I capolavori di Peter Carl Fabergé
Alessandra Doratti
In tutte le epoche l'unico simbolo pagano che è sopravvissuto e viene
usato ancora ai giorni nostri è l'uovo, simbolo della creazione e della
vita stessa. Sotto S. Agostino le uova, fino ad allora "pagane"
divennero il simbolo della Resurrezione del Cristo. In Europa la
tradizione di collezionare uova e donarle come regalo pasquale risale al
Medioevo. In Russia è diventato un costume fin dai primi albori del
Cristianesimo celebrare la Resurrezione del Cristo e l'inizio della
primavera scambiandosi tre baci e regalando un uovo.
L'idea di tingere le uova per renderle più attraenti è in uso in Europa
fin dal tredicesimo secolo. E come molte altre nazioni, anche la Russia
per secoli, ha prodotto uova naturali colorate (anche ai giorni nostri è
questa la più diffusa forma di interpretazione della Pasqua). La pratica
di fabbricare uova artificiali non era apparsa, tuttavia, fino alla fine
del diciottesimo secolo.
Le uova in vetro o porcellana delle industrie imperiali di S.
Pietroburgo, quelle in pietra dura di Ekatarinenburg, o quelle in
papier-maché di Lukutin Vishniakov erano molto popolari tra la gente
comune, mentre tra l'aristocrazia ed i ricchi committenti erano in uso
esemplari molto più elaborati in oro e argento, con smalti, e magari
anche tempestate di pietre preziose. Le bomboniere a forma di uovo, che
venivano riempite di dolciumi di ogni tipo, erano le grandi favorite.
I pendenti a forma di uovo in miniatura apparvero per la prima volta nel
diciottesimo secolo: alcuni di questi, impreziositi di diamanti (che si
possono ora vedere al Museo dell'Hermitage) servirono come prototipi a
Peter Carl Fabergé che ne ideò alcuni sul modello di quelli più piccoli,
ma fu proprio lui che poi li rese così famosi. Questi ovetti e pendenti
ciondolavano in gran numero dalle collane e dai bracciali delle signore
dell'alta società in periodo pasquale, le quali attendevano di
arricchire la loro collezione con ulteriori doni di amici e parenti, o
ammiratori. Alcune di queste raccolte totalizzano un centinaio di
ovetti. Soltanto gli orafi più abili erano in grado di usare smalti
guilloché
e pietre preziose su delle facce così piccole (di 2 o 3 cm.), mentre gli
altri ne fabbricavano una gran quantità in pietra dura. Le uova in
miniatura Fabergé invece ci lasciano stupiti di fronte alla loro
incredibile diversità: esse vanno dall'uovo semplice in oro al modello
tempestato di pietre preziose, da quello in smalto guilloché a
quello in smalti a vari colori con emblemi applicati sopra, da quello
poco costoso in semplice pietra dura a quello tempestato di diamanti di
qualità, e vi si includono anche animali a forma di uovo, cestini
fioriti, elmetti, insetti e corone. Mai furono creati due pezzi
identici, neppure a dispetto del fatto che la domanda fosse molto alta
nei giorni che precedevano la Pasqua.
Alcuni di questi oggetti si possono ammirare in collezioni oggi esposte
presso alcuni musei (Hermitage, Victoria & Albert, Collezione Forbes);
un esempio è un campanello in diaspro sormontato da un elefante, il
tutto contenuto in una scatola di legno a forma di uovo.
Tutte le suddette uova precedettero cronologicamente la serie delle
grandi uova pasquali commissionate dagli zar Alessandro III e Nicola II,
che non hanno confronto nella storia delle arti applicate. Forse in
connessione con la nomina imperiale a gioielliere di Corte ricevuta nel
1884, fu chiesto a Fabergé di creare un uovo per lo zar Alessandro III
che doveva poi essere donato alla zarina. La storia narra che lo zar
volesse donare a sua moglie Dagmar (principessa di Danimarca) un regalo
pasquale che fosse veramente qualcosa di speciale e che le ricordasse la
sua casa e la sua patria. Dunque il primo uovo imperiale di Fabergé fu
una copia in oro e smalto bianco di un uovo naturale, che conteneva un
pulcino in miniatura (oggi conservato al Rosenborg Castle di
Copenhagen).
