Guido Grimani (Trieste 1871 - Trieste 1933)

 

Walter Abrami

 

 

Sul finire degli anni Settanta la mia consueta (e irrefrenabile) curiosità, l’interesse per le arti figurative che le lezioni universitarie dei professori Decio Gioseffi e Gillo Dorfles avevano accentuato, nonché una certa imprevedibile casualità, mi condussero in un appartamento di Via Catullo. Un conoscente mi aveva segnalato la possibilità di acquistare da un’anziana, ricca signora, alcuni dipinti di autori diversi. Presi un appuntamento telefonico con la proprietaria delle opere e il giorno e l’ora stabiliti mi trovai all’indirizzo da lei indicatomi.

Il nome della via che percorsi a piedi mi distrasse: la memoria dei carmi d’amore del poeta latino mi fecero fantasticare non poco sulla corruzione di Lesbia, donna colta e bellissima, assassina presunta, amata follemente da Catullo. Il ricordo di altre elegie che il romano scrisse, mi proiettarono nei mercati turchi e in quelli di Alessandria d’Egitto.

Giovane ero ad ogni modo consapevole del fatto che tutti gli incontri occasionali, qualsiasi compravendita privata o pubblica, può trasformarsi in una singolare, unica, indimenticabile pagina di vita…fu proprio così: la storia siamo noi! Trovai ad aspettarmi una vivace ed arzilla vecchietta dagli occhi velati, chiari, le labbra sottili. La voce era suadente, le maniere misurate, gentili; la donna aveva un’età ragguardevole e mi soffermai a guardare le mani dalle dita sottili e il bel volto che parlavano del suo passato…

Scambiammo qualche parola di circostanza e mi fece accomodare: ci sedemmo in un salotto poco illuminato e si mise davanti a me senza indugi, senza timori. Osservai la bottiglia di Gorge Goulet che, stappata, faceva bella mostra sul tavolo accanto ad un elegante pacchetto rosso-oro d’aromatiche sigarette Dunhill. La conversazione ci condusse a Londra, Parigi, Istanbul: le bollicine dello champagne che bevemmo di lì a poco e il suo sapore persistente (seppi in seguito che G.G. era il vino prediletto da Giorgio VI), favorirono la conversazione.

La signora con verve, lucidissima, fu esplicita: “Ho novantadue anni”, disse con una punta d’orgoglio venata da latente malinconia…

Aspettò una mia reazione verbale, ma rimasi in silenzio nell'attesa d’altre informazioni…

Intuì la mia perplessità e continuò: “La vita è stata generosa con me e mi ha regalato momenti straordinari, emozioni forti. Perché non protrarle?” “Abbandono Trieste per trasferirmi definitivamente alle isole Canarie dove il clima mi aiuterà a sopportare meglio i reumatismi…” – aggiunse. Nelle valige, che erano disposte ordinatamente in un angolo (e che m’indicò con la mano), “non c’è spazio per i quadri!”

Fui sorpreso, ma quando giratomi verso i bagagli i miei occhi osservarono un dipinto piuttosto grande di Guido Grimani che era appeso ad una parete, rimasi davvero senza parole…

Si trattava del quadro ad olio Le fondamenta di Chioggia opera dalle indubbie affinità stilistiche con Primi albori che fu realizzata dal triestino presumibilmente nel 1908.

La conoscenza dei lavori di molti autori giuliani, friulani e veneti mi spinse immediatamente a paragonare il quadro a La campana della sera il celebre olio di Pietro Fragiacomo rimasto a Trieste: nella sua rappresentazione grandangolare della laguna paragonabile a quella di un paesaggista che disponga di un 24 mm, il sole è scomparso e un lembo di laguna si tinge di rosso.

Diversamente da lui, Grimani è meno coraggioso nell’affrontare uno spazio identico, più intimista: guarda il soggetto come un fotografo che dispone di un 80 mm. e cura la profondità.

Mai dimenticherò la luce di quella tela di Grimani, i riflessi delle barche sull’acqua, l’atmosfera lagunare resa con svariate tonalità di rossi carmini sapientemente accostati dall’artista.

Studiai per anni quei colori che piacquero infinitamente anche a Gino Parin e che sono buoni conduttori erotici: fu davvero unico scoprirli in una marina di Grimani!

