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Giorgio Catania
I falsi nell’Arte - Insidie del mercato
Antiquario
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A. R. Mengs, Giove
e Ganimede, falso affresco romano. Roma,
Galleria Nazionale d'Arte Antica.
In
Occidente, la riproduzione di opere artistiche ha origini remote, legata allo
sviluppo del collezionismo e per lo più motivata dal riferimento storico,
l'ispirazione religiosa, o dalla pura fruizione estetica.
Le prime falsificazioni storiche furono prevalentemente legate alla simulazione dell'oro e
dell'argento; Plinio il Vecchio, menziona l'esistenza di
trattati didattici per la fabbricazione dei gioielli falsi e si conoscono
pratiche riguardanti il trattamento artificiale delle gemme,
atti a migliorarne e a modificarne il colore. Nel "Papyrus Graecus
Holmiensis", noto anche come "Papiro di Stoccolma", quattordici fogli di
papiro scritti in demotico, vengono offerte varie ricette artigianali su
come schiarire o dar maggior colore alle pietre, rigenerare la
brillantezza delle perle, per la pulizia e l'imitazione di oro e
argento.
Quando, dopo la conquista della Grecia, la moda del collezionismo dilagò
a Roma si fabbricarono sculture e
argenterie firmate da Mirone, Fidia e Policleto; artisti del tempo
apposero alle proprie statue di marmo il nome degli scultori Prassitele e Lisippo.
Tuttavia, non si trattava ancora di falsi realizzati con l'intento di ingannare,
quanto per consentire a più persone di godere del possesso di un oggetto
o di un'opera già conosciuta.
Prescindendo dalle sue intenzioni pratiche, la replica o la
falsificazione antica ci rivela importanti elementi della cultura e degli interessi
artistici di un'epoca. Le opere falsificate delineano l’evoluzione dei
gusti e rivelano l’esistenza di un fiorente mercato di corrispondenti
oggetti originali. I falsi pertanto possono rappresentare un importante documento
storico socio-culturale e talora, la memoria di correnti pittoriche e
opere di artisti scomparse sono giunte fino a noi solo grazie a copie più
tarde.
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La Musa Polimnia.
Imitazione su lavagna di dipinto antico. Cortona, Museo dell'Accademia
Etrusca (MAEC).
Durante il Rinascimento, molti pittori tra quelli di maggiore successo
hanno assunto apprendisti che si formavano
copiando le opere e lo stile del maestro e poiché all'epoca era l'apprendista a
dover pagare per la propria formazione a "bottega", sovente
le opere realizzate da questi venivano vendute a rimborso
dell'apprendistato. Questa pratica, generalmente considerata un lecito
tributo, produceva anche opere che con il trascorrere del tempo sono
state erroneamente attribuite al maestro stesso.
Dopo il Rinascimento, a seguito della crescente prosperità della classe
media venne a crearsi una forte domanda per l'arte, portando ad un
incremento del valore di questi oggetti, a dipendere anche dal nome
dell'artista. Per identificare le loro opere, i pittori cominciarono
a marcarle con iniziali e monogrammi; questi segni, successivamente si
evolsero in firme. Con l'aumentare della domanda di opere fecero la
loro comparsa sul mercato anche le
falsificazioni di marchi e firme, tanto da divenire un'autentica piaga
per gli artisti più famosi.
Nel Medioevo, a causa del crescente interesse per le reliquie
cristiane, vennero prodotte un'infinità di frammenti e chiodi della
Croce, culle del Bambino Gesù e ossa di Santi.
Nel XIV° secolo, vennero create
molte opere d'arte che imitavano sculture greche e romane, vendute per
autentiche a collezionisti, nobili e clero.
Quasi tutti gli artisti, agli inizi o durante la loro carriera, hanno
realizzato delle copie di opere importanti o nello stile di qualche
illustre maestro: nel 1496, Michelangelo realizza un Cupido dormiente
che antichizza per il mercante Baldassare del
Milanese, il quale lo cedette al cardinale Riario di San Giorgio, che
scoperta la frode ne pretese il rimborso.
