Il Diamante
Alessandra Doratti
Tra tutte le pietre preziose il diamante si distingue per le sue
proprietà di rifrazione della luce, e il possesso di un anello di
diamanti ha sempre simboleggiato un certo "status" sociale e
finanziario. Il disegno di un anello di questo prestigioso domanda
perciò un impegno tutto speciale da parte del gioielliere e del
tagliatore, che talvolta collaborano al disegno e talvolta agiscono
separatamente.
Fino al XV secolo i diamanti venivano usati nella loro forma naturale,
che è quella dell'octaedro, una doppia piramide cioè, unita alla base.
Il modo più semplice di montare un diamante in un anello, quello usato
nei più antichi anelli con diamante che si conoscano, due anelli romani
nel British Museum del III secolo d.C. Le pietre sono montate qui in una
cornice quadrata, la parte superiore del diamante con la punta rivolta
verso l'alto e la parte inferiore racchiusa nel castone concavo di
sotto. L'incastonatura, necessariamente massiccia, alleggerita da una
lavorazione a giorno, con motivi a onda e a foglie d'edera. Uno degli
anelli racchiude due pietre identiche. Questi anelli rappresentavano
anche allora il massimo dell'opulenza poiché i diamanti erano molto rari
in epoca classica e considerati perciò come potenti talismani. Nella sua
Storia Naturale, Plinio commenta che i diamanti sono le pietre dei re, e
ne racconta l'uso come antidepressanti e controveleni. Nell'epoca
medievale i diamanti vengono portati in Europa dai Crociati. Si assiste
allora a un ritorno alle antiche credenze nel potere terapeutico e
magico della pietra e, allo stesso tempo, a una nuova voga per i
lapidaria, trattati pseudoscientifici che elencano le proprietà delle
pietre. In uno di questi trattati si dichiara che il potere del diamante
è rafforzato se lo si porta al mignolo o se si iscrive sull'anello
stesso una formula magica.
Il simbolismo dell'eterno legame coniugale
Il prestigio del diamante era tale nell'Italia del Rinascimento, che la
pietra fu scelta come emblema personale da molte famiglie nobili e tra
queste i Medici. Cosimo lo usa nel suo stemma di tre anelli congiunti,
ciascuno con un diamante a piramide e una decorazione a smalto di foglie
di acanto, mentre Lorenzo adotta il simbolo di un anello con tre gemme
di diverso colore a significare Speranza, Fede e Carità. La preferenza
data al diamante tra le altre pietre, chiaramente dovuta al fatto che la
sua durezza vista come un'allusione all'invincibilità di chi lo usa come
emblema, e nel caso di Lorenzo, sfuggito miracolosamente alla congiura
dei Pazzi, l'allusione è particolarmente appropriata. D'altra parte il
diamante si prestava anche al simbolismo dell'eternità del legame
coniugale.
Nelle Fiandre i gusti raffinati del Duca di Borgogna incoraggiano la
scienza delle pietre preziose al punto che tradizionalmente si
attribuivano ai tagliatori di gemme fiamminghi del XV secolo ben
duecento modi differenti di sfaccettare il diamante, e alcune di queste
tecniche sono evidenti negli anelli superstiti. Un famoso esempio è
rappresentato dall'anello d'oro che la tradizione vuole essere l'anello
di fidanzamento mandato da Maria di Borgogna a Massimiliano d'Austria,
suo promesso sposo, nel 1477. Il castone a forma di M, decorato con
diamanti a taglio "tableaux", su fondo nero, e l'anello stesso è
decorato con le stesse iniziali coronate. La bravura del tagliatore di
questi diamanti rinascimentali, unita al genio dell'orafo, ha prodotto
anelli di qualità mai più raggiunta nei secoli successivi. L'anello
regalato dalla regina Elisabetta I a Lord Seymour presenta come elemento
decorativo essenziale il monogramma, decorato con diamanti a taglio
piatto. La lettera E è in diamanti espertamente tagliati e assortiti,
mentre la lettera R è in smalto blu, profilato di rubini in una
montatura di madreperla. Le iniziali si possono rimuovere a scatto, e al
di sotto di esse si possono ammirare le due miniature in rilievo, a
smalto, di Elisabetta e della madre Anna Bolena, ambedue ornate di
pietre preziose.
