Il gioiello Decò

 

Alessandra Doratti

 

 

 

 

La gioielleria nei primi decenni del secolo ha subito una profonda evoluzione. Già alla fine dell'Ottocento, dalla ripetitività stanca delle fogge legate ad un gusto ancora rocaille (il diadema floreale, la spilla da sera con rosa di diamanti, il cammeo da giorno), con la nascita dell'Art Nouveau si passa alla creazione di oggetti liberamente ispirati alla natura, eseguiti con materiali non preziosi, dai colori sfumati e trasparenti. Nel primo decennio del nuovo secolo, le correnti artistiche come il Cubismo e il Futurismo seppelliscono i temi delle arti precedenti. Le arti decorative assorbono il repentino cambiamento dello stile, abbandonano ogni ispirazione alle linee sinuose del mondo vegetale. Nella creazione dei gioielli di quest'epoca vengono messe al bando libellule, figure femminili, piante e fiori; scompare il bijou–miniature e si inventano spille, anelli, bracciali, orecchini, fermagli per cinture a motivi stilizzati e astratti. Linee pure distillate, rigorose semplificazioni, che contengono annunci di razionalismo, neoplasticismo, costruttivismo russo.
Nel 1925 l"`Exposition des Arts Decoratifs et Industriels Modernes" tenutasi a Parigi, già programmata per il 1916, ritarda di nove anni la consacrazione di questo stile, lo stile Art Déco, per la cui nascita si deve far riferimento al 1909 (Manifesto Futurista di Marinetti, Balletti russi di Diaghilev).
Le forme e la tipologia dei gioielli, influenzate dall'arte delle avanguardie, concorrono alla nascita di una nuova "femminilità". La donna rotonda e abbandonante si fa asciutta e scattante e gli stilisti del gioiello cercano nuovi accostamenti di colore che armonizzino con la moda degli abiti.
Dall'Oriente vengono importate pietre preziose colorate, utilizzate in modo da creare contrasti decisamente nuovi e originali, quasi stridenti; si uniscono lo smeraldo al turchese, il lapislazzuli alla giada, si cercano le trasparenze dell'acquamarina, del cristallo di rocca, delle ametiste; del quarzo che possiede quasi ogni tonalità di colore, si impiegano le varietà più curiose: il latteo, il rosa, il "capelli di Venere" il "tormalinato". Il topazio che era stato da lungo tempo abbandonato, rientra come uno dei protagonisti della nuova gioielleria.
Nei vestiti delle donne abbondano il bianco e il nero: i creatori di gioielli giocano allora sul contrasto di onice e diamanti, sulle opposizioni dei toni della lacca, straordinaria tecnica orientale. Fin dai primi anni del secolo i gioiellieri francesi fanno venire dalla Cina e dal Giappone maestri laccatori abilissimi di cui vogliono imparare la raffinatezza esecutiva. Vengono inventati nuovi tagli per le pietre preziose, come il taglio a baguette (un rettangolo allungato), forme assolutamente geometriche che consentono la realizzazione di oggetti puri e lineari, che ne mettono in risalto la struttura. Il platino, scoperto agli inizi del Novecento, sostituisce quasi completamente l'oro giallo e la malleabilità di questo metallo permette l' esecuzione di montature leggere e delicate che fanno risaltare la lucentezza delle pietre. Gli orafi degli anni Venti sono anche raffinati alchimisti, non usano solo pietre e metalli preziosi, ma anche il nichel, l'acciaio cromato o satinato, la bachelite, la tartaruga, l'ebano, la madreperla. Questa assoluta libertà di scelta dei materiali, che deriva dal gioiello liberty, fa uscire dalle mani di questi artisti oggetti preziosi non solo per il loro valore intrinseco, ma soprattutto per la straordinaria fantasia e l'abilità dell'esecuzione. Le grandi Maisons francesi, come Cartier, Van Cleef & Arpels, Boucheron, Maubussin, Lacloche, e gli artisti–orafi come
Georges Fouquet e Raymond Templier colgono facilmente il punto di confluenza tra "Arte" e "Decorazione". Lontani da un vuoto decorativismo, esaltano il vero valore dell'ornamento, rendendolo la parte strutturale e non solo formale del gioiello. Con le linee geometriche e severe delle arti figurative a loro contemporanee, interpretano il gusto della società, utilizzando colori forti e squillanti come quelli delle scenografie dei Balletti russi già menzionate, che nel 1909 incantavano il pubblico parigino. La moda orientaleggiante, e l'Egyptian revival, dilagato con la scoperta della tomba di Tutankahmon nel 1922, si riflettono nei gioielli déco, e così accanto alle forme distillate e pure di Fouquet alle spille in acquemarine e brillanti abbiamo oggetti che, seppur molto ricercati nella lavorazione, non sfiorano mai il cattivo gusto dell'ornamentazione fine a se stessa. Anche l'arte africana suggerisce nuove forme e i gioiellieri assorbono tutte queste influenze e creano sorprendenti opere d'arte in miniatura.
Con l'inizio degli anni Trenta, l"`Exposition de la Bijouterie, Joaillerie et Orfèvrerie" tenutasi a Parigi al Museo Gallierà nel 1929, afferma il primato dell'uso del diamante nella creazione dei gioielli. Tagliato in forme rettangolari, quadrate, triangolari e romboidali permette qualsiasi geometria. I colori vengono usati sempre meno, è il trionfo della cosiddetta mode blanche, viene abbandonato il platino per l'oro bianco e in questa operazione di "imbiancamento totale" si utilizzano l'argento, le pietre sintetiche incolori, l'alluminio, l'acciaio, il nichel, il vetro e il cristallo di rocca.
Lo stile del 1925 domina per tutti gli anni Trenta: vengono proposti sempre gli stessi temi, viziandone lo spirito inventivo in una sorta di maniera che procede decorosamente fino alla metà del decennio e si inoltra fino agli anni Quaranta.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale i gioielli "micro–architettura" dell'Art Déco, si trasformano in vistosi gioielli–scultura in oro giallo dalle foggie molto fantasiose, indossati dalle nuove donne prorompenti e platinate come le dive di Hollywood. Così afferma anche Jean Fouquet con convinzione: «Un gioiello a volte può essere usato per trattenere, sorreggere o fermare alcune parti di un vestito, ma come opera d'arte orafa deve in primo luogo essere considerato come ornamento dell' abito. Per essere tale, e lo ripeto in continuazione, un gioiello non può che essere realizzato secondo le linee di un design ben individuabile a distanza. La miniatura è da abolire».

