Franco Deboni - Cristalli di Luna

 

Barbara Crivellari

 

 

 

Franco Deboni 

1950 - Nasce a Trieste (Italia). - Born in Trieste (Italy).
1974 - Si laurea in Architettura all'Università di Venezia. - Graduated with a degree in Architecture from the University of Venice.
1975 - Inizia le sue esperienze progettuali nel vetro per l'illuminazione. - First experiments with glass for lighting.
1975 - Inizia la sua attività di studioso e collezionista del vetro moderno. - Began researching and collecting modern glass.
1988 - Inizia la sua attività di ricerca nel campo del vetro artistico, sperimentando nuovi materiali applicati a tecniche tradizionali. - Began research into contemporary glass applying traditional glass techniques to new materials.

 

 

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Franco Deboni. Piatto, vetro soffiato, 1999, cm 30 circa.

L'effetto schiumoso è prodotto dalla reazione del vetro con gli ossidi metallici aggiunti nella lavorazione a caldo.

 

 


Solo un lungo tirocinio può portare alla perfezione e solo quando si è raggiunto l'apice, la conoscenza diventa arte. Eugen Herrigel, filosofo tedesco e cultore del pensiero orientale, in Lo Zen e l'arte del tiro con l'arco cita la regola per l'artista: "osserva per dieci anni il bambù, fatti tu stesso bambù, poi dimentica tutto e dipingi". L'allievo diventa maestro Zen nella pittura, nel tiro con l'arco, nella spada, come nell'arte di disporre i fiori o di servire il tè, dopo aver speso gran parte della vita a osservare, riflettere ed esercitarsi. Qualcosa del genere è successo a Franco Deboni. Nato a Trieste nel 1950, ha iniziato nel 1975 come designer di vetri, poi ha studiato il vetro d'arte per vent'anni diventandone uno dei massimi conoscitori. A quarantasette anni lascia i panni di critico e indossa a tempo pieno quelli d'artista. Ora, a un anno e mezzo dal debutto, è già affermato nella nuova professione. Nei suoi lavori porta lo spessore della passione e di una profonda conoscenza. Dai vasi alle installazioni, le sue opere sono spiazzanti per il materiale, che ha perso le caratteristiche di leggerezza e trasparenza; sono intriganti nelle forme, che sembrano appartenere a mondi lontani; sono misteriose nei colori, giocati nella gamma dei blu e dei neri. Del vetro lo attraggono gli effetti di luce, i segreti di composizione le forme sinuose.
L'amore per questa materia nasce sul campo, subito dopo la laurea in architettura, nel 1975. Incomincia a lavorare per la Ferro & Lazzarini, una ditta di Murano che lo assume come designer e lo manda a far pratica per sei mesi in fornace. Qui, tra calore e vapori, scocca la scintilla. "L'apprendistato in fornace è una tappa fondamentale per avvicinarsi al vetro: è lì che si capiscono le straordinarie possibilità e i limiti del materiale", spiega. "Per questo chi non ha esperienza di fornace può credere realizzabili cose che non lo sono". All'attività pratica affianca da subito quella di studioso. Già nel 1979, inizia la collaborazione con le case d'asta. E' consulente per Semenzato, Sotheby's, Christie's. Si occupa della valutazione delle opere, della loro schedatura e dell'organizzazione dei cataloghi per le aste. Molti collezionisti si rivolgono a lui per un expertise, mentre i galleristi gli chiedono di curare le loro mostre. Nel 1990 apre una sua casa d'aste a Trieste, la Stadion. Dopo cinque anni lascia la gestione per mantenere solo rapporti di collaborazione. E' ormai un esperto molto ascoltato. Comincia a pubblicare: I vetri di Venini per Allemandi di Torino nel 1990, Murano '900 per Bocca di Milano sei anni più tardi. "Quando ho iniziato a occuparmi di vetro mi sono accorto che mancavano libri specialistici. Mi capitava di cercare informazioni su fatti successi solo pochi anni prima e spesso non trovavo risposte", spiega. "In Italia è così per tutto il settore delle arti applicate. Ma ora le cose stanno lentamente cambiando spinte dal grande fervore collezionistico. Se, all'estero, alcune case d'asta, soprattutto Sotheby's e Christie's, organizzano molte più aste sui vetri, lo scorso marzo, in un'asta di Stadion a Milano, un vaso di Vittorio Zecchin del 1915 è stato venduto a 206 milioni. Una cifra impensabile fino a pochi anni fa". L'interesse per