Il Biedermeier si formò in Austria e in
Germania negli anni fra il 1815 e il 1848. Il suo debito nei confronti
dello stile Impero francese e di quello della Reggenza inglese fu senza
dubbio rilevante; tuttavia esso può essere considerato una versione
ridotta sia dell'uno che dell'altro. In effetti, dopo le guerre
napoleoniche il Biedermeier si presentò come una tendenza alla
semplicità, soprattutto se paragonato all'opulenza dello stile Impero, e
ciò è tanto più vero se si pensa che a crearlo per gli agiati ceti medi
allora fiorenti in tutte le regioni tedesche e austro-ungariche furono
dei modesti ebanisti locali, che eseguivano personalmente i propri
progetti. Da "bieder", semplice, e "Meier" uno dei cognomi tedeschi più
diffusi, nacque, grazie alla vena satirica di due scrittori (Ludwig
Eichrodt e Adolph Kussmaul), un personaggio, Biedermeier, sinonimo di un
borghese bonario ed onesto.
Fino al 1848 il nome servi per indicare il gusto, la cultura e lo stile
di un trentennio specialmente in fatto di mobili oltre a tappeti,
porcellane, vetri e così via. Lo studio del mobilio è forse il più
significativo per comprendere la filosofia di vita Biedermeier perché ci
avvicina alla quotidianità delle famiglie nobili e borghesi che per la
prima volta, insieme, si trovarono a usare il medesimo tipo di
arredamento. È forse questa la più importante innovazione che prese il
via da Vienna, dalla Baviera, e quasi contemporaneamente si sparse in
tutta la Germania. Gli Asburgo amavano i mobili Biedermeier e altri
aristocratici come il duca di Sassonia-Coburgo arredarono le loro
residenze di campagna con questi "nuovi mobili". Così fece a Trieste
l'arciduca Massimiliano nel Castello di Miramare: lo stile che
caratterizza le stanze del piano terreno è semplice e familiare. Qui si
mescolano elementi austriaci ad altri più tipicamente tedeschi; in
queste camere ci si dedica allo studio, alla lettura ... insomma alle
abitudini del Biedermeier. Si mantenne tuttavia fino al 1840 lo stile
Impero per arredare le sale di rappresentanza o le residenze di città,
anche se in Austria, che non aveva subito l'occupazione della Francia
napoleonica, non si può parlare di un vero e proprio stile Impero, bensì
di un mobilio dallo scheletro settecentesco cammuffato con motivi
Impero. Ma nelle stanze private dove si svolgeva la vita di tutti i
giorni, entrarono da protagonisti i mobili Biedermeier: solidi, sobri,
confortevoli. La loro tipologia è assai limitata: caratteristici i
divani dalle sponde a volute, il tavolo rotondo sostenuto da un supporto
centrale, e la "servante", una vetrina a tre o quattro ripiani - dotata
di uno specchio sul fondo e utilizzata per raccogliere i piccoli oggetti
di cattivo gusto che il mercato di imitazione cominciava a diffondere
nelle abitazioni borghesi. I migliori esemplari sono degli anni 1820-35,
quando lo stile diede vita a pezzi leggeri e fantasiosi da cui deriva
l'opera dei fratelli Thonet, i creatori della famosa sedia da caffè
viennese in faggio curvato. Il mogano venne rifiutato un po' per
reazione al largo uso che ne aveva fatto la Corte nell'epoca Impero, ma
anche per i costi elevati. In una situazione di crisi economica
conseguente alle guerre napoleoniche, gli artigiani preferirono legni
comuni e di facile reperimento locale: il noce fu il più utilizzato per
i toni caldi che tanto corrispondevano all'idea Biedermeier del comfort,
e così i legni di frutto come il pero e il ciliegio. Impiegati, ma meno
amati, anche il frassino, l'olmo, il pioppo e talvolta, ma soltanto per
intarsi contrastati, l'acero dal colore fin troppo brillante. La quercia
presente nei paesi germanici fino all'epoca di Luigi XVI°, non fu mai
più utilizzata e così nemmeno l'ebano: il contrasto di chiari e scuri,
tanto più efficace quanto più sobria mente ricercato, fu reso grazie al
legno di pero ebanizzato. Assenti quasi del tutto le decorazioni in
bronzo, talvolta sostituite da montature in stucco modellato e dorato,
assente anche la marqueterie (l'impiallacciatura decorativa realizzata
con pezzi di legno o altro materiale, osso o avorio per esempio,
sagomati in modo da formare una specie di mosaico) applicata su larghe
superfici. Il tipico mobile Biedermeier fu quindi caratterizzato da
semplici forme geometriche, la decorazione costituita dal solo disegno
naturale del legno. Grandi assi impiallacciate sono infatti sfruttate
nella loro interezza, perché il fronte del mobile sia tutto di un pezzo.
