Maria Lupieri (Trieste 1901 - Roma 1961)

 

Walter Abrami

 

 

 

 

Anima vagabonda, nobile inafferrabile nomade, concreta, decisa, incalzata sempre dal desiderio di “imparare-giocando”, Maria Lupieri fu donna intelligente e colta.

Moderna e spregiudicata ebbe gusti raffinati e le sue espressioni artistiche furono personalissime.

Curiosa, dal carattere socievole fu interlocutrice dai toni quieti.

Amò viaggiare spesso da sola in maniera rocambolesca e poco comune per una donna nei tempi morali in cui visse e conseguentemente, anche per questo, fu narratrice di memorie magiche e straordinarie.

‘Invasioni’ sentimentali devastanti e torbide, rapide ed istintive la resero costantemente attratta dal mistero, dai simboli, dall’ossessione dei Tarocchi; la Lupieri fu personaggio femminile di spicco non solo nella storia delle arti figurative locali (soprattutto fra le due guerre), ma anche, per certi aspetti ancora poco conosciuti della sua molteplice attività, di una dimensione culturale più vasta.

La sua pittura alternò momenti espressivi ricollegabili al liberty, al surreale e all’informale ma non fu eslusivamente pittrice-decoratrice, ebbe interesse per l’occultismo e la magia e, come Freud, si appassionò ai Tarocchi: scrisse Il libro dei sogni che raggruppa racconti onirici e che fu pubblicato appena nel 1975 dopo la sua morte, collaborò con varie riviste tra le quali Fantasie d’Italia, Lidel, Sovrana, giornali locali e nazionali, frequentò ‘salotti’ che godettero presenze invidiabili di pittori e scrittori di spicco, conobbe personaggi illustri, e tenne con alcuni di loro rapporti epistolari.

 

 

La vita? Un gioco di carte!

 

Maria Lupieri nacque a Trieste il 10 ottobre 1901 prima di quattro figli. Il padre era costruttore nelle cave di pietra d’Aurisina. (una sorella, la signora Elena Lupieri Carbonaro, ha lasciato molte testimonianze), fu coetanea di Lannes Mario, Franco Asco, Gianni Brumatti, Argentina Cerne, Vittorio Cocever, Vittorio Cossutta, Romeo Daneo, Nino Ferenzi e Nino Poliaghi per citare alcuni artisti locali della sua generazione.

Crebbe nell’ambiente della borghesia liberale e irredentista di allora e fu spesso ospite del nonno materno Ugo Bedinello, ex-ufficiale della Marina Italiana all’Accademia di Venezia, nella signorile Villa Caccia di via della Ginnastica.

Compì i primissimi studi a Trieste e manifestò quella passione per la lettura che ebbe per tutta la vita e che la spinse a cercare rifugi in dimensioni irreali e fantastiche: per l’artista, infatti, ogni oggetto era fantastico o poteva divenire tale.

In età adulta creò originali racconti e in un’intervista del novembre 1958 così ebbe a dire: “…Dipingevo fin da bambina (…) raccontavo delle fiabe disegnandole sulla carta… Un dato della mia pittura concerne l’elemento fantastico: la trasposizione in altre parole, di forme reali su di un piano lirico e magico”.

Manifestò precocemente l’insofferenza verso ogni disciplina, ebbe un’indole esasperatamente individualista e libertaria e una personalità poliedrica e complessa…

Fu insofferente verso la vuota formalità borghese.

Studiò in un collegio a Udine; negli anni della grande guerra rimase separata dalla famiglia e, profuga dal Friuli, fu trasferita a Milano dove fu dapprima ospite presso una famiglia di profughi triestini, poi in un pensionato per ragazze (il Foyer Valdese).

Nella città lombarda conobbe la cantante russa Livia Sigallia (contralto di cui sarà in seguito ospite dopo qualche anno a Curzola; dal soggiorno sull’isola trarrà poi ispirazione per effettuare alcuni disegni, ma anche per scrivere racconti e poesie) e il pittore-scultore Andrea Fossombrone con il quale tenne una lunga e intensa corrispondenza, nonché diversi altri artisti ed intellettuali.

In particolar modo si avvicinò alla cultura russa che esercitò sempre su lei un fascino evidente.

Studiò infatti il russo, lo sloveno e il serbo-croato ma anche il francese, lo spagnolo e il portoghese e si interessò ad ampliare le conoscenze filosofiche, teosofiche ed esoteriche che già allora l’appassionavano.

Rientrò a Trieste nel 1918 e verificò tristemente che le condizioni economiche della sua famiglia erano cambiate; nel dopoguerra, dopo essersi iscritta coraggiosamente alla sezione pittori-decoratori della Scuola per Capi d’Arte anziché alla Scuola Industriale Femminile, concluse i suoi studi nel 1922 (tra i suoi insegnanti vi furono Giuseppe Torelli, Matteo Campitelli e Carlo Wostry con il quale si spinse più volte sulle pendici carsiche durante le uscite didattiche domenicali).