Tuttavia fu triste per me, allora, non disporre immediatamente dei sei milioni che mi furono richiesti dalla viziosa vegliarda e in un attimo persi un vero affare. A malincuore…

Ciò che ora più mi dispiace è che il fatto che il dipinto non sia finito in un museo di Venezia o di Trieste perché il Grimani, validissimo artista è ancora poco conosciuto; una delle sue opere giovanili meno riuscite, la Marina del Civico Museo Revoltella, non gli rende, infatti, i meriti dovuti e dovrebbe tornare nei depositi o essere posto in vendita.

Primi albori che pure appartiene al museo triestino, è certamente superiore nella qualità perché in questa tela l’artista fu più eloquente nel comunicare quella sua essenza poetica e colse l’anima delle cose in modo più smaliziato.

Eppure in vita Grimani ottenne rilevanti riconoscimenti: ricevette tre medaglie d’argento rispettivamente all’Esposizione Industriale Artistica di Gorizia del 1900 con Marina al chiarore di luna, a Vienna all’Internazionale Fischierei Ausstellung due anni dopo con il dipinto La pesca delle sardelle (è conservato nel Museo del Mare di Trieste) e all’Esposizione Regionale di Vicenza nel 1907. Nello stesso anno vinse un altro primo premio con una serie di sei cartoline intitolate Alabarda. Il successo definitivo della critica che spesso lo aveva accusato di eseguire quadri “di maniera” (quello del pubblico lo anticipo' senz’altro!) gli arrise nel 1910 quando fu premiato con la medaglia d’oro del Ministero all’Esposizione provinciale di Capodistria e alla Seconda Esposizione d’Arte d'Arezzo patrocinata da Sua Maestà la regina madre.

Ma di là dei numerosi premi vinti da Grimani sono sufficienti la Marina della Galleria d’Arte Antica e Moderna di Udine, La calma di laguna presentata a Berlino nel 1900, Primi albori esposto prima a Milano e successivamente a Venezia alla Mostra dei quarant’anni della Biennale e ancora la Marina della Banca Cattolica del Veneto in cui si vede un trabaccolo affrontare le onde in un mare mosso e sullo sfondo Trieste illuminata dal sole, a parlare delle sue qualità non comuni nel rappresentare il soggetto prediletto in situazioni e momenti diversi.

Se per ipotesi queste marine fossero poste in vendita, molti appassionati del genere sarebbero disposti a pagare cifre da record pur di aggiudicarsele: a maggior ragione – penso - dei milioni spesso spesi dai collezionisti per appropriarsi opere di Flumiani, pittore più commerciale, più spettacolare nei suoi dipinti, più vivace, più irruente nella pennellata, più istintivo, ma meno poetico e meno capace di commuovere.

Grimani non fu pittore dai clamori coloristici, fu temperamento attento, scrupoloso, riflessivo: i particolari della vita marinaresca che seppe affrontare con bravura ci offrono frequentemente un’impressione di bontà e di mestizia ed egli seppe esaltare i sentimenti del pubblico anche quando le sue marine erano banali o scontate o …già ideate nella composizione da altri colleghi.

Un tramonto non lo infiammò mai più del dovuto, mai ebbe il desiderio impulsivo di sconvolgere la sua tavolozza sempre equilibrata; Grimani rese reali i colori prediletti con velature davvero pazienti, talora esasperate (nel profilo superficiale che di lui tracciò Sibilia, l’autore dimostra di saper ben poco di tecnica coloristica, di impasti!) e smorzò di frequente gli spessori della materia.

Solo qualche macchia di rosso violento, inserita spesso con astuto mestiere, bastò ad attirare lo sguardo dei visitatori di una mostra sui suoi quadri.

Fu il marinista giuliano più obiettivo nella rappresentazione, il più agile nel tocco.

Dipinse senza distinzione su cartoni preparati, su tele di varie misure, più raramente su tavolette e persino… su qualche paravento.

Seppe “tirare” il colore fino alla trasparenza anche nei quadri ad olio, non solo in diversi acquerelli di piccole dimensioni: tra questi è bellissima la Marina che appartenne a Letizia Fonda Savio ed è stata ereditata dalla nipote Letizia.

 

 

La vita

 

Grimani nacque a Trieste il 21 dicembre 1871: la sua famiglia era originaria di Parenzo dove egli, autodidatta incominciò a dipingere.

