CARTELAMI
Giuliano Confalonieri
ARTE SACRA POPOLARE: I “CARTELAMI”
Una particolarità della Liguria è l’antica produzione dei “cartelami”, scenografie in bilico tra fede e mistero realizzati con un materiale misero, il cartone. Da qualche tempo sono stati restaurati due importanti reperti di questo genere artistico: la “Macchina” dell’Ottocento nella cattedrale di Savona e la “Nuvola” del Settecento ad Albissola Marina. Un tipo di elaborazione che si può definire ‘arte povera’ sia per il materiale impiegato sia per gli artisti spesso dilettanti. Tra la quantità di pezzi rimasti emerge il monumentale Sepolcro istoriato conservato a settori nella cantoria della chiesa di Laigueglia. Gli apparati allestiti nelle chiese e negli oratori hanno la funzione di fare da sfondo ai riti della Settimana Santa e delle Quarantore. Nei secoli passati furono fabbricati anche in legno, tela e latta; sono stati scoperti anche ‘teatri sacri’ con boccascena, quinte e fondale da ambientare in spazi liturgici. Gli esemplari esposti nel territorio ligure – soprattutto il ‘Sepolcro Istoriato’ di Laigueglia (15 metri di altezza) – dimostrano come i nostri avi avessero il culto dell’arte sacra. È uno dei tanti modi per allontanarsi da paure ancestrali, dall’angoscia di supposte presenze demoniache, dalle fatiche quotidiane del vivere con annessa la sofferenza del corpo e dell’anima. Le prime notizie sull’argomento risalgono all’inizio del Seicento quando una Parrocchia iniziò ad allestire nel periodo pasquale un impianto ornamentale nel quale esporre la pisside. Le candele dipinte e scolpite arrivate da Genova o Livorno erano fornite dalla Confraternita che riceveva un contributo comunale. Nella seconda metà del 1600 gli impianti delle chiese liguri si evolsero con la tecnica dei ‘cartelami’ che soppiantarono per un certo periodo il sepolcro tradizionale: costruiti su telai sagomati rappresentavano scene della vita di Cristo ricondotta alla tradizione evangelica e all'iconografia popolare. Il primo esemplare fu esposto nel Duomo di Porto Maurizio nel 1662, dipinto da Maurizio Niggi come quelli che aveva visto a Roma dove aveva studiato pittura. Un secondo lavoro fu esposto dal 1668 fino al 1671 quando venne danneggiato dai soldati di guarnigione a Porto Maurizio, che ne bruciarono gran parte per riscaldare i loro alloggiamenti (per limitare l'usura del materiale rimasto si decise poi d'esporlo ad anni alterni). Nel 1686 a Don Paolo Giuseppe Ferrari, pittore e decoratore, si decise di fargli rimodernare uno dei vecchi lavori del Niggi poiché aveva ideato una nuova tecnica di tempera su cartone assorbente. Il prete-pittore dipinse molti soggetti nuovi soppiantando così la tradizione del sepolcro. Un altro soggetto dipinto su tela e cartone, fu eseguito nel 1717 da Bottino. Nuovo impulso alla tecnica derivò dal pittore milanese Giuseppe Massa, amico fraterno del Bottino, giunto a Porto Maurizio da pochi anni. Dal 1725 Massa eseguì quattro grandi “macchine da sepolcro” rappresentanti: la deposizione di Cristo, l'orazione nell'orto degli Ulivi, l'Ecce Homo e Gesù che scaccia i mercanti dal Tempio. Verso la metà del Settecento comincia ad operare mastro Gio Batta Peretti che con abilità di decoratore ed intagliatore intervenne sul materiale lasciato dai suoi predecessori.
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