Un'idea che ebbe un successo immediato
Con l'immediato successo di quest'idea risultò che Fabergé fu incaricato
di produrre un uovo ogni anno per la Corte imperiale; naturalmente
doveva contenere sempre diver-se e strabilianti sorprese!
Così seguì la straordinaria serie di uova imperiali presentate ogni S.
Pasqua da Fabergé, che sorpassarono ogni cosa per bellezza e valore.
Sembra che 11 di queste uova furono fatte per lo zar Alessandro III fra
il 1884 e il 1894, l'anno della sua morte. Suo figlio, Nicola II,
continuò la tradizione regalando ad entrambe, sua madre, la vedova
imperatrice, e sua moglie Alessandra l'una di queste mirabili uova, per
Pasqua, commissionandone così altre 46, dal 1895 al 1917. Del totale di
57 uova presumibilmente fabbricate, tutte, all'infuori di 11 sono oggi a
noi note: 10 sono ancora in Russia, gelosamente custodite al museo del
Cremlino. Tutte le altre hanno trovato posto all'Ovest: 25 sono negli
Stati Uniti, incluse le 9 della collezione Forbes, New York; 7 sono in
Europa e le rimanenti 4 ancora non si sa dove siano.
Molti problemi vengono alla luce quando si esaminano queste uova
dettagliatamente: delle 11 fatte per Alessandro III solo 4 di esse sono
datate. Per cominciare, possediamo solo la testimonianza di Eugene
Fabergé che il primo uovo imperiale fu fatto nel 1884, ma è logico porre
le uova più semplici e più piccole all'inizio.
Delle 23 uova che si suppone lo zar Nicola II abbia dato a sua madre
solo 17 sono state identificate. Sulla base dei fatti recentemente
venuti alla luce questo numero ora viene ridotto a sole 3 uova poiché le
altre potrebbero far parte della serie creata per Barbara Kelch (moglie
del magnate siberiano Alexander Ferdinodovich Kelch). Delle 23 uova
della zarina Alexandra Feodorovna, fatte negli stessi anni, gli esperti
ne hanno identificate tutte tranne una; tuttavia un esame più accurato
dimostra che per almeno 5 uova il destinatario è incerto, e per 4 la
data è ugualmente incerta anch'essa.
Come nel caso di molti oggetti d'arte di Fabergé l'ispirazione per la
creazione di queste uova viene dai prototipi del diciottesimo secolo.
Possiamo quasi sicuramente supporre che Fabergé conoscesse le uova
pasquali con sorpresa regalate da Luigi XV e Luigi XVI alle loro
famiglie; due esemplari sono tuttora conservati al museo Lambinet di
Versailles, anche l'uovo del Castello di Rosenborg fu ispirato dalla
tradizione francese del diciottesimo secolo.
Ma le sontuose uova di Pasqua erano anche tradizionali nella Russia del
diciottesimo secolo. Queste uova della collezione imperiale fabbricate
da Fabergé possono ancora essere ammirate al Tesoro dell'Hermitage. Un
esempio è dato dal bruciaincenso a forma di uovo in oro e smalto lilla
decorato a grisaille che glorifica Caterina la Grande. È un
lavoro del ben noto artigiano Jean Jacques Duc (attivo dal 1770 al
1785). Un set di 7 uova montate su oro in smalto color avorio,
appartenenti alla collezione S. Niarchos (Parigi), indubbiamente
servirono da modello per una delle prime uova imperiali ideate da
Fabergé. Per l'uovo di Pietro il Grande (1903), Fabergé fu ispirato da
un uovo di Luigi XVI che conteneva un orologio come sorpresa; ora è
conservato all'Hermitage. Dalla stessa fonte Fabergé trasse come modello
lo straordinario automa-pavone di James Cox (un regalo di Potemkin a
Caterina la Grande) che usò nel suo cosiddetto uovo-pavone nel 1908.
