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La Trieste del Settecento
Un borgo di 4 mila anime
Alessandra Doratti
Continuando a documentare la storia e
l'aspetto fisico all'inizio del XVIII secolo della nostra città
attraverso le stampe, vediamo la cattedrale di San Giusto sempre
venerata dai triestini. Nacque nel XIV secolo dall'unione della
basilica preesistente (del V secolo) con il tempietto del XIV secolo
edificato dal vescovo Frugifero. Tale fusione dei due edifici nacque per
la cronica mancanza di soldi e l'interesse di salvare queste
antichissime strutture. Così i mosaici bizantini possono ancora brillare
al lume di candela.
Purtroppo venne distrutto il pavimento a mosaico di epoca romana per
accontentare il gusto barocco e sono così andate perdute anche le pietre
sepolcrali. A cavaliere tra i due secoli sono stati tolti anche gli
stalli sacerdotali, l'esedra vescovile, i due amboni e i plutei marmorei
di arte paleocristiana. Anche l'altare duecentesco della Concezione è
stato mutilato, le pareti sono state ricoperte con calcina per
nascondere gli affreschi trecenteschi, si è rifatto il coro. Si sono poi
aggiunti altari barocchi e cappelle: rendendo così la chiesa più ricca
essa ha perso la sua suggestività.
Nel XIV secolo la facciata è stata arricchita da un pregevole rosone
gotico ed altre cinque aperture circolari.
L'ornamento più caratteristico della facciata è però la stele funeraria
dei Barbi, divisa per creare i due stipiti della porta principale. Essa
porta lo stemma del vescovo Piccolomini, divenuto poi papa Pio II
(benefattore e salvatore della città durante l'assedio dei veneziani nel
1463).
A lato sorge la torre campanaria, tozza e quadrata, ancora priva dei
due porticati aperti alla base nel 1842. Qui si conservano i bronzi
sacri della chiesa. Il campanile è un'opera più di difesa e offesa che
altro; il suo creatore fu Randolfo dè Baiardi nel 1337.
Il campanile ha parzialmente inglobato un tempio romano: ne rimangono
ancora un ricco fregio e una serie di metope. L'arco della porta
poggiava sui piedistalli che nel Campidoglio romano reggevano le statue
di Costantino Magno e Lucio Vario Papiriano - ora sono al museo lapidario - al tempo dell'impero di Adriano.
Sopra l'entrata della torre vi è un'edicola trecentesca contenente la
statua di San Giusto, si pensa del XI secolo. Più in alto sul colle, il
castello con la torre federiciana all'interno del bastione rotondo, la
quale è rinforzata più verso la città che verso la campagna. Questa è
un'opera di guerra, costruita a più riprese, sempre molto in fretta,
dopo lunghi periodi di sosta per fronteggiare le minacce esterne di
austriaci, veneziani e soprattutto turchi.
Come è già stato sottolineato il castello è un gigante dai piedi
d'argilla perché i bastioni sono molto vulnerabili in quanto inutilmente
vuoti all'interno. Anche il colle di San Vito è privo di difesa e
dunque pericoloso, ma nel 1639 un castelletto a quattro torri angolari
viene ben presto costruito.
Nel 1745 verrà sostituito con un possente bastionato a pianta
irregolare. Nel 1702 entrambi, castello e castelletto, corrono grossi
rischi, quando durante la guerra di successione spagnola compare al
largo una flotta francese che fa piovere sulla città
numerose palle di cannone, danneggiando una trentina di case, ma
lasciando indenne il castello.
Aspetti politici
e sociali della città
L'aspetto politico e sociale della città è ancora legato alla tradizione
di un passato municipalistico. Gli statuti del 1550 dureranno con
progressivi mutamenti e limitazioni fino al 1812.
Sono sempre le Casade che eleggono i giudici ed i rettori che
rappresentano la massima autorità politica della città; nominano i vicedomini, scelgono il giudice del maleficio (penale) e quello del
civile, provenienti sempre da città più grandi nelle quali vi sono
centri di studi giuridici; nominano i camerati (ragionieri del comune) e
il fonti-caro al quale è affidato l'approvvigionamento del grano.
Solamente la nomina del capitano è affidata all'autorità imperiale.
La legge degli Statuti è molto pesante, sia per reati di assassinio,
furto o rapina che per i reati
più comuni.
L'attività economica si basa principalmente sulla produzione e il
commercio del sale, che viene poi trasportato nell'interno, nonostante
la concorrenza dei veneti e dei muggesani, che a volte fa scoppiare
aspre contese (specie per il possesso della salina di Zaule).
Le campagne intorno sono tutte coltivate a orti, vigneti, frutteti e
oliveti; questi prodotti vengono tutti consumati in città.
La carne è quella di maiale poiché il manzo è riservato ai ceti più
abbienti dal momento che è molto più costoso. Prosperosa è la
pesca.
I cittadini depositano spesso il letame sulla pubblica via e questo dà
luogo a numerose e ricorrenti malattie infettive (vaiolo e colera).
La città nel 1731, dopo il primo vero censimento effettuato, conta 4.144
abitanti, compresi 108 ebrei e 301 forestieri residenti a Trieste. La
lotta tra il potere imperiale e la libertà civica comincia
paradossalmente nel momento in cui l'Austria dà avvio a quella profonda
trasformazione economica che porterà a livelli di emporio
internazionale.
Alessandra Doratti