Qualità di legni, dunque, che giocano un ruolo vitale nel disegno del
mobile, l'uso della tavola come dominante formale, ma anche solidità
ereditata dall'epoca Impero. Le stoffe usate per divani, sedie e
tendaggi sono spesso in tinta unita con nastri in colori contrastanti
oppure a fiorellini, o comunque a piccoli disegni. Ricercati anche la
seta, il lino, il cotone e anche una stoffa tessuta con solo crine di
cavallo ancora oggi di moda nella Germania del Nord. Si dice che le
botteghe di ebanisteria nella Vienna del 1823 fossero ben 951. Senza
dubbio il migliore e più famoso mobiliere Biedermeier fu Josef Ulrich
Danhauser (1780-1829) che raggiunse il culmine della notorietà nel 1822
quando l'arciduca Carlo gli commissionò l'arredo del palazzo di Vienna,
oggi sede della Biblioteca Albertina. Quella da lui creata fu una vera e
propria impresa, che oltre ai mobili, produceva e vendeva bronzi, vetri,
tappeti, orologi. I suoi disegni, circa 2.500, sono oggi conservati al
Museo Austriaco per le arti applicate di Vienna e danno un ampio
panorama della sua produzione e dell'evolversi del gusto nell'arco di
quasi vent'anni. Nella seconda metà dell'800 non ci sono copie di mobili
Biedermeier. La loro rivalutazione risale al 1896, quando la grande
esposizione sul tema "Il Congresso di Vienna" segnò la riscoperta di
quello stile, visto come l'espressione di un periodo di vigore e di
creatività nella storia della capitale austriaca e dei paesi germanici.
Riscoperta che negli anni successivi alla Prima guerra mondiale venne
esaltata anche con la pubblicazione di libri ed ebbe non poca influenza
sull'architettura Bauhaus. La Bauhaus fu fondata all'architetto tedesco
Walter Gropius nel 1919 a Weimer e fu un centro di architettura e arti
applicate per lo sviluppo dell'arte contemporanea intesa come
collaborazione fra arte e industria. Fu soppressa nel 1933. Dopo un
trentennio il revival. Ma con la Seconda guerra mondiale di nuovo l'
oblio. Fino al 1979, quando la mostra londinese "Vienna al tempo di
Schubert" del Victoria and Albert Museum li ha portati ancora alla
ribalta. Oggi il museo inglese vanta svariati pezzi Biedemeier e molti
musei come ad esempio il Paul Getty di Malibu, fanno a gara per
aggiudicarsi quelli sul mercato. I riflessi di questo risveglio si sono
fatti presto sentire e i mobili Biedermeier, prima apprezzati soltanto
in Austria e in Germania, dove già raggiungevano quotazioni elevate sul
mercato locale, sono saliti alle stelle, anche perché il loro
reperimento non è facilissimo dato il repentino espandersi della moda.
In Italia, dove pure sono assai diffusi, specialmente nelle regioni
settentrionali che tanto hanno subito l'influenza austriaca, oggi
raramente appaiono in vendita: sono ancora comunemente usati
nell'arredamento domestico per la loro praticità e comodità. Il gusto
Biedermeier é retaggio di collezionisti raffinati e colti che lo
comprendono e lo apprezzano. Come ha scritto Georg Himmelheber nel libro
"Biedermeier furniture" Londra 1974, i Biedermeier furono i primi mobili
spostabili e utilizzabili in più occasioni, nonché solidi e pratici, e
ciò permise alla gente di "viverci intorno" e non solamente "di fronte".
Sono mobili spogli di tutti gli orpelli ornamentali che avevano reso
così fastoso e importante l'Impero.