Giovanni Attinà

 

LA REGGIA DI CARDITELLO

 

 

 

 

Poco tempo fa, trovandomi a Napoli, un amico che abita nella zona, mi ha portato a fare un giro nelle campagne del Casertano.

Partiti dal centro agricolo di Capodrise, andando verso il mare di Mondragone e Castel Volturno, abbiamo attraversato cittadine come S. Maria La Fossa e la località di Ferrandelle, oggi tristemente note per discariche più o meno lecite di immondizie e altri rifiuti.

Tra cumuli di “monnezza“, tra paesi letteralmente sommersi da cumuli di sacchetti e altri estremamente e stranamente pulitissimi, tra colline sospette che sorgono come funghi durante la notte e terre inquinate da rifiuti tossici, tra coltivazioni e pascoli, la strada provinciale   arriva davanti a un arrugginito cancello chiuso: mi è stato mostrato  un antico palazzo abbandonato, circondato da alberi e folta vegetazione e da un muro di cinta con alcune torrette. 

“Questo è la reggia di Carditello - mi è stato detto -, una delle regge dei Borbone, che può stare alla pari di quelle di Caserta e di Capodimonte a Napoli “.  

Francamente non ne avevo mai sentito parlare; nessuna tabella né un cartello indicano il sito, mi è stato detto che  sia difficile la visita anche per le scuole.

La località è situata nella piana del Volturno, a sud di Capua, un  territorio, che una volta era  ricco di vegetazione, di acque e di selvaggina, fagiani, beccacce e dove non era raro incontrare cinghiali, volpi, lepri e perfino cervi.

 

Carditello, La Reggia.

 

Qui  sorgeva la tenuta di Carditello, uno dei  “siti reali“ borbonici, indicata ancora oggi  nel circondario come la “ Reggia “, perché abitata  dai sovrani per lunghi periodi.

I “siti reali“ borbonici nascono dopo che nel 1734, dopo ingarbugliate vicende dinastiche e guerre di successione che sconvolgono l’Europa di quegli anni,  don Carlos di Borbone2, già duca di Parma e Piacenza, infante di Spagna, diventa Re di Napoli, ponendo fine a più di due secoli di viceregno spagnolo2 e austriaco.

 

Carditello, La Reggia, particolare.

 

Il Reame di Napoli e Sicilia era il più grande e produttivo territorio della penisola e perciò ambito da molti: da quanto si racconta, perfino  Vittorio Amedeo, duca di Savoia, che voleva diventare Re, per prenderselo, avrebbe ceduto volentieri in cambio il Piemonte e la Savoia, ma dovette accontentarsi della Sardegna. Come si sa, ci riusciranno i suoi successori.

All’epoca, i potenti di Europa erano  Maria Teresa d’Austria e Federico di Prussia  che giocavano a spartirsi terre e popoli, ma soprattutto Luigi XV di Francia.

Il francese era la lingua diplomatica e della cultura, in Francia  nasceva  il movimento illuminista  con  Diderot e d’Alambert, Montesquieu ma soprattutto Voltaire e Rousseau ,in Francia, alla fine del secolo, scoppia la rivoluzione.

Anche in Italia Cesare Beccaria, Gaetano Filangieri e Luigi Vanvitelli  condizionano la cultura, la politica, l’economia, l’arte e perfino la vita privata del secolo, influenzando e promuovendo un mecenatismo illuminato di alcuni  governanti.

In questo clima, alla fine di questi giochi di potere e di guerre di successione, in mezzo a quei grandi e per loro volere, il reame di Napoli diventa autonomo, e Carlo  da inizio alla dinastia dei Borbone delle due Sicilie.

Appassionato anche di arte, ceramica e archeologia - non dimentichiamo che avvia la fabbrica di ceramiche di Capodimonte e  scavi sistematici di Ercolano e Pompei  - Carlo di Borbone  riteneva naturalmente che per essere un Re all‘altezza di altri governanti d’Europa, dovesse avere a disposizione non un semplice palazzo vicereale, come era stato fino ad allora il fabbricato che sorgeva nella attuale piazza del Plebiscito a Napoli, ma  palazzi degni di un Re.

Egli perciò diede impulso alla trasformazione della città di Napoli, avviò un programma architettonico di rinnovamento per tutta la città, e di interventi anche sul territorio esterno chiamando  presso la Corte il più grande architetto dell’epoca, Luigi Vanvitelli.

 

Caserta, La Reggia.

 

 

Antonio Joli, Ferdinando IV alla Reggia di Capodimonte.

 

Nascono, perciò, la più famosa Reggia di Caserta,  quella di Capodimonte e altri siti reali, acquistati direttamente dalla Corona, in luoghi che il sovrano amava di più per la qualità del paesaggio e della natura.

