La potenza visionaria di Hieronymus
Bosh
Alessandra Doratti
Il pittore Jeroen Anthoniszoon van Aken, meglio noto come Hieronymus
Bosch non è solo uno dei grandi maestri della pittura fiamminga, anzi
universale: è soprattutto un enigma rimasto insoluto nei secoli.
Delle sue opere superstiti, tecnicamente di avanguardia nei decenni che
chiudono il Quattrocento e nei primi del Cinquecento, si irradia un
messaggio, un insegnamento di cui si è perduta la chiave. Ma dalle forme
mostruose e da quelle, più rare, pervase di serenità e perfino di
speranza, traspaiono insieme una potenza espressiva che ha del
prodigioso, una cultura vastissima non facilmente definibile nei suoi
confronti e un animo tormentato, se non addirittura contorto.
Nell'immensa produzione figurativa ispirata al "demoniaco", che va dalla
cattiveria maligna delle immagini egiziane e mesopotamiche alla violenza
spaventosa e bestiale di quelle tibetane, attraverso le strane
congruenze dei demoni gotici di Francia e d'Italia con quelli dell'arte
greco-buddista del Ghandhara (anteriori di un millennio), i demoni di
Bosch, impostati su mescolanza delle forme, hanno un posto a sé.
Una potenza forse esorcizzante del demoniaco
Nei demoni di Bosch si spande spesso una vibrazione consimile alla
grossolanità ridicola di quelli buddhisti dell'India centro-meridonale e
un'eco lontana dei tratti caricaturali con cui si definiscono certe
figure demoniache minore dell'arte cinese e giapponese. Sono
corrispondenti tenui che si possono rilevare più per intuizione che per
analisi e confronto, e che non possono avere base storica alcuna, per
accertata impossibilità specifica; eppure manifestano in lui una visione
del demoniaco, del male, del difforme che sembra capace di sintetizzare
l'intera esperienza umana nella rappresentazione del male. Senza dubbio
Bosch ha raggiunto in questo particolare settore una potenza espressiva
e forse esorcizzante, inconfrontabile, raramente avvicinata da altri.
Ma l'enigma di Bosch non si incentra solo sul demoniaco, anche se è
questo che colpisce di più, e sarebbe assai riduttivo considerarlo solo
come creatore di fantasie "bizzarre". L'enigma è più complesso e
profondo.
Certo è che per risolverlo dovremmo conoscerne in maniera più sicura e
precisa la preparazione culturale che, anche nel caso in cui egli avesse
avuto una guida, doveva essere vasta e profonda. E, se avessimo maggiori
informazioni sulla sua vita, che scorre senza grandi tempeste apparenti,
nella piccola città di 's Hertogenbosch da cui trae lo pseudonimo, molti
aspetti inquietanti della sua arte diverrebbero più chiari.
Dal punto di vista professionale, Bosch ebbe una notevole fortuna anche
in vita e le sue opere furono subito apprezzate per le indiscutibili
capacità tecniche e per la strana bellezza delle sue composizioni. Egli
nasce probabilmente nel 1453 a 's Hertogenbosch, nel Brabante olandese,
al termine della Guerra dei Cent'anni. Nel 1478 gli muore il padre
Anthonis e in questo stesso anno sposa la ricca patrizia Aleyt de
Meervenne, che lo metterà per tutta la vita al riparo dalle
preoccupazioni economiche.
Nel 1482 esce l'edizione olandese delle Visioni di Tundalo -
un'opera nella quale si racconta di un cavaliere irlandese dalla vita
viziosa e dissoluta che, per grazia divina l'aldilà e, in particolare,
l'inferno - e a Gand, durante il carnevale; viene creato l'Eselpaus
(papa degli asini). L'anno seguente il domenicano Tomas de Torquemada è
incaricato di organizzare in Spagna il tribunale dell'inquisizione.
Nasce Martin Lutero. Nel 1484 Innocenzo VIII emette la bolla Summis
desiderantes affectibus contro la magia e stregoneria. Pico della
Mirandola pubblica le Conclusiones ed esce anche il Malleus
maleficarum di Kramer e Sprenger. In quest'anno Bosch entra a far
parte della Confraternita di Nostra Signora. Bartolomeo Diaz compie la
circumnavigazione dell'Africa, scoprendo la via per le Indie. Nel 1494
esce La nave dei pazzi di Sebastian Brant. Nel 1498 Savonarola
muore sul rogo e Dürer incide l'Apocalisse. Nel 1504 il pittore
riceve 36 livres (somma cospicua) per una tavola dipinta, da Filippo il
Bello, figlio di Massimiliano I. William Dunbar termina La danza dei
sette peccati mortali, nel 1508 Heinrich C. A. di Nettesheim
pubblica il De occulta philosophia. Nel 1511 Erasmo da Rotterdam
entra a far parte della Confraternita di Nostra Signora e pubblica
L'elogio della follia. Nel 1516, in data 9 agosto, i registri della
Confraternita di Nostra Signora riportano la morte di Hieronymus Bosch,
"insignis pictor"; escono le prime edizioni de L'Utopia di Thomas
More e l'Orlando furioso dell'Ariosto.
Dunque gli anni della sua vita sono piuttosto movimentati culturalmente,
ma questo non significa che egli fosse compreso e apprezzato a fondo (ce
lo dimostrano le notazioni dell'antica critica che lo riguardano e che
sono molto numerose). La critica moderna, invece, oltre ad appoggiarsi
volentieri alla psicanalisi, muove da minuziose ricerche sul mondo
religioso e sociale che circondava il Maestro, sulle correnti eretiche
del tempo, sul pensiero esoterico dominante a 's Hertogenbosch e nelle
Fiandre. In genere, anche se non lo confessa, essa ha quasi rinunciato a
tentar di risolvere il "mistero" di Bosch, perché non trova nessuna
corrente di pensiero e nessun testo che siano in grado di offrircene la
chiave in maniera non opinabile.