Il napoletano Colantonio, maestro di Antonello
da Messina, si distinse nell'imitazione di dipinti fiamminghi, genere particolarmente
apprezzato ai tempi; Luca Giordano riprodusse Tiziano e Tintoretto; Giuseppe Guerra, allievo del Solimena, per scagionarsi ed evitare il carcere
quale ladro di reperti archeologici, dovette confessare di essere un falsario
di pitture pompeiane.
Famosa l'imitazione ad opera di Anton Raphael Mengs (1728 – 1779), che nel 1760 realizza uno strappo di
encausto rappresentante Giove e Ganimede, dove vengono riprodotti
persino i residui d’intonaco del muro, le screpolature e successivi restauri che
sembrano essere di mano diversa dell’esecutore "antico", rendendolo
una falsificazione quasi perfetta. Dal punto di vista iconografico e
formale il tema si ispira agli affreschi della Farnesina di Raffaello;
le volute baroccheggianti tradiscono l'opera d’arte che dovrebbe essere
d’epoca romana.
Ma veniamo a tempi più recenti.
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Il
pittore senese Icilio Federico Joni (1866 - 1946), autore di "Un pittore di quadri
antichi" (1932), si specializzò nella realizzazione di dipinti
antichi.
Queste falsificazioni, imitazioni dello stile di pittori del '300 e del
'400 quali Duccio di Buoninsegna, Pietro Lorenzetti, Sano di Pietro,
Francesco di Giorgio Martini, Beato Angelico, Cecco di Pietro, Neroccio
di Bartolomeo, erano destinate a una facoltosa clientela di
collezionisti stranieri, soprattutto americani, e rappresentavano per la
maggior parte Madonne con il Bambino (fondi oro di scuola senese).
Ispirati da Federico
Joni, emersero numerosi restauratori e "pittori di dipinti antichi",
quali Umberto Giunti, Igino Gottardi, Gino Nelli, Bruno Marzi e Arturo
Rinaldi.
Un altro volume di interesse
sul falso d'arte è quello di Augusto Jandolo (1873 - 1952), antiquario,
scrittore e poeta romano. Memorie di un
antiquario (Milano 1935), rappresenta una rara testimonianza
dell'attività commerciale che lo Jandolo eredita dal padre e dal nonno e
che praticherà tutta la vita (affiancandola agli altri suoi interessi,
con passione e grande competenza), nel quale si rivelano i curiosi
retroscena di scoperte e vendite nella Roma tra fine Ottocento e gli
anni Trenta del Novecento.
Nella metà degli anni Ottanta del Novecento, con un mercato dell'arte in piena
espansione, Parigi poteva contare su molteplici investitori giapponesi, che
forti della detrazione fiscale concessa dal governo sul collezionismo d'azienda, acquistavano
opere d'arte. Questo fenomeno determinò l’esplosione dei prezzi dei
pittori impressionisti e di tutta l’arte francese del tardo XIX secolo,
coinvolgendo anche il vetro artistico di Gallè, Daum, Lalique, Argy Rousseau,
ecc..
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Imitazione di vaso
Gallé, realizzato in Romania.
Fecero la comparsa
sul mercato innumerevoli vetri falsi, dalla qualità più modesta a quella
più ricercata, realizzati per lo più in Romania.
La prima clamorosa aggiudicazione giapponese, al fine di una
diversificazione patrimoniale, avvenne presso la Christie’s di Londra il 30 marzo 1987 con l'acquisto
di una delle sette versioni dei Girasoli di Van Gogh. La Yasuda
Assicurazioni se la aggiudicò per 40 milioni di dollari,
registrando l’acquisto tra i suoi costi a
detrazione fiscale, con un notevole ritorno d’immagine per lo scalpore suscitato dall'evento.