Intanto nel 1921 intraprese un lungo viaggio in Dalmazia con il piroscafo Friuli e annotò in un diario le emozioni provate.

Nel 1922 l’artista ritornò a Milano e iniziò l’esperienza d’arte ne “La Bottega d’Arte” di Rosa Menni Giolli, donna dalle molteplici attività esperta di xilografia (si era diplomata a Brera nel 1911) autrice tra l’altro di Una donna tra due secoli e de Le mie stoffe.

Nel laboratorio di stoffe (non fu solo tale poiché colà erano usati anche i linoleum, la juta, il cuoio, i cartoni, ecc. e si realizzavano pure gioielli, portasigarette, scatole per cipria e oggetti da toilette, disegni su sbalzi, cornici) la Lupieri fu dapprima costretta come un’allieva qualsiasi, a studiare chimica al fine di tingere con i colori vegetali, animali e sintetici e geometria per stampare senza improvvisazioni, ma divenne in breve tempo un’infaticabile, entusiasta collaboratrice ricca d’idee e di felicissimi intuiti.

Tra il 1923 e il 1924 le due donne, che avevano avuto contatti con Gabriele D’Annunzio, eseguirono diverse opere per il Vittoriale (alcuni tendaggi e coperte e persino vestaglie e pigiami di seta per il viziato poeta) riconoscibili dal marchio caratterizzante: una piccola rosa in un ovale con la scritta Le stoffe della rosa.

L’esperienza lavorativa milanese si protrasse fino al 1929 quando l’impresa fallì nonostante i tentativi di industrializzare e commercializzare prodotti di qualità.

La Lupieri collaborò soprattutto con suggerimenti artistici; in quel periodo scrisse vari articoli per riviste specializzandosi nel settore; in quegli anni, infatti, la bottega lombarda era l’unico laboratorio italiano d’arti applicate. Inoltre a Milano la Lupieri frequentò gli architetti Giò Ponti, Giuseppe Pagano e Luciano Baldessari e uomini d’arte quali Agnoldomenico Pica ed Edoardo Persico. Conobbe Lilli Maggi, nipote della Giolli, che divenne sua grande amica negli anni Quaranta.

Nel 1925 la Lupieri fu in Trentino Alto Adige e a Trieste incoraggiata da Ugo Flumiani espose per la prima volta nel 1926 alla Permanente.

Nel 1927 entrò per un anno nel celeberrimo teatro “La Scala” con l’incarico di aiuto scenografo, passione che aveva sempre coltivata ed esperienza di vita che le sarà utile in seguito, e partecipò al Concorso disegni per decorazioni promosso dalle Seterie Piatti di Como.

Nel 1930 rientrò a Trieste e tenne un corso di decorazione di cuoio e batik all’istituto “Piccole Industrie”; nel medesimo anno eseguì lavori su stoffe per il piroscafo Conte di Savoia e incominciò un’abbondante produzione pittorica e artigianale. Partecipò ad esposizioni collettive, ad esposizioni sindacali quali la Mostra Permanente di Trieste (dove per Meyrink dipinse tre illustrazioni ispirate dal suo Golem), la Mostra a Castello Sforzesco di Milano e la IV Triennale d’arte decorativa presso la Villa Reale di Monza.

A Trieste riallacciò vecchie amicizie con i pittori Riccardo Bastianutto, Gianni Brumatti, Adolfo Levier, Arturo Nathan, Marcello Mascherini, Maddalena Springer, Vito Timmel ma più fondamentale per lei fu l’incontro con la “sensitiva” Carlotta De Jurco, una nota chiaroveggente, pittrice metapsichica che, ‘ispirata’, rapita da fluidi magnetici, le fece comprendere gli automatismi pittorici che potevano essere suggeriti da figure-simbolo, da chiavi di lettura, codici divini.

A Trieste la Lupieri frequentò anche il salotto letterario di Anita Pittoni (scrittrice-editrice) e s’interessò alle attività della scuola che lei aveva creato in città nel 1929 per la lavorazione manuale dei filati ammirando i suoi “straccetti” d’alta moda, le stoffe d’arredamento, gli arazzi e i disegni confrontandosi volentieri con lei.

La rassegna promossa dall’assessorato alla cultura del Comune di Trieste con la Biblioteca Civica Attilio Hortis in collaborazione con i Civici Musei di Trieste nel marzo del 1999 riguardante l’attività di Anita Pittoni ha documentato ampiamente i possibili reciproci interessi delle due donne.

