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La Bambola nel corso dei secoli

 

Dall'antico Egitto ai nostri giorni

 

 

 

Franco Borga

 

 

 


on è possibile stabilire quando, nella storia dell'uomo, la bambola abbia incominciato ad essere oggetto di trastullo per i bambini. Ne è stato trovato, infatti, un esemplare con testa lignea e corpo di stoffa, anche in una tomba dell'antico Egitto, presso il sarcofago di una fanciulla.

Tale reperto aveva fatto pensare, in un primo tempo, ad un idolo adorato dalla giovinetta nella sua vita terrena o ad un talismano da lei posseduto. Attenti studi, però, hanno potuto stabilire in seguito che mentre gl'idoli e i talismani appartenuti al defunto venivano inseriti tra le bende dell'imbalsamazione, perché continuassero a proteggerne il corpo, tutti gli oggetti che erano stati a lui cari (compresi gli utensili di lavoro, se si trattava di un adulto) venivano collocati nella stanza funeraria, presso il sarcofago, affinché lo spirito del trapassato potesse continuare a servirsene anche nell'oltretomba fino alla sua rincarnazione.
Pure in Grecia, in alcune tombe risalenti al V secolo a. C., sono stati rinvenuti pupazzetti in terracotta, qualcuno dei quali rozzamente articolato. Nella Roma precristiana la bambola, trastullo della fanciullezza, assumeva un ruolo importante per le ragazze che si sposavano: alla vigilia delle nozze, con un particolare rito, essa veniva dedicata ad una dea, a propiziarsela, dato che il matrimonio, nel segnare la cessazione del tempo dei balocchi, conferiva precipui compiti di responsabilità. Dalle antiche tombe romane gli scavi hanno riportato alla luce bambole di legno, di osso e di avorio.

 

Celebre, tra esse, "La Crepareia", così denominata perché rinvenuta, assieme con preziosi monili, nel sarcofago della giovinetta Crepareia Tryphaena, morta nel secondo secolo dell'Era Volgare. Trattasi di una figurina alta 23 centimetri, con testa e busto ricavati da un unico pezzo di avorio, con gambe e braccia articolate, anch'esse di avorio intagliato. Nell'antichità seppellire una bambola accanto al cadavere di una giovane significava che questa era morta vergine.Per quanto riguarda la presenza della bambola nell'Alto Medioevo nulla si sa, non essendo a noi pervenuto alcun esemplare dell'epoca; forse perché fatte soltanto di stoffa non hanno resistito al tempo.Nel 1300, invece, le bambole di legno, di stoffa, di cera eran ovunque diffuse, come testimoniano i documenti storici relativi alle fiere annuali di Firenze, di Venezia e delle maggiori città d'Europa. Di questo periodo ne sono stati trovati esemplari anche di argilla sia a Norimberga che a Strasburgo.
Della bambola nel Rinascimento, indipendentemente dai numerosi riferimenti letterari, rimane una vasta iconografia lasciata dai pittori che, facendo il ritratto alle figliolette dei nobili e dei ricchi, sia in gruppo con la famiglia, sia isolatamente, non trascuravano di effigiarle con l'oggetto a loro caro. All'epoca le bambole più comuni erano interamente di legno, mentre le più costose avevano testa, braccia e gambe di legno dipinto e corpo di stoffa o di pelle imbottito di crusca o segatura, sfarzosamente vestite.
Già nel 1413 rinomati erano i fabbricanti di bambole tedeschi, detti dockenmachers, i quali fecero fortuna esportando le loro creazioni in tutta l'Europa. Ad essi, però, si contrapponevano gli artigiani bambolai francesi, olandesi e inglesi, i quali cercavano di arginarne la concorrenza con prodotti sempre più elaborati ed artistici.
In un documento francese del 1540 è fatto cenno che da tempo le bambole venivano fatte con impasto di terra, carta e gesso, mentre dagli scritti dell'epoca si apprende che Anna di Bretagna, che amava collezionare bambole, nel 1494 pagò un prezzo esorbitante per una poupée da regalare alla regina di Spagna e che, non soddisfatta della confezione dei numerosi vestitini a corredo, li fece rifare per ben due volte.
Parimente si viene a conoscenza che l'imperatore Carlo V pagava dieci franchi l'una le bambole di produzione parigina da regalare alla figlioletta ed alle dame alle quali ella era affidata, e che Enrico IV, per ingraziarsi l'amore di Maria de' Medici, sua futura moglie, le inviava da Parigi bambole costosissime, vestite di pregiati broccati.
Nel 1600 dai Paesi del Nord-Europa si diffonde in tutto il continente l'uso di dotare le bambole di una propria casa. Le "case di bambole" erano fedelissime riproduzioni delle abitazioni dell'epoca, proporzionate alla statura delle bambole e arredate di suppellettili e stoviglie conformi ai modelli allora usati nella vita quotidiana.
Nel secolo successivo questi oggetti di arredamento furono messi in commercio anche separatamente, per dare la possibilità a chi non aveva mezzi o spazio sufficienti per dare una "casa" alla bambola, di crearle almeno un angolino-ambiente dove collocarla. Furono, così, messi in vendita lettini, divanetti, piccoli armadi e comò per gli abitini e la biancheria spesso ricamata, tavolini e sedioline, fornelli con le relative batterie da cucina, nonché servizi da toeletta e da té, bicchierini, bottigliette, caraffe e portaprofumi in porcellana o in vetro inciso decorato a smalto: tutti, mobilini ed oggetti, in miniatura, che documentano fedelmente gli stili dell'epoca.

 

Dal 1600 agli inizi del 1800 ebbero largo successo in Europa i cosiddetti "Pupi di Fiandra", o bambole olandesi, in legno dipinto, con testa rotonda, naso appuntito, guance molto colorate, capelli neri, corpo longilineo e articolato. Una produzione analoga a quella olandese, nel medesimo periodo, si ebbe nel Tirolo, da dove, però, molti intagliatori di bambole in legno emigrarono in Germania, in parte, perché protestanti, per sottrarsi ai rigori della Controriforma, in parte perché allettati dalla prospettiva di lauti guadagni a Norimberga ed a Sonneberg, "le capitali dei balocchi" per antonomasia.
In queste due città, in concorrenza tra loro, le grandi ditte produttrici di bambole, consociatesi nel 1700 ed entrate a far parte della corporazione dei fabbricanti e commercianti, avevano dato l'avvio ad una monopolizzazione che, praticamente, aveva distrutto l'artigianato del settore.
Esse, infatti, per aumentare i loro profitti, facevano eseguire a cottimo, da lavoranti nei rispettivi domicili, una sola parte della bambola, in modo che, specializzandoli nella produzione di essa, ne migliorassero la fattura, vincolandoli, inoltre, ad una resa quantitativamente maggiore, se avessero voluto guadagnare di più. Si dice che nell'ultimo scorcio del 1700 nella sola Sonneberg si contassero più di mille centri di produzione di parti separate di bambole.
L'artigiano, perciò, che prima produceva da solo, e per intero, le bambole che gli venivano ordinate, non potendo sostenere la competitività dei prezzi correnti e non essendo, per altro, protetto dalla corporazione, fu costretto a lavorare in fabbrica, dove, oltre a subire una forte riduzione dei suoi guadagni ed essere esposto a pene severissime se sorpreso ad allestire anche una sola bambola in proprio, andò incontro alla completa perdita del mestiere.
I manufatti prodotti all'esterno dai cottimisti, affluendo nelle fabbriche, venivano distribuiti, per tipo, ai vari reparti, attraverso i quali, con progressivo assemblaggio delle parti, i maestri bambolai provvedevano alla completa confezione delle bambole: primo esempio, nella storia dell'industria, di lavorazione a catena per la produzione in serie.
Le bambole prodotte dalle fabbriche venivano fornite ai locali commercianti autorizzati (a Sonneberg, nel 1789, erano soltanto in 26 ad avere, per concessione del duca Georg, il privilegio della licenza). Questi ne curavano la vendita e l'esportazione, conquistando, con prezzi sempre più competitivi, nuovi mercati.


