La perla - Il tesoro di calcare
Alessandra Doratti
Le affascinanti lacrime di luna delle antiche leggende orientali sono i
preziosi più assimilabili alla bellezza di una donna; rugiadose, ricche
di morbido splendore, si sposano meglio di ogni altra gioia agli
incarnati che fanno loro da sfondo. Ed altro non sono, le perle, che
sottili e trasparenti strati di calcare, secreti dall'epitelio delle
ostriche attorno ad un corpo estraneo e saldate tra loro da una rete di
materia organica chiamata conchiolina, il cui pigmento ne determina il
colore. Tutti i molluschi, almeno in teoria possono produrre perle, in
quanto la madreperla che ne costituisce gli strati si forma con lo
stesso procedimento di quella che riveste la parte interna delle valve
del mollusco stesso.
In realtà, l'iridescenza e lo splendore, tecnicamente "l'oriente", delle
perle prodotte, per esempio, dalle Unionide di acqua dolce non può
assolutamente competere con quello delle perle prodotte dalle Meleagrine
di acqua salata (le grandi Pintadine di Thaiti, le ostriche di
California, di Ceylon, le Akoya del Giappone).
Qualora, mentre il mollusco apre le sue valve per nutrirsi, un corpo
estraneo (un granello di sabbia) vi penetri e vi si annidi, il mollusco
comincia a ricoprirlo con strati di materia iridescente per smussarne le
eventuali asperità e rendere la sua presenta più sopportabile. La
concrezione che ne risulta, che è tanto più grande quanto più l'ostrica
e il suo ospite convivono, può essere di forma varia: rotonda nel
migliore dei casi, a pera, a bottone o irregolare (perle barocche). Si
tratta in ogni caso di perle naturali o perle fini, di gran lunga le più
pregiate. Esse si formano all'interno del mollusco o come correzione
della faccia interna della conchiglia (perla blister) senza alcun
intervento umano. Non sempre hanno una struttura interna compatta, a
volte la parte centrale della perla può essere vuota, oppure ripiena di
una sostanza molle (perla blu).
Anche quaranta tuffi al giorno
Quanto alle loro dimensioni, esse sono in
relazione alle dimensioni del nucleo (corpo estraneo), al tempo passato
nell'ostrica, alle condizioni di salute di questa, alle condizioni
climatiche e alla temperatura dell'acqua. A seconda della specie di
mollusco dal quale provengono il loro colore può variare dal bianco al
rosa, all'argento, al bronzo fino al nero. Le perle più belle provengono
dalle coste dell'India e da Ceylon, (Golfo di Mammar), dal golfo Persico
(Isole Bahrein), e vengono pescate con metodi rimasti spesso immutati da
millenni. Gli arabi usano ancora immergersi con una molletta per serrare
le narici, con un peso, dei proteggidita di cuoio e un canestro; le
"figlie del mare" giapponesi si tuffano fino a quaranta volte al giorno
protette da una tuta di stoffa bianca che pare allontani gli squali;
solo i pescatori messicani usano le moderne tute di gomma e
l'autorespiratore. E solo un'ostrica su mille porta una perla. Di qui,
da questa tremenda fatica che abbrevia la vita di decenni, e può rendere
ciechi, sordi o invalidi, viene portato alla luce del sole un piccolo
oggetto ricoperto da un specie di sudario verdastro; la perla rivela la
sua bellezza solo dopo un lavaggio in una soluzione di alcool o etere.
La formazione delle perle di coltivazione è invece provocata dall'uomo,
che provvede ad introdurre tra le valve del mollusco (ostrica Akoya) il
corpo estraneo, e cioè una piccola sfera di madreperla. Il metodo usato
attualmente è quello perfezionato nel 1912 dal giapponese Kokichi
Mikimoto (1858-1954; per secoli, prima della sua geniale intuizione gli
orientali vi si erano cimentati, ma le perle prodotte non erano mai
perfettamente sferiche.
La coltivazione e gli antibiotici
Oggi non è più nemmeno necessario uccidere le ostriche raccolte per
vedere se contengono una perla: basta osservarle ai raggi X.