Dei suoi contemporanei e delle generazioni a lui più vicine, nessuno
gridò all'eresia o lo accusò di magia, né trasse insegnamento dalla sua
denuncia. Bosch piacque semplicemente, e il suo tempo si limitò ad
ammirarlo per i suoi colori, per le sue figure esili o corpose,
soprattutto per quell'apparente capacità di creare forme insolite, di
presentare il demoniaco in maniera nuova, infinitamente più mostruosa e
impressionante delle consuete forme medievali.
Si narra che nel 1966 era ancora vivente il vecchio decano di 's
Hertogenbosch, un certo van Teller, un orologiaio che viveva di una
piccola rendita, avendo ormai ceduto il negozio al nipote. Abitava in
una piccola strada dietro il palazzo municipale, dove vi era una casetta
a due piani in stile vecchia Olanda. Tutte le sere Peter van Teller
usciva per la passeggiata pomeridiana nel parco, e proprio lì un curioso
visitatore ebbe il piacere di incontrarlo. Van Teller sedeva sempre
sulla terza panchina a destra, e portava un cappello d'altri tempi a
tesa larghissima. Guardando in faccia quel vecchio, vi era una
straordinaria rassomiglianza con l'unico sicuro ritratto di Hieronymus
Bosch che si conosca, un disegno conservato ad Arras. Egli infatti,
diceva di esserne, probabilmente, un discendente. Il vecchio non si fece
pregare per raccontare la sua storia; anzi, era ben felice di narrare le
sue vicissitudini ad una persona venuta da così lontano per ascoltarlo.
Il pittore era ritenuto in famiglia un antenato di sua mamma, nata van
Aken, ed egli, fin da bambino era rimasto affascinato dai suoi dipinti
ed era riuscito a vederli tutti, quantomeno i più celebri. In tutta la
sua vita nessun critico che aveva scritto su Bosch lo aveva persuaso.
Egli diceva: "Parlano dell'inferno, parlano della dannazione eterna,
parlano di Sant'Agostino, delle eresie, della riforma di Lutero, vanno a
frugare nella vita privata di Hieronymus, che nessuno di loro può
conoscere, riempiono centinaia di pagine con interpretazioni
gigantesche. E la psicanalisi! È l'angoscia esistenziale con quattro
secoli d'anticipo... C'è stato uno, che ha registrato uno per uno i
mostri - eh, eh, li chiamano mostri - e li ha classificati come fossero
tanti coleotteri, e per ciascuno ha trovato il tipo di nevrosi
corrispondente. E poi il manicheismo immancabile. E i refoulements
sessuali... i complessi aberranti... la componente sodomitica...
l'esoterismo negromantico... Quanta fatica inutile!" "Ma se è così
semplice; così limpido! Se non è mai esistito un pittore più chiaro e
realista di lui!... Altro che fantasie, altro che incubi, altro che
magia nera... La realtà nuda e cruda che gli stava davanti... Solo che
lui era un genio che vedeva quello che nessuno prima di lui e dopo di
lui, è stato capace di vedere. Tutto qui il suo segreto: era uno che
vedeva e ha dipinto quello che vedeva".
Anche al vecchio van Teller capitava, a volte, di vedere il mondo così
come lo vedeva Bosch e lo espose in un piccolo libro. Ecco perché a 's
Hertogenbosch tutti lo prendevano per matto. Il turista gli chiese se
non gli fosse mai venuta voglia di dipingere, date tutte queste
coincidenze con Hieronymus, e il vecchio lo condusse in casa sua, lo
fece salire in soffitta ed accese la luce. Vi era una grande tavola
dipinta a metà, sotto una tavolozza e dei pennelli.
Era, per ciò che si poteva vedere, un quadro incompiuto da Bosch. Non
appariva in nessun libro che riguardasse il pittore poiché era
un'imitazione del Giudizio universale che andò distrutto nell'incendio
del Prado e del quale ne rimaneva soltanto che un'incisione coeva, che
era la stampa di Hameel.
E il vecchio van Teller cadde in trance
In quel momento il vecchio van Teller cadde in trance e i pennelli
cominciarono a "danzare" creando delle nuove figure sulla tavola mentre
il vecchio gemeva in olandese. Sebbene in stato di trance riuscì a dire
al suo ospite di guardare dalla finestra. Di lassù si poteva solo
scorgere le case di fronte e una fetta di quelle adiacenti. Tutto però
appariva, come per incantesimo, scoperchiato e all'interno si
distingueva la gente che mangiava, litigava, lavorava, faceva l'amore,
odiava, invidiava,... Si comportavano come delle bestie ed erano esseri
umani così come tutti noi, soltanto che si riusciva a vederne l'essenza.
Tutto a un tratto questa visione cessò; il vecchio era esausto; disse
che non sarebbe riuscito a finire il quadro e che sarebbe morto prima,
d'altra parte il Maestro veniva sempre più di rado.
Ora, la vista, il dipinto appariva con una figura in più, che prima non
c'era e che riportava, come del resto dal dipinto, su di essa la patina
del tempo che soltanto il trascorrere dei secoli può conferire alla
pittura.
Alla morte di van Teller il quadro sarebbe scomparso per sue precise
disposizioni. Nessuno lo aveva mai visto prima, soltanto quel curioso
visitatore: Dino Buzzati.
Alessandra Doratti