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Se nel 1700 la produzione della bambola aveva dato origine in Germania ad una fiorente industria, nelle grandi città d'Italia, Austria e Spagna, ancora agli inizi del 1800 essa aveva continuato ad alimentare un artigianato che, legato alla tradizionale lavorazione, le allestiva in legno, cartapesta e cera, e solo su ordinazione.
In Francia, invece, questo giocattolo aveva suggerito agli artigiani nuovi criteri di produzione: non attendere più le singole richieste da parte di privati o di negozi, ma procedere all'approntamento di una larga quantità standardizzata di bambole che, per originalità di creazione, aspetto estetico e ricercatezza di lavorazione, potesse costituire non solo un allettante oggetto da possedere, ma, nel prezzo contenuto, anche una positiva concorrenza nei confronti delle fabbriche tedesche. Da qui l'immissione in gran numero sul mercato della "Grande Pandore", una damina in lussuosa toilette, e la "Petite Pandore", in déshabillé galant, coperta, cioè, di finissima lingerie, e la conseguente moda di possederle entrambe. È questa la prima radice da cui in Francia sbocceranno quelle fabbriche di bambole che nei primi decenni del secolo si moltiplicheranno con sviluppo sorprendente e che, con l'avvento delle teste in porcellana, toglieranno il primato alla produzione tedesca.
Nel 1847 nella sola Parigi si contavano ben 370 fabbriche di poupées, tutte floride, dato il forte divario fra il prezzo di vendita del prodotto e il costo della mano d'opera: per una giornata lavorativa di 14 ore un operaio percepiva una paga di 3,30 franchi, mentre un'operaia soltanto di 1,60.
Ad incrementare i propri guadagni le fabbriche facevano a gara nel produrre nuovi modelli, sempre più originali: la bambola che chiama "Mamma", che piange, che succhia il latte, che mostra la lingua, che saluta, che manda baci, che cammina, che balla, e financo che nuota. Applicando, poi, ad esse congegni di mano in mano più complessi, le porteranno ad essere, alla fine del secolo, del tutto automatizzate nel compiere una molteplicità di movimenti e di azioni.
Il primo a dare la voce alla bambola fu, verso il 1820, J. N. Mälzel, l'inventore del metronomo; ma i grandi risultati, in questo campo, si otterranno dopo il 1887, quando, semplificando al massimo i meccanismi del grammofono inventato da Edison, si riuscirà a far fare alla bambola brevi discorsetti, a farle recitare poesiole, a farle cantare canzoncine.
Anche per gli occhi delle bambole vi è tutta un'evoluzione. Questi, che dapprima erano soltanto dipinti, poi fatti con palline di cera colorate e, nel tardo Settecento, di vetro soffiato e smaltato, nell'Ottocento divengono iridati, acquistando espressione più naturale. A realizzarli, con sottilissime fibre di vetro, è il tedesco Muller-Uri, fabbricante in Turingia di occhi artificiali per medici ed ospedali. A richiesta dei fabbricanti egli produce occhi di bambole, di varia grandezza, con la tecnica dei paperweight, dei fermacarte, cioè, in vetro soffiato. Da un suo catalogo del 1838 si apprende che il prezzo degli occhi per bambole, per ordinazioni non inferiori al centinaio, era di marchi 0,65 per quelli neri, o comunque scuri, e di 2,30 per quelli blu.
Al perfezionamento degli occhi si accompagna anche quello delle ciglia e delle sopracciglia, che da dipinte in passato, divengono più realistiche con l'utilizzazione di fibre vegetali, prima, e di peli di animali, dopo, applicati ad uno ad uno, come nelle teste in cera piena delle produzioni "Montanari" di Londra, mentre per i capelli si ricorre a quelli veri, montati a parrucca.
Di pari passo con questi accorgimenti, la produzione sia delle bambole, sia degli oggetti di fantasia che le contornano, si avvale, su scala internazionale, di un nuovo prodotto: la "composizione", un impasto di carta macerata, colla, segatura e gesso, che consente la perfetta modellatura anche dei minimi particolari, specialmente nelle teste che, ricoperte di un sottile strato di cera, assumono un colorito incarnato quasi naturale, e fanno epoca fino a quando non vengono sostituite da quelle in ceramica.
Ritrovato della manifattura tedesca di stoviglie, la testa in porcellana conferisce alla bambola una finezza di lineamenti ed una bellezza che prima non aveva. Essa, perciò, ha una immediata e larga applicazione sia presso le fabbriche di bambole nazionali, sia presso quelle estere. E poiché sarebbe stato assai dispendioso, per queste, provvedere in proprio al relativo fabbisogno, si viene a determinare una massiccia richiesta di fornitura, per sopperire alla quale sorgono presto manifatture specializzate a Meisen, Berlino, Hannover, Limbach, Vienna.
Molte di queste teste portano sulla nuca, sotto il taglio della calotta coperta dalla parrucca, soltanto il marchio della fabbrica che le ha prodotte; molte altre, invece, accanto ad esso, seguito dai numeri di serie e della taglia, si trova anche quello del fabbricante che, fornendo il modello, ne ordinava la produzione in esclusiva.
Poiché le teste prodotte ed esportate dalle fabbriche tedesche costavano, in relazione alla grandezza, alla coloritura, al taglio ed alla qualità degli occhi, all'espressione del volto, dai 200 ai 600 marchi, anche le manifatture di porcellana di Sèvres, Limoges, Copenaghen e di altre città europee si dedicarono alla produzione di teste in questo nuovo materiale, diminuendo di molto il prezzo delle bambole di fabbricazione nazionale.
A togliere del tutto il primato alla Germania, in questo campo, saranno le manifatture francesi con la produzione di teste in bisquit, una porcellana più leggera, non più invetriata, che, eliminando la freddezza del lucido, nella sua tenue porosità, conferisce al volto un aspetto più morbido e di più realistico calore.
Presto le teste di bambole in bisquit vengono prodotte anche in Germania, dove, per bellezza e finezza di lavorazione, in concorrenza con il parigino Emile Jumeau, eccelle il fabbricante Armand Marseille di Sonneberg.
Realizzate, inizialmente, a bocca chiusa, le teste di porcellana e di bisquit, nell'incessante ricerca di migliorarne sempre più l'aspetto, furono fatte in seguito a bocca socchiusa, in modo da fare intravedere i dentini.
Così perfezionata, la bambola entrò a far parte dei prodotti meritevoli di occupare un posto di rilievo nelle principali Fiere Industriali Internazionali e nelle Esposizioni Universali, nelle quali primeggiò invariabilmente la "Maison Jumeau" di Parigi.
Nel 1845 François Greffier, fabbricante di Nantes, presenta all'Esposizione Universale la sua creazione del bébé, una bambola con il corpo non più di adulto, come sino allora era avvenuto, bensì di bambino. Da quel momento con tale denominazione verranno indicate tutte le bambole con questa caratteristica, la cui produzione verrà largamente effettuata, con successo, dai grandi industriali di tutte le nazioni.

Attorno al 1870, ancora in Francia, si ha la creazione di bambole e bambolotti con fattezze esotiche. Incomincia, così la produzione in larga scala di cinesine, giapponesine, mulatte, negre, creole, accuratamente abbigliate con i costumi dei rispettivi paesi, diffondendo in tutto il mondo la moda delle "Belle straniere". Alle numerose fabbriche della Turingia non rimane, in merito, che imitare il più possibile i modelli francesi, senza, per altro, riuscire ad eguagliarli, e vendere le loro imitazioni, per contenere la concorrenza, a prezzi più bassi, resi possibili dal fatto che per la relativa produzione si avvalgono anche della mano d'opera di bambini, sfruttati con paghe di fame. Naturalmente nel corso dell'Ottocento si sono avute contemporaneamente le più svariate produzioni: dalle bambole, rigide e articolate, tutte in legno, in cera, in cartapesta, in composizione, in porcellana, in bisquit, a quelle con la sola testa in una di queste materie, con occhi dipinti o in vetro, fissi o mobili, e il corpo in pelle o stoffa imbottito di crusca o segatura, e con capelli dipinti o con parrucche.
Nel 1909 il fabbricante tedesco Franz Reinhardt presenta all'Esposizione di Berlino una bambola con il corpo di neonato: una novità che dà l'avvio alla produzione della numerosa serie di "bébés de caractère", così denominati per le varie espressioni date al visetto: maliziosa, ridente, imbronciata, piangente ed anche dispettosa nel mostrare la lingua, con teste intercambiabili. Il successo è strepitoso; e questa volta sono i fabbricanti francesi ad imitare quelli tedeschi ed a portare sul mercato le più belle realizzazioni, specialmente ad opera della già costituita Société Française de Bébés et Jouets - S.F.B.J." di Parigi.
Circa un decennio dopo tale successo sarà la bambola "Lenci", di produzione italiana, a conquistare il primato nel mondo. Trattasi di una creazione artistica, tutta in panno pressato, che, considerata, anche per il prezzo molto elevato, un prestigioso oggetto da regalo, desta nelle donne di qualsiasi età, anche se non collezioniste, il desiderio, o la gioia, di possederne una.
E' verso il 1930 che una nuova materia rivoluziona, in campo mondiale, la produzione della bambola, rendendola popolare per il suo basso prezzo di vendita: la celluloide, un composto ricavato dalla plastificazione della nitrocellulosa con la canfora, molto malleabile a caldo, che bene si presta allo stampaggio di tutte le parti della bambola, dalla testa, con capelli in lieve rilievo dipinti, alle braccia, alle gambe perfettamente modellate. Con essa oltre a nuovi modelli di bambole, vengono riprodotti, in gran parte, quelli già esistenti in ogni altra materia.
La celluloide terrà incontrastata il campo fino all'avvento della "plastica" e la conseguente nascita di "Barbie", la più celebrata e diffusa delle bambole moderne.
 