In città la Lupieri seguì pure il “Corso di Nudo” di Carlo Wostry presso il Circolo Artistico di Via Coroneo ed ebbe modo di conoscere la pittrice-ceramista Maria Pospisilova, esponente del gruppo surrealista praghese, autrice di soggetti sensualmente provocatori d’incubi, perverse combinazioni e leggende. La stravagante moglie del console cecoslovacco, rifugiatosi in città per motivi politici, divenne subito sua amica.

Il nuovo importante legame costruito sulla stima reciproca e l’affetto, fu senz’altro corretto e costruttivo per la Lupieri che in seguito seguì da vicino le ricerche pittoriche di Vaclav Spala e di Josef Lada più di altri.

Nel 1931 espose Giganti e pigmei e Marinaio alla Mostra Autunnale d’arte della Permanente, Vita dei cristalli e Ponte all’alba alla V mostra regionale del Friuli Venezia Giulia e fu presente alla prima Mostra Futurista di Trieste con Lava + turbini + velivoli e due motivi decorativi.

L’anno seguente presentò alcune opere a Firenze e Padova.

Nel 1933 con la Pospisilova realizzò due grandi tempere murali alla membranite, un buon mezzo legante, di 3 metri x 1.80, nel padiglione delle mostre annuali al Giardino Pubblico in occasione dell’Esposizione Sindacale Regionale di Trieste.

La Lupieri realizzò Composizione - un paesaggio di Sistiana con barca e donna- e l’amica Giocatori di water-polo. Nell’intendimento delle due pittrici esse dovevano avere una funzione pittorico-decorativa ed essere simili ad un affiche.

Sono di poco posteriori alcuni nudi, e diversi paesaggi quali Città vecchia, Laguna di Grado, Piazza della Borsa dall’alto, Composizione nel Lapidario di Trieste e Vecchio tempio del ghetto e Statua spezzata che rimanda ai contenuti fantastico simbolici dei dipinti di Arturo Nathan e di altri pittori metafisici; nel 1936 realizzò scenografie per l’Elettra di Strass atto I e per il balletto Petrouchka di Strawinskj atto I e Tragedia del Lapidario opera rappresentativa del suo freudiano meditare.

Con la Pospisilova effettuò un viaggio a Praga nel 1937 città nella quale conobbe Karel Teige, architetto e teorico d’arte con il quale mantenne contatti epistolari.

Importanti furono per la Lupieri le letture di Franz Kafka e di Gustav Meyrink; furono anche decisive per la sua formazione, la conoscenza del mondo mitteleuropeo e la simpatia verso la civiltà slava.

Nel 1939 circa fu in Emilia e in Toscana e nel 1941 incominciò a collaborare con “Il Gazzettino” di Venezia; durante la Seconda Guerra Mondiale, due anni dopo l’entrata in guerra dell’Italia circa alla fine del 1942 (anno che la vide presente con un nucleo consistente d’opere - tempere, oli e disegni a china - alla Permanente di Milano e partecipe alla Quadriennale romana), fu ospite di Lilli Maggi nella bellissima villa sul lago d’Orta (soggiornò cinque anni!).

La Lupieri partecipò attivamente alla Resistenza, aiutò la compagna nel suo impegno antifascista (nella villa furono spesso nascosti partigiani sospetti), ma ciò che più a noi interessa per inquadrare l’artista, è che in riva al lago, oltre ad una produzione paesaggistica, dipinse diverse serie di Tarocchi commissionateli sia dalla Maggi, esperta conoscitrice di pratiche magico esoteriche, sia dalla Giolli, pure lei appassionata dalle pratiche di divinazione, dai rituali magico-brasiliani, dai simboli delle carte con le quali la Lupieri, abili cartomante dagli occhi magnetici, prediva il futuro. Sono infatti le opere eseguite nel decennio 1940 – 1950 quelle che interessano maggiormente la critica e la mettono in felice risalto.

Dopo aver partecipato alla Mostra di dodici artisti triestini a Lubiana (1945), ritorna dunque a Trieste (1946) e affitta un minuscolo studio che diventa anche la sua abitazione, al numero 30 di Via Mazzini, dove pure lavoravano altri colleghi tra i quali Nino Perizi.

Cercò di collocare i suoi dipinti per superare un momento economico piuttosto difficile e collaborò come critica d’arte sia a “Il Corriere di Trieste” che alla rivista “Ponterosso.” In città frequentò tra gli altri Luigi Spacal, Ugo Carà, Marcello Mascherini, Linuccia Saba e Carolus Cergoly: soprattutto a questi ultimi due fu affettuosamente legata.

Partecipò nuovamente alla Quadriennale romana, ritornò a Praga una seconda volta e nel 1948 espose A guardia del lago alla XXIV Biennale di Venezia.

S’interessò alla psicoanalisi e predilige le letture di Freud, Jung e quelle di Nietzsche nelle quali il filosofo formula la teoria della bellezza e perfezione del sogno come fonte di ispirazione per l’artista.