E' in questo periodo che fa la sua comparsa un mercante d'arte di nome Guy Hain, già venditore di prodotti veterinari, che apre una
galleria al Louvre des Antiquaires di Parigi con il nome "Aux Ducs
de Bourgogne", poi chiusa nel 1988.
Hain, che divenne anche un editore di testi d'arte, assecondando la sua
passione per le sculture in bronzo entrò in contatto con la celebre
fonderia Rudier che nel passato aveva realizzato le fusioni per grandi
artisti quali Auguste Rodin, Bourdelle, Maillol, Aristide Gustave Miklos.
La famiglia Rudier conservava ancora gli stampi originali delle opere di
Rodin e Hain si accordò per fare delle nuove copie.
Vi
apporrà, scorrettamente, il vecchio sigillo della fonderia di Alexis Rudier. Nel
1990, Hain acquista la fonderia Balland a Luxeuil-les-Bains e amplia la produzione di copie
con altri scultori,
realizzando calchi da originali. La finitura dei bronzi è
generalmente buona, come pure la patina.
Dopo un primo arresto avvenuto nel 1992, Hain riprende l'attività di
falsario utilizzando varie fonderie della Francia; nuovamente raggiunto dalla giustizia
nel 1996 gli vengono confiscate circa 1100 opere di 98 artisti diversi,
tra cui oltre a Rodin compaiono Pierre-Auguste Renoir, Bourdelle,
Mène, Aldred Barye e Antoine-Louis Barye, Jean-Baptiste Carpeaux,
Camille Claudel, Christophe Fratin, Emmanuel Frémiet, Aristide Maillol,
Pierre-Jules Mene e altri.
Secondo la pubblica accusa, Hain ha dimostrato una chiara volontà di
commettere una frode: durante il periodo di collaborazione con Georges
Rudier, avrebbe rimosso il marchio "Georges" dalle sculture, apponendo
il marchio di Alexis Rudier per rendere i pezzi di produzione anteriore,
ovvero, originali Rodin.
Per la legge francese, un artista può realizzare dodici
copie numerate di ogni scultura in bronzo. Oltre questo numero, anche se
realizzata dall'artista in vita, l'opera è legalmente considerata una
riproduzione e deve essere contrassegnata con la dicitura
"riproduzione". Nel caso l'artista non abbia raggiunto il numero
dei dodici esemplari consentiti, i suoi eredi potranno avvalersi del
diritto di realizzarli e venderli come originali, anche molto tempo dopo
la sua morte.
Sui bronzi realizzati da Hain non compare mai la dicitura, come previsto
dalla legge. La famiglia Rudier si costituì parte civile e Hain
venne condannato ad alcuni anni di carcere.
La falsificazione, dagli inizi del Novecento, ha coinvolto ogni settore dell'arte, in
particolare il campo delle incisioni e
litografie moderne. E' stato stimato che circa
100.000 litografie recanti la firma dello spagnolo Dalì sono state vendute in tutto il mondo nel corso degli ultimi
20 anni.
Stampe di artisti famosi sono state riprodotte o stampate oltre i quantitativi autorizzati.
Eric
Hebborn, disegnatore eccellente,
dopo gli studi artistici conseguiti in Gran Bretagna, fonda a Roma
la Pannini Gallery, dove opererà per lunghi anni, commerciando opere di
Piranesi, Pontormo, Corot, Castiglione, Rembrand, Mantegna, Van Dyck,
Ghisi, Tiepolo, Bellini, Rubens, Poussin, Brughel, Stefano
Della Bella, Boldini e di molti minori, tutte opere false realizzate di
sua mano e vendute per autentiche sia a collezionisti e
mercanti, sia attraverso case d'asta.
