Brevi note su alcuni
pittori tra Otto e Novecento
Alessandra Doratti
Tra gli artisti di fama nazionale, vi è Vincenzo Ironi, pittore
napoletano morto nel 1949 che si formò sotto la guida di Gioacchino Tana
e del Maldarelli. Le sue caratteristiche sono una pennellata facile e
veloce e la tavolozza è ricca di forti accensioni cromatiche. Esordisce
nel 1871 e mentre gli arride all'estero immediato successo di pubblico e
di critica, i consensi in Italia si fanno attendere, ma, una volta
ottenuti, non cesseranno di accompagnarlo. Fu attivo ritrattista,
paesaggista ma soprattutto dedito alla pittura di genere in cui si
rivela abilissimo ed efficace nella resa, specie quando ritrae scene
della vita napoletana. Tra le sue opere più importanti ve ne sono due
conservate al Museo di Capodimonte a Napoli e a Torino, alla galleria di
Arte moderna. I suoi sono quadri dipinti per piacere, danno un estremo
godimento visivo.
Allievo di Lista, Palizzi e Morelli all'Accademia napoletana vi è l'irpino
Giuseppe Casciaro (1863-1945) che si dedicò al paesaggio ritraendo
spesso l'Irpinia e i dintorni di Napoli. Egli adottò di preferenza la
tecnica del pastello con impronta vivace e caratteristica, portandola
alla pastosità dell'olio e alle squisite delicatezze di una grafia aerea
e raffinata. Ebbe una produzione estremamente abbondante e partecipò
alle principali esposizioni italiane e straniere. Fu premiato molte
volte e alcuni suoi quadri sono conservati nei musei non solo italiani,
ma anche spagnoli e francesi.
Guglielmo Ciardi, veneziano studiò con Moja e Bresolini. Artista di
grande prestigio oltre a essere attivo nella sua Venezia, si recò anche
a Firenze, dove dipinse insieme a Telemaco Signorini in aperta campagna;
conobbe Silvestro Lega e Giovanni Fattori. La sua pittura è pura e
sobria, calda e calcolata, anche se all'inizio della sua carriera vi è
una certa inerzia chiaroscurale. Il taglio dei paesaggi di campagna
trevigiana è largo e spaziato e si fonda sui due toni dominanti della
sua tavolozza, i verdi e gli azzurri. Personalità complessa, G. Ciardi
lavorò anche a Roma e a Napoli, fu premiato alle esposizioni di Berlino,
e acquistato nel 1887 dalla galleria d'Arte moderna di Roma. Egli non
riuscì a mantenere la nitidezza di impianto di queste sue opere migliori
e, tornato a Venezia, cedette a un linguaggio forse più agile, ma meno
significativo. Dal 1894 tenne la cattedra di pittura a Venezia.
Vincenzo Gemito (1852-1929), specialmente famoso come scultore, ma anche
la sua produzione grafica è di notevole importanza. Egli trovò nel
disegno forse il più congeniale e immediato strumento di espressione.
Sono famosi i suoi fogli con figure di pescatorelli, scugnizzi,
fanciulle e popolane e i ritratti del periodo maturo carichi di pathos e
sobrietà in cui riassume tutta la produzione precedente.
Carlo Cressini
(1864-1938), artista che si formò all'Albertina e a Brera. Si dedicò al
paesaggio e si avvicinò al divisionismo che poi tralasciò per tornare,
dopo il 1918, alla pittura di paesaggio.
Il piemontese Leonardo Bistolfi (1859-1933), dominatore della scena
artistica torinese d'inizio secolo è ricercato per le sue pregiate
tavolette di paesaggi informate da un'attenzione a Fontanesi e risolte
con originali accenti divisionisti in ritmature di ascendenza floreale.
Ugo Flumiani (1876-1938) paesista e marinista assai attivo, presente a
numerose esposizioni veneziane e torinesi; sino al '30 riuscì a
equilibrare disegno e colore con un'originale predilezione per sapienti
effetti di luce solare. Fu autodidatta, quasi ossessionato dalla
caparbia e insistita ricerca di tradurre sulla tela il "colore del
sole". Guardò agli antichi maestri e approfondì lo studio di Tiziano e
Segantini, fu interessato al Turner che, secondo lui, aveva saputo
tradurre gli effetti di luce con maggior naturalismo. Legato
all'educazione figurativa, Flumiani tende alla rappresentazione del
vero, ma alla sua mimetizzazione attraverso gli effetti decorativi.