Un "tour de force" del disegno e
della tecnica
Un altro anello reale è quello donato a Isabella Zapolya in occasione
del suo matrimonio a Budapest nel 1537. In esso si uniscono diamanti a
punta, di taglio piramidale e a taglio piatto. Nell'anello della Walters
Art Gallery di Baltimora invece, il castone è montato con tre diamanti
triangolari, a punta piramidale cioè, mentre l'attacco dell'anello è
montato con diamanti a taglio piatto, e l'anello vero e proprio è ornato
nella parte interna di una decorazione a intreccio piatto. Un vero "tour
de force" del disegno e della tecnica dell'anello con diamante di questo
periodo, è rappresentato da un anello in cui il castone è formato di
diamanti a cinque punte disposti a stella, dal riflesso e luminosità
indescrivibili. Questi esercizi di bravura appartengono all'età d'oro
dell'anello di diamanti, e una interessante fonte di disegni per
l'esecuzione di tali gioielli è l'album di Pierre Woieriot, un
gioielliere francese le cui idee complicate dimostrano che alla base di
ogni anello di qualità artistica superiore deve trovarsi una stretta
collaborazione tra il tagliatore di pietre e l'orafo. Nei primi anni del
XVII secolo, questo equilibrio scompare e comincia così quel processo
per cui la gemma diviene parte essenziale dell'anello a spese della
montatura. Il primo anello in cui questa mancanza di equilibrio si
manifesta è un esemplare montato con un diamante tagliato piatto in una
montatura a piramide tronca, in cui la pietra è fissata da quattro
artigli di aquila con pietre più piccole montate a mazzo.
Che l'accento si sposti sul diamante in se stesso è dimostrato dal
prevalere dell'uso di intagliare la superficie della pietra con ritratti
o stemmi. Questo tipo di diamante inciso è rappresentato nella
collezione reale inglese da un anello appartenuto a Carlo I. Questo
diamante è inciso con lo stemma e le iniziali di Carlo quando era
Principe del Galles ed è in smalto blu. Come l'arte barocca raggiunge il
suo culmine nel palazzo di Versailles, costruito per il re Luigi XVI,
così nella storia dell'anello barocco, gli anelli disegnati dal
gioielliere di corte Gilles Legaré, rappresentano il "non plus ultra"
dell'arte dell'orefice di questo periodo. I suoi disegni sono uniformi e
ripetono costantemente il tema dell'anello a diamante tagliato a "rosa"
di proporzioni generose, circondato da diamanti più piccoli "a rosetta",
in una montatura smaltata per lo più a motivi floreali e talvolta a
teschi. Pochi anelli di questo periodo sono sopravvissuti nella loro
versione originale, perché nel XVIII secolo le pietre vennero asportate
e tagliate nuovamente a brillante, con le superfici sfaccettate in modo
da produrre una luminosità maggiore di quanto si fosse mai visto prima.
Con la scoperta delle miniere di diamanti brasiliane, una grande
quantità di queste pietre si riversava sui mercati europei e nelle
classi elevate della società, era di rigore ormai l'indossare intere
parures di diamanti lavorati con il nuovo metodo che li rende
meravigliosamente luminosi alla luce fluttuante e mobile delle candele.