I luoghi prescelti, in genere vecchi casali e ville, erano già frequentati nei secoli precedenti per battute di caccia e conosciuti per le vaste riserve boschive: gli Astroni, un cratere spento nella piana di Agnano, il territorio di Caserta fino a Maddaloni con i casini di caccia di Persano e S. Leucio, l‘isola di Procida, Venafro,  ai confini con il Molise,  il litorale flegreo, le località di Cardito e Carditello.

In quel periodo, tutti i casali  stavano mutando destinazione: non  più solo residenze estive dei signori, luoghi di delizie e piaceri, ma  vere e proprie aziende agricole, la cui produttività era  sicuramente accresciuta anche dalla presenza di fabbricati di valore.

Anche i siti reali non sfuggirono a questa tendenza: perciò non solo luoghi di caccia, ma terreni produttivi, cioè destinati ai pascoli, agli allevamenti, alla agricoltura e alla produzione di latte e derivati, come le famose mozzarelle di bufala.

 

Il sito di Carditello non è dei più famosi e pochi sono stati gli studi effettuati; il territorio di proprietà del conte di Acerra, superava i mille ettari e fu acquistato nel 1745.

L’antica masseria soprannominata “la Foresta“, destinata a deposito di grano e materiale agricolo, fu trasformata prima in un “casino” di caccia, poi in una vera e propria residenza per il re e la famiglia reale e parte della Corte che vi trascorrevano anche lunghi periodi dedicati in parte al governo del regno in parte alla caccia.

Sul posto furono sistemate poi stalle per allevamenti di cavalli e bufale e terreni da coltivare, con il relativo personale che veniva alloggiato nel comprensorio, insieme a soldati di scorta al Re.  Il primo ministro del Regno, marchese Caracciolo scriveva il 14/2/1786 all’ambasciatore di Napoli presso la Corte di Madrid: “    …avendo il Re nella scorsa settimana ordinato una caccia a Carditello, dispose che  vi si invitassero …..”, mentre la regina Maria Carolina3, circa nel 1796, si lamentava con Lady Hamilton in un biglietto “ … devo andare a Carditello per una intera giornata, la mia salute e la mia fragile costituzione non godono di queste lunghe gite, ma bisogna obbedire ..”

Secondo lo storico inglese Harold Acton, il sito di Carditello, soprannominato anche “la real Delizia “ era uno dei posti favoriti del re, sia Carlo sia del figlio Ferdinando4.

Il progetto architettonico e la trasformazione del primitivo fabbricato fu affidata al migliore degli allievi del Vanvitelli5, l’architetto regio  Francesco Collecini, che ne fece una vera e propria residenza reale.

Tenendo conto del territorio circostante e delle funzioni produttive e dello scopo cui il fabbricato doveva essere destinato, l’architetto ne fece il centro di tutta l’attività sia di relax sia di produzione, progettando anche le strade dei dintorni  che dovevano essere utilizzate facilmente dai sovrani per andare e venire dalla capitale.

 

Filippo Ackert, Ferdinando IV alla mietitura nel Real Sito di Carditello, particolare.

 

Filippo Hackert, pittore regio, fu nominato direttore dei lavori: “ Carditello – egli scrive - è una grande casa da caccia, o meglio, la si può chiamare un “palazzo” di caccia: ci sono molte stalle, in parte per i cavalli dato che vi è anche una monta, in parte per le mucche che erano più di duecento. Nella masseria annessa si faceva buon burro e formaggio parmigiano, all‘interno vi era una grande panetteria che faceva il pane per gli operai, diversi altri edifici per l’agricoltura e  gli appartamenti per quelli che in inverno abitavano sul posto.”

 Egli aveva ricevuto anche l’incarico di decorare “con statue e pitture tutto il palazzo di Carditello, oltre alla chiesa ivi inclusa …” e dipinse la Real  famiglia, vestita con abiti  popolari di contadini e operai  in linea con la tendenza dominante dell’epoca di paternalismo illuminato e di condivisione dello status dei sudditi.

Dal punto di vista architettonico e ambientale, il palazzo venne costruito al centro della tenuta: al corpo centrale che ospitava gli appartamenti della famiglia reale, erano  però collegati , e facilmente raggiungibili, tutti gli altri fabbricati sia dove si trovavano le stalle sia dove erano gli opifici, la caserma e gli alloggi del personale, a significare il legame che univa il Re a tutto il resto. L’intero complesso si estendeva per circa trecento metri. Al piano terra erano situate le cucine, l’armeria e le sale per il personale, al piano superiore o “ nobile”, si ritrovavano gli ambienti destinati ad accogliere la famiglia reale e il salone dei ricevimenti.