 

La bambola nell'arte e nella moda

 

Prima che la produzione in serie la rendesse giocattolo popolare, la bambola, per il suo alto prezzo, che in qualche caso superava addirittura la paga di un mese di un operaio, era rimasta privilegio esclusivo delle famiglie abbienti.
Vero è che essa era acquistata per farne dono alle fanciulle nelle particolari occasioni della prima comunione, della cresima o di una superata malattia, nonché nelle ricorrenze liete del compleanno o dell'onomastico, ma non doveva essere sciupata, considerata, com'era, dalle famiglie che avevano la possibilità di comprarla, la dimostrazione di uno stato di benessere e, perciò, elemento di prestigio da tenere bene in mostra.
Quando, infatti, l'ospite, rivolgendo la sua attenzione alla piccola di casa, le domandava se giocasse a far da mammina alla bambola, pettinandola, vestendola e rimboccandole il lenzuolo, la sera, dopo averla messa a dormire..., la risposta che invariabilmente sentiva darsi, in tono meravigliato, era: "Mais Monsieur en la regardant je joue déjà!".
Storia, cronache e biografie ci fanno sapere che la bambola, a prescindere dalla sua precipua funzione di giocattolo, oltre ad essere in sé stessa un'opera d'arte, in quanto modellata da artisti, nel tempo è stata anche oggetto ausiliario di primo piano per scultori e pittori nelle loro creazioni, come ancora oggi, del resto, nella sua stilizzazione, il manichino di legno.
Albercht Dürer (1471-1528), per esempio, pittore e cesellatore tedesco, utilizzava le bambole come modelle: un pregevole esemplare che gli appartenne trovasi in un museo di Vienna.
Il diplomatico francese André Filiben, dopo aver visitato l'atelier del pittore Nicolas Poussin (1594-1655), scrisse di aver trovato il maestro intento a scegliere, per la composizione di un gruppo di persone in un suo quadro, alcune poupées, tra quelle in abiti elegantissimi ed altre svestite, che egli teneva in bella mostra su un tavolo.
François Boucher (1703-1770), pittore di corte a Parigi, trasse lauti guadagni dalle bambole, perché, oltre a servirsene per i suoi quadri, riscuoteva non meno di 1000 franchi per ogni esemplare di esse che dipingeva su commissione degli aristocratici, che tenevano, per potersene vantare, alle sue prestazioni artistiche.
Anche Giblet, nel 1921, creò bambole alla Gaugin, che fecero la sua fortuna; mentre sembra che il pittore austriaco Oskar Kokoschka (1886-1980) abbia fatto della bambola che adoperava per le pose la sua compagna inseparabile, tanto da portarla con sé anche a teatro.
Ma la poupée più straordinaria del secolo rimane quella creata dal disegnatore surrealista (esploratore del filone erotico) Hans Bellmer (1902-1975). Non si sa dove questa sia finita, ma le fotografie ad essa fatte dallo stesso artista, che la usava come modella, sono oggi presenti in quasi tutti i musei del mondo.
Superfluo, poi, accennare come anche il manichino di legno sia stato il soggetto ispiratore del pittore Giorgio De Chirico (1888-1970) nella creazione di alcuni suoi capolavori.


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Sepure saltuariamente, fino all'Ottocento, epoca in cui ne assunse il ruolo specifico, le bambole svolse il compito di "messaggera di moda", motivo per cui essa può essere considerata, in certo qual modo, protagonista nella storia dell'abbigliamento.
Risalendo nel tempo, infatti, si viene a sapere che nel 1398 Isabella di Baviera, moglie del re di Francia Enrico VI, pagò la somma di 450 franchi al sarto di corte De Varennes, perché allestisse un ricco corredo di abiti ad una bambola, da lei destinata a Isabella di Francia, divenuta allora regina d'Inghilterra, allo scopo di fornirle nuovi modelli per il suo abbigliamento.
Così Maria Antonietta di Lorena, moglie di Luigi XVI, faceva vestire all'ultima moda, dalla sua coûturière preferita, le bambole che lei inviava alla madre, Maria Teresa d'Austria, perché anche la corte di Vienna adottasse tempestivamente la voga di Parigi.
Ogni anno, poi, a Venezia, in piazza San Marco, in occasione della "Fiera della Sensa", che durava due settimane, nel periodo dell'Ascensione, venivano esposte le cosiddette "Pievole di Franza", bambole vestite all'ultima moda parigina, per mostrare alle dame le novità, in materia di abbigliamento. Esse, finita la fiera, previo pagamento di una certa somma, venivano temporaneamente cedute ai sarti, che se ne servivano come modelli per la confezione degli abiti delle Signore. Una volta superate dai nuovi arrivi, queste bambole erano vendute come giocattoli.
Nell'Ottocento le case di moda francesi, trovato comodo servirsi delle bambole per far conoscere i modelli che annualmente creavano, incentivarono le fabbriche nella produzione, per loro conto, di esemplari di determinate proporzioni, non più dall'aspetto di bambine, ma di dame, che chiamarono "poupées de mode" o "poupées mannequin". Interamente abbigliate, dalla biancheria intima ai posticci, alle sottovesti, agli abiti, esse venivano spedite, in bauli ricolmi dei più eleganti abiti e cappellini, confezionati a la mode da sarte e modiste specializzate, alle sartorie più rinomate della Spagna, Inghilterra, Italia, Germania ed America.

Grande cura era riposta nella spedizione di queste vedettes che, in certi casi, per accelerarne il viaggio, furono munite di passaporto, quasi che si trattasse di persone.
Le "ambasciatrici di chic parisien", che resero eleganti e felici innumerevoli donne in tutto il mondo..., che costituirono fonte di guadagno per una numerosa categoria di artigiani, i quali vivevano di esse, tramontarono sul finire del secolo, detronizzate dalle riviste di moda.

 


Il collezionismo di bambole


Il collezionismo di bambole nel mondo è più diffuso di quanto si possa credere. In Inghilterra esso occupa il secondo posto, dopo quello dei quadri, e numerosi sono i clubs dove i collezionisti si riuniscono per lo scambio di informazioni e l'allestimento di esposizioni, tanto utili agli appassionati per "farsi l'occhio", per acquistare, cioè, la capacità di valutare un esemplare al primo sguardo.
Per divenire, però, esperto collezionista occorre che l'appassionato si dedichi con interesse, prima di ogni cosa, allo studio della storia della bambola e s'impadronisca di tutti gli accorgimenti utili per evitare di incorrere in spiacevoli sorprese. È facile, infatti, imbattersi in imitazioni o in montaggi con parti d'epoca e l'aggiunta di nuove.
Soprattutto nella produzione francese del "secolo d'oro della poupée", che va dal 1830 al 1930, il collezionista ama vedere nella bambola non un pupazzo da pettinare e vestire elegantemente per adornarne il salotto, ma un vero e raro oggetto d'arte. Considerato, poi, che le quotazioni delle bambole da collezione di questo periodo salgono di anno in anno, oscillando da un minimo di 500 euro a un massimo non determinabile, e che oggi è invalso l'uso di presentare nei cataloghi di molte aste e mostre come bambole con testa di porcellana anche quelle con testa di bisquit, egli, trovandosi di fronte ad un esemplare che a suo giudizio meriti di essere acquistato, deve essere in grado di stabilire che si tratti realmente di un "pezzo" originale. Buon principio è allora quello di togliere la parrucca ed esaminare con la massima diligenza l'interno della testa, controllando in trasparenza, con l'ausilio della luce di una torcia elettrica, che non vi siano rotture, scheggiature, filature o riparazioni abilmente mascherate. In uno di questi casi alla bambola non resta che il solo valore affettivo, mentre perde quasi totalmente quello da collezione.
Al Drouot di Parigi, il 19 marzo 1982 una bambola francese dell'ultimo scorcio dell'Ottocento, alta 56 centimetri, di fabbricazione Jumeau, con testa di bisquit modellata dallo scultore Albert Marqué, è stata acquistata per 50 milioni di lire, mentre nel 1983 a Los Angeles, in un'asta, una bambola simile ha fatto registrare una valutazione di 60 milioni di lire.
Con meno di 500 euro e pazienti ricerche si può acquistare, tutt'al più, qualche bambola di produzione francese non del periodo d'oro, o tedesca ed anche un buon esemplare di fabbricazione italiana. Se poi si è assistiti dalla fortuna si possono fare insperati ottimi affari. È vero che esistono negozi di giocattoli, ma sono rari gli antiquari ed i rigattieri specializzati nel settore delle bambole antiche, cosa che spesso consente all'amatore o al collezionista di avere la meglio, se trova ciò che cerca. Un esempio è dato dal caso occorso ad una coppia di sposini che, andata in vacanza in Sicilia, notò nella vetrina di un antiquario una bambola francese di gran pregio, esposta in vendita per 350 euro. Convinti che a quel prezzo si presentava per loro un ottimo affare, decisero di acquistarla. Avendo appreso dal negoziante che quella bambola era stata comprata in blocco con delle suppellettili, chiesero ed ottennero uno sconto non indifferente. Di ritorno nella loro città, la mostrarono ad un esperto che, stimatala del valore di quattro milioni di lire si dichiarò disposto ad acquistarla per tale somma.
Altra circostanza analoga è quella capitata ad un rappresentante di commercio milanese. Questi, avendo trovato nel negozio di un antiquario, nel corso di un suo viaggio in Emilia, un tavolino del Settecento e volendo comprarlo per arredarne la sua casa, chiese una riduzione sul prezzo. Il negoziante, irremovibile in merito, per non perdere l'affare propose, in cambio dello sconto richiesto, il regalo di una bambola che il rappresentante aveva già adocchiato, riservandosi di acquistarla, per farne dono ad una coppia di amici collezionisti. Concluso l'affare, a casa la moglie del rappresentante, per rendere più presentabile il regalo, lavò con acqua e sapone testa, corpo e vestito della bambola. Grande fu il loro stupore quando, mostratola agli amici ai quali l'avevano destinata, e che subito si erano accorti che si trattava di un pezzo raro di gran pregio, sentirono dirsi che quella era una bambola che valeva quanto, o forse più, del tavolino e che essi l'avrebbero volentieri comprata per la somma pagata per l'acquisto di esso.