Nel 1978, Konrad
Oberhuber, curatore presso la National Gallery of Art di Washington,
esaminando un paio di disegni che aveva acquistato per il museo da un
rispettabile commerciante di Londra e rispettivamente attribuiti
a Sperandio di Bartolommeo de' Savelli (Mantova, 1431 ca. – Venezia,
1504) e a Francesco del Cossa (Ferrara, 1436 – Bologna, 1478), notò che i
due disegni erano stati eseguiti sullo stesso tipo di carta. Sconcertato
dalla scoperta, Oberhuber, dopo essersi consultato con colleghi di
altri musei, scoprì l'esistenza di un terzo esemplare, di altro autore,
eseguito ancora su una carta che presentava le stesse caratteristiche
dei due disegni precedenti. Tutte e tre le opere erano state
acquisite da Hebborn. Nonostante il sospetto che si trattasse di opere false si fosse trasformato in certezza, nessuno osò
denunciare Hebborn, per il fatto che lo scandalo avrebbe coinvolto
importanti case d'asta e centinaia di mercanti d'arte. Così Hebborn, tra il 1978 e il 1988 ha
continuato a produrre falsi (si sospetta che essi siano almeno 500, tra
disegni e oli). Dopo essere stato definitivamente smascherato, nel 1991 Hebborn pubblicherà un’autobiografia
Drawn to Trouble, in cui narrerà
con dovizia di particolari la sua attività di falsario, vantandosi di
quanto facilmente aveva ingannato per decenni esperti d'arte e mercanti
e di come molti musei di tutto il mondo ospitassero sue opere attribuite
a grandi maestri. Rilascerà anche interviste e verranno realizzati su di
lui dei video in cui spiegherà le tecniche di falsificazione. Nel 1995
uscirà The Art Forger's, dove prosegue nell'atteggiamento
beffardo e di critica al mondo dell'arte. Dichiarerà: "Ogni
artista è un imitatore, soltanto che alcuni artisti imitano la natura,
altri imitano l'arte". Nel gennaio 1996, Hebborn,
viene ritrovato morto in una strada di Roma, con il cranio fracassato.
Un storia
ancora più recente è quella dell'olandese Robert Driessen, uno dei falsari
d'arte di maggior successo al mondo, che ha tratto in inganno gallerie
d'arte, case d'asta e musei per decenni. Negli ultimi trenta anni Driessen si è specializzato
nel lavoro di Alberto Giacometti, realizzando con i suoi complici
delle copie immesse sul mercato per autentiche (all’incirca mille
sculture). Driessen,
per evitare di essere arrestato, nel 2005 si trasferirà in Thailandia con la famiglia, dove continua a riprodurre dipinti e
sculture su commissione, promuovendo la propria attività con un sito
internet. Nel 2009 all’aeroporto di
Francoforte la polizia tedesca ha arrestato quattro collaboratori di Driessen
mentre cercavano di vendere dei falsi Giacometti; in un deposito a Magonza sono stati
rinvenuti 800 bronzi e 170 gessi nello stile dell'artista. Il principale
complice di Driessen, venne condannato a 7 anni di reclusione e
sanzionato pesantemente. Il settimanale Spiegel, dopo aver intervistato
Driessen in Thailandia, ne ha recentemente pubblicato la storia.
Altro falsario "eccellente" è stato il tedesco Wolfgang Fischer in
Beltracchi, che assieme alla moglie e due complici ha prodotto e venduto
come opere originali dipinti di Max Ernst, Heinrich Campendonk, Fernand
Léger, Kees van Dongen e molti altri. Nel 2011, Beltracchi è stato
condannato a sei anni di carcere. Nato nel 1951 a Höxter e cresciuto a
Geilenkirchen, suo padre era un restauratore d'arte, Beltracchi già
all'età di quattordici anni aveva eseguito la copia di un dipinto di Pablo Picasso. Dopo una
formazione presso la scuola d'arte di Aquisgrana, viaggia attraverso
l'Europa e soggiorna in Olanda, Spagna, Francia e Marocco, sostentandosi
con la produzione di copie di artisti famosi. Nel 1980, per un breve
periodo, Fischer ha una galleria d'arte insieme ad un socio; nel 1992
conosce Helene Beltracchi, e dopo il matrimonio, nel 1993, ne assume il
cognome. Dopo il suo arresto, Beltracchi ha confessato di aver
falsificato centinaia di dipinti di oltre 50 artisti, opere che venivano
rese maggiormente credibili dalle storie inventate a regola d'arte sulla
provenienza da collezioni private (di parenti degli stessi), quali la
"Sammlung Knops", del sarto Johann Wilhelm Knops da
Krefeld, nonno di Otto Schulte-Kellinghaus e la "Sammlung Werner Jägers",
del nonno di Helene Beltracchi.
