Carlo Bugatti
Alessandra Doratti
A chi vede i suoi mobili per la prima volta viene subito da pensare alle
"Mille e una notte": tutto sommato, non si sa perché, dato che nulla,
nella struttura e nella decorazione, è esclusivamente orientale. Eppure
già nel 1902 a Carlo Bugatti fu ordinato dall'architetto musulmano
Antoine Losciac un salotto per la madre del Kedivé d'Egitto. E anche
oggi i più entusiasti acquirenti sono gli sceicchi, come ci viene
confermato dalla Galleria "25" di Londra che organizzò numerose mostre
specialistiche di mobili Bugatti e ne ha spediti nel Kuwait e negli
Emirati Arabi Uniti.
«Vi sbagliate maestà, questo stile è mio», aveva risposto Carlo Bugatti
alla regina Margherita di Savoia che, visitando l'esposizione
internazionale delle arti decorative a Torino nel 1902, si era
soffermata davanti a una sala da pranzo, battezzata "la lumaca",
dominata da un grande motivo di cerchi concentrici che si ripeteva sulle
alte spalliere di un divano circolare. "Moresco", aveva infatti
sentenziato la bella regina, colpita dallo stile, a metà tra il presagio
della guerra di Libia e l'influsso dei pittori orientalisti
tardo-ottocenteschi.
Carlo Bugatti è diventato di moda dopo la grande mostra del Liberty
italiano che si è tenuta nel 1972 alla Permanente di Milano.
Ed è giusto che sia stato così, perché Carlo era nato proprio a Milano,
il 16 febbraio 1856 (il padre, Giovanni Luigi, doveva essere un buffo
tipo di scultore, soprattutto impegnato a inventare un meccanismo per la
dimostrazione del moto perpetuo). Frequentò Brera negli anni Settanta
del secolo scorso e più tardi l'Accademia di Belle Arti di Parigi.
Avrebbe forse voluto diventare architetto, ma cominciò abbastanza presto
ad occuparsi di ebanisteria.
A Milano circolavano anche allora idee e novità; la città, che nel 1881
contava 320 mila abitanti, stava sperimentando una crescita rapidissima:
avrebbe infatti raggiunto 560 mila anime nel 1906. Imprenditori e grandi
borghesi, con i loro frequenti viaggi a Parigi e nelle altre capitali,
portavano a casa idee nuove, se non altro in campo produttivo. Nel 1883,
tra le prime città in Europa, Milano aveva avuto l'illuminazione
elettrica nelle strade: la Edison aveva costruito una centrale
idroelettrica sulle rive dell'Adda installandovi le dinamo provenienti
da Londra. Grandissimo era il numero degli artigiani: come in ogni altra
città d'Italia, si dirà "Ma qui, ben più che altrove, era presente la
voglia di novità, la disponibilità alle conquiste della tecnica".
La prima opera nota di Carlo Bugatti, di cui ci sia almeno
documentazione scritta, è la camera da letto costruita per la sorella
Luigia, che sposò nel 1880 Giovanni Segantini (1858-1899). Il pittore di
Arco studiava con Carlo all'Accademia di Brera, gli aveva fatto
conoscere molta della "gente che conta" negli ambienti artistici. Va
ricordato che curiosamente, Segantini è uno dei poeti pittori
dell'Ottocento che Kandinsky abbia citato con favore nel suo testo
programmatico "La spirituale nell'arte", pubblicato a Monaco nel 1912.
Anche Carlo si sposò nel 1880, dalla moglie Teresa Lorioli ebbe tre
figli, Deanice, che gli premorrà nel 1932, Ettore, destinato a
grandissima fama come costruttore di automobili, e Rembrandt, che
diventerà un apprezzato scultore animalista e che si toglierà la vita
nel '16, a soli 32 anni, in seguito a una grave crisi di sconforto
originata da motivi economici.