Scrisse Berlam: “Coloro che intorno al 1885 passeggiavano sulla strada costiera che conduce dal porto di Cedassamare al Castello di Miramare vedevano inerpicato sugli scogli (…) un giovinetto cresciuto un po’ troppo in fretta, dall'espressione un po’ spaurita e ritrosa, che fissando il mare con i suoi grandi occhi neri trasognati, andava dipingendo marine, la cassetta dei colori sulle ginocchia”.

Grimani meticoloso, modesto e riservato fin da ragazzo, trovò un primo vero mecenate ed estimatore nell’arciduca asburgico Ludovico Salvatore che visse da eremita a Muggia fino al 1914 prima di ritirarsi in un castello in Boemia.

Dal 1881 Guido frequentò la Civica Scuola Superiore ed ebbe professore di disegno il valido ritrattista Tito Agujari.

Una delle prime belle vedute della città di Trieste da lui eseguite risale al 1885; due anni dopo il pittore giunse a Monaco dove rimase tre anni alla scuola di disegno di Heinrich Knirr: fu un’esperienza fondamentale e n’è testimonianza una cartella contenente 25 meticolosi disegni recentemente ritrovati dall’antiquario e direttore de "Il Massimiliano", Fabio Lamacchia.

Nel 1890 s’iscrisse alla Naturklasse dove migliorò le conoscenze pittoriche con un allievo e seguace di Karl Piloty, il professor Johann Herterrich: non completò mai il corso accademico!

Durante l’estate tornava a Trieste e divenne amico di Veruda che lo “usò” come modello e lo ritrasse due volte, di Glauco Cambon e di Giovanni Zangrando.

Nauseato dalle esercitazioni cui era stato obbligato in Germania, il pittore dedicava tutta la sua attenzione al paesaggio e alle marine; si recava nella zona di Chioggia o di Grado, ambienti ideali per raffigurare quel mare animato da tartane, da bragozzi, da vele variopinte, reti di pescatori e popolato da gente che aveva uno stretto rapporto di quotidiana sopravvivenza con l’Adriatico.

Spesso il tipico campanile veneto di Chioggia o quello di Grado spuntano sullo sfondo di numerose lagune che lui poetizzò nei colori più lievi.

Chioggia fu in quegli anni la meta preferita d’innumerevoli pittori: vi si recavano Guglielmo Ciardi, Pietro Fragiacomo (il pittore più stimato e copiato da Grimani), Mosè Bianchi, Filippo Carcano, Umberto Veruda, Ugo Flumiani e Pieretto Bianco oltre a tanti artisti stranieri.

Nel 1894 si recò a Napoli per conoscere la città e i suoi dintorni; dipinse La strada di Capri e altri paesaggi mediterranei.

Grimani tornò definitivamente a Trieste, si legò all’ambiente artistico locale ed espose spesso le sue opere dagli Schollian e nelle sale del Circolo Artistico Triestino.

Partecipò alle Biennali veneziane (1897, 1899, 1907, 1910, 1914, 1922, 1935) e a numerose mostre nazionali e internazionali.

Vanno almeno ricordate le numerose presenze a Vienna (1891, 1893, 1894) e a Monaco (dal 1894 ininterrottamente fino al 1905, nel 1908 e nel 1912).

Nel 1900 fu a Parigi in un viaggio di studio a spese del Municipio; cinque anni dopo aperse a Trieste con Zangrando una scuola privata di pittura della quale rimangono diverse testimonianze e alcune foto.

Si rivelò ottimo insegnante e tra i suoi allievi figurò pure Giannino Marchig.

Nel 1913 subito dopo la conquista italiana della Libia, il pittore fece un viaggio in Tripolitania dove fu attratto dalla luce e dipinse svariati soggetti: Le tombe dei Caramanli, Tripoli-Piazza del pane, Strada araba, Nella casbah, Nel quartiere arabo.

Tripoli: piazza della legna fu acquistato dal re Vittorio Emanuele III!

Durante il primo conflitto mondiale l’artista fu dapprima ad Ancarano e poi a Radkersburg.

Nel 1918 il pittore immortalò l’arrivo dell’Audace a Trieste e condivise le emozioni patriottiche con i colleghi Wostry, Flumiani e Zangrando.

Dopo gli anni Venti soggiornò a lungo nell’isola di Lussino dove dipinse tra le agavi e i profumi indimenticabili di Privlica.

Sono di quel momento Punta di Val di Sole, Porto di Lussino dal mulino, La roccia di Trudan a Lussinpiccolo, Madonna di Cigale.

Fu a Comeno e a Calalzo in Cadore probabilmente per curarsi la salute divenuta cagionevole.