Tra
gli artisti italiani, Amedeo Modigliani è quello che più
è stato a contatto con i grandi protagonisti del Cubismo, e nonostante la sua esigua produzione
è tra i più falsificati. Arrivato a Parigi nel
febbraio 1906, conosce e frequenta Picasso e Braque; incontra Brancusi
alla Cité Faulguière a Montparnasse, con lui avrà lunghe discussioni che
lo fanno interessare maggiormente alla scultura. Nel 1909, Modigliani invita
Brancusi a trascorrere le vacanze estive nella sua casa di Livorno. A
seguito di problemi polmonari, Modigliani eviterà di lavorare il marmo
bianco per dedicarsi alla pietra arenaria.
Le sue Teste, realizzate
prevalentemente tra il 1910 e il 1913 (dopo il 1914 abbandonerà la
scultura per la pittura), e la serie delle Cariatidi, si ispirano
all'antico Egitto, alla Grecia arcaica e alla scultura africana. Le
opere scultoree assegnate a Modigliani sono 25, di cui 24 teste femminili,
un nudo
in piedi (tutte in pietra) e un'opera scolpita in legno. Saranno proprio
queste sculture che desteranno l'interesse nazionale, quando nel 1984
viene perpetrata la "beffa di Livorno", con il ritrovamento nell'Arno di
tre sculture attribuite al maestro. La leggenda vuole, che l’artista,
durante un suo soggiorno in patria, dopo averle scolpite, insoddisfatto dei risultati, le
avesse gettate nel fiume in un impeto di rabbia. Le pietre erano state
realizzate in realtà da tre ventenni con attrezzi di fortuna, per perpetrare una burla. Gli esperti
all’epoca si divisero in due fazioni: quelli che ritenevano si trattasse
di Modigliani autentici, capeggiati da Carlo
Giulio Argan e i non convinti, i quali sostenevano si trattasse di
falsi Modigliani, tra cui Federico Zeri.
Nel caso Modigliani le esecuzioni erano arcaiche, rudimentali, ma a volte
queste opere sono frutto di approfondita conoscenza e grande maestria,
risultando più vere dell'originale.
Con il trascorrere del tempo la falsificazione di manufatti, mobili e dipinti d'arte è
diventato un fenomeno prevalentemente legato alla richiesta di mercato e fa parte di una più
generale tendenza a riprodurre o falsificare un qualsivoglia oggetto risulti particolarmente piacevole o di elevato valore economico.
L'arte del falso può essere estremamente redditizia e talora la maestria
di esecuzione rasenta la perfezione; oggi, con il
perfezionarsi delle moderne tecniche di datazione e di analisi,
l'identificazione del falso ne ha tratto grande beneficio.
Anche nel mondo dell'arredamento e della decorazione si fa largo impiego di
oggetti riprodotti o non del tutto originali, ed è usuale che l'architetto
proponga al cliente il dipinto in copia, il mobile in stile, o anche un
pezzo più o meno antico, ricostruito o adattato alle necessità
dell'abitazione da arredare.