Dopo aver lasciato i laboratori milanesi di Castelfidardo ed essersi
installato in Via Marcona, verso il 1904, Carlo va ad abitare a Parigi
in rue Jeanne d'Arc; di qui parte nel 1910, a causa delle fragili
condizioni di salute della moglie, per sistemarsi a Pierrefonds, di cui
divenne sindaco. Nel 1937 si trasferisce a Nolsheim, dove il figlio
Ettore aveva impiantato la sua fabbrica di automobili tra il 1909 e il
1910. Muore nel 1940, dopo un grave dolore: la perdita del nipote
prediletto, Giovanni, figlio di Ettore, che si è schiantato in
auto contro un albero a soli trent'anni. Mode a parte, Carlo Bugatti non
è certamente un artista scoperto tardi: i suoi mobili avevano già
suscitato commenti incuriositi sulla stampa locale alla mostra italiana
che si tenne alla Earl's Court, a Londra, nel 1888. Poi c'era stato la
medaglia d'argento all'Esposizione universale di Parigi nel 1900, infine
il diploma d'onore nel 1902, a Torino, alla prima mostra internazionale
delle arti decorative. Non è facile rintracciare i filoni a cui si era
nutrita la sua fantasia, salvo le vaghe mode orientalistiche a cui si è
accennato prima. Sul finire del secolo, in altri Paesi ben più che in
Italia, nell'ambito dell'emergente Art Nouveau trovarono spazio nuove
idee sul design e sulla decorazione. Chiedendo autenticità e nobiltà ai
materiali e rivalutazione delle capacità artigianali, si chiese anche
ispirazione alla natura, si abbandonò l'eclettismo ottocentesco:
comunque, nel mare fluttuante e non bene circoscritto del Liberty
italiano, Bugatti rappresentò una voce originale e indipendente. Nei
primi decenni del Novecento si era anche interessato agli argenti,
creando bellissimi pezzi; verso la fine della vita si era occupato di
gioielli. Aveva ancora scolpito e dipinto. E non aveva tralasciato
nemmeno gli strumenti musicali: ne costruì alcuni, tra cui una sorta di
chitarra–arpa con trentacinque corde. Come per i suoi mobili, in cui
abbondano cerchi e geometrie varie, finiture stravaganti e perfette
(pergamena compresa), anche gli argenti e i gioielli ammirati per
l'originalità di motivi e per la ricchezza della tecnica.
Forse, come sostiene Philippe Gamer nel catalogo della mostra "The
amazing Bugatti" (lo stupefacente Bugatti), che si è tenuta a Londra nel
1979 al Royal College of Art, la passione di Carlo per la decorazione fu
la vera essenza del suo talento: "Durante il periodo più raffinato,
dalla metà circa degli anni '90, egli mostrò tutto il suo smalto come
artista grafico; i suoi mobili e i suoi argenti meritano di essere
esaminati in stretto legame fra loro, visto che i dettagli sono spesso
molto più affascinanti di tutto l'insieme. Sedotto, come molti dei suoi
contemporanei, dal romanticismo dell'esotico, Carlo riuscì tuttavia a
dare una versione del tutto personale di questa moda, rendendola parte
integrante e affascinante delle sue creazioni.
Difendendo e coltivando la propria individualità, aiutando a formare, ed
essendone egli stesso formato, l'epoca in cui viveva, ne emergeva come
talento originale, che non ammetteva nessuna possibilità di
compromesso".
Della sua irriducibile originalità, testimoniava persino
l'abbigliamento, al di fuori delle mode. Carlo girò per il mondo
avviluppato in uno spolverino di taglio vagamente indiano, con piccoli
bottoni fitti che arrivavano fino al collettino all' impiedi che aveva i
due bardi uniti da una catenina d'oro.
Questa specie di tecnica copriva degli amplissimi pantaloni che gli
arrivavano fino alle ascelle, come quelli di Charlie Chaplin in "Tempi
moderni".
Originale, e coraggioso, Carlo fu anche nel comportamento privato. Non
fu un personaggio molto morbido nemmeno come sindaco di Pierrefonds, in
piena occupazione tedesca, durante la prima guerra mondiale.
I suoi atti di coraggio gli valsero gli onori militari al funerale: era
l'aprile del 1940, giusto un paio di mesi prima che la Germania
invadesse di nuovo il suo Paese d'adozione.
Alessandra Doratti