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Giuliano Confalonieri

 

 

 

MUNCH - LIGABUE

 

Può sembrare un connubio artistico azzardato

ma ambedue i pittori hanno in comune l’eccesso

sia personale che espressivo

 

 

 

Edvard Munch (1863/1944)

Pittore e incisore norvegese che studiò alla Scuola Reale di Disegno a Oslo. Dopo un primo incontro con l’arte, esordì con soggetti naturalistici fino ai viaggi compiuti in Francia, Italia, Germania che lo avvicineranno alla corrente impressionista (si interessò dei lavori di Manet, Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Gauguin, Degas). Voleva esprimere il senso tragico della vita e della morte espressa anche dalla letteratura nordica, da Ibsen – per il quale realizzò manifesti e scenografie – al simbolismo all’erotismo. La sua mostra a Berlino alla fine dell’Ottocento scandalizzò l’opinione pubblica. A Oslo decorò l’Università ed una fabbrica con alcuni affreschi. Poema dell’amore, della vita e della morte, Il bacio, Il grido, Malinconia, Fanciulle sul ponte hanno colori irreali, allusivi di una desolata malinconia. Dopo la grave malattia nervosa del 1908, iniziò una serie di pitture ispirate al mondo operaio e industriale: lo sfaldarsi dei contorni e l’erompere violento del colore fanno avvicinare l’artista all’espressionismo (Ragazza seduta sul letto, Autoritratto tra la pendola ed il letto. Similmente l’opera grafica di Munch – 15.000 incisioni in nero e colori e le illustrazioni per I fiori del male di Baudelaire – è il completamento di un iter espressivo straordinario. Immagini allucinate, espressioni di un tormento interiore, personaggi la cui sofferenza è evidente e non retorica. Ritenuto il pittore dell'angoscia perché è interessato solo a temi come vita e morte, forse degnato dalla morte precoce della madre e della giovane sorella tubercolotica. Frequentò l'Accademia di belle arti di Oslo con una borsa di studio. Frequenta l'ambiente artistico di Oslo e poi si reca a Parigi  dove approfondisce la tecnica. Espose a Berlino una cinquantina di dipinti e il giudizio della critica è così drastico che dopo una sola settimana la mostra viene sospesa. La fama sopravvenuta in seguito dà la felicità; abuso di alcolici tanto da essere ricoverato in una casa di cura per malattie nervose a Copenhagen (famosa è una foto nella quale sferruzza con la lana, una cura distensiva per chi soffriva di malattie nervose. Nel 1914 la sua arte viene accettata anche dalla critica. Membro dell’Accademia tedesca delle arti e socio onorario dell’Accademia di Monaco di Baviera, nel 1937 conosce le prime persecuzioni naziste poiché il regime definisce degenerate 82 opere esposte nei musei pubblici della Germania e ne dispone la vendita. Nel 1940, quando i Tedeschi invadono la Norvegia, l'artista rifiuta qualsiasi contatto con gli invasori. Morì nel 1944 donando i beni e le opere al Municipio della capitale: oltre 1100 quadri, molti quasi rovinati, perché li lasciava volutamente all'aperto per un trattamento che  chiamava "cura da cavalli". Oslo in occasione del centenario della nascita, gli dedica un apposito museo nel quale è conservata anche la serie Il fregio della vita che realizzò alla fine del XIX secolo, tele enormi dove l'artista cerca di comunicare la sua visione finale della vita, intesa come il rigenerarsi di amore e morte. Altri dipinti si trovano nella Galleria Nazionale della capitale norvegese; da ricordare Il sole una enorme tela che accoglie gli studenti dell'Università di Oslo.

 

 

 

Antonio Ligabue (Zurigo 1899/1965)

Nato a Zurigo e registrato come Laccabue all’anagrafe per problemi di un affido non legittimato, il ragazzo di lingua tedesca e già con problemi psicologici, verrà internato in un istituto per handicappati. Riuscirà a superare solamente la terza elementare e pur risaltando per l'irrequietezza e la cattiva condotta esprime abilità nel disegno che lo porterà da adulto — quando assumerà il cognome di Ligabue — a diventare l’artista conosciuto in tutto il mondo. Espulso dalla Svizzera per colpa della madre adottiva, viene condotto dai carabinieri prima a Como e successivamente in un Comune della Bassa reggiana. Istigato dall’inquietudine, fugge per ritornare nel nebuloso ricordo che ha della vita elvetica ma viene riportato sotto la tutela del Comune natale che, però, non riesce a dargli la necessaria assistenza. Sopravvive lungo le rive del Po con l'ansia di eternare le proprie pulsioni interiori e perciò comincia a creare malgrado le difficoltà della vita randagia. Da una parte il limite della pazzia, dall'altra lo stimolo di produrre quadri nei quali identifica se stesso e le proprie manie in quadri raffiguranti animali esotici (“Io so come sono fatti anche dentro”) con una violenza cromatica estrema. Sporco, selvatico, il corpo consunto per l’infanzia stentata, il gozzo ed il naso camuso che tentava di raddrizzare colpendosi con poderosi colpi di pietra. L'arte di Antonio nasce sulle sponde del Po modellando animali d’argilla che barattava con il cibo dei contadini. Il grande fiume lo avvolge con atmosfere primordiali in sintonia con la sua natura. La genialità della sua pittura è l'altra faccia di un Giano bifronte che lo salva dalla disperazione. Amava la solitudine del bosco, scorrazzava con la Moto Guzzi Rossa sui viottoli di campagna, ulteriori conferme di un uomo diverso che resterà uno dei grandi enigmi del nostro tempo. Dai cavalli e buoi al lavoro del primo periodo alle tigri dalle fauci spalancate, i leoni mostruosi, i serpenti e le aquile che ghermiscono la preda o lottano per la sopravvivenza, una giungla che l'artista immagina con allucinata fantasia fra i boschi del Po. Il buon selvaggio, malgrado tutto, riuscì a traslare le proprie inquietudini nell’innato dono di una originalità artistica che lo pone al riparo di ulteriori eccessi che avrebbero totalmente distrutto la precarietà di una psicologia tarata. La critica comincia ad interessarsi del poeta-contadino come incarnazione dell'artista popolare, autodidatta e istintivo. La fama di pittore naif gli procura i primi guadagni e una mostra una personale nel 1961 a Roma e Reggio Emilia pochi giorni prima della morte. Ligabue è un fenomeno unico nella storia dell'arte italiana, un malato, un infelice che si identifica nel mestiere: "Quando dipingeva animali feroci, ne assumeva gli atteggiamenti si identificava in loro, ruggiva come il leone, la tigre e il leopardo quando azzannano la preda imitandoli con una stupefacente conoscenza della loro anatomia, della forza, degli istinti ". Nel 1937 incomincia la Via Crucis nei manicomi per psicosi maniaco-depressiva; durante uno di questi ricoveri, pur facendo da interprete alle truppe tedesche, rischiò severe punizioni per avere colpito un militare con una bottiglia. Dopo la guerra, si diffonde la fama di questo strano personaggio mendico e su di lui e per lui vengono organizzate mostre e realizzati film; il guadagno conseguente e l'autostima non diminuiscono la psicosi naturale tanto da pretendere che l’autista si tolga il cappello quando sale sulla vettura privata. Nel 1962 sarà colpito dalla paresi ed in questa occasione chiese di essere battezzato e cresimato.

 

 

Giuliano Confalonieri

giuliano.confalonieri@alice.it