L'inserimento dei nuclei avviene con una vera e propria operazione
chirurgica (il diametro dei nuclei può variare da uno a otto millimetri)
e la mortalità post-operatoria, nonostante la somministrazione di
antibiotici, è molto elevata. Il tempo di coltura dura poi da sei mesi a
tre anni e mezzo, ad una profondità che varia dai tre ai nove metri;
durante la coltura i molluschi subiscono, ogni tre mesi circa, una
accurata pulizia per liberarli da eventuali parassiti. Può capitare che
le ostriche da coltivazione nel cui corpo siano stati introdotti i
nuclei, irritate da questi, producano anche perle senza nucleo, chiamate
Keshi, che non possono tuttavia in alcun caso essere denominate perle
naturali. Nello stesso mollusco si possono quindi trovare perle con
nucleo, programmato, e perle senza nucleo, accidentali. Per quanto
riguada le perle coltivate nei mari del sud (Birmania, Australia,
Polinesia , Filippine), il mollusco impiegato è la grande Pintadina. La
crescita della perla è pertanto più rapida e gli strati madreperlacei
sono più spessi di quelli delle perle del Giappone.
Le perle raccolte vengono lucidate e, a volte, trattate chimicamente per
correggerne il colore, o rinforzarlo. Le perle giallastre, per esempio,
possono essere "corrette" per ottenere quella colorazione champagne che
è la più richiesta in alcuni paesi, come la Francia. Le perle vengono
anche tinte di rosso, blu, verde, marrone, immergendole in bagni
contenenti ossidi; il colore penetra nella perla, che è porosa, e si
deposita attorno al nucleo. Si tingono principalmente le perle
previamente forate, ance se il 99,9 per cento delle perle nere, forate o
no, è artificialmente colorato.
Oltre alle blister (semisferiche) naturali, esistono anche quelle
di coltivazione, che si ottengono fissando un nucleo di apposita forma
sulla faccia interna di una grande Pintadina. Le blister di
coltura sono denominate Mabé. Altre perle di coltivazioni sono le Biwa,
dal nome del lago giapponese in cui vengono prodotte. Si ottengono
"stuzzicando" il mollusco e introducendovi dei frammenti di epitelio che
poi si dissolvono, di conseguenza le perle Biwa hanno un centro cavo. Se
si desiderano perle superiori ai sette millimetri, è necessario usare un
nucleo di conchiglia, ma in questo caso la mortalità del mollusco è
elevatissima. Si è molto studiato in passato anche per creare delle
passabili imitazioni. I sistemi più usati oggi per la produzione di
perle su scala industriale consistono nel riempire delle sferette di
vetro di un liquido detto "essenza di oriente" preparato con scaglie di
pesce (alborella) oppure mescolando l'essenza d'oriente a colla: nel
primo caso si hanno le perle parigine, nel secondo le Mallorca. Un altro
sistema è quello di coprire con strati successivi di essenza d'Oriente
un nucleo di alabastro, vetro o materia sintetica (perle romane). Un
cenno a parte meritano le perle di Turchia, rare e piuttosto pregiate
perché fatte con petali di rosa triturati e asciugati diverse volte fino
a ottenere delle sfere dure e compatte che vengono poi lucidate con olio
di lino. Sono di colore marrone scuro e, dato l'ingrediente,
gradevolmente profumate.
Una carrellata sulle perle più belle e
celebri della storia non può che iniziare, simbolicamente, con la famosa
perla di enorme valore di cui Cleopatra si servì per completare la sua
opera di seduzione nei confronti di Antonio; al culmine di un favoloso
banchetto la fece sciogliere in una coppa di aceto e la bevve d'un
flato.
Le perle di Hannover: una collana per 14 regine. Da Cleopatra ad
Elisabetta I d'Inghilterra il passo è indubbiamente molto lungo, ma solo
nel rinascimento le perle vennero enfatizzate e valorizzate al massimo.
Della regina Vergine erano note la passione per i gioielli, ereditata
dal padre Enrico VIII, ed una radicatissima parsimonia. Queste due
caratteristiche potevano convivere solo con alcuni accorgimenti: le
perle che decorano a migliaia gli abiti in cui è ritratta la regina sono
di imitazione, ordinate dalla sovrana e pagate un penny l'una. Fanno
eccezione i sei fili che porta al collo, noti per essere tra i più belli
mai esistiti. In origine erano il dono di nozze di Papa Clemente a
Caterina de Medici, che andava sposa a Enrico, figlio di Francesco I di
Francia. Pare che il Papa, per acquistarle fosse stato costretto ad
impegnare il più grosso diamante della sua tiara.
