Le Icone
Alessandra Doratti
La maggior difficoltà alla comprensione delle icone risiede forse nella visione filosofica fondamentalmente diversa del mondo occidentale e di quello orientale. Le icone sono abbastanza vicine come tecnica ai primissimi dipinti europei, mentre divergono sostanzialmente nello spirito; si tratta infatti di arte astratta, che tende ad esprimere non soltanto il mondo fisico, percepibile dai sensi, ma il mondo intangibile che può essere esplorato soltanto dalla mente e dallo spirito. L'icona, venerata dalla religione cristiana ortodossa sin dal IX secolo, è una raffigurazione sacra, solitamente su tavola ricoperta da striscie di tela trattate con una preparazione di gesso e colla e a volte con l'aggiunta di polvere di alabastro. La tecnica pittorica è generalmente a tempera che va poi verniciata a lavoro ultimato. Nelle chiese ortodosse questi dipinti di scene tratte dall'Antico e Nuovo Testamento ornavano l'Iconostasi, sorta di divisione in legno che separa la navata, che rappresenta l'Uomo, dall'abside, che rappresenta lo Spirito. La pittura delle icone è caratterizzata dalla totale assenza di individualità da parte dell'artista e dallo stile tradizionale. Il pittore si sforza di rappresentare non il mondo com'è, ma il mondo perfetto che sta dietro quello reale, secondo principi stabiliti. Egli è uno strumento nelle mani di Dio: firmare e datare il proprio lavoro non è perciò importante. È molto difficile datare le icone con precisione perché era molto frequente che venissero rinnovate o totalmente ridipinte. Mentre per i greci e i romani la critica al culto delle immagini non implicava opposizione né ostilità alle immagini stesse, gli ebrei erano assolutamente avversi a qualsiasi raffigurazione sacra, mentre solo alcuni cristiani pensavano che un'eccessiva iconografia avrebbe potuto portare all' idolatria. Questo conflitto si protrasse anche nell'era cristiana: anzi, la controversia iconoclasta infuriò talmente proprio tra i cristiani fra il 726 e l '843, tanto da portare all'allontanamento tra Bisanzio e Roma. Nell'occidente cristiano infatti le immagini sacre erano usate per edificare ed educare i fedeli e come forma di abbellimento dei luoghi di preghiera, ma non erano così strettamente legate al culto vero e proprio come accadeva nei paesi ortodossi.
Nei primi secoli del Cristianesimo aspri
e violenti contrasti divisero gli iconoclasti, che consideravano il
culto delle immagini idolatria, e gli iconofili, che credevano alla
funzione delle raffigurazioni sacre ai fini della edificazione e
divulgazione della religione. Nel 726 l'imperatore Leone III interdisse
qualsiasi forma di raffigurazione, proibizione strenuamente avversata da
Papa Gregorio II e nuovamente imposta da Costantino V, che ordinò la
distruzione delle immagini sacre, trasformò i monasteri in caserme o
taverne, e fece arrestare i monaci, additandoli al pubblico ludibrio. Ma
la pittura di icone sopravvisse a tutte queste lotte, sviluppandosi anzi
sempre più a Costantinopoli. Mosca, dove il Gran Duca di Kiavan si era
convertito alla fede ortodossa nel 988, divenne la terza Roma e la
Russia si volse a Costantinopoli per i propri artisti e architetti. Uno
dei maggiori centri di pittura di icone in Russia fu Novgorod, sul lago
Ilman: non toccato dalle invasioni tartare, questo ducato divenne un
fiorente centro commerciale con una ricca popolazione cittadina, che
mantenne con l'occidente contatti più stretti di qualsiasi centro russo.
Le prime icone furono prodotte proprio qui alla fine del XII secolo e
all'inizio del XIII. Gli artisti di quest'epoca mostrano di avere molto
amato i colori puri e brillanti, le composizioni semplici e realiste e
le figure slanciate. Nel XIV e XV secolo le figure sono ancora
allungate, spesso in movimento e soffuse di raffinati chiaroscuri. Nel
XV e nel XVI secolo compaiono alcune semplici strutture architettoniche,
qualche gesto contenuto e poche pieghe molto enfatizzate negli abiti dei
personaggi. Nel XVI secolo le icone si arricchiscono di particolari,
cominciano ad apparire le rize. Chiave di quest'arte è dunque la radiosa
qualità di colori mescolati, come il brillante cinabro, l'ocra dorata e
un verde lussureggiante, anche se non mancano delicate gradazioni di
rosa, lilla, violetto e vaerde rgento. La scuola di Mosca il cui maestro
fu Andrei Rublev, nato intorno al 1360 e morto tra il 1427—30, è
caratterizzata da colori lievi e allegri, dal disegno chiaro e da visi
marcati da forti emozioni. La scuola di Strogonoff, che prende il nome
da una ricca famiglia protettrice di artisti, è famosissima peri dipinti
in miniatura.
Per quanto riguarda le icone russe, per
tutto il Medioevo le rize vennero prodotte nei laboratori orafi dei
monasteri poi, verso il XV secolo cominciarono ad essere prodotte anche
dai grandi orafi laici, fino a diventare una prerogativa quasi esclusiva
di questi nei secoli successivi. II grande periodo di espansione delle
rize si verifica nel XVII secolo e diviene quasi la norma del secolo
successivo. Ma è nell' 800, con lo straordinario sviluppo dell'arte
orafa russa, e i nomi di Hlebnikov, Oucinikov, Sazikov sono indicativi,
che la preziosità e la perfezione esecutiva delle rize raggiunge il
culmine. A tal proposito va considerata la straordinaria influenza che
il celebre orafo Fabergé, indiscusso maestro mondiale in quest'arte,
ebbe in Russia tramite la formazione di centri di produzione orafa di
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