I vetri di Carlo Scarpa

 

 

 

Franco Deboni

 

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Uno degli aspetti meno noti dell'attività progettuale di Carlo Scarpa, ma non per questo meno significativo, è il suo operato in qualità di direttore artistico, presso alcune fra le più prestigiose firme del vetro muranese, quali Cappellin e Venini.

     Il primo approccio di Carlo Scarpa con l'arte vetraria, avviene in anni giovanili, mentre ancora frequenta l'Accademia di Belle Arti di Venezia. È infatti nel 1927, all'età di 21 anni, che egli inizia la sua collaborazione presso le fornaci della ditta Maestri Vetrai Muranesi Cappellin & C. Questa vetreria, sorta nel 1925 dalla scissione della Cappellin-Venini & C. era condotta con particolare sensibilità dall'ex antiquario veneziano  Giacomo Cappellin. Sotto la guida di quest'ultimo, Carlo Scarpa trova terreno fertile per poter sperimentare nuove orme e colori, ottenendo risultati estremamente raffinati per gli abbinamenti cromatici e la perfetta esecuzione. Già alla Mostra Internazionale di Arti Decorative di Monza del 1927 vengono presentati una serie di vasi in vetro lattimo con inclusioni metalliche, ed altri in vetro lievemente colorato, di estrema leggerezza e semplicità. Carlo Scarpa non si limita a disegnare nuove forme per la produzione, ma collabora anche per la costruzione di alcuni edifici industriali, segue i lavori di ristrutturazione di Palazzo Da Mula a Murano, divenuto sede della Cappellin e si distingue particolarmente per l'allestimento di alcuni stand per grandi mostre, tra cui va ricordato quello eseguito in occasione della Esposizione di Parigi del 1930.

  Anche negli anni seguenti vengono presentate, sia alle Biennali di Venezia che alle Triennali di Monza, nuove creazioni, quali i "fenici" o i primi vasi con decori a piccole murrine circolari, modelli questi ampiamente illustrati e lodati sulle principali riviste quali Domus e Dedalo, portati ad esempio di perfetto accordo stilistico con le tendenze allora più moderne e rigorose nel campo dell'arredamento, senza per questo allontanarsi da quelle che erano le più inusitate proprietà della materia vetro.
Purtroppo, con l'avvento della crisi economica che caratterizza l'inizio degli anni '30, la Cappellin è costretta alla chiusura nel gennaio del 1932; è tale fallimento da ascrivere, in parte, alle eccessive spese sostenute da Giacomo Cappellin, per favorire la ricerca e la sperimentazione di nuovi prodotti.
Un talento innato per il vetro d'arte quale quello sin qui dimostrato da Carlo Scarpa non poteva passare inosservato all'occhio attento di Paolo Venini, ed è così che il progettista veneziano entra, in qualità di direttore artistico della Venini S.A., ricoprendo quell'incarico che era stato dello scultore Napoleone Martinuzzi prima, e quindi dell'architetto milanese Tommaso Buzzi. È il 1933, e questa collaborazione è destinata a durare fino al 1947.
Presso la Venini Scarpa inizia, nella metà degli anni Trenta, a disegnare i primi vetri dove abbina tecniche tradizionali muranesi, quali la filigrana e le murrine, a delle forme geometriche molto semplici: nascono così i vasi "mezza-filigrana" e le murrine romane".

 

    Subito dopo, rifacendosi forse a modelli d'oltralpe, adotta materie più spesse, caratterizzate da superfici acidate, o con inclusioni di bolle d'aria e foglia d'oro, proponendo alle Biennali del 1936 i vetri "corrosi", "sommersi".
Due anni dopo, alla Biennale del 1938, vengono presentati la serie degli "opalini", ed i primi vetri con superficie lavorata alla mola. Oltre che ad occuparsi della produzione vetraria, Carlo Scarpa segue la progettazione degli spazi espositivi della Venini, nelle grandi mostre cui la ditta partecipa.
Il 1940 rappresenta l'anno in cui la produzione Venini raggiunge le sue punte più alte. Alla Biennale di Venezia di quell'anno, viene dedicata una sala intera ai vetri disegnati da Carlo Scarpa, che per l'occasione propone degli eccezionali piatti a murrine, i vasi "granulari" in pasta nera con minuscole perle bianche in superficie, i vetri "tessuto" composti da sottili canne policrome, disegnate verticalmente con abbinamenti di colore molto delicati. L'inizio degli eventi bellici comporta una notevole riduzione dell'attività vetraria, ma comunque anche alla Biennale del 1942 sono presenti molte novità della Venini, sempre ideate da Carlo Scarpa: abbiamo così i vetri "pennellate" con decori policromi tono su tono, i vetri "variegati", con applicazione di filamenti irregolari, i vetri "a fili", con decoro di sottili fasce orizzontali, le conchiglie con la superficie "battuta" alla mola.
Alcuni anni più tardi, nel 1951, il grande architetto americano Frank Loyd Wright avrà modo di visitare la vetreria di Paolo Venini, soffermandosi in particolare sui pezzi disegnati da Carlo Scarpa, ed apprezzandoli con estrema ammirazione.

L'influenza di Carlo Scarpa si farà sentire comunque sulla produzione Venini, anche dopo la sua uscita dalla fabbrica: alcune tecniche da lui elaborate, quali le murrine e le lavorazioni a freddo, vengono ampiamente riprese nel dopoguerra, specialmente da suo figlio Tobia, entrato in Venini per un breve periodo alla fine degli anni '50. A distanza di oltre mezzo secolo, i vetri disegnati da Carlo Scarpa conservano una carica innovativa incredibile, che li rende ancora estremamente attuali, al punto che alcuni di essi, quali la famosa murrina "del serpente", sono ancora in produzione, e rappresentano alcuni dei pezzi più prestigiosi del catalogo Venini.

 

 

 


Franco Deboni