Nella sua vita intercalò di frequente le marine a visioni di campagna e di montagna.

Dipinse più volte le Rive di Trieste, Barcola, i dintorni del capoluogo giuliano, Strada di San Luigi, Motivo di Zaule, Rena – Opicina, la vicina Capodistria Palazzo Pretorio, la costa parentina La veduta dell’isola San Nicolò, le Scogliere di Molindrio e le animate calli di Grado, La laguna al tramonto.

Nel 1927 esaudì il suo maggior desiderio, quello di recarsi in Giappone: fu costretto addirittura ad ipotecare la modesta casa ereditata dalla famiglia per effettuare il lungo viaggio con un piroscafo.

In Asia dipinse alcuni soggetti sul Mar Rosso, a Aden, a Colombo e a Singapore.

Colse la furia del monsone nel Mar Arabico, l’incedere di nubi sul Mar Cinese in dipinti ricchi di materia e d’insolite pennellate liberatorie.

Dopo il 1930 la sua salute peggiorò ulteriormente, ma una delle sue ultime opere, Nostro Carso proprietà della Cassa di Risparmio di Trieste è un grido gioioso alle rocce pungenti e ai sassi dell’entroterra che pure amò e percorse con tavolozza e scatola di colori sottobraccio.

In questo dipinto traspare una profonda comunione con il reale, con la natura ben nota.

Lorenza Resciniti, brava, puntigliosa con femminile eleganza e spirito d’osservazione, così scrisse dell’opera dieci anni fa: “La pastorella scalza sulle aguzze pietre carsiche, il rosseggiante sparso preludio all’esplosione delle prime foglie rosse e la luminosità così limpida e serena, sono un invito alla natura e alla vita all’aria aperta. Una natura narrata con freschi e vivaci colori, di pittoresca vena aneddotica e tradotta con raffinata sensibilità in genuine annotazioni di vita campestre”.

Grimani morì a Trieste nel 1933.

Del pittore conosciamo i già menzionati ritratti d’Umberto Veruda, due caricature di Carlo Wostry una delle quali lo rappresenta in piedi con la chitarra, la famosa caricatura attribuita ai soci del Circolo Artistico Triestino nella quale il suo occhio destro esce dall’orbita ed infine quella eseguita da Lauro Lach-Laghi (Laurola) del giornale satirico Marameo che lo ritrae in Africa con la solita paietta che lo caratterizzò sempre d’estate, a coprirgli il capo.

Com’è stato osservato Grimani non fu esclusivamente un marinista: egli disegnò moltissimo e dipinse qualche rara natura morta con mele, fiori, numerosi nudi maschili e femminili di derivazione e prassi accademica, teste di donna, goffi bambini e ritratti nei quali raramente eccelse. Li eseguì spesso in studio su commissione ma anche da fotografie. Tra questi segnalo quello dedicato al pittore Giuseppe Garzolini e il piccolo ritratto del collega Miceu che è valida testimonianza storica del giovane talento morto precocemente a soli 36 anni.

Con consuetudine Grimani osservò la gente e colse il lavoro delle venditrici di pesce, dei mussoli istriani, la pesca nelle anse lagunari, e le divertite signorine con costumi alla moda di un Bagno popolare recentemente riprodotto sulla copertina di un testo di Liliana Bamboscek dedicato agli stabilimenti balneari.

Il pittore non trascurò di cogliere aspetti di vita quotidiana nelle Lavandaie al ruscello, nel Gioco della tombola, nelle Angurie e osservò le Contadine di Servola sugli asinelli mentre si recavano al mercato. Grimani s’interessò limitatamente ai soggetti sacri: nel 1902 dipinse su commissione per la Minoritenkirche di Vienna il Sant’Antonio col Bambino Gesù, nel 1926 una Madonnina e la Madonnina di maggio.

La monografia Guido Grimani di Luisa Froglia data alle stampe nel lontano 1971 è ancora un testo valido per avvicinarsi all’artista.

Più recentemente, nel 1996 un’iniziativa editoriale della galleria Artè che porta il marchio e il logo delle Assicurazioni Generali intitolata Impressioni e Riflessi – Carnet ha valorizzato un interessante, efficacissima, inedita serie di disegni di Grimani facenti parte di una collezione privata.

Questo carnet è stato preceduto da quello dedicato a Gino Parin ed è stato seguito da un altro dedicato ad Arturo Fittke.

 

 

 

Walter Abrami