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Molta importanza viene attribuita negli Stati Uniti d'America e in Giappone alle collezioni di questo genere di balocco per il valore documentario di esse nel campo storico-culturale, mentre in Francia ed in Germania esse vengono coltivate per il loro intrinseco valore economico. In Italia, invece, in Olanda, Spagna, Svezia, quello delle bambole è considerato collezionismo minore. In questi Paesi, però, si è notato che nei giovani, che in numero sempre maggiore raccolgono bambole di produzione contemporanea, comincia a maturare l'interesse anche per quelle antiche.
In Italia, poi, a fronte di ricche ed interessanti collezioni si è sviluppata la tendenza a raccogliere bambolotti di determinati soggetti, quasi mini-collezioni a carattere tematico, come, ad esempio, costumi delle varie regioni, divise militari dei vari Stati, ecc.. Ciò è stato determinato, per lo più dal diffondersi del turismo che, permettendo di raggiungere facilmente anche le più lontane località, ha incoraggiato lo sviluppo dell'artigianato nella produzione di souvenirs, fra i quali primeggiano i bambolotti nei tradizionali costumi locali.
Nelle coppie di coniugi è generalmente la moglie che dà l'avvio a questo tipo di mini-collezionismo, facendo i primi acquisti ed influenzando spesso il marito che, prendendo gusto a questo hobby, cerca di approfondirsi in materia e nei suoi viaggi non trascura di frugare nei negozi e nelle fiere, spinto dalla speranza di accrescere di qualche pezzo la propria raccolta.


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Sarebbe ardua impresa, senza per altro riuscirci, pretendere di elencare tutte le collezioni oggi esistenti nel mondo. Alcune, però, sono alquanto note sia perché entrate a far parte del patrimonio di musei, sia perché hanno fatto notizia nelle cronache.
Al "Victoria and Albert Museum" di Londra sono ancora oggi esposte le 132 bambole antiche di tipo "olandese" in cera e in porcellana che la regina Vittoria incominciò a collezionare sin da bambina, trascurando quelle che andavano di moda nel suo tempo. Di queste, trentadue sono state vestite da lei stessa, mentre le rimanenti sono state vestite dalla baronessa Lehzen, sua dama di corte.
Altra celebre collezione è quella di un'altra regina, Elisabetta di Romania che, affranta dalla morte della sua figlioletta, volle prendersi cura delle bambole che erano state a lei care, ma poi, appassionatasi ella stessa, ne collezionò ben 1300 che, di quando in quando, esponeva a scopi benefici.
Anche di Elisabetta I d'Inghilterra si dice che sia stata una appassionata collezionista di bambole e che, tra esse, la sua preferita sia stata quella a grandezza naturale, prodotta in Spagna.
La cronaca ci tramanda, poi, che durante la visita ufficiale dei Reali d'Inghilterra a Parigi, nel 1938, le principessine Elisabetta (l'attuale regina) e Margareth, sua sorella, ricevettero in grazioso dono dal governo francese, per le loro collezioni, le due famose bambole "France" e "Marianne", di produzione "S.F.B.J.", alte 80 centimetri, ciascuna dotata di un corredo di 365 abitini, confezionati dalle più celebri case di "haute coûture parisienne", completi della relativa biancheria intima, nonché degli accessori per ogni abbigliamento costituiti da calze, scarpe, guanti, borsette, ventagli, cappellini, ecc.: il tutto contenuto in 15 bauli.
Prescindendo da quelle delle varie famiglie di regnanti, anche altre collezioni hanno acquistato rinomanza; basti citare quella dei signori Lemke, oggi al "Volkskunde Museum" di Berlino, e l'altra della famiglia Wanamaker, al "Musée Carnevalet" di Parigi.
Una delle più belle ed artistiche rimane, però, quella appartenuta a M.me Madelaine De Galea, l'affascinante rappresentante dell'élite parigina, la cui casa, una grandiosa villa alla periferia della capitale francese, era frequentata da uomini politici, letterati ed artisti, specialmente da pittori che ritenevano quasi una tappa decisiva, per la loro carriera, il ritrarla nella sua grande bellezza. Molti sono, infatti, i ritratti di lei pervenutici, ma il più conosciuto ed ammirato è quello eseguito da Pierre Auguste Renoir, esposta al "Jeu de Pomme", a Parigi.
Nata alla Reunion nel 1874 e trasferitasi a Parigi con la madre, giovanissima aveva sposato il diplomatico di cui portava il nome. Nei frequenti viaggi con il marito, in Europa e in America, ella trascorreva il suo tempo libero nella ricerca e nell'acquisto di bambole di ogni tipo che, al ritorno, sistemava in un padiglione della sua villa, unitamente a quelle vestite alla moda, che di mano in mano venivano prodotte dalle più accreditate fabbriche francesi, circondandole di mobili finemente intarsiati nella tipica lavorazione del periodo di Napoleone III, e di ogni accessorio, compresi gli strumenti musicali, tutto proporzionato alla statura delle singole bambole.
Per sua espressa volontà, dopo la sua morte la grande collezione passò al Museo Nazionale del Principato di Monaco, dove ancora suscita interesse, non disgiunto da meraviglia, per la quantità degli esemplari e per la ricchezza che vi è profusa.

 


IL SECOLO D'ORO DELLA BAMBOLA E I SUOI PIÙ PRESTIGIOSI PRODUTTORI


Obiettivi fattori rendono impossibile una sistematica rassegna di quanti, nel passato, si dedicarono alla produzione delle bambole, oggetti apparentemente di scarsa rilevanza, ma nei quali appassionati e studiosi scoprono spesso interessanti aspetti storici, economici, di costume, di tecnica e d'arte.

I più lontani artigiani, infatti, che lavoravano in proprio, o per conto di negozi, non si curavano di apporre il nome o un segno distintivo sui loro manufatti; né le piccole o grandi ditte produttrici di bambole, anteriormente all'obbligo di registrare presso i competenti uffici pubblici la loro attività, provvedevano a contrassegnare i loro prodotti con un marchio di fabbrica; soltanto qualcuna si limitava, per esigenze di ordine pratico, a stampigliarvi sopra il nome del commerciante all'ingrosso che li aveva ordinati.


 

Fu nell'Ottocento, con l'affermarsi dell'industria della bambola, che le fabbriche, soprattutto per motivi di prestigio, tennero a contraddistinguere i loro prodotti con un marchio, costituito, generalmente, da una sigla o da una figurina allegorica.
Nelle bambole francesi di questo periodo sempre, accanto al marchio di fabbrica, si trova il numero della taglia: da 1 a 16, in una progressione, cioè, che va rispettivamente da 26 a 84 centimetri; solo nella "grande poupée parlante", di produzione Jumeau, alta poco più di un metro, si trova il numero 20. Per i "Bébés de caractère", invece, la numerazione va da 0 (zero) a 12, in una progressione, cioè, da 21 a 62 centimetri. Sovente, poi, accoppiato al numero della taglia si trova quello della serie, del modello, cioè, e delle caratteristiche di lavorazione, dato che ogni tipo di bambola veniva prodotto in tutta la gamma delle misure.
Di grande utilità erano allora questi numeri, tanto per la foggia quanto per la misura degli abitini, nonché dei corredini, che confezionati in serie presso le fabbriche stesse (o, con ritagli di stoffe pregiate, presso lavoranti private) erano propri a ciascuna statura di bambola; così per i guantini e le scarpette.
È attraverso questi particolari elementi indicativi che tentiamo di compilare un elenco, il più completo possibile, delle fabbriche di bambole che si affermarono nel secolo scorso, fino ai primi decenni di quello corrente, segnando, a fianco di ciascuna, la località in cui essa sorse, il periodo della sua attività, le caratteristiche dei rispettivi prodotti:

Julius Dorst: Sonneberg, 1865-1920. Fabbricante di bambole in legno. La sua stampigliatura presenta un folletto, che sorregge la lettera "D", circoscritto da due cerchi concentrici;

Adolf Fleischmann & Co (in seguito associatosi con Craemer): Sonneberg, 1844-1930. Fabbricante di bambole in papier maché, contrassegnate da un'etichetta rettangolare con la sigla "A.F.&C.", seguita dal numero di serie e dall'indicazione "Superior";

Cuno e Otte Dressel: Sonneberg, 1764-1930. Fabbricanti di bambole in papier mâché, in cera, in biscuit. Le prime sono contrassegnate da un'etichetta con un elmo ed un bastone alati, che sovrastano un cerchio con la scritta "HOLZ-MASS - ED" (le lettere "ED" sono stampate all'inverso);