Sui lati furono costruite otto torri destinate in parte a abitazioni di coloro che vivevano tutto l’anno e in parte alla sorveglianza del territorio.

Nel 1759, Carlo di Borbone assumeva la corona di Spagna con il nome di Carlo III, lasciando Napoli al figlio Ferdinando, non ancora maggiorenne.

Il governo fu affidato a un Consiglio di reggenza, presieduto da Bernardo Tanucci.

I lavori avviati sul sito di Carditello proseguirono: il piano nobile del palazzo venne riempito di statue, affreschi murali e dipinti e arazzi di Hackert, sia di altri pittori della Scuola napoletana, tra i quali Fedele Fischetti, Carlo Brunelli e Pietro Durante.

Nel 1789, in Francia, scoppia la  rivoluzione;  le armate rivoluzionarie prima e quelle di Napoleone Bonaparte poi, invasero l‘Europa e l’Italia. A Napoli, nel 1799 venne proclamata la Repubblica Partenopea, che durerà pochi mesi. L’arrivo, in quell’anno, delle truppe francesi, fu  catastrofico per Carditello; furono distrutti gli arredi e danneggiate decorazioni e pitture murali.

Tornato a Napoli con la Restaurazione, dopo il decennio francese, Ferdinando I° di Borbone ne ordinò il restauro, e il palazzo fu utilizzato anche dai successori; Francesco II°6 probabilmente lo frequentò poco o niente sia perché  poco amante della caccia ma forse anche perché gli mancò il tempo. Salito al trono nel 1859, dopo neanche un anno, infatti, fu costretto ad abbandonare il regno e a difendere il proprio diritto al trono, proprio su quella pianura  del Volturno, poco lontano da Carditello, dalle truppe garibaldine e piemontesi.

Con l’unità di Italia e l’arrivo dei Savoia il sito decadde e fu abbandonato: Carditello cadde in rovina e si narra che si verificarono atti di vandalismo contro affreschi rappresentanti i Re Borbone, quasi a volerne cancellare la memoria.

Dopo la prima guerra mondiale, la tenuta fu data alla Opera Nazionale Combattenti, mentre attualmente la proprietà è del Consorzio di bonifica del bacino inferiore del Volturno.

 

 

Sembra che in anni passati siano stati effettuati alcuni lavori di restauro, i cui risultati, a chi transita dall’esterno, non sono evidenti.

Da quanto si è appreso c’è comunque interesse per la reggia di Carditello da parte della Regione e da parte di tutta la comunità locale per farne un centro di attrazione culturale e anche turistico.

 

 

Giovanni Attinà

 

 

Note

1 Carlo era figlio di Elisabetta Farnese  e Filippo V di Borbone  re di Spagna, nipote di Luigi XIV di Francia.

2  Il viceregno inizia nel maggio del 1503, con l’ingresso a Napoli –fino ad allora governata dalla dinastia Aragona, di don Consalvo de Cordoba, comandante dell’esercito spagnolo in Italia che aveva sconfitto le forze francesi nella guerra per la successione al regno di Sicilia e Napoli. Nel 1707 agli spagnoli subentra l’Austria fino al 1734.

3 Maria Carolina, figlia di Maria Teresa d’Austria e sorella di Maria Antonietta, regina di Francia, ghigliottinata dalla rivoluzione, aveva sposato il re Ferdinando di Borbone nel 1768. Lady Hamilton era la moglie dell’ambasciatore inglese alla Corte di Napoli e l’amante di Orazio Nelson, l’ammiraglio che aveva sconfitto Napoleone.  

4 Ferdinando I °, nato nel 1751 e morto nel 1825.

5 Luigi Vanvitelli, nato a Napoli nel 1700 dal pittore fiammingo Gaspar Van Wittel che aveva italianizzato il suo nome.

6 Francesco II°, nato nel 1836 dal matrimonio del padre Ferdinando II° con Maria Cristina di Savoia, nipote di Carlo Alberto di Savoia, re di Sardegna; morto ad Arco di Trento nel 1894. 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Montanelli – Gervaso, L’Italia del ‘700, Rizzoli-Milano 1970

Harold Acton, I borboni, Firenze-Milano 1974.

Vittorio Gleijeses , La storia di Napoli, Napoli 1974.

Cesare de Seta, Le città della storia d’Italia, Napoli, Laterza 1981.

 

 

SITOGRAFIA:

 

Giuseppina Torriero Nardone – Le architettura degli svaghi…

Annamaria Romano – Le decorazioni del Casino Reale di Carditello

Il Real Sito di Carditello

 

 

VIDEO:

 

 CARDITELLO a poca distanza da Ferrandelle

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