 

 

ALCUNE PIETRE PREZIOSE

 

Ecco alcune caratteristiche delle pietre preziose principali.

 

 


Il Rubino ha colore rosso di varie tonalità. È una tra le gemme più pregiate ed appartiene alla famiglia del corindone. Deve la sua splendida sfumatura rossa ad una piccola presenza di cromo. Il suo nome deriva dal latino ruber che significa rosso. Le pietre più apprezzate sono di colore rosso intenso, come il "sangue di piccione". Le inclusioni sono frequenti ed anzi non ne diminuiscono la qualità, costituiscono la prova dell'origine naturale della pietra. Gli unici giacimenti significativi sono in Birmania, Tailandia, Sri Lanka e Tanzania.

 


Lo Zaffiro ha colore blu di varie tonalità. Appartiene sempre alla famiglia del corindone. Il nome zaffiro si usa di solito per le pietre blu ma anche il corindone di altri colori, eccetto il rosso, viene chiamato zaffiro. Il blu è dovuto alla presenza di ferro e titanio. Sono presenti inclusioni di rutilio. Anche lo zaffiro è una gemma molto pregiata ed i giacimenti più importanti li troviamo in India, Birmania; Tailandia, Sri Lanka, Kenia e Tanzania.

 


Lo Smeraldo, dal colore verde chiaro al verde scuro appartiene al gruppo dei berilli ed è la gemma più nota fin dall'antichità. Il nome deriva dal greco smaragdos che significa "pietra verde". Il suo colore è dovuto ad inclusioni di ossido di cromo, che se non abbondanti, non ne sminuiscono il valore. Il più pregiato è il colore verde intenso. Quelli più belli provengono dalla Colombia. Altri giacimenti sono in Brasile, Zimbabwe e Sudafrica.

 


L'Acquamarina dal colore azzurro, blu, blu verde è una delle pietre più belle e ricercate. Assieme allo smeraldo è la gemma più quotata della famiglia dei berilli. Il suo nome è dovuto al colore azzurro acqua. L'agente colorante è il ferro. Ha distribuzione del colore più regolare rispetto allo smeraldo ed in genere più trasparente di quest'ultimo. Inclusioni tipiche sono dei sottili canaletti. Giacimenti significativi li troviamo in Brasile e Magadascar.

 


Il Topazio Imperiale va dal colore giallo miele al rosso bordeaux, al rosa. Noto come "topazio prezioso" deve il suo nome all'antica parola sanscrita "topas" che significa fuoco. Il topazio è una gemma tradizionale stimata per la sua particolare combinazione di colore, scintillio e rarità. I giacimenti principali si trovano in Brasile (quello imperiale solo nello stato di Minas Gerais), Sri Lanka, Birmania.

 


Il Topazio Azzurro ha sfumature chiare e scure di celeste con riflessi d'acciaio. I toni più cupi del topazio azzurro sono eccezionalmente belli e a prima vista chiunque, eccetto forse il più abile degli esperti, potrebbe confonderlo con l'acquamarina. La sua bellezza ed il suo prezzo assai modici fanno sì che rappresenti un'eccellente alternativa per gioielli più accessibili. Il Brasile costituisce la fonte di topazi azzurri più rinomata tra i paesi produttori di queste pietre.

 


La Tormalina ha tutte le tinte dell'arcobaleno, rappresenta infatti la gamma più vasta di colori. Le gemme più pregiate sono quelle di colore verde e rosso. Il suo nome deriva dal singalese turamali il cui significato è sconosciuto. Fu portata in Europa dagli olandesi che la importarono dallo Sri Lanka. Può essere confusa con molte gemme vista la sua varietà di colori. La distingue la birifrangenza che possiede. Si trova in Brasile, Sri Lanka e Magadascar.

 


L'Ametista dal colore viola e viola rosato pallido è la gemma più pregiata del gruppo dei quarzi. Il nome deriva dal greco amethystos che significa "non ebbro"; si credeva infatti che proteggesse dall'ubriachezza. Ad essa vengono attribuite facoltà soprannaturali: portatrice di felicità, dona stabilità, protegge dai sortilegi e dalla malinconia. Anticamente era conosciuta come la pietra di Venere. Le località di provenienza sono il Brasile, l'Uruguay e il Magadascar.

 

 

 

Alessandra Doratti

 

 

 

 

 

 

ne del genio architettonico di Mario Botta, deve aver vissuto lo sgombero della mostra come una vera, propria e liberatoria evacuazione.