Le statuette crisoelefantine
La grazia soave del balletto nell'Art
Decò
Alessandra Doratti
Le statuette crisoelefantine hanno una storia curiosa, legata alla
formazione dell'impero coloniale belga e allo sfruttamento delle risorse
minerarie del Congo. Alla fine dell'Ottocento dal Congo si importavano
minerali, legni preziosi e grandi quantità di avorio; l'impiego di
quest'ultimo è assai difficile, le giacenze aumentano sempre più e il
mercato dell'avorio ha pressioni considerevoli.
Il governo belga cerca con ogni mezzo di sostenerlo, promuovendone
l'impiego; nel 1894 Van Estevelde, ministro belga per il Congo, alletta
molti artisti ad usare l'avorio nelle loro opere, mettendo loro a
disposizione gratuitamente i pezzi più belli.
Alla mostra internazionale di Anversa del 1894 viene istituita una
sezione coloniale, nella quale vengono esposti oggetti in avorio,
lavorati in Belgio, ma presentati come provenienti dal Congo. A poco a
poco viene riesumata una tecnica, già in uso nella Grecia di Fidia e di
Policleto, che consentiva anche nella statuaria di grandi dimensioni,
l'impiego dell'avorio misto all'oro: il primo per modellare il viso e le
membra, il secondo per le parti coperte da pepli e per gli ornamenti.
L'effetto che ne derivava era bellissimo; l'accostamento di avorio e oro
conferiva alle statue al tempo stesso verità terrena, verosimiglianza,
carnalità, opulenza e astrazione divina. Nel 1896 alla Royal Academy di
Londra viene esposto il San Giorgio e il drago, di F. Preiss e l'anno
successivo, sotto la spinta del Circolo degli Artisti, le prime statue
crisoelefantine compaiono alla mostra di Bruxelles in una sezione
particolare, con al posto dell' oro altri metalli (come il bronzo),
legno, marmo e onice.
In Inghilterra e in Francia i simbolisti e gli artisti Art Nouveau
colgono le possibilità di espressione della tecnica crisoelefantina, le
suggestioni evocative che potevano derivare dall'accostamento di
materiali preziosi e la liberazione dai condizionamenti dell'arte
ufficiale nell'impiego di materiali insoliti. Suggestioni letterarie e
memoria del mondo greco ed egizio ebbero un peso assai grande nella
tematica simbolista. Un poema di Keats ispira un grande Lamia, di
Georges Frampton, in bronzo e avorio; Salambô, di Gustave Flaubert
fornisce Théodore Rivière il materiale tematico della sua Cartagine;
Clovis Delacour modella una stupenda Andromeda dai capelli di turchese,
avvinghiata ad una roccia di granito e appena lambita da un mare di
onice in tempesta che si frange su oscuri scogli di bronzo.
L'iconografia simbolista alimenta la scultura a piccole dimensioni di
numerosi artisti che all'avorio preferiscono accoppiare l'argento. È
nel dopoguerra, fino al 1925, quando nella grande Exposition
Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Moderns che l'Art Déco
celebra il suo mito, la statuaria bronzo-avorio diviene manieristica
rappresentazione di simboli culturali del Déco. È l'età del jazz, della
Garconne, di Victor Margueritte, del music hall, dei balletti svedesi di
Rolf de Maré e del grande ballerino Jan Börlin. che si sostituiscono a
Diaghilev e rinnovano i fasti della danza e della decorazione, ma anche
l' età in cui i miti della Grecia arcaica, dell'Egitto (furono infatti
aperte nel '20 le tombe dei faraoni) e dall'Oriente rinnovano il loro
fascino. Le statuette crisoelefantine di questi anni sono quasi sempre
figure di donne riprese dal balletto e dal music hall, ma anche
amazzoni, Colombine, Pierrot, giocolieri, clown, Arlecchini.
Demeter Chiparus è il più importante degli artisti che si dedicano a
questo genere di statuaria da salotto. Nato in Romania si trasferisce
ben presto a Parigi, dove lavora nello studio di Mercié - scultore
néoclassico di grande successo che nella seconda metà dell'Ottocento
aveva modellato monumenti commemorativi dovunque in Francia - e poi in
quello di Boucher. Già nel 1914 al Salon des Artistes Français riceve
una menzione d'onore per le sue statuine, che esporrà sino al 1928.