Le seconde non hanno contrassegno alcuno, mentre le terze sono marcate con la testina di una bambina, con due nastri legati ai capelli che scendono sulle guance, formando dei tirabouchons, e la scritta "Jutta Puppen": Muller & Strassbergen: Sonneberg, 1810-1900. Fabbricanti di bambole in papier mâché, contrassegnate da un'etichetta con la sigla "M&S" seguita dall'indicazione "Superior";

Barbara e Ferdinand Max Schilling: Sonneberg, 1870-1920. Fabbricanti di bambole in papier mâché, contrassegnate da un'etichetta con testa alata di bambina e scritta "Fabrikmarke deporniert";

Adolf Wislizenus: Waltershausen, 1851-1930. Fabbricante di bambole in papier mâché contrassegnate da un'etichetta triangolare con la sigla "AW" e il numero di serie;

Pierotti (famiglia di artigiani di origine italiana): Londra, 1790-1925. Fabbricanti di bambole in cera, riconosciuti, unitamente ai Montanari, come i massimi artisti in questo genere di poupée. Enrico Pierotti eseguiva bambole-ritratto, facendo posare le bambine cui erano destinate. A queste bambole-ritratto è stato dato il nome di "bambole personalizzate", contrassegnate dal nome per esteso in stampatello minuscolo con la "P" e la "R" maiuscole PieRotti);

Montanari (famiglia di artigiani di origine italiana): Londra, 1850-1884. Fabbricanti di bambole in cera. Mamma Augusta e il figlio Riccardo con i loro ritrovati tecnici (riuscivano ad inserire ad uno ad uno le ciglia, le sopracciglia ed i capelli) ottennero risultati realistici di massimo effetto, che giustificavano il prezzo molto elevato dei loro prodotti, contrassegnati dal nome per intero in corsivo stilizzato con la "M" maiuscola. Oggi queste bambole sono introvabili. Non c'è collezionista che non aspiri ad averne una;

 

GERMANIA - BAMBOLA IN CERA, 1900 CIRCA, H. 41 CM. MONACO, COLLEZIONE PRIVATA

 

W. Kraatz: Germania, 1800. Fabbricante di bambole interamente di cera, presentate in teche di vetro. Impossibile, oggi, individuarne il marchio. Si sa soltanto che nell'esposizione di Berlino del 1844 esse, pur con valutazione altissima, ebbero strepitoso successo.

Charles Marsh: Germania, seconda metà del 1800. Fabbricante di bambole in cartapesta cerata.
Manifattura di porcellana "K P M": Berlino, 1800. Produttrice di teste di bambole in porcellana da fornire ai fabbricanti. Esse sono marcate con la sigla "K P M";

Manifattura di porcellana di Meissen: Meissen, 1800. Produttrice ed esportatrice di teste di porcellana per fabbricanti di bambole. Il marchio di fabbrica è costituito da due spade incrociate;

Manifattura di porcellana di Nymphenburg: Nymphenburg, 1800. Produttrice di teste di bambole da fornire ai fabbricanti. Il suo marchio raffigura uno scudo stilizzato con righe trasversali formanti una quadrettatura;

Lipper & Hass: Schlaggenwald, in Boemia, 1817-1930, Manifattura che produceva teste di bambole in porcellana e in bisquit, marcate con la sigla "S";

Closter: Veilsdorf, 1850-1930. Produttrice di teste di bambole in porcellana da fornire ai fabbricanti. Il marchio è rappresentato da una specie di trifoglio con gambo;

Kling & C: Ohrdruf 1836-1930. Manifattura di porcellana produttrice di teste di bambole da fornire ai fabbricanti. Il marchio è rappresentato da una campana;

Baehr & Proeschild: Ohrdruf, 1871-1930. Manifattura di porcellana produttrice di teste di bambole in bisquit, contrassegnate da un cuore che circoscrive le iniziali "B.P.";

Manifattura di porcellana di Limoges: incomincia a produrre teste di bambole in bisquit verso la fine del secolo scorso con il marchio "Limoges-France";

 

 

Bruno Schmidt: Waltershausen, 1900-1930. Fabbricante di bambole con la testa di bisquit e di celluloide. Il marchio, sul collo, rappresenta un cuore che circoscrive le iniziali "B.S.W."; Heinrich Handwerck: Waltershausen, 1876-1930. Fabbricante di bambole con la testa di bisquit, con marchio rettangolare contenente la scritta, in stampatello maiuscolo, "Genuine Handerwerck Doll - Bébé Cosmopolite" e una stella. Dal 1876 al 1902 egli produsse anche un tipo di bambola, con testa di bisquit e corpo con articolazioni a sfera coperte da brevetto, il cui contrassegno è costituito da un timbro a inchiostro rosso con la scritta "Heinrich Handwerck - Germany" apposto accanto a quello di "Simon e Halbig", fornitori delle teste; Ernst Heubach: Köppelsdorf, 1887-1930. Produttore di teste di bambole in bisquit, marcate "Heubach-Köppelsdorf";

 

 

BAMBOLA "E. HEUBACH", TESTA IN BISQUIT, BOCCA APERTA, 1900. MONACO, COLLEZIONE PRIVATA

 

Gebrüder Heubach: Lichte, 1840-1930. Produttrice di teste di bambole di bisquit, marcate con un cerchio che circoscrive un sole nascente all'orizzonte; separatamente un quadrato della grandezza di un francobollo con la scritta "Heubach". In altri casi le teste sono marcate con nome e cognome oppure con mezza margherita;

Kämmer & Reinhardt: Waltershausen, 1885-1930. Fabbricanti di bambole con testa sia di bisquit che di celluloide. Ad essi si deve la creazione del famoso bébé de caractère, i cui modelli venivano commissionati ad uno scultore di Berlino. Il loro marchio è rappresentato da una stella a sei punte interposta tra le lettere maiuscole "K.R.", iniziali dei cognomi dei due soci;

 

J.D. Kestner: Waltershausen e Ohrdruf, 1805-1930. Produttore, in entrambe le fabbriche, di bambole in papier mâché, cera, porcellana, bisquit e celluloide. Creatore delle "Frozen Charlies" , le poupées baigneuses, che tanto successo ebbero in America, e della "Kewpie" su disegno di Rose O'Neill Wilson. Le teste in bisquit sono marcate con la sigla "J.D.K." oppure "K. & CO" formanti un rombo; in altri casi il marchio è rappresentato da una elaborata corona reale, mentre tutta la produzione in celluloide è contraddistinta da una tartaruga accoppiata alle lettere "J.D.K.";


Kley & Hahn: Ohrdurf, 1895-1930. Fabbricanti di bambole con la testa sia in bisquit che in celluloide. Il marchio è uno stemma circolare con fronzoli e volute sovrastato da un quadrato a cornice contenente la raffigurazione di due bambine sotto le quali si legge "The Genuine Walkure Doll Fabrikmarke" e sotto ancora, in un rettangolo, le iniziali "K & H"; Franz Schmidt & Co: Waltershausen, 1890-1930. Fabbricante di bambole con la testa in bisquit. Il marchio è costituito da un cerchio dentato che circoscrive una figurina di bambina che sorregge due grossi martelli e la sigla "F.S. & Co";

Simon & Halbig: Gräfenhain, 1869-1930. Produttori specializzati nella fabbricazione di teste di bisquit (delle quali sono stati probabilmente i maggiori fornitori delle fabbriche di bambole di tutta l'Europa), nonché di teste in composizione, per bambole a buon mercato, e in celluloide. Essi hanno prodotto anche bamboline interamente in bisquit. I loro prodotti sono marcati con la sigla "S&H" seguita dal numero di serie e, a volte, anche dalla scritta "Dep. Germany"; nelle teste in bisquit il marchio si trova sia da solo, sia unito a quello del fabbricante di bambole che le richiedeva. La loro ditta nel 1918, dopo una lunga collaborazione, è stata assorbita dalla fabbrica Kämmer e Reinhardt;

 

Armand Marseille: Kôppelsdorf, 1885-1930.

Fu il più famoso fabbricante tedesco di bambole con la testa di bisquit di ottima qualità. La sua fabbrica contava 550 operai. Come le altre ditte tedesche produsse anche gli originali ed accattivanti "googlie", cosi chiamati in gergo i bébés de caractère. I suoi prodotti nella quasi totalità sono marcati con la sigla "A.M.", oppure con il nome e cognome per esteso, con il numero di serie e la scritta "Germany".

