Dalle scogliere di
William Turner ai cieli di John Constable
Alessandra Doratti
"I pittori inglesi di paesaggio sono superiori a tutti, forse perché si
ispirano al più bel paesaggio del mondo", si legge alla voce Paysage
nella Grande Enciclopedia del 1765.
In realtà, la bellezza della natura inglese è una bellezza difficile da
cogliere: un clima capriccioso e mutevole la rivela di rado, avaramente,
ma i pochi periodi di perfetta luminosità hanno l'eccitazione di una
scoperta, il fascino dell'attimo fuggente.
Ciò che sorprende nell'affermazione è che essa precede, anche se di
pochi decenni, la grande età d'oro di questo genere di pittura che tra
la fine del '700 e la metà '800 produsse i più grandi paesaggisti del
periodo romantico: Turner, Constable, Palmer, Girtin.
Facciamo una specie di "viaggio sentimentale" alla ricerca dei luoghi
che questi artisti hanno reso immortali. Alcuni sono ancora intatti
altri appena riconoscibili, comunque è impossibile considerarli tutti.
Ci limiteremo a tre soli itinerari: mare, montagna, campagna, per
ritrovare, lontano dai luoghi del turismo di massa, frettoloso e
metropolitano, l'atmosfera e i colori dei dipinti di Joseph Mallard
William Turner (Londra 1775 - Chealsea 1851) e John Constable (East
Berghout 1776 - Londra 1873) soprattutto.
William Turner
"I tramonti di Margate", scriveva Turner nel suo diario, "sono i più
perfetti che io abbia mai visto". La costa meridionale dell'Inghilterra,
che dal Kent al Sussex si snoda tra le alte scogliere e spiagge
lunghissime, lambita da un mare grigio - verde sempre mossa dal vento,
non potevano non suggestionare un artista come lui, sempre alla ricerca
di effetti di luce e di atmosfera per poter liberare tutte le proprie
emozioni e dar loro corpo. E Turner ne fu affascinato: Dover, Hastings,
Brighton, Folkestone sono località ricorrenti nelle sue tele.
Questo mare dapprima si accontentò di descriverlo, ora tranquillo quanto
la luce nei suoi capricci lo riveste di riflessi, ora in tumulto, ora
carico di barche o brigantini, ma poi essa divenne teatro analogico
delle passioni umane. La lezione che ne ricavò è fondamentalmente
drammatica: Turner lotta contro il mare assieme ai marinai, la tempesta
provoca la furia della sua immaginazione e delle sue mani. Anche la luce
dei suoi tramonti, così tanto ammirati, si dissolve spesso in
un'apocalisse di colore, in un diluvio indistinto di luce.
John Constable.
C'è un monte in Inghilterra che si
riconosce a vista d'occhio: lo Snowdon, nel Galles. La cima più alta del
paese è per gli inglesi quello che il Fuji Yama è per i giapponesi. La
sua fama non è solo dovuta all'altitudine ma al fatto che per
generazioni è stato ritenuto la vista più pittoresca d'Inghilterra. In
un secolo come l'800, innamorato del bello ideale, lo Snowdon assunse il
molo di una montagna sacra, dove almeno una volta nella vita era
doveroso recarsi in pellegrinaggio. Quelle superbe visioni montanare
incontravano l'ammirazione di un folto pubblico, ed erano fonti sicure
di guadagno. Turner non poteva disinteressarsene in nessun caso. In otto
anni visitò il Galles e le sue catene cinque volte alla ricerca del
"sublime", ma dopo il 1808, scoperta la maestà tragica e illimitata
delle Alpi Svizzere, al Galles non tornò mai più. Al suo ritorno dal
continente confidava ad un amico: "In Svizzera gli alberi non fanno per
il pittore, i blocchi di roccia e i precipizi sono molto romantici e di
una straordinaria grandezza. Nell'insieme il paese supera il Galles e
anche la Scozia". Nella sua opera il tema della montagna è forse il
prodotto di un'attrattiva culturale e storica. Turner è indubbiamente un
uomo di mare e non di terra, e in queste descrizioni, seppur stupende,
sembra che la sua immaginazione faccia appello alle risorse del suo
magnifico mestiere, ma non manifesti una corrispondenza profonda, una
vera "simpatia".
Se nel resto d'Europa la campagna è sempre stata associata a una dura
realtà di lavoro, in Inghilterra è da sempre considerata un ambiente
prediletto. I grandi signori, ricchi proprietari terrieri, hanno vissuto
nei loro possedimenti in relazione così stretta con la natura da
lasciarvi un'impronta profonda. Da una parte i campi coltivati,
dall'altra ampi spazi per le battute di caccia, parchi e giardini per i
ricevimenti e la vita sociale. Dal Kent al Devon, dal Sussex al Suffolk
e al Norfolk il paesaggio, quello di cent'anni fa: una serie grandi
campi articolati su un terre ondulato, recinti da siepi e interrotti
d'isole di alberi di alto fusto, soprattutto querce e olmi, qua e là
piccoli villaggi intorno alla chiesa o all'abitazione del vicario,
spesso la casa più bella del paese.
Nessun pittore inglese ha interpretato questo ambiente più fedelmente e
poeticamente di Constable. Il piccolo mondo che ritorna in ogni suo
dipinto è quella parte del Suffolk, poche miglia quadrate adagiata sul
corso del fiume Stour le cui acque scorrono lungo gli ondulati pendii
della valle di Dedham (ormai nota come "terra di Constable"). L'artista
era nato in queste contrade dove, fin dall'infanzia, aveva assistito al
lento, tradizionale svolgersi dei lavori campestri, e la sua ispirazione
rimarrà per sempre legata al loro ricordo.
Ma il suo naturalismo non si arresta alla registrazione oggettiva di ciò
che l'occhio percepisce. Egli esprime il concetto di una natura
unitaria, e tuttavia infinitamente varia. La luce è il mezzo che egli
usa per esaltare queste varietà nell'unità. Il soggetto non ha
importanza se non in quanto è occasione di luce: "Qualunque sia la forma
di un oggetto, la luce, l'ombra e la prospettiva ne faranno sempre una
bella cosa".
Tutto ha l'aspetto di una volta: la campagna è alberata e verde,
disseminata da cascinali dall'intonaco rosa, di chiese dal campanile
aguzzo, di mulini ancora in funzione, di casupole dal tetto di paglia,
di stupendi paesi medioevali celebri per la loro architettura,
testimonianza di un'antica ricchezza fondata sulla lavorazione della
lana. In questa Arcadia, spiccano il mulino di Flatford, la chiesa di
Dedham, la valle dello Stour, tutta la realtà poetica di Constable:
"Dipingere è sinonimo di sentire. Io associo la mia spensierata
adolescenza con tutto ciò che esiste lungo le rive dello Stour... Questo
scene mi hanno fatto pittore. Prima ancora di prendere in mano i
pennelli, pensavo ad esse come a una serie di quadri naturali...".
Alessandra Doratti