione di un nitido lessico secessionista e simbolista”. Nonostante l’interesse verso la sua pittura sia certamente in crescita soprattutto a causa dei valori commerciali recentemente raggiunti dai suoi quadri, uno studio approfondito sull’artista è al momento del tutto improbabile; ai curiosi lettori del “Massimiliano” piace rievocare l’ambiguità di molte sue figure femminili dal fascino ariano come quelle che dipinse nella stupefacente Conversazione del 1923. Così si può dire anche della donna dipinta nel 1930 nell’ Assoluto. Nell’acquerello Lamb colloca una bellissima fanciulla nuda seduta di trequarti in primo piano con le gambe leggermente divaricate e alle sue spalle un’amica sensualmente coperta da una leggera veste trasparente, nel secondo dipinto una modella dallo sguardo fiero è ripresa frontalmente e indossa un corpetto lievemente scollato; alle spalle si osserva uno scenario alpino. Fu una caratteristica di Lamb quella di dipingere in lontananza un paesaggio accessorio e spesso complementare di opere che ponevano l’accento sulle figure femminili interpretate attraverso il prisma dei suoi sensi. Donne di conturbante ieraticità come la Danzatrice nuda che, esposta verso la fine degli anni ’30 nella Galleria triestina di Michelazzi fu sequestrata per oscenità assieme ad una scultura di Mascherini (provvedimento subito revocato) o nel dipinto del 1933 che rappresenta enigmaticamente due amiche lesbiche (?) dipinte ai lati di una Coppa verde.
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