 

Schoenau & Hoffmeister: Germania, 1901-1925. Fabbricanti di teste di bisquit, per le scatole di automi, marcate con una stella che contiene la sigla "S.PB" il numero di serie e la scritta "Germany";

C. Bergner: Sonneberg, 1890-1925. Fabbricante di un tipo di bambola brevettata, che rotando la testa, di bisquit, muta espressione, piange, ride e dorme. Il marchio è costituito dalle iniziali "C.B.";

 

BAMBOLA "BELTON", TESTA IN PORCELLANA, ARTICOLATA, OCCHI IN SOLFURO, CORPO E MEMBRA IN LEGNO, ANGERS, COLLEZIONE PRIVATA

 

Belton: Parigi, 1842-1857. Fabbricante (fino al 1846 in società con Pierre Jumeau) di bambole a testa piena in porcellana. Da lui derivò la qualificazione "tipo Belton" per indicare le bambole a testa piena, come era d'uso produrre nella prima metà dell'800. La sua produzione raramente è marcata, ma porta sempre il numero della taglia.
Jobard: Parigi - al numero 263 di Rue Saint-Denis-, dal 1852. Fabbricante specializzato nella produzione di poupées de mode e di trousseaux (corredi per bambole) per l'esportazione. François Greffier: Nantes, dal 1844. Fabbricante di bambole. Fu il primo, nel 1855, a produrre il bébé, la bambola che non ha più il corpo d'adulto ma quello di bambino, affiancato da un altro dai lineamenti giapponesi, che riscosse grande successo. Pare che proprio da questo modello la ditta Motschmann di Sonneberg abbia tratto il brevetto per le sue bambole che, nel taglio degli occhi, hanno un'espressione orientaleggiante;

Veuve Laurens: Parigi - al numero 23 di Rue Aux Ours-, dal 1856. Fabbricante di bambole e dei relativi abbigliamenti di fine ed accurata confezione; Maison Simonne: Parigi, 1836-1879. Fabbrica di bambole con testa di porcellana o di bisquit, con corpo di legno ricoperto con pelle di capretto e braccia e gambe di porcellana finemente modellate. Sul corpo delle bambole di questo tipo, allora di moda, di frequente si trova il timbro a inchiostro "Simonne";

E. Barrios: Parigi. 1860-1880. Fabbricante e commerciante di bambole con testa di porcellana e di bisquit. In un suo avviso commerciale del 1866 si legge: "Barrios, Bébés et têtes de poupées de toutes fabriques, seule fabrique de bébés en porcelaine et bisquit, 192 Rue Saint Martin". Le sue bambole sono marcate con le iniziali "E.B." incavate nella nuca o nelle spalle. Nel 1879 la vedova Barrios, subentrata al marito nella gestione della fabbrica, precisa in altro avviso pubblicitario che la ditta è anche specializzata nella produzione di guanti per bambole;

Derolland: Francia, seconda metà del 1800. Fabbricante di bambole con testa di bisquit; Denamur: Francia, seconda metà del 1800. Fabbricante di bambole con testa di bisquit; Rabery & Delphieu: Parigi, 1856-1898. Fabbricanti di bambole con testa di porcellana e di bisquit. La loro ditta è anche famosa per le "marotte" (bambole che camminano e parlano). Marcate sulla nuca con la sigla "R.D.", le bambole portano scarpette originali firmate "Rabery-Parigi";

M. Dane/& C.ie: Parigi, 1889-1895. Fabbricante di bambole con la testa di bisquit, famoso per il suo "Paris Bébé" e per le sue bambole negre e mulatte, marcate tutte sulla nuca con le scritte "Paris Bébé" e "Tête Deposée" seguite dal numero di serie, mentre sul corpo è stampigliato un timbro raffigurante la Torre Eiffel;

Deposée: Francia, ultimo quarto del 1800. Bambole con la testa di bisquit di produzione della fabbrica tedesca Simon & Halbig che la Maison Jumeau importava, montandole su corpi di sua fattura tanto per il mercato europeo quanto per quello americano. Esse sono marcate con la sigla "D.E.P." seguita dal numero della taglia e da quello della serie;

Roullet & Decamps: Parigi, 1865-1910. Fabbricanti di bambole provviste di congegni automatici, con teste di bisquit di produzione tedesca, a volte fornite dalla Maison Jumeau, marcate con la sigla "R.D.", incisa anche sulle chiavi dei congegni. I loro bébés portano la scritta "L'intrépide", seguita da sigla e numeri, mentre le scarpette hanno come simbolo distintivo l'ape; Petite Française: Boulogne, tra il 1800 e il 1900. Fabbrica di bambole con teste di bisquit, contrassegnate da un marchio costituito da un'ancora, seguita dalla scritta "Petite Française-Boulogne";

Rheinische Gummi und Celluloid Fabrik: Mannheim-Neckarau, 1873-1930. Fabbrica specializzata nelle teste modellate in celluloide, fornitrice dei fabbricanti di bambole Buschov & Beck, Kämmer & Reinhardt, König e Vernicke, J.D. Kestner;

sovente accanto al marchio proprio della testa, rappresentato da una tartaruga, seguita dalla scritta "Schultz-Marke", si trova anche quello della ditta fornita;

Wagne & Zeztsche: Germania, 1925. Fabbrica di bambole con testa in celluloide, corpo in tela cerata e braccia articolate in legno, marcate con la scritta "Harald W.Z.";

Hermsdorfer Celluloidwarenfabrik: Berlino-Hermsdorf, attorno al 1925. Fabbrica di bambole in celluloide, marcate con il disegno di un insetto con la scritta "DADA";

Paul Hunaeus: Hannover-Lindau, 1825-1925. Fabbricante di bambole in celluloide, marcate con le lettere "P H" sovrapposte dentro un rombo;

Bayerische Celluloidwarenfabrik (in precedenza Albert Wacker): Norinberga 1904-1930. Fabbrica di bambole in celluloide, marcate con la lettera "W" all'interno di un cerchio;

Kohl & Wengenroth: Offenbach, 1912-1926. Fabbricanti di bambole in celluloide, marcate con la figurina di bambina stilizzata, con le iniziali "K W";
Käthe Kruse: Bad Kösen, 1910-1930. Fabbricante di bambole in ceramica, in caucciù, e in stoffa, con annesso atelier. Le sue creazioni sono tutte di 43 centimetri esatti, allo scopo di sventare facilmente le eventuali imitazioni, dato il loro prezzo elevatissimo. Sotto la suola delle scarpette sinistre è impresso il marchio costituito dalla firma "Kruse". Tra le sue creazioni sono da ricordare: la poupée "Schlenkerle", del 1922; la "Träumerchen" (la piccola sognatrice), del 1925; il "Das deutsche Kind" (il bambino tedesco) del 1929, il cui viso era il ritratto di suo figlio e che ebbe grande successo, essendovi state ravvisate anche le fattezze di Hitler;

Marion Kaulitz: Artista di Monaco che dal 1908 al 1912 creò bambole prevalentemente di stoffa, marcate con una complessa composizione raffigurante la figurina di una bambina che tira un filo a cui è legato un giocattolo e sullo sfondo lo scorcio di un paesaggio inserito in una corona d'alloro;

Bing: Artista di Norimberga che dal 1921 al 1930 creò bambole il cui marchio è costituito dalla testa di un bambino che al posto degli occhi, del naso e della bocca ha le lettere che compongono il nome "Bing";

Dora Petzold: Artista di Berlino che creò bambole dal 1919 al 1930, marcandole con una figurina di bambina inserita in un cerchio e che tiene fra le mani le lettere "D P";

Margarete Steiff: Artista di Giengen, che dal 1878 al 1930, creò bambole, il cui marchio è costituito da un cerchio con la scritta "KNOPF im OHR";

Hannoversche Gummi - Kamm & Co: Hannover, 1900-1926. Fabbrica di bambole in caucciù, il cui marchio è costituito da un attestato, con la firma "Schwarz", posto fra le figurine di un bambino e di una bambina;

Nöckler & Trine!: Schneeberg, 1849-1926. Fabbrica di bambole, inizialmente in legno e stoffa e poi in caucciù. Il marchio raffigura un castello inserito in un ornato e attraversato in diagonale dalla scritta "Schneeglöckchen";

Buschow & Beck: Reichenbach und Nossen, 1890-1930. Produttori di teste di bambole di due tipi: uno, coperto da brevetto, in metallo smaltato, molto diffuso in America, e l'altro in celluloide. Entrambi i tipi sono marcati con un elmo e la scritta "Minerva";

Alfred Heller: Meiningen, 1901-1930. Produttore di teste di bambole in metallo smaltato, marcate con la scritta "Diana";

Karl Standfuss: Denben bei Dresden, 1898-1926. Produttore di teste di bambole in metallo smaltato, marcate con testa di bambina e la scritta "JUNO".

 


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E' negli ultimi decenni dell'Ottocento che si distinguono e si affermano, sia per i ritrovati tecnici di lavorazione, sia per la bellezza, la finezza e l'eleganza del prodotto, le seguenti otto ditte francesi: "Les noms les plus préstigieux dans l'univers des poupées...", come le definisce Robert Capia di Parigi, il più preparato degli esperti in materia di storia dell'evoluzione della bambola.

 

 

DA SINISTRA: 1) BAMBOLA "BRU", TESTA IN PORCELLANA, 1870, PARIGI, COLLEZIONE PRIVATA; 2) BAMBOLA "BRU", TAGLIA 8, H.48 CM. PARIGI, COLLEZIONE PRIVATA


Fabbrica Bru: Léon Casimir Bru inizia la sua attività nel 1886, al numero 374 delle Rue Saint-Denis. La sua produzione è stata incontestabilmente dichiarata tra le prime delle grandi marche, tanto per le poupées in legno scolpito o in caucciù, sia rigide che articolate, quanto per quelle in porcellana interamente snodate.
Nel 1882 egli avvia, a Montreuil (periferia di Parigi), una propria fabbrica di porcellana, modellando e colando quelle che sono fra le più belle teste e spalle in bisquit. Ottiene, nel contempo, numerosi brevetti, tanto per il perfezionamento delle articolazioni nelle sue bambole, quanto per l'inserimento in esse di meccanismi, per avvicinarle il più possibile, nei loro movimenti e nelle loro azioni, ai bambini, come per esempio il dispositivo di caucciù, collocato all'interno della testa, che permetteva di far succhiare il latte.
La sua produzione è contraddistinta dal marchio "BRU", seguito dalla sigla "Jne" e dai numeri di serie, incisi sulla nuca della bambola.
Molti furono i premi a lui attribuiti nelle varie mostre, tra i quali anche la medaglia d'oro all'Esposizione Universale del 1889, fino alla fusione della sua ditta con la S.F.B.J..
 