Le danzatrici di Chiparus sono colte come regine; misteriose creature
cristallizzate in tutta la loro teatralità gestuale: librate su un piede
con il capo reclinato all'indietro, oppure con le braccia aperte che
fanno equilibrio al corpo che si libra nello spazio come staccandosi dal
piedistallo o, ancora avviluppate nei movimenti impercettibili di danze
orientali, nelle quali al torso, costretto dalla posizione intrecciata
delle gambe e delle braccia, è affidata ogni forza espressiva. Le guaine
che fasciano i corpi delle ballerine, gli abiti fastosi con il corpetto
aderente e le gonne sapientemente pieghettate, i pantaloni aderenti o
sbuffanti, le cloches, i turbanti e i mantelli sono realizzati trattando
il bronzo con grande maestria, usando smalti e ossidi, in modo da
ottenere colori sfumati (oro antico, rosso ramato, verde muschio,
tenerissimi azzurri) che impreziosiscono il disegno puntiglioso di
arabeschi o iterati motivi geometrici, intessuti sempre da trame di
piccolissime gocciole che si intrecciano, si allungano, si
attorcigliano, sino a sfioccarsi in perle e pietre preziose. Il viso, le
mani, le braccia e le gambe, quando sono scoperte sono realizzate in
avorio; la modellazione del viso e delle mani è sempre finissima e
conferisce alla scultura un'espressione vagamente sacerdotale.
Nelle figure con le braccia in alto e le mani intrecciate o sovrapposte,
la testa è reclinata verso il basso; esse sembrano incedere verso chi le
guarda (si accentua il carattere ieratico di derivazione greca) in
quelle invece nelle quali vengono raffigurati momenti di danze popolari
e le figure si appoggiano sui passi che le esprimono, la carnalità e il
demoniaco si sostituiscono allo ieratico. Le basi su cui poggiano le sue
opere eburnee hanno un'importanza assai grande nella composizione e
nella capacità espressiva della scultura.
La struttura a gradoni verticali o a cuspide viene sempre usata quando
le danzatrici si appoggiano soltanto su un piede, ed è necessario
aumentare il segno della loro forza o il senso della loro leggerezza; i
gradoni orizzontali, qualche volta misti a piccoli gradi verticali, sono
invece impiegati per le figure in atteggiamento più statico, con i piedi
poggianti e le braccia levate in alto. Nelle figure adagiate o piegate,
le grandi basi marmoree, nelle quali le dimensioni orizzontali
prevalgono nettamente su quella verticale, vengono scomposte per mezzo
di gradini, in modo da assottigliarne il peso rispetto alle figure che
vi gravano, delle quali accentuano la teatrale fissità.
I marmi adoperati sono preziosi e bellissimi e il loro cromatismo è
sempre in riferimento ai colori impiegati nelle patine e negli smalti.
Gli artisti che producono statuine in bronzo e avorio sono assai
numerosi ed è praticamente impossibile citarli tutti. Molti provenivano
da quello che oggi è il blocco dei paesi dell'Est e si trasferirono a
Parigi, Berlino e Vienna, che erano dei grossi centri
artistico-culturali; altri artisti erano ebrei e con la seconda guerra
mondiale molte opere vennero distrutte e con esse scomparvero le
informazioni in merito. Molte statuine non venivano firmate e
l'attribuzione anche di quelle più pregiate e caratterizzate è assai
difficile. Non è infrequente per esempio incontrare statuine
raffiguranti la nota ballerina Isadora Duncan in movimenti
particolarmente significativi delle sue danze senza la firma
dell'artista. È da notare che anche gli artisti più affermati facevano
più copie di una statuetta, limitandosi spesso a modellare soltanto le
parti in avorio, mentre le parti in bronzo erano fuse industrialmente e
prodotte in piccola serie. Più tardi negli anni Trenta e Quaranta quando
queste furono prodotte industrialmente, si sostituivano al bronzo leghe
di antimonio e di altri metalli a basso costo. In Francia e in America
si comincia la produzione di massa: le statuine diventano anche oggetti
utili, fermalibri, portaceneri, lampade, orologi, vasi. Si semplificano
e la qualità della produzione scade anche se vengono coinvolti artisti
di talento come lo stesso Chiparus.
L'Art Déco ha compiuto la sua parabola; l'Esposizione del 1925, che
riapre nel segno del suo trionfo, in realtà ne determina la fine; da
ricerca culturale d'avanguardia, scivola lentamente nel cattivo gusto
del kitsch, del dozzinale. Le crisoelefantine ne seguono la sorte;
scompaiono dalle vetrine dei gioiellieri mentre quelle di falso bronzo e
falso avorio affollano i negozi da regalo.
Alessandra Doratti