Riesce a esprimere l'armonica poesia delle cose e delle stagioni.
Arturo Rietti
(1863-1943) riservato e modesto, dal temperamento romantico, studiò
all'Accademia di Firenze, soggiornò a Roma, Monaco e Trieste. Risulta
limpida la linea evolutiva della sua espressione pittorica. I temi
ritrattistici che costituiscono la quasi totalità della sua produzione,
denunciano le influenze dell'accademismo internazionale; tuttavia ha
notevole influenza la conoscenza di Tranquillo Cremona da cui trae la
tradizione dell'impressionismo lombardo. La ritrattistica gli procura
subito una notevole fortuna e importanti riconoscimenti. I suoi ritratti
sono equilibrati con attenzione a una resa psicologica dei modelli,
attraverso fusioni tonali carezzanti che lo orientano a prediligere la
tecnica del pastello. Predilige le figure femminili.
Gino Parin (1876-1944) ebbe per maestri lo Scomparini e il Navana e
completò la sua formazione a Monaco di Baviera, dove espose anche con
successo. Fu buon ritrattista, accurato nella selezione tecnica, ma
senza forzature di mestiere e attento all'espressione del soggetto.
Dipinse dapprima con stile classicheggiante e successivamente elaborò un
verismo preciso e ricco di colore dai toni quasi musicali e fuso in
eccellenti impasti. Figlio e nipote di due illustri artisti triestini -
il nonno Giuseppe fu uno dei più forti ed originali ritrattisti italiani
e il padre Augusto fu pure notevole autore di quadri storici e di figura
Alfredo Tominz si indirizzò all'arte sin dall'infanzia e amò soprattutto
la pittura di cavalli, che ritrasse in maniere molteplici, sia in scene
sportive, che guerresche, che bucoliche. Conobbe notorietà in Italia per
essersi specializzato in questo genere e all'estero fu per lungo tempo
uno degli artisti più richiesti dall'elegante mondo delle corse ippiche.
Fu curatore del museo Revoltella, alla morte del padre, che ricopriva
precedentemente questa carica.
Anche Dyalma Stultus, studente dell'Accademia di Venezia, è un pittore
triestino che possiamo ammirare e che nella sua vita prese parte alle
Biennali internazionali di Venezia del '22, '30, '36 e '42. La sua fu
una pittura salda nel disegno e solare nel colore secondo accezioni già
care ai novecentisti. Il suo linguaggio non accolse nessuna delle
contemporanee istanze novatorie. Amò i ritratti ma riuscì bene nel
paesaggio e nella natura morta.
Gianni Brumatti, nato a Trieste nel 1901. Ha studiato pittura con Wostry
e Zangrando, con lo svizzero Koch e il Torelli. Fu anche assistente
scenografo nel teatro Verdi e al Politeama Rossetti. Decorò ad affresco
il duomo di Isola d'Istria. Il suo discorso pittorico si svolge attorno
al tema del paesaggio carsico e istriano. Il calore, la disposizione
delle masse e la divisione dello spazio svolgono un ripetersi
differenziato dello stesso schema. Ciò che più lo rende caratteristico e
attraente è la vibrazione unitaria della luce. La sua tavolozza è
impostata sugli azzurri, sui bianchi, sulle terre e i verdi; il colore
vibrante, rotto da improvvise accensioni. La sua pittura riesce a
cogliere l'intima liricità del paesaggio con una capacità validissima.
Artista russo, ma triestino d'adozione, è Alessio Isupoff (1889-1957)
che soggiornò a Trieste alla fine degli anni '30 dipingendo molto ed
entrando in intenso contatto con l'ambiente artistico. Fece ritratti di
cittadini, del pittore Garzolini di cui fu amico, di Silvio Benco,
squisiti quadri di soggetto ittico e opere di maniera molto richieste
dalla committenza locale. Studiò all'Accademia di Mosca, allievo di
Seroff, Wasnetzoff e Korovine, da cui ereditò informazioni
sull'impressionismo francese. Si stabilì in Italia attorno al '20; pur
conservando un certo oggettivismo naturalista, badò soprattutto a
semplificazioni formali nella sua infinita ripetizione di soggetti e
temi folkloristici zingareschi della vecchia Russia. Essenzialmente
colorista e pittore di espressione facile, godette sempre di buon
successo anche per la scelta di temi orientaleggianti.
Alessandra Doratti