Dalla Boemia ad Hannover
Da Caterina passarono alla nuora di lei, Maria Stuarda, e da questa
infelice regina, rimasta vedova, vennero poi portate in Scozia.
Elisabetta le comprò da James Stuart, figlio di Maria per sole trecento
sterline. Di regina in regina la collana giunse in Boemia, passò in
Germania, per tornare poi con gli Hannover in Inghilterra ad ingentilire
l'austera figura della regina Vittoria. Dopo la sua morte tornarono in
Germania e sono tuttora note come le "perle di Hannover".
I criteri di valutazione delle perle naturali e di quelle di
coltivazione non si differenziano nella sostanza, ma solo nell'ordine.
Per tutti i tipi di perle vale la prova delle quattro "S": size
(grandezza o peso), shape (forma), shade (colore o oriente), skin
(pelle, purezza della superficie e spessore).
Ma vediamo innanzitutto come si può distinguere una perla naturale da
una coltivata. Se le perle non sono forate o già montate su un gioiello,
l'unico sistema possibile è quello di radiografarle con i raggi X, prova
che permette anche di controllare le dimensioni di un eventuale nucleo.
Se le perle sono forate, i metodi più comunemente impiegati sono quelli
dell'esame con l'endoscopio e con la lente. L'endoscopio è uno strumento
ottico, provvisto di un ago sul quale sono montati due specchietti.
L'ago si introduce nel foro della perla e nello stesso foro viene anche
diretto un raggio di luce: se si tratta di perla coltivata con nucleo
l'osservatore noterà una macchia luminosa sulla superficie esterna della
perla. Quanto all'esame con la lente, occorrono esperienza e
allenamento: osservando il foro di una perla si può vedere se questa ha
o no il nucleo ed eventualmente determinare la linea di demarcazione tra
questo e i primi strati di madreperla.
Per le perle naturali i criteri di valutazione sono, nell'ordine, la
forma: le perle perfettamente rotonde sono le più care, seguite dalle
perle a pera o a bottone. Le meno quotate sono le barocche, cioè le più
irregolari. Le perle più belle devono avere una "pelle" senza difetti, e
un corpo regolare. Il colore: le più preziose, perché rarissime, sono le
perle nere. Poi vengono quelle con sfumature rosa, blu, argento, e oro;
l'oriente": iridescenza della superficie. Tanto più sono sottili gli
strati di madreperla, tanto maggiore è l"'oriente" (dovuto alla
diffrazione della luce dagli strati di madreperla); il peso: le perle
naturali si pesano in grani (1 grano=0,25 carati=0,5 grammi). Le perle
naturali barocche si pesano in carati: (1 carato=0,20 g.).
Una 'classifica' variabile
Per le perle coltivate valgono, nell'ordine i seguenti criteri:
dimensione: le perle rotonde si misurano in millimetri di diametro: le
altre (bottone, pera, barocca) si pesano in carati.
Forma: sono classificate in rotonde, a pera, a bottone, mezzo barocca,
barocca. Colore: in ordine decrescente di rarità, argento e rossate,
champagne, bianco, altri colori (giallastro, verdastro, biancastro).
Questa classifica può tuttavia variare da paese a paese, a seconda delle
rispettive mode o tradizioni. Oriente: oltre che dallo spessore e dalla
traslucidità degli strati superficiali (perle naturali) dipende dallo
spessore totale della madreperla che ricopre il nucleo. Pelle: la
superficie delle perle coltivate presenta spesso delle imperfezioni che
ne diminuiscono il valore: rugosità, protuberanze o cavità, piquè
(punti neri), macchie.
Spessore della madreperla: elemento spesso sconosciuto anche al
venditore, riveste un'importanza capitale per la valutazione della
perla. Dipende dal tempo di coltura e dal diametro del nucleo. È da
considerare "buono" uno spessore che varia da un quinto a un quarto del
diametro della perla.
Alessandra Doratti