Nel 1950 si recò in Valcamonica dove fu attratta dalle incisioni rupestri e negli anni seguenti alternò lunghe permanenze a Trieste con soggiorni a Milano, a Roma e occasionalmente a Lugano per raggiungere la Pospisilova che là si era trasferita.

Effettuò il primo viaggio a Parigi nel 1953 e ritornò nella metropoli l’anno seguente dove allestì presso la Galleria “S. Benoit 22” una mostra personale comprendente una ventina di soggetti.

A Parigi incontrò C. Brancusi, Edoard Loeb e alcuni artisti italiani trac i quali Tullio Crali ed Eleonor Fini.

Gli anni Cinquanta furono le sue opere hanno suggestioni irreali e sembrano spesso eseguite in uno stato psicologico allucinatorio nel quale predominano le linee curve di ispirazione simbolista.

Raggiunse il Lussemburgo nel 1957 (lo stesso anno fu pure nelle Marche e a Verona) e nel 1958 anno andò in Grecia, soggiornò a Creta, visitò Atene e il Peloponneso; i paesaggi mediterranei di questo Paese destarono in lei forti sensazioni tanto da indurla a dipingere tele ricche di materia e a riprendere i suoi disegni con la china. In quell’anno espose alla Mostra Triveneta di Padova e alla Mostra Internazionale di Villaco e preparò una serie di tempere intitolate La città sotterranea nelle quali si avverte una paurosa inquietudine fatta di larve e strani fantasmi. Quelli della morte? Alla fine del 1959 si trasferì presso lo studio romano dell’amica Linuccia Saba, dipinse con nuovo entusiasmo, ma nel 1960 il suo fisico incominciò ad indebolirsi a causa di un linfogranuloma che determinò la sua morte avvenuta il 12 agosto 1961.

Nel corso della sua vita la Lupieri vinse dei premi importanti: vanno ricordati almeno il Premio Parigi a Cortina nel 1953, uno a Vienna nel 1955, il Premio Michetti nel 1956 e quello a Villaco nel 1958. Numerosi sono i materiali privati inediti, indirizzari, la sua corrispondenza privata con artisti ed amici, i suoi quaderni con appunti sparsi che contengono oroscopi personali, predizioni con tarocchi, diari di viaggio, elenchi d’opere vendute, commenti a mostre di pittura ecc.

Amò profondamente due città Milano e Trieste e il suo temperamento nomade fu propizio agli alterni soggiorni, occasione per stringere una trama di rapporti umani legati da una congenialità elettiva: Rosa Giolli, Anita Pittoni, Maria Pospisilova, Linuccia Saba, Nora Baldi, Umberto Saba, Raffaello Giolli (marito di Rosa e noto critico antifascista), Carlo Levi, Gillo Dorfles, Nino Perizi, Luigi Spacal, Ugo Carà, Adriano Olivetti, Fabio Cusin. Numerose le sue conoscenze con personalità rilevanti quali Oscar Kokoschka, Karel Teige, Tullio Crali, Renato Guttuso, Ottone Rosai, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Diego Valeri, Giorgio Strelher, Natalia Ginzburg, Carlo Raggianti, Giulio Argan, Elsa Morante Edoard Loeb, Profant Venzel.

Il Civico Museo Revoltella possiede alcune interessanti opere dell’artista: Tempio demolito in Cittavecchia-Trieste una tempera su cartoncino, Segno dello zodiaco un olio su tela, Giardino pubblico -Trieste un inchiostro su cartoncino e Giardino Perego-Milano una penna su cartoncino.

Altre sue opere sono conservate dalla Soprintendenza alle Antichità, alle Gallerie e ai Monumenti del Friuli Venezia Giulia, dalla Soprintendenza alle Gallerie di Venezia, dalla Galleria d’arte moderna di Venezia e dalla Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma.

Nel giugno luglio del 1966 fu dedicata a Maria Lupieri una bella Mostra Commemorativa presso le sale di Palazzo Costanzi a Trieste (la presentazione del catalogo fu scritta da Gillo Dorfles). In quell’occasione furono presentate cinquantasei opere comprendenti lavori informali, nature morte, paesaggi, disegni e i ritratti della madre, di Linuccia Saba e di Virgilio Giotti.

Altre gallerie ricordarono la pittrice nel 1968 (Il Girasole di Udine), nel 1971 (La Lanterna di Trieste), 1986 (La Plurima di Trieste) e nel 1988 (Fondazione Corrente di Milano). Nella mostra I Grandi Vecchi dedicata alle Donne e Primedonne in due secoli di Storia e Cronache Triestine nel 1992 fu esposto il ritratto di Maria Lupieri eseguito nel 1942 dalla giovane Magda Springer.

 

 

 

Walter Abrami