Un problema che può porsi,
con riferimento alla circolazione delle opere d’arte, è quello relativo
all’acquisto da un soggetto che in realtà non è il proprietario (si pensi, ad
es., ad un dipinto che risulti essere stato in precedenza sottratto). Occorre
chiedersi entro quali limiti l’acquirente dell’opera d’arte sia tutelato,
facendo cioè salvo il proprio acquisto, nei confronti del proprietario che
rivendichi il bene.
Il Codice Civile stabilisce, all’art. 1147, che chi possiede ignorando (non per
colpa grave) di ledere l’altrui diritto si considera “possessore di buona fede”;
la buona fede, inoltre, si presume, ed è sufficiente che ci sia stata al tempo
dell’acquisto.
In tema di possesso di beni mobili, l’art. 1153 cod. civ. prevede che colui che
li riceve da chi non ne è proprietario ne acquista la proprietà mediante il
possesso: occorre, però, la buona fede sussista al momento della consegna (“mala
fides superveniens non nocet”) e che vi sia un titolo idoneo al trasferimento
della proprietà stessa.
Sul punto, è significativo ricordare che, secondo la Corte di Cassazione, il
concetto di buona fede di cui all’art. 1153 cod. civ. citato corrisponde a
quello dell’art. 1147 cod. civ.: pertanto, ai sensi del comma 2 di quest’ultima
norma, la buona fede non giova nell’ipotesi di ignoranza della lesione del
diritto altrui per colpa grave; quest’ultima è configurabile nell’ipotesi in cui
quell’ignoranza sia dipesa dall’omesso impiego da parte dell’acquirente di quel
minimo di diligenza, proprio anche delle persone scarsamente avvedute, che gli
abbia permesso di percepire l’idoneità dell’acquisto a determinare la lesione
dell’altrui diritto: “non intelligere quod omnes intellegunt” costituisce –
secondo tale orientamento giurisprudenziale – un errore inescusabile,
incompatibile con il concetto di buona fede (Cass. Civ., sent. 14.09.1999, n.
9782). La presunzione della buona fede dell’acquirente “a non domino” può
essere vinta – si noti – anche da presunzioni semplici, purché le stesse siano
gravi, precise e concordanti.
Secondo la Suprema Corte, la presunzione di buona fede implica che colui che
intende contestare la sua sussistenza (in capo a chi abbia acquistato il bene da
chi non ne era proprietario) abbia l’onere di fornire gli elementi idonei alla
formulazione di un dubbio che derivi da circostanza serie e concrete, e non
meramente ipotetiche (Cass. Civ., sent. 13.10.2000 n. 13642).
Quando l’acquirente, pur in presenza di tali circostanze, abbia omesso di
svolgere le indagini dettate da un pur minima diligenza (Cass. Civ., sent.
16.05.1997, n. 4328), oppure quando sia in grado di accertare se il bene
rientri fra quelli oggetto di indagini penali, dopo un furto di cui egli è a
conoscenza, la buona fede è da escludere.
Essa non è stata ritenuta sussistente, potendosi dedurre (per presunzione) la
sussistenza del sospetto dell’illegittima provenienza di un dipinto,
nell’ipotesi di acquisto (avvenuto ad un’asta di Sotheby’s dopo il furto) di un
dipinto di De Chirico. L’acquirente era, nella specie, un gallerista ed esperto
conoscitore dell’artista, come risultava dall’esistenza di una collezione di
quadri del medesimo autore a lui facente riferimento, la presentazione della
relativa mostra e una lettera dell’artista allo stesso (Cass. Civ., sent.
14.09.1999 n. 9782). In altre parole, alla luce della qualità soggettiva
dell’acquirente e delle sue conoscenze specifiche in concreto, è stato dedotto
presuntivamente che il medesimo non potesse non sospettare la provenienza
illegittima dell’opera.
L’acquisto dell’opera d’arte accompagnato invece dalla buona fede, in assenza
cioè di elementi concreti da cui se ne possa ragionevolmente evincere
l’insussistenza (il cui onere della prova – come ricordato – grava su colui che
rivendica la proprietà del bene) viene, invece, fatto salvo. In linea di
principio, dall’esistenza di un congruo prezzo corrisposto dall’acquirente, e in
assenza di prova di qualsiasi mezzo che avrebbe potuto far sorgere
nell’acquirente il dubbio sulla provenienza dell’opera, la negligenza non può
essere ascritta al medesimo. E’ stata, ad esempio, riconosciuta la buona fede in
capo all’acquirente (diventato, dunque, proprietario) di due tele attribuite al
Brugnoli e che erano state rubate dieci anni prima (senza reale risonanza nel
mondo dell’arte): in questo caso, le stesse erano state acquistate da un privato
con l’ausilio di un mediatore, entrambi noti, dietro il pagamento di un elevato
corrispettivo (Trib. Prato, sent. 16.12.2008).
avv. Gabrio Abeatici
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