Un uovo per tutte le circostanze da
sottolineare
Anche l'ispirazione per l'uovo-albero d'arancio e l'uovo-orologio con
serpente furono tratte da prototipi francesi. Per le altre uova
imperiali che rimangono, l'idea è dovuta soltanto alla fantasia e
all'inventiva di Fabergé. Solamente poche di esse hanno le connessioni
con la famiglia imperiale o con anniversari celebrati in Russia. Esse
commemorarono compleanni, viaggi, giubilei; alcune mostrano miniature
dei membri della famiglia imperiale, le loro attività e i loro palazzi
favoriti. Sebbene i critici abbiano riconosciuto a Fabergé un gran
numero di idee originali, la sua interpretazione dei prototipi francesi
rimane del tutto personale.
In concomitanza con il nascere del periodo Art Nouveau la uova variano
in stile; alcune adottano un "idioma" rinascimentale, altre sono
interpretazioni barocche o alla Luigi XV, mentre altre ancora seguono lo
stile Luigi XVI. Così come le nuove premettono, tuttavia, il loro
andamento agli stili storici rimane libero. Nel 1890, ma specialmente
dal 1897 in poi, Fabergé sviluppo' uno stile del tutto personale nel
quale faceva libero uso di elementi stilistici di ogni periodo,
combinandoli simultaneamente.
Bisogna dire che ognuna delle 46 uova a noi note è un pezzo unico,
poiché egli, data L'importanza dei committenti, non ne permetteva
un'ulteriore riproduzione. I ritratti della famiglia reale applicati
sulle uova le fanno sembrare molto più grandi di quanto non lo siano
realmente (circa 10 cm.). Questo effetto monumentale della scala
caratterizza tutte le arti plastiche.
Tutte le uova di Pasqua (e particolarmente quelle fatte tra il 1891 e il
1914) sono largamente miniate, sono produzioni lussuose che riflettono
la grandezza e lo splendore della Corte imperiale in quegli anni. Ognuno
di questi pezzi tenta di sorpassare il suo predecessore in inventiva,
bellezza ed eleganza. Essi rappresentano l'ultima fioritura dell'arte
europea al servizio dell'aristocrazia; ognuna di queste uova è un
capolavoro che rappresenta centinaia di ore di lavoro.
Tutte le botteghe artigiane - gli orafi, gli smaltatori, i miniaturisti,
i gioiellieri e i tagliatori di pietre dure hanno collaborato a renderle
uniche; così sono stati usati anche gli automi svizzeri come per L'uovo
del pavone del 1908, il quale fu il risultato di un numero di riduzioni
partendo da un modello in grandezza naturale copiato dall'automa di Cox
fino a renderlo un perfetto animale-automa in miniatura (stando alle
testimonianze lasciateci da Eugene Fabergé ci vollero tre anni di
studio).
La carrozza dell'uovo della carrozza regale fu completata in 15 mesi.
Dunque Fabergé doveva preoccuparsi molto prima dell'esecuzione di una di
queste uova perché fosse pronta in tempo! Ogni pezzo, una volta ultimato
veniva esaminato nei minimi dettagli da tutti gli artigiani che avevano
preso parte alla sua creazione e una totale segretezza attorniava il
lavoro. Nemmeno lo zar poteva sapere quale sarebbe stata la sorpresa
della prossima Pasqua. Carl Fabergé presentava egli stesso le uova a
Corte e se ne assumeva le responsabilità.
Dopo la prima guerra mondiale, le uova fatte tra il 1915 e il 1917
divennero di fattura più semplice data la scarsezza dei fondi. I
materiali scelti erano meno costosi, metallo per l'uovo militare del
1916 e legno per alcuni del 1917.
Alessandra Doratti
ne del genio architettonico di Mario Botta, deve aver vissuto lo
sgombero della mostra come una vera, propria e liberatoria evacuazione.