Sul mercato antiquario, numerosissimi sono gli esemplari
di copie, riproduzioni e falsi, molti gli oggetti che hanno subito
manomissioni, alterazioni o restauri più o meno importanti. Talvolta,
nei secoli, le opere hanno subito interventi adattativi o anche
migliorativi, che si discostano notevolmente dall'esecuzione originale,
senza che peraltro ci si trovi necessariamente di fronte ad un falso. Il concetto di
autenticità di un'opera può talvolta accorpare e valorizzare non
solamente lo status al momento della creazione, ma la storia
stessa dell'oggetto, compresi gli interventi di pulitura, restauri e
riparazioni, che possono comunque costituire una documentazione storica. Da
qui nasce l’idea della leggibilità dell’intervento, applicata all'opera.
Alcuni
esemplari sono stati trasformati o arricchiti di decori per accrescerne
il valore, senza peraltro che queste integrazioni risultino sospette.
Persino nei musei si possono trovare in esposizione opere di una tale
qualità da aver tratto in inganno i professionisti del settore:
riproduzioni, falsificazioni, attribuzioni e battesimi, che con il
trascorrere del tempo però vengono quasi sempre smascherati.
La via
dell'antiquariato e del collezionismo è pertanto più insidiosa di
quanto ci si possa aspettare, non solamente per il novizio, ma anche per
chi di questa passione ne ha fatto una professione — ma forse per
queste ragioni è ancor più affascinante!
Ad ogni buon conto, ogni oggetto riprodotto o non del tutto originale,
può svolgere una sua funzione pratica o di arredamento e avere un suo
valore economico e una propria dignità.
Copia, imitazione, falsificazione.
La differenza tra copia, imitazione o falsificazione, non sta tanto
nella diversità dei modi e tecniche di produzione, quanto nella
intenzionalità di realizzazione.
Si possono distinguere:
• la produzione di un oggetto a somiglianza o a riproduzione di altro
oggetto o stile, quale documentazione dell'oggetto, o per soddisfare
esigenze di mercato, dichiarandone esplicitamente la natura;
•
la produzione di un oggetto con l'intento di trarre in inganno
l'acquirente circa l'epoca, il materiale, l'autore;
•
il commercio di un oggetto che in origine non era stato prodotto con
l'intenzione di trarre in inganno, spacciandolo per opera autentica, di
epoca, di materiale pregiato o prezioso, di marchio, o di autore diverso
da quello che realmente è.
Al primo di questi casi corrisponde la copia e l'imitazione, al secondo
e terzo caso appartengono le due accezioni fondamentali del falso, che
comunque richiedono il riuscire a provare il dolo o la malafede.
Ci sono
essenzialmente tre tipi di falsari:
• colui che crea il pezzo fraudolento;
• la persona che trovato un pezzo cerca di farlo passare per qualcosa che
non è al fine di aumentarne il valore;
• colui che dopo aver scoperto che
un'opera è un falso, lo vende comunque come un originale.
Quando siamo al cospetto di una copia a sostituzione di un originale, legittimato dalla
proprietà per preservarne l'autentico, o di un multiplo, oppure
quando si tratti
di un'interpretazione autonoma dello stile di un dato maestro, non solo siamo in presenza di un'opera legittima, ma
sovente questa gode di un certo valore commerciale e di una buona
richiesta di mercato.
Un oggetto riprodotto può quindi avere valore di opera d'arte, per la maestria di
esecuzione, o anche per essere un omaggio o prosecuzione dello stile di un
maestro (anche con interpretazioni personali dell'autore o adeguamenti
artistici), senza che questo possa costituire un capo di accusa né
essere riprovevole dal punto di vista etico e morale.
Il giudizio di falso, copia e riproduzione di una
determinata opera, può coinvolgere persino l'artista. Nel riprodurla a
distanza di tempo, firmandola, modificandone o
apponendo datazione diversa con l'intenzione di trarre in inganno per mero
vantaggio economico, l'artista diviene falsario di se stesso, e assumerà
moralmente e giuridicamente tale ruolo.