il vetro negli ultimi anni è cresciuto in tutto il mondo. Dal Giappone all'Olanda, dalla Scandinavia all'Australia sono molti gli artisti che sulla scia del movimento, che nasce col nome di Studio Glass alla fine degli anni Sessanta negli Stati Uniti, utilizzano il vetro come materiale per l'arte. "Questa situazione si riflette sui luoghi più legati alla tradizione. A Murano, per esempio, lavorano molti artisti stranieri. Ma qui le innovazioni si fanno strada con lentezza. E' un ambiente piccolo, che vive ancora nella grandezza del suo passato, e perciò meno disposto al cambiamento", spiega. "A Venezia, però, da qualche tempo, qualcosa si muove. Dopo il successo della prima mostra 1000 anni dell'arte del Vetro, del 1952, sia le gallerie che le istituzioni, ad esempio il Museo del vetro, si sono accorte del forte interesse. E in pochi anni le iniziative si sono moltiplicate. Fino a quando nel 1996 è nata Aperto Vetro, la rassegna internazionale che ogni due anni raduna a Venezia artisti del vetro da tutto il mondo".  Deboni, che segue questi cambiamenti giorno per giorno, torna a desiderare il lavoro in fornace. E comincia le sue sperimentazioni. "Mi sembra che il passaggio da esperto ad artista fosse inevitabile. Era talmente vicino al mondo delle fornaci che sarebbe stato impossibile non restarne intrappolato", spiega Attilia Dorigato, direttrice del Museo del vetro. Secondo la studiosa, che fin dall'inizio lo aveva spronato nelle sue prove, era solo questione di trovare dove realizzare i suoi progetti. L'incontro con Piero Ragazzi e Nicola Moretti, titolari a Murano della fornace Ragazzi & Co., segna il passaggio dalla penna al fuoco. "I primi esperimenti sono stati disastrosi. Cercavamo di realizzare delle piastre di 50 centimetri per 60 con il nuovo tipo di vetro. Ma puntualmente qualcosa andava storto: si rompevano durante il raffreddamento" racconta l'artista. "Poi abbiamo aggiustato il tiro ma per arrivare a fare quattro piastre di 30 chili, ne abbiamo scartati 400". Gli effetti metallizzati, le superfici scabre, la lucentezza lunare dei vetri di Deboni sono ottenuti con un processo di reazione a caldo dei metalli aggiunti nel corso della lavorazione. Una ricetta tenuta gelosamente segreta dall'artista. "Mi piace sfruttare al massimo le possibilità del materiale, accentuare quelli che, normalmente, sono considerati difetti di lavorazione del vetro e giocare sulla contaminazione con altri materiali. Cerco nuovi effetti forzando la materia ai suoi limiti". Negli ultimi mesi Deboni ha esteso la sperimentazione anche al soffiato, tecnica classica di Murano. Con questo tipo di lavorazione il materiale deve essere esposto a temperature più elevate e più a lungo. Se le piastre le prepara a freddo e poi le cucina nel forno elettrico, per il soffiato è necessario l'intervento del maestro vetraio. Deboni immagina gli effetti che vuole ottenere e schizza un disegno di massima per il maestro, che abbozzerà la forma. Poi, Deboni sempre in fornace, la rifinisce, cercando di assecondare le modificazioni che subisce il vetro nel corso della soffiatura. "Spesso sfruttando gli stessi principi ottengo effetti diversi perché diversa è la lavorazione. E' difficile prevedere il risultato ed è proprio questa la cosa più eccitante". Quel che conta per Deboni è la qualità del vetro, la forma viene da sé: sgorga dalla materia stessa. Bolle e ombreggiature, da sempre cruccio dei vetrai perché considerate difetti, assumono, nelle sue mani, valenza espressiva.
Presenta i primi risultati della sua sperimentazione nel 1998 ad Aperto Vetro, al Museo Fortuny. Espone un'installazione, Frammenti, formata da quattro grandi pannelli in vetro fuso giocati sull'azzurro, il viola, il blu e il grigio. Le superfici metalliche, squarciate da crateri di colore, impressionano molto il pubblico e la critica. "Non è un semplice esercizio di stile. I suoi vetri sono qualcosa di mai visto", assicura Aldo Bova, della galleria veneziana Rossella Junck che proprio in questi giorni inaugura una nuova sede con una mostra interamente dedicata a Franco Deboni. Per la prima personale, più di cinquanta opere: oltre a Frammenti, vi saranno una serie di piastre, piatti e vasi, tutti lavori recentissimi.

 

Barbara Crivellari (1999)