Rose di brillanti e montature "a giardinetto"
Gli anelli di questo periodo sono ridotti al ruolo di accessorio minore
e la forma più in voga nel periodo rococò è quella della rosetta di
piccoli brillanti o la montatura "a giardinetto", in unione cioè con
pietre colorate a forma di rametti fioriti con l'anello d'oro decorato a
foglie. Tipici di questo periodo sono gli anelli a emblemi o simboli
vari, come nodi d'amore montati a diamanti, cuori uniti, farfalle e
stelle; talvolta i diamanti della montatura formano un motto o
messaggio, come Amitié. Le montature non sono più decorate a smalto ma
sono per lo più in argento, poiché si considera che il colore degli
smalti non si intoni con lo splendore della gemma che, montata su lamina
d'argento, è al centro dell'attenzione.
Alla fine del XVIII sec., negli anni del periodo neoclassico, ritorna la
voga degli anelli smaltati con diamanti disposti in una miriade di
piccole gemme raccolte a forma di rametti di fiori, iniziali,
costellazioni, in montature allungate di proporzioni notevoli, e
decorate a smalto blu. Tali anelli si chiamavano "Marguise" e rimasero
in voga fino ed oltre il XIX sec., quando cioè vennero soppiantati dalla
commercializzazione dell'anello di diamanti in seguito alla scoperta
delle miniere del Sud Africa.
L'avvento della luce elettrica favorisce il diamante tra tutte le pietre
preziose, poiché esso è il solo a non apparire troppo vistoso alla luce
nuova e potente delle lampade. È a questo punto che l'uso di donare un
anello di brillanti per il fidanzamento diviene comune, la forma
favorita essendo ora quella del solitario, tagliato in modo da
riflettere il più possibile la luce. Le pietre più piccole si mostrano
in montature profonde a stella, che si dicono alla "zingara".
Quello stesso processo che riduce la montatura al minimo e pone l'enfasi
sul diamante stesso, si accelera nel XX sec., quando la montatura ormai
avrà l'unica funzione di tenere la pietra ancorata fermamente
all'anello. In questo senso è importante l'introduzione del platino che
consente di ridurre la montatura al minimo e che al contrario
dell'argento, non si annerisce. Resistente, incolore, malleabile, è il
metallo ideale per il brillante. Le montature di platino che lasciano
passare la luce in tutte le direzioni, sono uno stimolo per il
tagliatore di diamanti e le innovazioni e le variazioni in questo campo
sono quasi infinite. Si tagliano i diamanti a marguise, a navette, a
baguette, a triangolo, a trapezio. Il carattere geometrico di questi
nuovi tagli si accorda alla perfezione del nuovo stile art decò,
come è dimostrato dagli anelli prodotti in questo periodo da grandi
gioiellieri come Cartier, Boucheron, Lacloche, Van Cleef & Arpels.
L'anello di diamanti diviene simbolo di successo finanziario e sociale.
Ed ecco arrivare il "processo di democratizzazione"
Benché le montature in questo periodo siano trascurabili, i gioiellieri
dell'art decò creano disegni in cui il diamante acquista rilievo
dall'unione con materiali colorati, spesso di valore modesto, come
l'onice nera e il turchese.
Se è vero che l'anello di diamanti fino al 1939 apparteneva a un'élite
di gente danarosa, negli anni o decenni più recenti si è assistito a un
processo di democratizzazione. Le pietre migliori sono pur sempre
prerogativa dei ricchi, ma il mercato si è adattato a fornire anelli
relativamente poco costosi per il grande numero di persone che vogliono
diamanti a prezzi accessibili. La maggior parte di questi anelli è
montata con pietre di qualità inferiore e alcune pesano meno di un
carato, peso che un tempo era il minimo d'obbligo per un solitario. Per
questo vasto pubblico come per i pochi eletti che acquistano pietre di
grande valore è la pietra che conta, la montatura non ha importanza. In
contrasto a questa situazione, in cui cioè l'unica abilità necessaria è
quella del tagliatore, si assiste oggi all'avvento di una nuova classe
di gioiellieri disegnatori. Questi artisti vendono i loro gioielli
attraverso gallerie specializzate e cercano di ricreare quell'equilibrio
perduto tra taglio e montatura cosicché l'uno mette in risalto l'altra.
Alessandra Doratti