______
Su quali elementi basare la propria indagine per comprendere se un
oggetto è originale oppure è stato riprodotto o manomesso?
Elementi fondamentali rimangono la coerenza dei materiali, la qualità esecutiva e lo stile, eventuali firme o
marchi, la datazione (questi ultimi facilmente imitabili). Molto importanti i documenti a sostegno della provenienza e
paternità, le certificazioni ed expertise attendibili (non è raro che
anche queste siano delle mistificazioni).
Copie e falsi, inoltre, essendo eseguiti in un certo periodo storico e
culturale, accorpano inavvertitamente elementi del loro tempo, ovvero
caratteristiche culturali del momento, compresa la moda di quel tempo, e
sovente a posteriori riveleranno di appartenere a quel dato periodo
storico per avere in se stili o elementi che non gli dovrebbero
appartenere.
Le opere d'arte il
più delle volte non sono nascite casuali e solitarie, ma il risultato di
molti anni di un preciso contesto culturale e di interesse della
popolazione, un prodotto per soddisfare esigenze di cultura quindi,
capace di fissarne o anticiparne il gusto.
Una imitazione o copia dello stesso oggetto sarà quindi
differente a seconda dell'epoca in cui è stata eseguita. Anche quando
siano state ottenute con sofisticati procedimenti meccanici, questi elementi possono
rivelarsi, consentendo una collocazione temporale diversa da quella
dell'originale.
La storia dei falsi
accompagna da sempre il mercato dell’arte e anche in questo istante, in
tutto il mondo, centinaia di artisti stanno producendo "opere antiche".
In questo contesto troviamo più che mai interessante il suggerimento di
Friedrich Winkler: «Per affinare la propria capacità di distinguere
ciò che è autentico, il migliore esercizio è riconoscere ciò che è falso».
______
Legislazione e sanzioni
Fu l'Inghilterra nel 1735 a decretare la prima legge sul diritto d'autore,
ponendo una maggior attenzione alla falsificazione e distinguendola
dall'imitazione come frode legalmente perseguibile. I falsari fino
ad allora rischiavano soltanto una condanna morale. Oltre a proteggere
l'autore di un'opera dell'ingegno si iniziò anche a tutelare il
consumatore-fruitore.
In Italia, la legge
n. 1062/1971 (Norme penali sulla contraffazione o alterazione di opere
d'arte), i cui articoli da 3 a 7 sono stati raccolti nell'art. 127 del
testo unico del 1999, riproposti dall'art. 178 del codice dei beni
culturali e del paesaggio, fa riferimento a tutte le contraffazioni di
opere d'arte, comprese le opere di autori viventi aventi meno di
cinquant'anni. La legge punisce tutti coloro che, al fine di trarne
profitto, alterino o riproducano un'opera di pittura, scultura o grafica, un oggetto di antichità
o di interesse storico o archeologico.
L'applicabilità della suddetta legge richiede si configuri il dolo specifico.
Non viene effettuata alcuna distinzione
sulla tipologia dell'opera (pittorica, grafica, scultorea, ecc..),
alla tecnica o al numero delle copie realizzate e messe in commercio.
Viene posta principalmente l'attenzione su chi introduce
nello Stato, detiene per farne commercio o mette in vendita opere contraffatte, alterate
o riprodotte spacciandole per autentiche. Tutte queste ipotesi di reato,
qualora il soggetto sia consapevole della non autenticità, determinano
gli stessi effetti sul piano penale, che si possono configurare con i
reati di truffa e ricettazione.
Nel caso di riproduzione e vendita di esemplari di un'opera tratta da
calco (scultura) o matrice (grafica) legittimamente posseduti, non si
configura una espressa violazione della legge 20/11/1971, n. 1062, e la
mancata sottoscrizione delle opere da parte dell'artista, in contrasto
con il legittimo possessore dei calchi/matrici deve essere risolta in
sede civile in base alla normativa sulla tutela del diritto d'autore.
Giorgio Catania