 

BAMBOLA "GAULTIER", POUPEE DE MODE, 1875, TESTA IN BISQUIT. LILLE, COLLEZIONE PRIVATA

 

Fabbrica Gaultier - Sotto il nome collettivo di "Fratelli Gaultier" i fratelli Emile-Jules ed Eugène-Louis Gaultier, al numero 19 di Rue des Epinettes a Saint-Maurice (Charenton, nella periferia di Parigi) dal 1860 al 1899 (anno in cui la ditta viene incorporata nella S.F.B.J.) producono teste di poupées in bisquit, per la fornitura di esse ad una cinquantina di fabbriche tra le più rinomate in Francia. Perciò di frequente si trovano teste marcate "F.G." in corpi di bambole sui quali figura il contrassegno di una qualsiasi fabbrica francese.
Le teste di loro produzione, dalle facce tonde e stereotipate, che fanno pensare ai dolci visi di fanciulle che Claude Monet ritrae nei giardini della campagna parigina, si adattano a tutti i tipi di bambole: bébés alla moda, manichini con occhi di vetro o dipinti a smalto, tipo "Belton", ecc.; tra esse, però, bisogna saper distinguere quelle ottimamente rifinite da quelle di qualità più corrente (porcellana più grossolana, visi meno espressivi, vernici più scadenti).
Nel 1872 il brevetto di una testa di bisquit con gli occhi forati già nel calco frutta alla ditta non solo un rilevante incremento negli affari, ma anche moltissimi riconoscimenti ed attestati, nonché la medaglia d'argento all'Esposizione Universale del 1878.
Le teste Gaultier sono per lo più soltanto numerate sulla nuca o sulle spalle; raramente esse sono marcate con la sigla "F.G.", che per altro non sempre è visibile, dato che si trova alla base del collo o sulle spalle, nascosta dall'attaccatura della pelle di agnello o di capretto di cui è confezionato il corpo.
In un recente "Congresso della Bambola Antica", tenutosi a Parigi, qualcuno ha voluto mettere in evidenza che bisogna andar cauti nell'attribuire decisamente la sigla "F.G." ai fratelli Gaultier, essendo stata accertata l'esistenza di un François e di un Ferdinand Gaultier, loro parenti contemporanei.
Ditta Huret - Mademoiselle Calixte Huret incomincia a produrre bambole nel 1850, ma in non più di 1200 esemplari l'anno. Le sue creazioni, anche se costosissime a raffronto della concorrenza, conquistano subito il mercato per la perfetta lavorazione e per il loro valore artistico. Le sue teste, come le braccia e le gambe, prima in porcellana, poi in bisquit, sono di fabbricazione tedesca, su modelli da lei forniti; per i corpi fu la prima ad usare la guttaperca della Malesia, pur servendosi anche del legno e della pelle d'agnello. Ogni suo esemplare, generalmente marcato con timbro ad inchiostro rosso stampigliato sul dorso, veniva posto in commercio elegantemente abbigliato alla moda del momento e corredato di ombrellino, borsetta, ventaglio, orologio, libriccino da messa e cappellino perfettamente proporzionati alla statura della singola bambola.

 

 

BAMBOLA AUTOMA "JUMEAU", 1880. PARIGI, COLLEZIONE PRIVATA

 

Ditta Jumeau - Pierre Jumeau nel 1845, dopo tre anni di società con il suo concittadino Belton, al numero 18 della Rue Mauconseil del primo arrondissement incomincia a produrre in proprio bambole di porcellana e pelle che, per bellezza, per superiorità di lavorazione, per competitività dei prezzi, oltre a permettergli di conquistare tutte le piazze commerciali del ramo nel mondo, non esclusa la Cina, gli procurano anche l'appellativo di "Re della Bambola".
Divenuta, così, la punta di diamante dell'epoca d'oro della bambola francese ed aumentando sempre più la sua produzione in relazione alla richiesta, la ditta è costretta, per esigenza di spazio, a trasferirsi più volte, finché, nel 1871, a Montreuil-sous-Bois si trasforma nel grande complesso industriale della "Manufacture de bébés-Jumeau". Essa si articola in numerosi reparti con specifici compiti di produzione delle singole parti: dalla modellatura dei vari pezzi, alla cottura delle teste e dei torsi (in unico blocco o separati), alla tornitura delle membra in legno, alla fabbricazione degli occhi in camera oscura: celebri, questi, per la loro forza espressiva. Una lavorazione a catena provvede, poi, alla congiunzione delle varie parti e al confezionamento della bambola con progressivo passaggio ai vari settori della lingeria, della sartoria, delle calzature, della parruccheria, fino a quelli dell'inscatolamento e della spedizione.
Le teste, tanto di porcellana quanto di bisquit, sono opera degli scultori Carrier-Belleuse, che crea il malinconico visino di bambina, passato alla storia col nome di "Jumeau triste", e Albert Marqué, che modella quel volto che rende la bambola oggi più ambita dai collezionisti e, perciò, più pagata. Esse, una volta colate e cotte, vengono dipinte con toni incarnati e rimesse al forno, per tornarvi ancora una terza volta per il fissaggio dei colori: rosa carico sulle guance; rosso sulle labbra; bruno per le sopracciglia e nero per le ciglia: ricercatezza di lavorazione che costituisce la caratteristica inconfondibile della produzione Jumeau.
Parecchi sono i brevetti che la ditta deposita, fra essi i più rilevanti rimangono quello del 1862 concernente un dispositivo che fa rotare la testa della bambola; quello del 1885 relativo al "bébé parlant" e quello del 1893, riferentesi al congegno, creato da Henry Lioret, che darà la voce al celebre "bebé Jumeau".
Nella partecipazione alle più importanti esposizioni di Parigi, Londra, Vienna, Anversa, Filadelfia, alla ditta viene sempre assegnato il primo premio con medaglia d'oro e menzione d'onore.
A partire dal 1878 (anno in cui nella direzione della "Manufacture" a Pierre Jumeau succede il figlio Emile) le bambole vengono spesso marcate sulla nuca con la sigla "E.J.", seguita dalla numerazione di serie, ma se ne trovano anche molte timbrate con inchiostro rosso sul dorso. Spesso accanto a quello della ditta si trova un altro timbro con la scritta "Tête Jumeau", oppure un'etichetta con la scritta "Medaille d'or-Paris", ovvero "Diplome d'honneur". Dopo il 1895 la Manufacture alterna a quella di grande qualità, una produzione mediocre, priva di marchio, ma comunque riconoscibile, all'occhio dell'esperto, di fabbricazione Jumeau.
Nel 1899 la Manufacture Jumeau si fonde con la S.F.B.J., ma i suoi prodotti resteranno per sempre i più prestigiosi ed i più ricercati.


Ditta Rohner - Mademoiselle Léontine Rohner fonda la sua fabbrica a Parigi, nel 1855. Aiutata dalla madre e dalla sorella, ella produce bambole assai raffinate con corpo di legno, foderato in pelle, o di pelle imbottita di segatura, o di quel materiale chiamato "composizione", dipinto di colore incarnato. Anche lei, come Mad.me Huret, per le braccia e le teste in porcellana brillante si fornisce principalmente in Germania, attingendo, però, alla produzione locale per le membra in caucciù e le teste in bisquit.
Nel 1857 ottiene dei brevetti che migliorano le articolazioni degli arti e consentono alla testa un movimento quasi naturale.
I critici d'arte del suo tempo così scrissero: "Les poupées de Mademoiselle Rohner son bien faites et ont de jolies visage". Non sempre esse portano il marchio di fabbrica "Rohner".

 

 

Maison Schmitt - Maurice e Charles Schmitt nel 1857 impiantano la loro fabbrica di bambole a Noget-sur-Marne, con deposito per la vendita a Parigi, in Rue d'Hauteville.
Le teste delle loro poupées, in bisquit di ottima qualità, sono di due tipi: a bocca chiusa e a bocca socchiusa, che lascia intravedere una doppia fila di dentini, che costituisce la peculiare caratteristica della ditta. Originali, inoltre: la parrucca, fissata su un tassello di sughero incastrato nel vuoto della nuca, e le articolazioni con sistema "a boules".
Il marchio di fabbrica, depositato il 5 maggio 1857, è costituito da due mazze incrociate con la sigla "SCH" ed è inciso, in modo piuttosto originale, dove finisce la schiena.
Dal 1877 al 1920 la loro produzione è alquanto limitata, ma sono proprio gli esemplari di questo periodo, ormai assai rari, ad essere ricercati dai collezionisti, anche se di altissima quotazione.

 

DA SINISTRA: 1) BAMBOLA STEINER, TESTA IN BISQUIT, H.45 CM., LILLE, COLLEZIONE PRIVATA;  2) BAMBOLA STEINER, TESTA IN BISQUIT,  CORPO IN COMPOSIZIONE, 1880, PARIGI, COLLEZIONE PRIVATA; 3) BAMBOLA STEINER, TESTA IN PORCELLANA, CORPO IN COMPOSIZIONE, H.50 CM., PARIGI, COLLEZIONE PRIVATA.


Fabrica Steiner - Jules-Nicolas Steiner nel 1855 fonda a Parigi una fabbrica di bambole che nel corso di un cinquantennio immette nel mercato, fra grandi e piccoli, ben 150 modelli di bébés che si articolano in tre tipi: semplici, semi-automatici e automatici
Attratto dal mondo della bambola, egli, anziano orologiaio, si propone di perseguire un doppio scopo: applicare a questo giocattolo dei meccanismi che l'esperienza del suo mestiere gli suggeriva di potere sfruttare per rendere preferibili i suoi prodotti e combattere, nel contempo, la pressante concorrenza germanica che, in questo campo, s'imponeva in tutta la Francia.
Oltre trenta, infatti, sono i brevetti che egli deposita per l'attuazione del suo piano. Tra essi sono particolarmente da citare quelli: del 1862, per un bébé che cammina; del 1863, per una bambola con meccanismo a chiave che le fa compiere varie azioni, come muovere la testa, piangere, camminare, saltare e salutare movendo mani e braccia; del 1880, per gli occhi mobili (in seguito il brevetto di perfezionamento del meccanismo per l'apertura e la chiusura degli occhi porta anche la firma del suo collaboratore Bourgoin); del 1890, per una bambola che cammina con dispositivo ad orologeria. Un altro brevetto riguarda, infine, l'invenzione di soffietti da inserire nei corpi delle bambole per dare ad esse la voce.
Le sue teste in bisquit, di ottima fattura, sono di una grande varietà, sia per il modellato, sia per il colore dell'incarnato, dal tradizionale a quello dei mulatti e dei neri. I suoi prezzi, da quelli contenuti a quelli elevatissimi, lasciano agli acquirenti una larga facoltà di scelta.
I modelli più antichi non sono marcati ma in seguito le teste portano l'incisione "Steiner-S.G.D.G." con il numero della taglia e in quelle prodotte dopo il 1889 sovente si trova anche applicata una piccola etichetta con un ragazzo che sbandiera il tricolore francese.
Nel 1891 Steiner cede la sua attività ad un certo Amédée Lafosse che, morto l'anno successivo, lascia la direzione della fabbrica (al numero 60 della Rue d'Avron) e del deposito (al numero 26 dalla Rue Chateau-d'Eau) alla sua vedova la quale, sempre con il marchio "Steiner", continua la produzione di bambole fino al 1907, anno di chiusura della fabbrica, lasciando un modello di sua creazione contrassegnato dalla denominazione "La Parisienne".


Fabbrica Thuillier - Accolte positivamente per le peculiari qualità, "elegance, solidité, légèreté", le bambole prodotte da questa ditta parigina, ne assicurano il pieno successo. Le loro teste, in bisquit di grande finezza sono una dimostrazione di diligente ricerca estetica per il "maquillage" particolarmente delicato. La ditta consegue la sua maggiore notorietà nel 1893, allorché pone in commercio il "Bébé Excelsior" ed i "Bébés Parisiens parlants". Ma essa ha, purtroppo, una vita di soli 25 anni: dal 1874 al 1899.
Molto ambite dai collezionisti, le "poupées" di questa ditta sono individuabili dalla sigla "A.T.", incisa sulla nuca.


S.F.B.J. - BEBE DE CARACTER IN COSTUME MARINARO, 1922. LILLE COLLEZIONE PRIVATA

 

Société Française de Bébés et Jouets (S.F.B.J.) - Per fronteggiare la dilagante concorrenza germanica nel mondo, alcuni titolari di fabbriche francesi di bambole, adottano il motto "L'unione fa la forza", con la fusione dei loro capitali, macchinari, brevetti e modelli, il 6 marzo 1899 fondano a Parigi questa società, assicurandosi, in tal maniera, l'imbattibilità sia dei costi di produzione, sia dei prezzi di vendita dei loro manufatti su ogni mercato.

 

BAMBOLA "JUMEAU", TESTA IN PORCELLANA, 1885. NIZZA, COLLEZIONE PRIVATA

 

Gli associati sono i già rinomati creatori dei modelli di grande successo mondiale: Emile Jumeau, del "Bebé Jumeau"; Pintel & Godchaux, del "Bébé charmant", Artur Wertheiner, di "Le baby"; Frédérich Remignard, del "Le petit Chérubin", Alphonse Benoit Gobert, del "Bébé colosse"; Emile-Luis Genty, del "Bébé de Paris"; Adolphe-Henri Bouchet, del "Bébé géant"; Fleischmann & Bloedel, dell'"Eden bébé"; e, infine, Paul Girard, successore della "Maison Bru", e i fratelli Gaultier, celebri per tutta la gamma delle loro poupées e dei loro bébés.
Presto alla vasta produzione di bambole di tipo tradizionale con testa di bisquit, marcate con la sigla della società e il numero di serie, che va dal 60 al 301, si aggiunge quella assai fortunata dei "Bébés de caractère", marcati anch'essi con la sigla S.F.B.J. e dal numero di serie, compreso tra il 226 e il 252.
Grande successo conseguito dalla S.F.B.J. con l'originale creazione, nel 1905 della poupée "Bluette", alta 27 centimetri, con testa di bisquit, corpo in composizione e membra in legno articolate. Di essa gli editori "Gautier-Langereau" di Parigi si riservano in esclusiva tutta la produzione per farne omaggio a chi sottoscriveva un abbonamento al giornalino "La semaine de Susette" da loro pubblicato. Fu questo l'accorgimento che assicurò strepitoso risultato alla relativa campagna di abbonamento: basti pensare che nella prima settimana ne furono richieste ben più di 20.000 esemplari. La bambola veniva inviata in camiciola e piedi nudi, dato che settimanalmente il giornalino proponeva alle giovani lettrici un nuovo modello di vestito da confezionarle.
Ventitre anni dopo la sua creazione, a "Bluette" fu dato un fratellino: "Bambino", di 26 centimetri di altezza, che, però, non avrà mai la popolarità della sua grande sorella, la quale, scomparsa alle porte degli anni sessanta, nei suoi 55 anni di vita arricchì di migliaia di pezzi il suo corredo di abiti, di biancheria intima e di accessori (cappellini, scarpette, borsette, ombrellini, ecc.), che stanno a testimoniare mezzo secolo di storia del costume.
Soltanto nel 1905 la Società deposita il marchio collettivo, costituito dalle iniziali "S.F.B.J.", motivo per cui è possibile trovare delle bambole che, prodotte nel periodo di transizione (1899-1904), abbiano due marchi, come per esempio quelle che sulla nuca portano il timbro in oro "Tête Jumeau", seguito dal marchio di fabbrica "S.F.B.J." e dai numeri della serie e della taglia.
Il 22 settembre 1911 la Società assume, depositandolo, un nuovo marchio, costituito dalla figurina di un bambino che trattiene una mongolfiera sulla quale spiccano le iniziali "S.F.B.J.".
Nel 1913 la Società inizia la produzione di modelli di poupées e di bébés che, creati dal pittore Francisque Poulbot ed esposti con successo nelle mostre d'arte e nelle esposizioni universali, prendono il suo nome.
A partire dal 1925 fino al 1957, anno della sua chiusura, la "S.F.B.J." userà per marchio la scritta "Unis France".

 


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Per quanto riguarda la produzione delle bambole in Italia, si può dire che le principali ditte, salvo errori ed omissioni, siano state:

Furga: Canneto sull'Oglio (Mantova), 1862-1925. Fabbrica di bambole in cera su composizione, poi gradualmente dalla sola testa a tutte in bisquit, con il marchio "Furga-Canneto sull'Oglio", seguito dal numero di serie;
Mayer Fels: Milano, fine del secolo scorso. Fabbrica di bambole con la testa in bisquit, marcate con la sigla costituita dalle iniziali "M.F.".
Agli inizi del '900 fabbricano bambole anche le ditte: Milano-Bollate; Antenore; Mario Franco; Cardini, di Omegna; Ingap, di Padova. Ma quella che riesce ad affermarsi su tutti i mercati del mondo è la ditta:
Elena Konig e Enzo Scavini: Torino, 1920 circa. Creatori e fabbricanti della famosa bambola "Lenci" (così chiamata dalle iniziali delle parole latine che indicano la finalità della ditta: "Ludus Est Nobis Constater Industria": produzione rivoluzionaria, tutta in panno pressato, che pur di prezzo elevatissimo ebbe ovunque grandissimo successo, ed ancora oggi occupa un posto di primo piano nelle collezioni. Essa veniva posta in vendita con un cartellino sul quale erano indicati il numero della serie e la data del brevetto (1921); a volte, invece, semplicemente marcate sotto un piedino con la scritta "Lenci-Made in italy". Molte sono state le ditte che l'hanno imitata, adoperando materiale similare.
 

 

 

Franco Borga

 

 

 


BIBLIOGRAFIA SELETTIVA
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